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Autore: Mirella__    31/05/2014    4 recensioni
Olimpia e Xena, unite anche nella morte, non possono andare oltre senza essere l’una accanto all’altra e così, unite anche quando la vita le ha lasciate, spirano assieme.
Terza classificata parimerito al Contest: "Scegli un personaggio" indetto da Paperetta@
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Gabrielle, Xena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Xena

Titolo: Aspettami Olimpia, aspettami.

Generi: Introspettivo, malinconico

Rating: Giallo

Personaggi o rapporti scelti: Xena e Olimpia

Avvertimenti: Tematiche delicate

Note: Oneshot, femslash

Eventuale contesto: Storia ambientata alla fine della quarta stagione, durante la crocifissione di Olimpia e Xena.

Introduzione: Olimpia e Xena, unite anche nella morte, non possono andare oltre senza essere l’una accanto all’altra e così, unite anche quando la vita le ha lasciate, spirano assieme.

NdA: Questo è la prima shot più “seria” che scrivo su questa coppia, protagonista della mia infanzia in un certo senso, spero possa piacere.

Nella prima fase della shot è Xena che parla, quando vedremo nuovamente il testo al centro ci sarà un cambio di pov e da lì sarà Olimpia a raccontare.

Buona lettura!


 



Aspettami, Olimpia, aspettami.



I suoi occhi la fissavano e la trafiggevano con dolcezza, uccidendola più delle ferite delle mille battaglie vissute; rispecchiavano la sua anima e la rendevano così trasparente al suo sguardo che a Xena sembrò tanto radiosa quanto fragile, e di questo ebbe paura.


 

Quanto avrebbe resistito?


 

La donna dai lunghi capelli corvini sentì i propri tratti distendersi e regalare a lei, la ragione della sua vita l’ultimo sorriso, sperando di donarle il calore del quale, lo sapeva, Olimpia aveva il bisogno.

Lei odiava il freddo; amava i luoghi caldi, dove il sole poteva svegliarla la mattina e accompagnarla nell’arco della giornata.

Xena lo aveva sempre saputo, dal primo momento che l’aveva vista: lo aveva saputo quando Olimpia camminava al suo fianco e gioiva – alzando di tanto in tanto gli occhi verdi al cielo ad adorarlo – e la guerriera aveva scorto nello sguardo della fanciulla una gioia talmente grande che credeva non avrebbe visto mai in nessun altro.

 

Olimpia resisti! Non cedere!

 

In quello che fu un tempo infinito i chiodi penetrarono le carni, il sangue macchiò la pelle e le urla di dolore ruppero il silenzio colmo d’attesa della pianura.

Era ingiusto, Olimpia non doveva fare quella fine, non doveva.

Le croci vennero innalzate e le urla cessarono soffocate dal grido dei polmoni straziati.


 

Cercherò di fare in fretta, Olimpia, non dubitare.


 

Era una tortura non poterla guardare in volto, lei, la sua fanciulla, aveva lo sguardo fisso sul terreno, si stava arrendendo troppo velocemente.

“In qualsiasi momento io ci sono Olimpia, perciò, aspettami, arrivo in tempo, abbi fede”.


 

Di chi è questa voce?


Anche lei le aveva sorriso, niente al mondo poteva riscaldarla più di quelle iridi di ghiaccio, ma in quel momento non le era più concesso vederle, erano sparite, nel nulla.

Che le tenebre le avessero ingoiate?

No, forse quella voce…


Il dolore, le urla, il sangue per un momento avevano cancellato tutto quanto, lasciandola svuotata, persa, terrorizzata.

Le mancava il sole sotto al quale sentiva il bisogno di camminare, le mancavano i suoi raggi, le mancava il suo calore.

Perché doveva rimanere attaccata alla vita quando la sua ragione sembrava perduta?
 

Io non resisto, sento freddo.


E il volto si chinò ad osservare il suolo, ma Olimpia sapeva che non era quello che doveva guardare, il suo sguardo era attratto alla sua sinistra, come una falena era attratta dal fuoco, e si sentiva costretta a guardare.

C’era un’altra prigioniera accanto a lei, aveva la sensazione che sarebbe dovuta essere al centro della sua attenzione.

Qual era il suo volto? Qual era il suo nome?

E sembrava inutile cercare di ricordarlo quanto importante e per un attimo tutto parve acquistare un senso e tutto sembrò perderlo al contempo.

 

Dimenticare o ricordare, cosa dovrei fare?
 

Ancora qualcuno le diceva di resistere.

Per quel che il dolore e la quiete le permettevano di ricordare c’era solo lei che arrivava, ma di lei non ricordava né il volto né la voce e tremò, capendo d’aver perso molto più di se stessa.

Lei… dov’era lei?


 

In qualsiasi momento io ci sono Olimpia, perciò, aspettami,

arrivo in tempo, come sempre, abbi fede”.


 

E finalmente il calore.

Le mani carezzarono il dolce volto di Olimpia, si soffermarono sui tratti devastati dalla lotta, come a voler cancellare quelle offese, e l’anima dormiente, sentendo quel tocco vellutato, uscì dal corpo ormai privo di vita e si avvicinò a lei...

Xena era lì, ad accoglierla per stringerla tra le braccia e offrirle protezione.

“Ci aspetta la pace, Olimpia”. Le sussurrò all’orecchio, senza accennare a sciogliere l’abbraccio che, al contrario, venne rafforzato.

La donna guardò ancora una volta gli occhi cerulei che tanto amava e annuì.

“Affronteremo assieme questo viaggio”.

“Come sempre, Olimpia”.

Mai più suono fu più dolce del suo nome su quelle labbra e, al suo confronto, il canto degli angeli le parve futile e superficiale.

  
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