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Autore: imperfectjosie    01/06/2014    1 recensioni
- Vita, vita così stonata, adesso che tu non ci sei -
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« Hey, Mark! »
Deglutisco.
Non può essere. No. Sto diventando pazzo del tutto. Con cautela, ruoto il busto verso il punto che ho appena lasciato.
« Tom. » soffio, incredulo, osservando il volto sorridente del mio migliore amico.

|Mark/Tom|
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mark Hoppus, Tom DeLonge, Travis Barker
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: blink-182 
Pairing: Mark/Tom
Rating: Verde
Note: Tom non c'è più. Mark si sta distruggendo e Travis è prossimo ad un crollo nervoso. 
 

Sei corde, un'anima lassù.
 
Offrire il cuore, farsi capire 
è questo e solo questo il nostro motore.
Finchè l'assolo sarà perfetto 
e quell'applauso arriva... te lo prometto! 
Vita, vita 

l'ultima meta 
il più fantastico dei tour.
Vita, vita 
tu che l'hai cantata 
l'hai resa vita un po' anche tu.


 
 

« Mark? »
Sento il mio migliore amico bussare insistentemente alla porta, ma non riesco ad alzarmi da questo angolo. Sono chiuso in casa da giorni ormai. Al diavolo tutto quanto. Al diavolo la musica, che non suona se tu non ci sei. Tom? Perchè te ne sei andato? Mi hai lasciato in questo mondo di merda da solo, hai lasciato Travis, i tuoi figli, Jennifer... e un vuoto incolmabile nel cuore di milioni di persone. Sei un dannato egoista. Continuo a piangere, tenendomi la testa con forza e stringendo i capelli tra le dita. Fa male. Dannatamente male. Non so se voglio vivere così. Magari potrei raggiungerti, sì, lasciare tutto, finire su di un palcoscenico a forma di nuvola, suonare ancora insieme, tirarti qualche plettro ogni tanto e perdermi nel tuo stramaledettissimo sorriso storto e insopportabile.
Lo stereo è acceso da ore. La tua voce graffiante mi strappa l'ennesimo singhiozzo. Non riesco a sentire più nulla. Non riesco a fare più nulla, da quando quel maledetto incidente ti ha portato via.
« Mark? Apri questa porta, o la butto giù a calci. Mi hai sentito? »
La voce di Travis si è alzata di qualche decibel, il tono è angosciato e malfermo. Forse, inconsciamente, anche lui pensa che potrei prendere davvero in considerazione l'idea di togliermi la vita. E i primi giorni ci ho pensato seriamente. Se solo non avessi avuto Skye accanto, non so come sarebbe finita. Sono passati cinque mesi. Non riesco a dormire, non mangio, non connetto più... e i blink sono ormai un ricordo del passato. Ma sono nato masochista, e ogni momento è buono per sfogliare le foto del 1992. Eri così dannatamente spavaldo e impertinente. Sorrido tra le lacrime a rivedere la piega ironica delle tue labbra. Sorrido per un po', poi mi lascio andare in un pianto che in genere dura per tutta la notte.
La porta cigola sotto al piede di Travis, cadendo a terra con un tonfo sordo. Tiro su la testa, osservando la gamba ancora a mezz'aria e la faccia sconvolta. Si avvicina, trascinandomi in piedi per le spalle. Non ho la forza di aiutarlo, voglio solo rimanere qui. Questo è l'angolo in cui ti avevo trovato a scrivere la nostra prima canzone. Ti ricordi?
« La vuoi smettere da solo, o vuoi che ti prendo a pugni personalmente? »
Mi scuote con forza, prova a farmi reagire, ma i suoi occhi lucidi lo tradiscono. Anche lui vorrebbe piangere.
« Dimmi qualcosa, cazzo! Mark? Rispondimi! Prendimi a pugni, urla, sbraita quanto ti pare... ma reagisci! » continua imperterrito, alzando il tono di voce.
Ma non lo sento, non voglio sentire. Voglio solo rimanere qui un altro po', insieme a te. Insieme a ciò che mi rimane di te. Chiedo troppo?
Ho ancora lo sguardo perso nel vuoto, fisso in un punto imprecisato del pavimento, quando cinque dita mi fanno bruciare la pelle del viso con violenza. Mi porto la mano sulla guancia, risvegliandomi da un torpore durato quasi mezzo anno. Osservo Travis in faccia, scoppiando in lacrime poco dopo. I nostri occhi azzurri si incontrano, poi mi trascina sul suo petto, stringendomi forte.
« Lo so che stai soffrendo, testa di cazzo. Cosa credi? Anche a me manca. Manca a tutti. Jennifer è in depressione, i suoi figli piangono senza sosta giorno e notte, e so che tu avevi questo rapporto speciale con lui, questa sorta di amore fraterno... lo so. Lo capisco. Ma devi reagire! Tom non c'è più e la tua vita deve continuare, Mark. Hai capito? »
Ho bloccato il cervello a “Tom non c'è più”, ma mi guardo bene dal farglielo notare. Continuo a versare lacrime nell'incavo del suo collo.
« Dovevo esserci io su quel dannato suv, Trav. Dovevo esserci io! Non lui... non-- »
Mi fa male il cuore. Arpiono il palmo della mano accanto al muscolo, sgranando gli occhi e ansimando violentemente nel vano tentativo di incamerare ossigeno. Sento i bronchi bloccati, la gola in fiamme e mi gira la testa. Travis se ne accorge, mi scosta per osservare in che stato sono e appena riesce a guardarmi in faccia, si allarma.
« Ma Dio santo, Mark! Anche gli attacchi di panico adesso? Ohhh, respira. Cerca di respirare piano, vieni... » continua, portandomi sul letto e facendomi sdraiare con cura. Si accomoda accanto a me, con gli occhi appannati osservo la sua espressione preoccupata scrutarmi attentamente.
Mi porto la mano sulla fronte, cercando di regolarizzare il battito del cuore.
Una parte di me, piccola ma insistente, spera che si fermi qui e subito. Ma non lo faccio presente al mio amico. Quando il respiro torna regolare, sospiro pesantemente, ricominciando a piangere.
« Ti prego, Hoppus, basta! Smettila! Credi che vorrebbe vederti così? » incalza esasperato, lasciandosi tuttavia sfuggire una lacrima.
Anche lui sta soffrendo, anche lui era suo fratello. Però non sente il vuoto che percepisco io. La sua voce, pagherei per sentirlo dire « Hey Mark! » ancora una volta. Stringo le labbra tra gli incisivi con forza, facendole sanguinare.
« Stavo andando a trovarlo. Vuoi venire con me? Magari elabori... ti farebbe bene » azzarda incerto, guardandomi con la coda dell'occhio.
Rispondo meccanicamente, annuendo in trance. E' come se il mio corpo fosse nella stanza, il resto da qualche parte ancora insieme a lui.
Non sono mai andato a trovarlo. Osservare quella lapide, significherebbe fare i conti con la realtà. E la realtà mi fa schifo.
« Bene. Dai, coraggio, alzati! »
Mi tira in su, sollevandomi con sforzo. Lo lascio fare, permettendogli di trascinarmi fuori di casa per la prima volta in cinque mesi.
 

L'aria è fredda, punge e mi sembra quasi di essere all'interno del mio cuore.
Mi stringo nel cappotto, seguendo Travis oltre le lapidi all'inizio del cimitero. Non so neppure dove sia, non sono riuscito ad arrivare alla fine del funerale. Sono scappato, avevo bisogno di piangere senza ritegno, di distruggermi.
Sorpassiamo alcuni bambini, facendo lo slalom tra le tombe per un po', almeno finché non vedo la figura del mio ex compagno di band arrestarsi di colpo. Per evitare uno scontro, mi blocco anch'io, posizionandomi accanto a lui.
Seguo il suo sguardo, incrociando una lastra bianca levigata di marmo abbastanza pregiato che recita la scritta – Thomas Matthew DeLonge Jr. | December 13, 1975 – May 5, 2012 – E le lacrime tornano prepotenti ad inondarmi il viso.
Tom.
No. Non è vero.
Travis accarezza la lapide, senza reprimere alcune maledizioni abbastanza esplicite.
Ce l'ha con il mondo, con Dio, con quello stronzo all'incrocio che ti ha strappato via da qui. Con chiunque. Forse anche con me, per come sto affrontando la cosa. Ma non mi importa.
Mi accascio al suolo, piegando le braccia in mezzo alle gambe, privo di forza.
« Figlio di puttana... » comincio, tra il dolore che mi invade e che non riesco a placare. Il cimitero deserto, ormai colmo del mio urlo disperato « SEI UN PEZZO DI MERDA, TOM! TE NE SEI ANDATO! MALEDETTO STRONZO! COME TI È SALTATO IN MENTE... COME-- TI-- DANNAZIONE! » termino, non riuscendo a continuare quell'assurda sfuriata verso il nulla.
Perchè tu non puoi sentirmi, non puoi più rispondermi a tono, con il tuo solito sorriso di sfida e quegli occhi vivaci, sempre alla ricerca dei miei. Sono un coglione. Parlo al vento. Parlo, perché non posso fare altro.
Travis mi posa una mano sulla spalla, regalandomi un sorriso stanco e vagamente percettibile.
Lui capisce cosa provo e per questo, non mi prende per pazzo.
Sul ripiano inferiore della tomba, noto la miniatura di una Gibson e istintivamente la prendo in mano.
« Ti lascio da solo per un po', penso tu ne abbia bisogno. »
Sollevo lo sguardo per incontrare il profilo di Travis, intento a scrutare le nuvole. Non rispondo, non penso ce ne sia reale bisogno. Lo sento allontanarsi quasi immediatamente, diretto verso la macchina. Sospiro, volgendo di nuovo l'attenzione alla lapide.
« Tu non puoi capire quanto cazzo mi manchi. Non puoi. »
E ancora, sto parlando al nulla.
Mi mordo un labbro, quando un rumore accanto all'albero poco lontano, mi fa trasalire.
« Chi c'è? » chiedo, con una punta d'ansia.
Forse il becchino. Indubbiamente. Mi alzo in piedi, raggiungendo il punto di provenienza del frastuono. Non faccio in tempo a fare neppure metà strada, che una voce ben conosciuta mi immobilizza sul posto.
« Hey, Mark! »
Deglutisco.
Non può essere. No. Sto diventando pazzo del tutto. Con cautela, ruoto il busto verso il punto che ho appena lasciato.
« Tom. » soffio, incredulo, osservando il volto sorridente del mio migliore amico.
In piedi, accanto alla sua tomba, mi guarda con il suo solito sorriso. Non è un fantasma. Non è trasparente, non è finto. E di certo, non si tratta di uno scherzo. Mi avvicino, prima lentamente, poi sempre più veloce, fino a finirgli quasi addosso. Blocco il corpo prima di rendermi conto che la mia mente si sta divertendo a giocarmi brutti tiri.
Lo osservo. Sembra sereno. Eppure, non è il Tom che se n'è andato. E' più giovane. Molto più giovane. Il piercing luccica alla flebile luce del Sole d'Ottobre. I capelli blu, una maglia Hurley e le sue dannate Converse nere.
Inizio a piangere, ma è la sua voce a calmarmi.
« Che cazzo stai facendo, verginella. Piangi? » mi canzona, senza cancellare quel ghigno dalle labbra neppure per un secondo.
« Tom, io--- »
« Sono bello, lo so. E anche molto più fresco di te! Si può sapere che ti prende, Hoppus? E' così che onori la mia memoria? »
Un poltergeist mi sta facendo la paternale! Riderei, se non fosse che sento la forte voglia di disperarmi in lacrime nuovamente. Sollevo un braccio per provare a toccarlo, ma lui si ritrae.
« Non si palpa! » mi ammonisce ironico, muovendo l'indice in senso di diniego.
« Mi manchi. » gli confesso, abbassando la testa come se dovessi vergognarmene.
« E tu mi stai facendo venire il diabete! » ribatte, storcendo labbra e naso con finto disgusto.
Mi lascio andare in un leggero sorriso. E' sempre stato così. Lui riusciva a farmi ridere, quando la vita mi prendeva a calci nel culo.
« Sul serio, piantala di fare lo sdolcinato e di mandare Travis sulla via del manicomio. »
C'è una sottile vena di sarcasmo, ma il tono è chiaro e deciso. E io mi perdo in quelle pozze nocciola ancora per un po'.
« Tom, io non so come fare. Non so cosa fare... io sono-- mi sento perso. »
Sposta un piede nella mia direzione, assumendo una posa che mi fa sorridere di nostalgia. Suonava così. Era un po' il suo marchio di fabbrica. Noto solo adesso che i bermuda larghi non si muovono a contatto con il vento e mi mordo un labbro nervoso. Non è qui per restare. Non tornerà mai più.
Una secchiata d'acqua gelida mi colpisce con violenza. Rabbrividisco. Sento un tocco leggero sulla testa e strizzo gli occhi per un po', aprendoli piano per guardarlo un'ultima volta.
« Ti lascio la mia vecchia Fender. Si che sai cosa fare, Mark. Lo hai sempre saputo. Prenditi cura di Ava e Jonas e porta Jen insieme a voi in qualche viaggio oltre oceano. Aiutala, falla sentire amata, anche se io non ci sono più. Ne ha bisogno. Ne avete bisogno entrambi. » sentenzia.
La sua voce mi regala brividi sparsi lungo tutta la colonna vertebrale. Non so esprimere a parole quanto in realtà mi sia mancata. Quanto darei per ascoltare ancora quell'accento così singolare e quasi irritante. E poi, il suo sorriso. Batto gli occhi due o tre volte.
« Tom-- »
Ma quando li riapro, lui non c'è più.
Sposto la testa velocemente, alla disperata ricerca di lui, di qualsiasi cosa fosse. Ma non vedo niente, non sento niente e presto abbasso gli occhi sconfitto.
La Gibson abbandonata nel prato dove l'avevo lasciata cadere. Mi accovaccio per rimetterla a posto, poi, la voce di Travis mi fa sobbalzare. Sollevo lo sguardo verso la strada. Il mio amico è fisso davanti alla portiera dell'auto e mi fa segno di raggiungerlo. In effetti, ha aspettato abbastanza.
Tocco quel marmo ancora per una volta, tracciando con un dito il suo nome sopra alle lettere in rilievo.
« Dovrei venirti a trovare più spesso. Mi dispiace. Scusami, se sono così debole. »
Sospiro, abbandonando il cimitero in direzione del suv parcheggiato accanto al cancello principale.
« Tutto bene? »
Appena entro in macchina, Travis mi scruta attentamente con evidente preoccupazione. Ma gli sorrido mesto, allacciandomi la cintura.
« Sto bene, tranquillo! » lo rassicuro quasi immediatamente.
Aggrotta un sopracciglio scettico, continuando a fissarmi.
« E' un miracolo, Hoppus! Che diavolo ti è successo in questo quarto d'ora? »
Prova ad informarsi.
Onestamente mi sento abbastanza strano anche io e non so dire se sia un bene o meno, ma provo calore all'altezza del cuore e una voglia assoluta di rivedere Skye.
« Ho incontrato un vecchio amico. » concludo, con un'alzata di spalle.
Mi tira un'ultima occhiata, prima di mettere in moto la macchina e uscire dal parcheggio.
C'è ancora silenzio. Ricordandomi della muta promessa fatta a Tom, sono il primo a spezzarlo.
« Puoi portarmi da Jen? »
Sembra sorpreso della richiesta, ma non fa domande. Si limita ad annuire piano, mentre io volgo la mia attenzione al finestrino, scrutando le strade di San Diego con nostalgia e un velo di tristezza.
Tom? Aspettami. E nel frattempo, accorda la chitarra.


END.
 

 

  
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