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Autore: Betta7    01/06/2014    6 recensioni
«Avete litigato?» mi chiede curioso, anche se non riesco mai a decifrare le sue parole, a causa di quei maledetti occhiali da sole.
«Si, cioè lei ha litigato con me.» rispondo, dirigendomi al piano di sopra.
«Dovresti stare attento ai dettagli, Hayama.»
Ma la gente si mette d’accordo, in questa città di pazzi?

Una settimana speciale, racchiusa in un qualche spezzone. Un giorno - una mattina, più che altro - speciale, che solo due anime gemelle possono comprendere.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Aya Sugita/Alissa, Fuka Matsui/Funny, Sana Kurata/Rossana Smith, Tsuyoshi Sasaki/Terence | Coppie: Sana/Akito
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Leggere tra le righe.

 
 
Tokyo è davvero una stronza, non mi lascia mai scampo. Ovunque io vada, ovunque io mi giri, tu sei lì, a fissarmi con quei codini da bambina e quel sorriso che non mi fa più ragionare.
Sento le voci dei ragazzini, gli stessi ragazzini che siamo stati noi tanto tempo fa, e non sento altro che le nostre risate, quelle poche che ti concedevo, e che tu custodivi come il più prezioso dei tesori.
Guardo quel gazebo, il nostro gazebo, e vedo te con i capelli sciolti che tenti di impersonare mia madre. Vedo i nostri abbracci, i momenti solo nostri che nessuno conosce.
Sono giorni che Matsui mi consiglia di parlarti, ma dopo la discussione che abbiamo avuto, dubito che tu voglia farlo. Mi avrai chiuso il telefono in faccia, si e no, circa ventidue volte, non curandoti minimamente di ciò che ti stavo dicendo.
A volte ti comporti proprio da ragazzina, Kurata. A volte, ma che dico? Sempre.
Sei una stupida ragazzina egoista che non capisce quando è ora di star zitta, quando bisogna solo ascoltare. Volevo scusarmi, davvero, forse per la prima volta in vita mia avevo intenzione di pronunciare quella parolina magica che tante volte hai preteso e che io non ti ho mai regalato.
Ne ho fatte di cazzate – e non conto nemmeno quelle che hai fatto tu – ma probabilmente questa è la più epocale. Tanto per fare un riassuntino, come al solito sono volate parole che nessuno dei due avrebbe voluto dire, tu hai cominciato a sbraitare, io ho cominciato a star zitto, e la cosa è degenerata fino ad arrivare a questo punto.
Che poi, il motivo della discussione, io nemmeno me lo ricordo. Le uniche cose che mi vengono in mente sono mie elucubrazioni mentali su quanto il vestito che indossavi fosse troppo appariscente per uscire con Naozumi Kamura, e poi il resto è storia. Sempre la stessa, tra l’altro.
Non riesco a credere di averlo fatto davvero. Il geloso, intendo. Non è affatto da me, eppure non sono riuscito a controllarmi. Non stiamo nemmeno insieme, diamine.
Ormai c’ho fatto l’abitudine, è una routine ormai ben consolidata, non mi lascia spazio per cambiare le cose, mi incatena e tutto si ripete un’infinità di volte.
Kamura è il tuo pretendente abituale, non riesce a staccarsi dalle tue tette – se ci sono davvero, visto che in anni di intima amicizia, non ne ho vista nemmeno l’ombra – manco quando è in compagnia di altra gente.
Altra gente, tipo me. Andiamo, lo sai benissimo anche tu che solo avvicinarmi a quel damerino mi provoca l’orticaria, eppure ti sei convinta che potremmo diventare amici.
Amici, io e quel.. quel.. non so nemmeno come definirlo. Sei una povera illusa, Kurata, se pensi che potrei anche solo accettare il modo in cui quel bamboccio ti guarda. No, assolutamente, e non per gelosia – non è di certo il mio caso – ma per semplice pudore. Diavolo, Sana, sembra che ti voglia spogliare in mezzo alla strada.
Obiettivamente, credo sia lo sguardo che ti riservino la metà dei ragazzi che incontri, se non tutti. Hanno  quello sguardo da pesci lessi, come se non avessero mai visto un paio di tette e un bel culo. Bah, io non li capisco proprio.
Cosa ci trovano di così sexy in te? Sarà che io vedo sempre quella ragazzina coi codini, quella che mi rompeva le palle alle elementari e che non riusciva per un secondo a restar zitta – a dir la verità, non ci riesci nemmeno adesso.
Ed è una cosa che mi urta, parecchio anche. Dovresti imparare ad ascoltare, capiresti molto di più.
Si, è vero, non capisco cosa ci trovino gli altri in te, ma, siamo sinceri, capisco perfettamente ciò che io vedo. Vedo il corpo della mia migliore amica – si, sei solo questo per me – cambiare giorno per giorno, diventare quello di una donna, e a volte i miei.. impulsi, chiamiamoli così, tentano di prendere il sopravvento.
Io provo a fermare quello che si muove nei jeans, ma il più delle volte sono costretto a fiondarmi in doccia, per evitare chissà quale catastrofe. Ecco perché faccio sempre un buon odore, tu che mi accusi di riempirmi di colonia. No, Sana, faccio circa venti docce al giorno per scacciare la tua immagine dalla mia mente.
Certo, l’immagine della mia migliore amica che si butta su di me e mi bacia, non è di certo normale, quindi ogni qualvolta si presenta, prepotentemente e in lingerie, le butto addosso un bel getto d’acqua fredda e la mando via.
Ecco, Sana, questo vorrei che tu capissi. Non sei una ragazzina qualunque, per me almeno. Ma sei così impegnata a dar retta a quell’attore da quattro soldi da non renderti conto nemmeno di ciò che ti accade intorno.
Mi sembra quasi di rivivere quel momento, alle medie, quando cercavo disperatamente di spiegarti e tu, come sempre, ti ostinavi a non capire. Cosa c’è di sbagliato in te, Kurata?
Non riesco a capirlo. Perché la tua capacità di comprendonio rasenta lo zero? A volte mi chiedo come tu abbia fatto ad andare avanti nella vita, e ad arrivare alla bellezza di diciannove anni, senza guardarti attorno. Basterebbe un’attenzione in più, piccola e nemmeno troppo accurata, per accorgerti che le cose non stanno proprio come il tuo cervello le mette insieme.
Il mondo non è rose e fiori, non ci sono arcobaleni ad ogni angolo, e di certo la vita non è fatta di sole cose belle. Dovresti saperlo, conoscendomi. Ma ancora, dopo tutto questo tempo, il tuo ottimismo pervade tutto ciò che fai. E chi sono io per smorzarlo? Sorridi, è questo l’importante.
Naozumi, in assoluto, è quello che tu vedi in maniera più distorta. Come fai, davvero, come fai a non rendertene conto? Non me lo spiego, e non riesco a darmi pace.
Sei davvero ingenua. Forse è una delle cose che mi piace di più di te, la tua ingenuità. Ti rende pura, incapace di provare odio, senza malizia. E’ una delle tue caratteristiche meno irritanti, diciamo.
Comunque, lasciando perdere tutti questi pensieri inutili, è da un’ora che Aya mi ripete di tornare a casa tua, probabilmente perché avrò interrotto qualcosa tra lei e Tsuyoshi. Abbiamo degli amici davvero pervertiti, lo sai Sana?
Si, in effetti, avrei potuto anche risparmiarmela questa improvvisata di domenica mattina, la tua migliore amica ha i capelli tutti arruffati – non so se per il fatto che era ancora a letto quando mi sono catapultato qui o per qualcos’altro, a cui non voglio nemmeno pensare – e poi ha la bocca gonfia. No, non è per il sonno, decisamente.
«Akito, davvero, Sana ti vuole bene...». In quest’ultima frase mette un po’ di insicurezza, lo avverto dalla voce palesemente spezzata dal risolino che si scambia con Tsuyoshi. Li odio quando sembra che sappiano qualcosa che io ignoro. Evidentemente Aya sa.
Sa qualcosa, e devo saperla anch’io.
«Si, mi vuole bene, e quindi?» chiedo interdetto da quegli sguardi complici.
Aya e Tsuyoshi si scambiano un’altra occhiata, lasciandomi fuori da quella discussione che sta cominciando a innervosirmi non poco.
Dovrei andarmene, decisamente, ma voglio sapere. Aya continua a fare la criptica, e Tsuyoshi continua a preparare il caffè, lasciando fare alla sua adorata ragazza.
«Dovresti leggere un po’ più tra le righe, Hayama.» mi dice sedendosi davanti a me.
Al diavolo, lei e le sue frasi sibilline. Non ho la minima intenzione di scervellarmi dietro al mistero della Sfinge.

 
***
 
«Kurata, pensi che sia un comportamento adulto questo?».
Si, sono di nuovo qui, davanti al suo portone. Come un idiota, aggiungerei. Mentre aspetto che lei si degni di rispondere a quel dannato campanello, le parole di Sugita mi passano di nuovo nella mente. Leggere tra le righe. Ma che diavolo significa? In realtà, potrebbe voler dire tante di quelle cose, e nessuna di queste mi convince del tutto.
Opzione numero uno. Sana non mi vuole tra i piedi e, il leggere tra le righe, comporta il capire che uscire con Kamura è un modo per dirmi lasciami in pace in modo meno esplicito.
Se dovesse essere così, però, non mi chiamerebbe ogni dieci secondi netti e non mi vorrebbe vicino quando ha bisogno di un amico.
Opzione numero due. L’amico, appunto. Sono solo un amico, ciò che lei alla fine è per me, e la cosa si riduce ad una semplice gelosia fraterna. Si, come due fratelli, appunto.
Opzione numero tre. Fratelli un corno, tanto per chiarirci. Non è mia sorella, tranne per la voce starnazzante e tutta quella fissa per i trucchi, e di certo io non la vedo come tale. Avrò pensato ad almeno milleduecento modi per toglierle quelle maledette magliette larghe che si ostina ad usare. Certo, come ho detto poco fa, scaccio sempre questa ipotesi, per evitare problemi assolutamente inutili.
Opzione numero quattro. Sta cercando un modo per farmi uscire di testa e, viste le circostanze, direi che ci sta riuscendo alla grande.
Opzione numero cinque. Forse stanno diventando un po’ troppe. Sta cercando di dirmi qualcosa, con tutti questi atteggiamenti nuovi, che io non riesco a decifrare. E qui, allora, la frase di Aya calza a pennello. Devo leggere tra le righe. Quindi leggere tra le righe dei comportamenti di Sana.
Dio, quando tutta questa storia sarà finita, la ucciderò, e allora non servirà più capire ciò che pensa.
«Sana, adesso sto cominciando a stancarmi.»
«Non m’interessa. Sei un deficiente, è inutile, non capirai mai.»
Eccola, un’altra che mi dice che non capisco niente. Sta diventando un’abitudine, eh?
Rimango qui, in ogni caso, finché non si deciderà a spiegarmi che diavolo devo capire. Perché, a questo punto, credo che i ruoli si siano invertiti. Di solito è Kurata quella ottusa, e io quello che cerca di spiegare.
Aggiungo un’altra opzione, decisamente.
Opzione numero sei. SANA KURATA E’ TOTALMENTE PAZZA.
Probabilmente è la più plausibile.
***
 
Dopo circa quattro ore passate ad accamparmi sotto casa sua, nemmeno se stessimo insieme, riesco a metterci piede, grazie all’arrivo di Rei che, gentilmente per la prima volta in vita sua, mi lascia entrare.
«Avete litigato?» mi chiede curioso, anche se non riesco mai a decifrare le sue parole, a causa di quei maledetti occhiali da sole.
«Si, cioè lei ha litigato con me.» rispondo, dirigendomi al piano di sopra.
«Dovresti stare attento ai dettagli, Hayama.»
Ma la gente si mette d’accordo, in questa città di pazzi?
Davvero, è assurdo.
«Continuate a ripeterlo, ma la volete smettere?» dico salendo le scale e lasciandolo al piano di sotto.
***
 
«Kurata, andiamo, finiscila di fare la bambina!» le urlo.
E’ da venti minuti buoni che tento di farle capire, inutilmente, che non me ne frega niente se esce con Kamura – forse la bugia più grande detta in vita mia, ma dettagli – e che lei può fare della sua vita ciò che vuole. Non ci arriva, è inutile, non riesce proprio a mettersi nei miei panni.
«Hayama, adesso devi andartene.» mi dice abbassando lo sguardo.
La ucciderei in questi momenti, quando si ostina a comportarsi come se avesse due anni e mezzo. Probabilmente la sua sorellina, la figlia della sua mamma naturale, avrebbe ragionato meglio.
«Pensi che riuscirai a liberarti di me così facilmente?» le dico sedendomi sul letto e togliendomi le scarpe. «Vuoi litigare? Bene, litighiamo. Sai quanto adoro i conflitti. Sono il re, dei conflitti.»
Lo faccio di proposito, so che la sto irritando, ma lei mi irrita da tutta la vita, dovrò pur prendermi una rivincita.
Scorgo nei suoi occhi il nervosismo allo stato puro, e sogghigno, divertito dalla situazione che si è venuta a creare.
Bussano alla porta, è Rei.
«Sana, Hayama rimane per cena?» le chiede.
«N-»
Prima ancora che lei potesse continuare ciò che stava dicendo, la blocco e rispondo per lei.
«Si, Sagami. Resto a cena.» e continuo a guardare la tv, comodamente stravaccato sul divano.
Non esiste che la lascio adesso, rischierei di non parlarle più davvero.
Rei chiude la porta scuotendo la testa e sorridendo sotto i baffi, avendo capito il teatrino che la sua cara datrice di lavoro stava ordendo.
«Come ti permetti? Nessuno ti ha invitato, la tua presenza non è gradita.»
«Andiamo, tua madre mi adora, Occhiali da sole è poco importante, quindi sei l’unica a cui non va giù.» dico continuando a fissare quel film assolutamente orribile che trasmettono sul canale 24. «Non rinuncio al sushi per te, sia chiaro.» concludo, sospirando e mettendomi comodo.
***
 
«Vuoi del sushi, Hayama?». La mamma di Sana oggi porta un copricapo più particolare del solito, sembra una piccola giungla, e Maro se la spassa tra le palme. Mi chiedo se quelle cose pesino, e se la sera la signora vada a letto con il torcicollo.
«Certo, grazie.» rispondo prendendo il piatto che mi sta porgendo.
«Kurata, mi passi la salsa?».
Sana mi ignora.
«Kurata, la salsa.» le dico subito dopo.
Continua a non guardarmi nemmeno in faccia.
«La salsa, ho detto.» le intimo infine.
La salsa mi arriva, ma dritta in faccia.
«Piaciuta?» mi chiede nervosamente, continuando poi a mangiare come se nulla fosse successo.
«Sana, sei molto scortese.» le dice sua madre, ma si vede che non è per niente seria. Intanto Rei ride, questi sono i momenti in cui lo detesto più del solito.
«Tutto questo è ridicolo, solo perché ti ho detto che quel vestito era troppo?».
Non avrei voluto intavolare quella discussione davanti a loro, ma con quel gesto mi ci aveva costretto.
«Rei, credo che sia ora di andare a letto, non trovi?». Misako si alza, prendendo per il braccio Rei che invece protesta. «Devo ancora finire il mio sushi!». La signora se lo carica in spalla, dove prenderà tutta quella forza mi è ancora poco chiaro.
I due si dileguano, e Sana mi rivolge uno sguardo a dir poco agghiacciante. E no, Kurata, quella è una mia prerogativa.

 
***
 
 
«Quanto la smetterai di comportarti come una bambina di sei anni?» le chiedo, stizzito dal suo improvviso mutismo. Andiamo, parla anche quando non dovrebbe, nei momenti meno opportuni, quando la sua voce è l’ultima cosa che vorrei sentire – raramente, in realtà, mi capita di non voler sentire la sua voce – e adesso si ostina a star zitta? Chissà quanto si starà trattenendo.
Ancora una volta, i ruoli si invertono. Io parlo e lei mi fissa, come se non avesse nulla da dire, quando invece so che sta scoppiando. Lo so perché è quello che accade a me ogni volta che abbiamo una discussione. Poi, se aggiungiamo che Sana ha perennemente l’impellente impulso di straparlare, allora sì, si nota immediatamente quanto si stia frenando.
Dovresti darmi semplicemente un’occasione, una sola per confidarti tutto quello che vorrei urlarti da secoli e che tu non mi dai la possibilità di rivelare. Ma infondo, tu hai Kamura, che t’importa?
«E tu quando la smetterai di ripeterlo? Sei logorroico, devo dirtelo.»
«E tu stressante.»
«Stronzo.»
«Stupida.»
«Cretino.»
«Ottusa.»
«Stronzo.»
E così via, fino alle tre di notte circa, quando prendo baracca e burattini e me ne vado, lasciandola sempre col broncio.

***
 
 
Ci sarà un modo per terminare questa guerra, ci deve essere, altrimenti ci sarà da impazzire. Il mio letto è troppo, davvero troppo, freddo. Di solito, dopo giornate del genere, io e Sana facciamo pace e ci ritroviamo a dormire insieme, è raro che passiamo una notte sapendo di essere in pieno litigio.
Ed è tutto inutile, se solo dovessi alzarmi da questo maledetto letto, correre di nuovo da lei, aggiungerei per la millesima volta, per chiederle scusa, non capirebbe di nuovo. Quindi sono stanco, stanco di lei, delle sue frasi criptiche, e ancora di più di quelle dei miei amici che tentano di spiegarmi cose che io non arrivo a comprendere.
La chiamo, ho deciso.
Sono un pappamolle, mi faccio grande dicendo che non importa, che non voglio sentirla, che la odio, e alla fine mi ritrovo sempre a fare il cagnolino di Sana Kurata. Ridicolo.
***
 
 
Fuka sbuffa. L’ho chiamata nel cuore della notte, per impedirmi di chiamare quella viziata di Kurata, e la sto torturando con i miei pensieri da ben venti, venticinque minuti. La sento, irritata, dall’altra parte del telefono, in attesa che io finisca di parlare, che la smetta di rivolgermi a lei per qualsiasi cosa riguardi Sana. All’inizio mi ero anche sentito in imbarazzo, parlare con la tua ex fidanzata della ragazza che, più o meno, tutti dicono sia la tua anima gemella, non è proprio il massimo. Ecco, un’altra cazzata bella e buona, questa dell’anima gemella.
«Senti, Hayama, sono le cinque del mattino, non pensi che tu e Sana dovreste smetterla di fare i bambini, e mettere fine a quest’agonia?»
«Ma quale agonia, Fuka?! Si è arrabbiata senza motivo.»
«Hayama, Sana non si arrabbia senza una ragione. Forse sei tu, che non lo capisci.»
«Come sempre.» taglio corto io, sbuffando.
«Ti faccio una domanda, rispondi sinceramente e avrai la soluzione all’enigma.» mi dice lei, per chiudere la discussione il più in fretta possibile.
«Sentiamo.» le rispondo.
«Che effetto ti farebbe vedere Sana che stringe la mano di qualcuno?»
Rimango zitto, interdetto, non ho il coraggio e la forza di rispondere.
«Immaginala, sta camminando mano nella mano con un ragazzo a caso. Naozumi, per esempio.»
Ovviamente.
«Lei sorride, si diverte. E quel ragazzo non sei tu.» continua lei. «Cosa provi?» mi chiede infine.
In questo momento? Cosa provo?
Ho appena spaccato l’oggetto che avevo tra le mani – la sveglia, per l’esattezza.
Ecco come mi sento.
«Akito?» mi chiama Fuka, dall’altro lato del telefono.
«Ho.. ho distrutto la sveglia.»
«Perfetto, ti sei dato la tua risposta. Adesso, posso tornare a dormire? La mia vita sentimentale è pacifica, posso non occuparmi di quella degli altri alle cinque?!»
«Si, dormi, Matsui. Sei esattamente come lei.»
Sto quasi per chiuderle il telefono in faccia.
«Come ti ha detto Aya, leggi tra le righe.»
«Andate a fanculo.» e stavolta chiudo davvero la comunicazione, lasciandola al suo sonno.
***
 
 
 
«Che cosa vuoi?» Stavolta ho chiamato lei.
«E’ da due giorni che Aya e Fuka mi ripetono di leggere tra le righe, potresti essere così gentile da spiegarmi che diavolo vuol dire?». Non ho tempo per i convenevoli.
«Ah, non so, Hayama. Leggi tra le righe.»
«Adesso avete rotto, sul serio. Parla, Kurata, o giuro su Dio che impicco Mr. SweetBear.»
Quando minacciavo il suo orsacchiotto, lei parlava. Era una routine, una volta addirittura le avevo fatto credere di averlo distrutto totalmente, togliendogli la gomma piuma dalla pancia. In realtà, avevo sfoderato un cuscino. Mi avrebbe impiccato lei, se l’avessi fatto davvero.
«Non permetterti di parlare di lui, non lo nominare mai più.»
«Andiamo, Kurata, vuoi litigare anche per uno stupido orsacchiotto?»
«No, voglio litigare perché sei tu lo stupido.»
«Perfetto, mi spieghi perché?»
«E’ nel tuo DNA, inutile sprecare fiato.»
«Lo sprechi per tante cose, un po’ per me non puoi usarlo?»
«Stai forse dicendo che parlo troppo?»
«No, non mi permetterei mai.» sbuffo. «Dai, per favore, puoi spiegarmi?»
«Devi leggere tra le righe, Hayama, no?»
«Se sento questa maledetta frase un’altra volta, giuro che non rispondo più di me.»
«Leggi tra le righe.» ripete lei, per infastidirmi.
«Vuoi la guerra? E guerra sia.»
E chiudo la telefonata. Mi infilo una tuta, una maglia e un paio di scarpe da ginnastica.
Che la guerra abbia inizio.

 
***
 
Ore? Sei e venticinque del mattino.
Posizione? In bilico, sulla scala che porta alla finestra di quella dannata ragazzina.
Stato d’animo? Quasi in iperventilazione, vista l’altezza.
Future intenzioni? Ucciderla nel sonno, per avermi costretto a questo.
Dopo svariati tentativi di non inciampare e cadere di sotto, mi ritrovo nella sua stanza. Guardo verso il letto, ma lei non è lì.
La vedo sbucare dalla mia sinistra, con un tubetto di panna, che mi arriva immediatamente sulla faccia.
La uccido, è ufficiale.
La afferro per il braccio e avvicino il mio viso al suo, per sporcarla. Lei si allontana, ridendo come una bambina, e la mia voglia di abbatterla comincia a scemare.
La trascino verso di me, fino a che, non so come quindi non chiedetemelo, ci ritroviamo sul letto con le bocche a pochissima distanza.
Io sono totalmente ricoperto di panna, lei ne ha uno spruzzetto sul naso e un altro sul lato del labbro superiore. Come faccio a resistere?
Colmo la distanza tra di noi, finalmente. La bacio.
«Ti basta, come lettura tra le righe?» chiedo quando si crea di nuovo quell’insopportabile distanza.
«Mi pare perfetto.» dice ansimando.
Sorrido, mentre poso di nuovo delicatamente le mie labbra sulle sue, e lei ride con me.
C’era stato un momento, forse uno solo in tutta la mia vita, che avevo scelto di allontanarmi da lei, per sempre. Non è questo il caso, è troppo buona la panna, poi sulle sue labbra, ha un sapore ancora più dolce.
«E ora?» mi chiede.
***
 
 
Siamo seduti sul suo letto, uno accanto all’altro.
Non osiamo sfiorarci, nemmeno con un dito, come se avessimo il terrore di non riuscire a fermarci una volta che tutto inizia.
Non è affatto salutare per me, starle lontano così tanto, quando l’unica cosa che voglio è starle attaccato. Lo ha detto anche il mio psicologo – si, ho fatto qualche seduta, sotto sua insistenza, tra l’altro – che Sana mi fa bene, che è un influsso positivo nella mia vita.
Non posso dargli tutti i torti, quando sono con lei – oltre che ad irritarmi da morire, sbuffare e tentare di ucciderla – sto piuttosto bene. Ma che dico, sto da Dio, letteralmente.
«Ora... ora cosa siamo?» chiedo io, cercando di smorzare il silenzio che si è creato. Il sole è sorto da poco e la luce illumina la stanza di Sana, rendendo le cose ancora più difficile.
Fino a che le cose si dicono al buio, ci può essere speranza. Ma alla luce, occhi negli occhi, non c’è scampo.
«Tu sei piombato nella mia stanza e mi hai baciata. Devi dirmelo tu.» risponde lei, ovviamente per mettermi ancora più in difficoltà.
«Non so che dire..» dico sinceramente io.
D’un tratto, me la ritrovo addosso.
«Al diavolo le etichette...» sussurra. E io sorrido, affondando in un suo bacio.
***
 
Non sapevo che si potessero provare certe cose, non così almeno. Non ho di certo chiesto a Tsuyoshi cosa si provasse quando stai per fare l’amore, ma Sana mi stava sicuramente aiutando a capirlo.
«Sei sicura?» le chiedo, certo che troverà un modo per sviare il discorso e far finire tutto.
Non lo fa, mi bacia con foga e il mio mondo cade in frantumi. Non sapevo fosse così audace, ne che prendesse l’iniziativa in questo modo. Non sapevo nemmeno se per lei fosse la prima volta, diciamo che quando eravamo amici – fino a circa mezz’ora fa – non erano proprio quelli gli argomenti di cui amavo parlare con lei. Ad essere sincero, non gliel’avevo mai chiesto anche per paura che mi rispondesse che avevo perso la mia Sana, e che qualcuno come Kamura se la fosse presa.
«Sicura.» mi risponde poi, quando capisce che quello insicuro sono io. «Anche se.. anche se è la prima..».
La zittisco con un bacio, non mi serve sentire altro, davvero. Non perché volevo essere necessariamente il primo, ma perché sapere di esserlo mi rende felice.
«Tu sicuramente.. sicuramente avrai..». Se ho già fatto sesso, Sana? No, non l’ho fatto.
«Non puoi semplicemente goderti il momento? Devi per forza parlare, Kurata?» le dico, per evitare che scopra che io ho più paura di lei.
«Rispondimi, Hayama.» ansima. E vederla ansimare a causa mia, è la cosa più eccitante che abbia mai avuto sotto gli occhi. «Tu..?». La domanda ormai è esplicita, anche se non l’ha pronunciata.
«No, Kurata. Ora sta’ zitta, ti prego.» le ordino, ma la mia è più una richiesta adorante.
«Quindi tu..?» continua a parlare troppo.
Le chiudo la bocca, come solo io da oggi in poi posso permettermi di fare.
La bacio dappertutto, assaggiando ogni parte del suo corpo, come se fosse l’ultima volta che lo vedo. In realtà è solo la prima. E ce ne saranno molte altre, lo assicuro.
Mi dedico al suo collo, leccandoglielo e baciandoglielo, e sentendola col respiro affannoso prendo a sbottonarle la camicia di notte che mi viene semplicissimo toglierle in poco tempo.
Mi prendo cinque secondi per osservarla in tutta la sua bellezza, nel modo in cui l’avevo sognata tante volte, e per cui ero sempre costretto a buttarmi sotto il getto gelido della doccia. È anche meglio di come l’avevo immaginata, non riesco a credere che stia accadendo davvero.
Mi spoglia anche lei, lentamente, senza nessuna fretta. Mi accarezza la schiena, mi bacia il petto, tutto mentre sul viso ha quel sorrisino sfacciato che tante volte ho sognato di fargli rimangiare.
«Sana.. se tu, si insomma.. se tu non..»
«Non puoi semplicemente goderti il momento? Devi per forza parlare, Hayama?» ripete ciò che ho detto prima io, e allora capisco che la via è libera.
Mi metto tra le sue gambe, consapevole che ciò che stiamo per fare ci unirà per sempre.
Anche se ci lasceremo – perché adesso stiamo insieme, no? – questa cosa, si insomma.. questo, nessuno dei due lo potrà mai dimenticare. Io non lo farò.
La bacio, e mi sembra che le sue labbra siano perfettamente incastrate alle mie, come se si conoscessero da sempre, quando in realtà si sono incontrate si e no, tre o quattro volte al massimo.
«Voglio che tu faccia una cosa per me..» mi sussurra, mentre mi avvicino al suo orecchio e glielo mordo, abbastanza forte da sentirla lamentare.
«Tutto quello che vuoi.». Le sue iridi nocciola mi scrutano, con quella assoluta confidenza di chi conosce le mie, color ambra, alla perfezione.
«Non smettere mai di guardarmi così.» mi dice, a pochi centimetri dalla mia bocca.
«Mai.» le dico.
Entro dentro di lei, piano, con tutta la delicatezza possibile, per non farle male. E’ l’ultima cosa che voglio. Lei chiude gli occhi, forse per il dolore, e io comincio a preoccuparmi.
«Ti faccio male..?» le chiedo dubbioso, terrorizzato a dire il vero.
«No, non.. sta’ tranquillo.» dice lei, tornando a chiudere gli occhi. Ho paura, sono paralizzato per l’angoscia di farle male.
«Non voglio ferirti.» dico io, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
«Non sono di porcellana, Hayama. Sto benissimo...» dice lei, tutto d’un fiato. «Ti prego..» sussurra poi, baciandomi.
Ricambio il bacio e do un’altra spinta, prudentemente. Lei stringe gli occhi, un’altra volta, e lo faccio anch’io. Sto per piangere.
Non mi accorgo nemmeno che le lacrime stanno davvero attraversando il mio viso, fino a che Sana non ne bacia una e la scaccia via.
«Sono lacrime di gioia o di tristezza?» mi chiede. Ha il terrore negli occhi, lo avverto immediatamente.
«Gioia.» mento. Sono anche di gioia, perché dopo tutto questo tempo – dopo le mille sfuriate, le gelosie, le sere a dormire accanto a lei senza poter dire o fare nulla – essere qui, dentro lei, è la cosa più bella che mi potesse capitare.
Ma mi odio, mi odio perché le sto facendo del male.
«Non mi hai fatto male, Hayama.. va tutto bene.» dice come se mi avesse letto nel pensiero. Anche lei comincia a piangere, adesso la cosa sta diventando ridicola.
«E allora perché piangi?» le chiedo.
«Perché questa è la cosa più bella che sia successa in tutta la mia vita.»
E la bacio, e non voglio staccarmi da lei, mai.
 
***
 
La abbraccio, siamo sul suo letto, ancora, e nulla mi sembra aver importanza. Né il fatto che sono uscito di casa alle cinque e mezza del mattino, che ho passato la notte fuori casa, che mia sorella probabilmente starà impazzendo a cercarmi e chissà dove avrò buttato io il telefono, o ancora il fatto che siamo a pochi metri di distanza dalla camera di Occhiali da sole e della madre di Sana.
Attorno a me, solo lei. Attorno a lei, solo io.
«Quindi...» dice lei.
«Non rovinare questo momento con le parole, ti scongiuro.» le dico io, mettendole un dito sulle labbra. Gliele accarezzo, in un gesto tanto intimo, che se l’avessi fatto qualche giorno prima, sarebbe stato totalmente inopportuno.
«Non sai nemmeno cosa stavo per dire.» mi dice lei, sorridendo sotto il mio indice.
«Sentiamo, allora.» mi arrendo io.
«Ti amo.»
«Ti amo.»
Lo diciamo contemporaneamente. Insieme, come tutto quello che abbiamo fatto nelle nostre vite.
E ridiamo, per la prima volta in diciannove anni, sono felice al cento per cento. Nessuna remora, nessun senso di colpa, nessun rimpianto. Solo gioia. Gioia pura.
Sana mi bacia, io la bacio a mia volta. E quel contatto diventa febbrile, quasi vorrei ricominciare, ma lei mi allontana e prende il telefono.
«Che diavolo fai, Kurata?» le chiedo. «Non dirmi che lo stai dicendo a Matsui e Sugita.»
Le ragazze e la loro maledetta smania di aggiornarsi continuamente.
«Gli sto solo dicendo che... hai letto tra le righe.»
«Già, sono diventato un vero e proprio intenditore di quest’arte.» rispondo scherzando.
In questo momento ho capito, ho capito cosa intendevano tutti gli altri quando ci definivano due anime gemelle. Lo siamo, nonostante tutto quello che abbiamo passato, siamo quelle persone che si sono cercate, per anni. Che hanno vagato e che non hanno trovato serenità fino a che non si sono guardate veramente negli occhi, senza paure, senza vergogne.
Lei è parte di me, come nessuno su questo pianeta. Non avevo mai pensato a questa possibilità, devo essere sincero, ma averla mia, nel mio letto – o nel suo, fa lo stesso – è l’apice della felicità.
Quanto mi piace questa storia del leggere tra le righe.



NON LAPIDATEMI.
Lo so, devo aggiornare University life. I capitoli successivi sono già pronti, ma siccome con la scuola non sono riuscita a completare il quattordicesimo, e purtroppo la mia Beta lo sa bene, non voglio aggiornare per poi lasciare la storia incompleta, quindi preferisco farvi attendere un po' di più per i capitoli che lasciarvi poi addirittura senza capitoli successivi.
Bene, questi sono pensieri random che mi sono venuti ieri durante l'ora di italiano, mentre erano in corso le interrogazioni finali PRIMA DELLA MATURITA'. Mi viene da piangere.
Ho provato a immaginare una settimana tipo nella vita di Sana Kurata e Akito Hayama, tra litigi e la scoperta del loro amore, che prima non conoscevano se non sotto forma di mera immaginazione.
Spero che vi piaccia, e mi scuso con la mia Beta, Dalmata, per non averla avvisata di questa pubblicazione, ma volevo farle una piccola sorpresa e dirle che la ringrazio SEMPRE, perchè con University life ho scoperto una persona fantastica e una scrittrice a dir poco SPETTACOLARE. 
Vi lascio adesso, spero che non mi tiriate pomodori virtuali, fatemi sapere cosa ne pensate. 
Bacio :*
Akura

 
 

 
 
   
 
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