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Autore: Zomi    02/06/2014    10 recensioni
Senza fidanzato, circondata da neve e da un inverno che sembra divertirsi nell'intralciare i treni, destinata a una riunione di famiglia disastrosa con nonna Tsuru e i famigliari più pazzi del pianeta, Nami sembra essere ormai giunta al patibolo... ma forse la rimpatriata dei Cocoyashi le nasconde ancora qualche sorpresa, e chissà, magari anche piacevole.
*Fan Fiction partecipante alla Zonami Week indetta dal Midori Mikan*
Genere: Comico, Demenziale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro, RufyxRobin, Tsuru, Un po' tutti, Z | Coppie: Nami/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
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Per ogni spadaccino senza orientamento, c'è sempre una cartografa al mandarino, pronta per riportarlo a casa


 
XOXO, THIS IS MY FAMILY, DARLING…

 
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Capitolo 1: A.A.A. ragazzo cercasi disperatamente
 
Negli anni cinquanta questa stazione doveva essere il regno magico del vapore e delle gonne lisce come tulipani.
Grandi fumate bianche e dense, si alzavano dai binari, facendo apparire dal nulla vagoni e motrici nere come carbone, appesantite dai sogni e dai viaggi dei mille loro passeggeri.
Chissà quanti lunghi addii, baci e promesse sono state scambiate proprio lungo questo binario, quanti pianti anneganti nei fazzoletti di flanella ingialliti e profumati alla naftalina.
Me li immagino: Lui, grande uomo d’affari, che deve partire per un lungo viaggio oltre confine, in zona di guerra naturalmente, e Lei, donna dai lunghi capelli cotonati raccolti sotto un cappellino stretto e a cupola, come una cuffietta da piscina, che piange stringendo la mano a Lui, divisi dal finestrino di plastica rigida del treno in partenza, macchiando la pelle e liscia pelle d’avorio con i mascara sciolto dalle lacrime
-Oh Jack-
Si, di sicuro si sarebbe chiamato Jack il Lui.
-Non andare ti prego… è così pericoloso-
-Non temere Mary- quale donna degli anni cinquanta non si chiamava Mary?
-Torneò sano e salvo…-
Lei, annuisce sconsolata, e si alza sulle punte dei tacchi chiusi in punta.
Lui si affaccia dal finestrino del treno, mentre il vapore della motrice corre attorno a  loro, scaldando il motore a carbone, pronto a partire, mentre il capo treno fischia la partenza.
Le labbra sempre più vicine, i sospiri, sempre più pesanti, gli occhi incollati tra loro.
-Jack-
-Mary-
-Jack…-
-Mary…-
-Oh Jack…-
-Oh…-
-NAMI!!!!-
Sussulto, scuotendo il capo e riportando la mia attenzione al cellulare, che mi sta friggendo l’orecchio sinistro.
-Eh?!?- lo squadrò, dimenticandomi di Jack e Mary, e al loro melodramma strappa lacrime.
-Ma riascolti?-
No, non ti ascolto cara sorellona, ero negli anni cinquanta a immaginarmi questa pullulante e stracolma stazione ai suoi tempi d’oro, quando era romantica e piena di vapore, e non demenziale e frenetica come lo è ora, piena di persone stressate e nervose per i ritardi dei treni, e colorata solo dalle gomme masticate e sputate a terra.
-Scusa Nojiko- arriccio il naso, accavallando le gambe tra loro, guardandomi attorno e sentendomi, sulle natiche, la forma della panchina su cui sto aspettando il mio treno.
-Sei sempre la solita- mi sgrida, mentre un leggero pianto risuona da sottofondo.
Vorrei sapere se è Bells o Rex, ma mi trattengo dall’interrompere mia sorella nel suo sport preferito: torturarmi.
-Uff…- sospiro, sistemandosi una ciocca dietro l’orecchio -… non possiamo parlare di qualcosa di meno traumatico, tipo perché il nero è sempre di moda?-
-Non ci provare sorellina- sghignazza dall’altra parte della cornetta –Sappi che sarò in prima fila al tuo arrivo all’hotel, quando la nonna ti accoglierà…-
Sospiro, abbandonando il capo sul sedile della panchina, sentendomi le ossa diventare budino.
-Nojiko…- piagnucolò -… ti prego, risparmiami almeno tu. Tanto tra un paio d’ore ci penserà qualcun’altro a mortificarmi…-
La sento ridacchiare, di certo pregustandosi la mia sorte avversa e maligna.
Si, perchè lei non c’è mai dovuta passare su questo binario dissestato, su cui io transito per la terza volta.
Perché lei non deve farsi altre due ore di treno per arrivare al patibolo.
Perché lei è sposata e ha dei figli, e non è single e senza uno straccio di ragazzo per le mani.
Perchè lei non dovrà subire la solita pesante, petulante e paranoica paternale di Nonna Tsuru sul mio stato di “zitella” a soli vent’anni.
Scuoto il capo, gettandolo all’indietro e premendo la coda di cavallo di capelli rossi sul sedie duro e per nulla aerodinamico della panchina, che mi sta mal formando il sedere.
Ho ventiquattro anni, un lavoro fisso come fotografa di grandi eventi e per un paio di giornali della nazione, abito da sola nel mio appartamento a Weatheria, guadagno abbastanza e ho una buona vita sociale.
La cara nonnina dovrebbe accontentarsi, no?
E invece no, perché le donne Cocoyashi posso fare di tutto, dal scalare la montagna più alta e pericoloso del mondo con un dito solo e ad occhi chiusi, al nuotare nella lava di un vulcano in top less, ma mai e poi mia devono essere single.
Soprattutto all’annuale riunione di famiglia a Raftel.
Soprattutto se sei l’unica tra le cugine ad non avere un uomo.
Soprattutto se la tua famiglia è matriarcale e inizi a considerare, una ragazza di ventiquattro anni che non abbia né un uomo né accenni a una vocazione religiosa, lesbica.
Mi sciolgo di disperazione contro la panchina.
-Nojiko!!!- invoco aiuto –Non posso assentarmi? Solo per questa volta!!!-
-Scherzi?!?- strilla, facendo piangere anche il mio timpano.
-Non puoi mancare, Bells e Rex muoiono dalla voglia di vederti, e poi anche papà, zio Garp e Rufy…-
Oscillo le labbra, ammettendo con me stessa che anch’io voglio rivedere tanto la mia famiglia, i miei cari nipotini e tutti i cugini matti che ho.
Ma la paura di nonna Tsuru, è maggiore?
Oh, si…
-Ti ricordi che mi ha fatto alla rimpatriata dell’anno scorso?- digrigno i denti, fulminando il cellulare, cercando un minimo di compassione in mia sorella
-Mmh, quando non hai portato Law perché ti aveva tradito con non-mi-ricordo-più-chi?- borbotta indifferente, quasi non si ricordi che sbavava litri di bava quando lo vedeva.
-Esatto- sibilo –Mi ha confinato in camera e mi ha vietato di avvicinarmi al bar dell’hotel con la scusa che…-
-“… le donne sobrie riescono ad accorgersi che il proprio uomo le tradisce mesi prima che lui anche solo pensi di farlo”- imita la stridula e pesante voce della nonna, ridacchiando –E l’anno prima, quando ti eri appena lasciata con Kid?-
Un fantasimo inizia a girarmi attorno, usando la mia aura di disperazione come punto di riferimento per la sua gravitazione.
Oh Kami, Kid.
Un rosso focoso, a letto non mi dava tregua, con un’innata passione per l’hard rock e la musica metal dura, di quella che ti fa venir mal di testa solo nel infilare il cd nello stereo, e che avevo dovuto lasciare dopo le innumerevoli lamentele dei vicini.
Come biasimarli poi, se lui ogni volta che veniva a trovarmi accendeva lo stereo con la musica a tutto volume, mentre mi faceva urlare di piacere, contro le pareti di casa?
E poi era una storia senza lieto fine, bastata solo sull’attrazione fisica e sul distruggere materassi copulandoci sopra. Kid non se l’era presa, aveva scrollato le spalle e aveva lasciato il mio appartamento urlando :”Sai dove trovarmi se vuoi qualcuno che ti faccia gridare di piacere”.
Mugugno, premendomi le mani al viso.
Se solo lo avessi lasciato una settimana dopo, sarei stata accompagnata da qualcuno davanti al giudizio di nonna Tsuru, e avrei evitato la sua filippica martoriante e massacrante di autostima.
-Ti ha imposto di starle sempre vicina per tutta la settimana…- ride mia sorella, al mio orecchio -… imparando, finalmente, come si comporta con gli uomini una vera donna Cocoiashy-
Grugnisco, rabbiosa per quanto si stia divertendo la mia sorellona.
-Sai, dovresti aiutarmi, e non ricordarmi i miei precedenti fallimenti!!!- strillò contro il telefonino.
-Oh suvvia, sai come si dice, no?- cerca di darmi l’accontentino –Non c’è due senza tre!!!-
-Nojiko!!!!- urlò, pesano i piedi a terra –Sei…- fermo la mia ira, tendendo l’orecchio all’altoparlante della stazione.
-Nami?-
-Il mio treno- parlo in fretta, afferrando con la mano libera il mio trolley, fermo sotto la panchina –Mi pare abbia una guasto-
Sbuffando, inizio ad incamminarmi verso la biglietteria, tirando la mia valigia sulle piastrelle sconnesse della stazione.
-Dovrò prendere un altro treno- borbotto, alzando gli occhi al cielo.
-Capisco… guarda se il bigliettaio è carino-
Mi fermo, scostando il cellulare all’orecchio e fissandolo stranita: che vuole dire?
-Perché?- domando.
-Perché se è libero puoi portalo alla nonna e salvarti le chiappe- sghignazza.
Ringhio e chiudo la chiamata, infilandomi furiosa il telefonino in tasca.
Ottimo, davvero ottimo.
Devo andare all’annuale riunione di famiglia, che durerà una settimana, senza fidanzato, sorbirmi la paternale di mia nonna, le occhiatacce del suo aiutante servile e i piagnistei dei miei nipoti, circondata da coppiette innamorate.
In più mia sorella ci gode da morire, e sghignazza contro di me.
Cosa può andare peggio?
-Il treno per Raftel oggi non può partire- sorrise l’angelica signorina alla biglietteria –Le rotaie di partenza sono ostruite dalla neve. Se vuole raggiungere la cittadina, dovrà prendere almeno altri due treni con reciprochi scambi…-
Sbatto la testa contro il vetro rigido della bancone, maledicendo la neve della stagione, che sembra godere nel peggiorare sempre più la mia situazione.
-Per che ora arriverò a Raftel, con questi due treni?- borbotto sconfitta.
La signorina ticchetta secca sulla tastiera del computer, fissando la schermata cambiare colore e illuminarle il volto di un pallido blu.
-Circa tra cinque ore e mezza- mi sorride celestiale.
La fisso diventando paonazza.
Sono condannata all’inferno, ora lo so: senza fidanzato, nonna Tsuzu mi bacchetterà ferocemente, nevica e il mio sedere dovrà sopportare altre cinque ore e mezza di scomodi e distruttivi sedili ferroviari?!?
-Sta scherzando spero!!!- strillo, picchiando un pungo contro il bancone –Sono solo cento chilometri da qui a Raftel, non possono volerci cinque ore per arrivarci!!!!-
La signorina, il cui piccolo caschetto verdolino oscilla spaventato, alza le mani, balbettando leggermente.
-Mi-mi spiace, ma la neve ra-rallenta i tre-treni e io…-
-Oh andiamo!!!- porto le mani ai fianchi, strillando davanti alla lunga fila di persone, nervose e ringhianti come me, che dovranno cambiare migliaia di stazioni prima di arrivare alla loro meta.
-Possibile che non ci sia un treno più veloce?- domando, illuminata da un ‘ultima luce di speranza.
Sbatto le lunghe ciglia, e arriccio le labbra, cercando di impietosirla, e sembra funzionare, perchè alza gli occhi al cielo, pensando intensamente, prima di scrutare il monitor colorato davanti a lei.
-Ehm, ecco io…-
Mi si illuminano gli occhi, nel vedere la ragazza –Kayme, dalla targhetta che traballa sulla sua divisa composta ed elegante- ticchettare con le affusolate dita sul computer, in ceca di una soluzione.
-Ci sarebbe…- si morde un labbro.
-Un biglietto per Kuraigana-
Mi volto alle mie spalle, fissando il maleducato idiota che ha spiaccicato la sua grande mano contro il vetro della biglietteria, osando passarmi avanti.
Kayme fissa il nuovo arrivato con sguardo confuso, mentre io lo fulmino con rabbia funesta.
Eh no, anche questa no!!!-
-Ehi- lo spintono su una spalla con il palmo aperto –Ci sono prima io-
Lui, ruota lentamente il capo, quasi si fosse appena accorto della mia presenza, e mi squadra. I suoi occhi neri e imperturbabili corrono dai miei occhi fiammeggianti d’ira ai capelli rossi e raccolti in una alta coda di cavallo, poi ai fianchi, e infine sulle gambe, tese e longilinee sotto la mini gonna.
Sciocca le labbra, tra di loro, per poi tornare a fissare Kayme.
-Un biglietto per Kuraigana- ripete senza degnarmi di risposta.
Grugnisco.
-Razza di babbeo- lo picchio sul cranio con un pugno –La signorina sta servendo me-
Quello, massaggiandosi la zazzera verde, mi ringhia contro, gonfiando il petto, che si espande muscoloso sotto il giubbotto.
-Senti mocciosa…- sbotta villano -… ho fretta e non ho tempo da perdere-
-Qui tutti abbiamo fretta- allargo le braccia a indicare la fila che ci segue davanti la biglietteria –E non t’azzardare a chiamarmi mocciosa sai-
Gonfio anch’io il petto, mettendo il risalto il mio seno prosperoso e florido.
Ghigno, nel vederlo fissare il mio petto, invitante e stordente.
-Come vedi non sono una mocciosa…- sbatto le lunghe ciglia -… e ora vedi di tornare in fila se no…-
-Ascoltami un po’, tu, mocciosa siliconata- pesta un piede contro di me.
Strabuzzo gli occhi: come ha osato chiamarmi?!?
-A Kuraigana ho un incontro importante, e farò di tutto per raggiungerlo in tempo, ergo levati dalle scatole e fammi perdere il mio biglietto, altrimenti io…-
-MOCCIOSA SILICONATA?!?!?- strillo, stringendo i pugni davanti allo sportello, facendo saltare sulla sedia la povera bigliettaia –CREDI CHE SIA TUTTA PLASTICA QUESTA?!?- mi indico le tette –E’ TUTTA ROBA VERA, RAZZA DI DEFICINTE!!!!-
-MA CHE TI STRILLI, ARPIA!!!-
-DEMENTE-
-STREGA-
-ROZZO-
-RAGAZZINA-
-BUZZURRO-
-MOCCIOSA-
-Signori!!!!-
La voce ferma e autoritaria di un capostazione ci trattiene dal saltarci alla gola, ammazzandoci a vicenda, apparendo oltre il vetro dello sportello, richiamato di certo, a riportare la calma, da Kayme, tremante e terrorizzata sulla sua sedia.
-Vi prego di comportarvi da adulti… barbon- tuona, puntandosi le mani ai piccoli fianchi che reggono il suo enorme busto.
-È colpa di questo idiota!!!- indico il buzzurro dal cranio algato che mi fulmina ringhiando –Mi è passato avanti, pretendendo di avere chissà che biglietto per tontolandia-
-Kuraigana- ringhia quello, picchiando un pugno sullo sportello.
-Sai quanto me ne frega?- gli tiro una linguaccia.
Ok, è poco maturo, ma ci sta.
-Signori- ci richiama il capostazione –Vi prego…-
Si abbassa al computer, e in pochi attimi ticchetta sulla tastiera.
-C’è un treno per Kuraigana che parte tra mezz’ora- afferma serio, alzando gli occhi cerulei sul babbeo maleducato.
Il buzzurro ghigna, mentre io sbuffo: perché diamine ha servito prima questo deficiente?
Io sono messa di gran lunga peggio, e non posso permettermi di perdere tempo lasciando passare tutte le persone che ci sono in fila prima di me.
-Lo prendo- mi spintona il maleducato, addossandosi alla biglietteria e urtandomi in là.
Mi addosso alla parete della stazione, incrociando le braccia al petto, fulminando questo babbo maleducato, imbronciata e arricciando le labbra in una smorfia capricciosa.
-Ottimo- annuisce il capostazione, lisciandosi la lunga e riccioluta barba rossa –Sono duecento venticinque Berry-
-C-come?- balbetta il ragazzo.
Allungo l’orecchio, ascoltando al conversazione, fattesi più interessante.
-Io non ho tutti quei soldi con me- sbotta il buzzurro.
-Mi spiace ma è l’unico treno per Kuraigana- lo fissa il capostazione –Niente soldi, niente biglietto-
-Ma io devo arrivare a Kuraigana- ringhia –Se non oggi, almeno entro una settimana-
-Siamo spiacenti- interviene serafica Kayme –Ma i biglietti hanno tutti lo stesso prezzo…-
-COSA?!?- strabuzza gli occhi, dilatandoli.
Si distanzia un po’ dallo sportello, e ne approfitto per scivolare davanti a lui, passandogli davanti.
-Problemi?- ridacchio, fissandolo di striscio, mentre sgambetto appoggiata al bancone.
Lui ringhia e mi fulmina con lo sguardo, ma gli volto le spalle, ignorandolo mentre estraggo dalla tracolla, la mia fornita carta di credito.
-Raftel- sorrido al rosso capostazione –Qualsiasi treno, basta che mi porti a Raftel… non ho problemi per pagare-
Un grugnito si alza dalle mie spalle, proveniente dal buzzurro maleducato.
Finalmente la buona sorte sembra essermi tornata amica.
In pochi attimi stringo in mano il mio biglietto, e, sorridendo beffarda al ragazzo dalla zazzera verde, mi allontano pronta a raggiungere l’hotel della nonna, e la sua inesorabile paternale.
Solo ora, torna a pesarmi il fatto che sarò sola in mezzo a tutte le coppie della mia famiglia, e che nonna Tsuru non me la farà passare liscia per essermi presentata, per la terza volta di seguito, senza accompagnatore.
Sbuffo, mentre sento ancora il maleducato di prima, implorare il capostazione per il suo biglietto, ringhiando e sbottando con tutta la sua baritonale e roca voce.
-Mi serve-
Si, anche a me serve, un ragazzo però.
-… è l’occasione della mia vita…-
L’occasione di non sembrare sempre la pecora nera single della famiglia, di non venir trattata da appestata da tutti, mio padre compreso.
-… sono di sposto a fare di tutto-
Anch’io, e non scherzo.
Mi fermo a pochi metri dalla biglietteria, trolley in mano e pronta a partire, voltandomi di tre quarti verso quel buzzurro disparato che ringhia contro la bigliettaia e il capostazione, irremovibile.
Lo fisso, con quelle sue spalle grandi e possenti, le gambe che riempiono perfettamente i jeans e la giacca scura che nasconde il torace forte e ben delineato.
Le mani sono strette a pungo sul bancone, la mascella digrignata a ringhiare e gli occhi, neri e profondi come pozzi, fissi sul capostazione, che nega con il capo ogni speranza per lui.
Smuovo le labbra.
Se solo fosse più gentile e meno idiota, sarebbe anche carino.
Sono ferma a fissarlo, quando anche lui, picchiando un ultimo pugno sul marmo dello sportello, si allontana dalla biglietteria lasciando il posto ad una latro disperato dei treni.
Ringhia e bestemmia a denti stretti, muovendo pochi passi verso i binari, e solo in allora, denti digrignati e pugni stretti, alza il viso, sollevando lo sguardo su di me, incrociando i miei occhi.
Sospiro, e non so perchè gli vado in contro.

 



 

 






MIDORI MIKAN.

MIDORI= verde.

MIKAN= mandarino.

MIDORI MIKAN= mandarino verde.

Mandarino verde.

Verde= Zoro.

Mandarino= Nami.

Mandarino verde= Zoro & Nami.

Zoro & Nami.

Zoro= si perde sempre.

Nami= è una navigatrice.

Zoro & Nami= coppia perfetta.

Il ragionamento fila, e perchè tu non fili a visitare il MIDORI MIKAN?!?!?!?


 




 
   
 
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