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Autore: giormoments    03/06/2014    3 recensioni
Harry/Louis, accenni Harry/OMC | AU | Conteggio parole: 3346 | Note: ispirata a When I Was Your Man (Bruno Mars) e Da Capo (Giada)
Trascurare una persona porta inevitabilmente ad un punto di rottura, e finisce che le attenzioni che prima quella persona dedicava a te, poi le dedica a qualcun'altro. Louis si lascia scappare l'amore tra le dita e se ne rende conto quando forse è troppo tardi...
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Da capo


Un tuono lo fa sussultare e quasi capitombolare giù dal divano.
Scuote la testa, Harry, cercando di scacciare le immagini dell’incubo che stava vivendo nel sonno, quando si accorge che c’è un altro rumore, più acuto e chiaro dei tuoni, che gli sta squillando nelle orecchie.
Chi diavolo può essere così mentalmente disturbato da suonare il campanello di casa sua a notte fonda?
Scalcia via la coperta e striscia i piedi nudi fino alla porta. Lo spioncino gli rivela che oltre il legno del suo portone c’è l’ultima persona che avrebbe voluto vedere.
La apre quel poco che basta a rivelare il suo viso. “Che cosa vuoi?” chiede e la sua voce è piatta e fredda. In realtà si sta impegnando per non lasciar trasparire alcuna emozione. Emozione che Louis Tomlinson, in piedi davanti a lui, in giacca e cravatta, bagnato dalla testa ai piedi, non merita più.
“Fammi entrare, sto congelando” replica l’altro senza rispondere alla domanda che il riccio gli ha posto.
“Louis, sul serio, sono stanco e non ho le forze per discutere con te, quindi vattene” continua duro il più piccolo, ma l’altro sembra non ascoltarlo minimamente.
“Harry”.
Il riccio deve fare appello a tutta la forza di cui è in possesso per ignorare il brivido che gli attraversa il corpo perché dannazione, il suo nome pronunciato dalla voce di morbida del maggiore sembra la parola più bella dell’intero universo.
“Sono stato qui fuori per ore, sotto la pioggia, ad aspettare che il bell’addormentato sentisse il campanello. Ho qualcosa da dirti, ma se non vuoi sentirlo almeno dammi dei vestiti asciutti” lo prega Louis e solo in quel momento Harry si accorge che il castano sta tremando di freddo.
E fa l’errore che non potrebbe permettersi di commettere, quello che ha permesso più volte in passato e che l’ha fatto letteralmente a pezzi, riducendolo ad una conversazione con il suo ex in piena notte sotto la pioggia: lo guarda negli occhi, si lascia imbambolare dalla voce sottile di Louis.
E nonostante il cervello gli gridi di non farlo entrare, di lasciarlo a congelare sotto l’acquazzone perché se lo merita, sente il corpo che si muove e si sposta per lasciargli lo spazio per entrare in casa sua.
Gli fa un effetto strano vederlo lì, in casa sua, visto e considerato che l’ultima volta Harry l’ha sbattuto fuori con le lacrime agli occhi, urlandogli che era finita e che non voleva più vederlo.
Ora invece se ne sta lì, fermo, gocciolante e tremante, ed è stato proprio il riccio a farlo entrare.
“Stai fermo lì o mi allaghi casa” lo avverte.
Si trascina verso la sua stanza, afferra degli indumenti asciutti ed un asciugamano, poi torna da Louis. Lo trova che gironzola per il salotto, guardandosi intorno con sguardo curioso.
“Ti avevo detto di rimanere fermo” lo ammonisce, mollandogli con poca grazia i vestiti tra le braccia.
“Non è cambiato niente, qui” replica l’altro, come se fosse una logica risposta all’osservazione di Harry.
Il più piccolo si siede sul divano mentre un sorriso piatto gli coinvolge le labbra. “Non ho intenzione di ripercorrere il viale dei ricordi, Louis. Mi hai chiesto dei vestiti, te ne ho dati. Ora cambiati e leva le tende, ho lezione domani”. Lo fredda in poche parole, senza nemmeno guardarlo, perché il castano ha iniziato a spogliarsi a nemmeno un metro di distanza da lui e deve chiudere gli occhi per impedirsi di guardarlo.
Ad ogni modo non ce la fa, lo sguardo corre al profilo del corpo di Louis.
Nei polmoni gli brucia la consapevolezza che quel corpo, quel viso, sono belli esattamente come lo erano mesi prima e gli sono stati sbattuti davanti senza preavviso, senza che potesse prepararsi a vivere una situazione del genere.
Quelle circostanze lo corrodono dentro, perché loro due non hanno mai davvero chiarito.
Harry ha mandato giù tante cose, fino a quando non ce l’ha più fatta e ha sputato tutta la sua frustrazione, senza però dare a Louis la possibilità di rimediare o almeno di capire. Si è limitato a urlargli di non farsi più vedere, senza troppe spiegazioni.
Ed ora lui è lì, mezzo nudo, che si asciuga le gocce di pioggia che vagano su quella pelle abbronzata di cui, se si impegna, Harry riesce ancora a ricordare il sapore.
Si copre di nuovo gli occhi con le mani cercando di sembrare discreto. Non si accorge però che Louis si è reso conto dei tentativi del minore di non guardarlo, e un sorriso gli nasce spontaneo sulle labbra mentre si infila i vestiti caldi.
Si sente già meglio, senza gli indumenti bagnati e ghiacciati addosso. Si sente meglio anche perché quei vestiti hanno il profumo di Harry e il suo odore gli è mancato così tanto che ora cerca di inspirarne il più possibile, come a voler farne scorta.
Si infila un paio di calzini asciutti, poi ammucchia i vestiti bagnati a terra e si siede sul divano di fronte ad Harry, un tavolino di legno a dividerli.
“Stai meglio?” gli chiede Harry, ma Louis lo vede subito mordersi la lingua. Sorride tra sé e sé per la spontaneità del riccio, che è sempre stata una delle cose più belle in lui.
Dal canto suo, Harry si maledice perché non dovrebbe interessargli come sta.
Il maggiore prende un gran respiro, richiama tutto il suo coraggio e parla.
“Possiamo parlare?”.
“Louis, io…” lo interrompe subito Harry, ma l’altro non è intenzionato a lasciar perdere, stavolta.
“Harry, non mi hai mai dato la possibilità di parlarne. Hai preso tu tutte le decisioni e non credo sia corretto, devo avere anche io la possibilità di parlare”.
Louis è deciso, il suo sguardo è fermo e risoluto, dritto negli occhi del minore che sanno di casa, sanno di vento fresco e sole sul viso.
Cala un silenzio che sa di rassegnazione, da parte di Harry, perché quello da cui è fuggito per mesi, l’autoconvincimento di odiare Louis che si è imposto, sembra essere crollato come un castello di carte, e di speranza da parte di Louis, perché il ragazzo che ama, quello che gli ha fatto sperare durasse per sempre, è di fronte a lui per la prima volta dopo tanto tempo e gli sta dando la possibilità di spiegarsi.
“Stasera non ci ho visto più” inizia. “Quando ti ho visto con quello io non ci ho visto più…”
“Si chiama Mark” lo interrompe freddo Harry.
Ma comunque Louis sembra non sentirlo. “So di essere stato io a sbagliare. Lo so benissimo, e so anche che me ne sono reso conto troppo tardi. Pensavo fossero delle cose superficiali, farti delle piccole sorprese, andare insieme alle feste, vedere i tuoi amici”.
Si tortura le mani mentre parla, se le torce come se fosse una valvola di sfogo, mentre lo sguardo altalena tra il pavimento e gli occhi di Harry.
“Perché lo capisci solo dopo che ti ho lasciato?” chiede l’altro con la voce malferma, nonostante i suoi tentativi di rimanere lucido. “Non sono bastate tutte le liti, le volte in cui ti piangevo davanti e tu mi assicuravi che sarebbe stato diverso?”.
“Ti sto chiedendo di perdonarmi, Haz. Stasera, quando ti ho visto con un altro, ho realizzato quanto sono stato stupido e cieco. A te piace andare alle feste, fare le cose insieme e io ho sempre pensato fossero dei capricci, ma erano cose che ti rendevano felice ed io sono stato uno stronzo a non accontentarti, a non rendermene conto”.
“E serviva la festa per la laurea di Liam a fartelo capire? Dovevi vedermi con un altro per capire che hai sbagliato? Non lo capivi da solo?”. Sente una scarica di rabbia e frustrazione dentro di sé, il riccio, perché “se è come dici sembra che tu sia solo geloso del tuo giocattolino, sembra che debba essere solo ed esclusivamente tuo nonostante tu l’abbia fatto a pezzi più di una volta”.
Il suo sguardo è puntato sul viso del castano, gli occhi spalancati e arrabbiati, quasi Louis non lo riconosce perché in quattro anni e poco più non lo ha mai visto così irato.
E il cuore del maggiore inizia a spezzarsi di nuovo in tanti piccoli pezzi, perché è vero che è andato a casa di Harry con l’intenzione di spiegarsi, ma dentro di sé sperava che il riccio l’avrebbe perdonato e avrebbero dormito insieme, stretti l’uno all’altro come amavano fare prima che lui decidesse di mandare tutto a puttane.
Sente di non riuscire a respirare, nonostante inspira ed espira velocemente, sembra che non abbia abbastanza forza da mandare l’aria nei polmoni. Bruciano come bruciano gli occhi, pesano come pesa il groppo in gola che non gli permette di deglutire.
Distoglie lo sguardo perché si sente davvero un grandissimo stronzo, si sente male come mai in vita sua e l’unico da incolpare per questo è se stesso, per essere stato un grandissimo coglione.
“Louis, che sei venuto a fare?” gli domanda la voce roca di Harry. Una domanda semplice, ma il maggiore si sente affondare ancora di più nel baratro e da solo non riuscirà ad uscirne. Lo vede che Harry lo guarda solo con disgusto, rabbia, repulsione e tante altre cose che lo spaventano, che gli fanno credere che il finale felice che ha visto e rivisto nella sua testa è solo una sua stupida e mera illusione.
“Lo so che è tardi per tutto” inizia con la voce diversa, non più sicura e decisa, ma rassegnata. Attira lo sguardo del minore, poiché è come se non stesse parlando la sua bocca, ma il suo cuore direttamente. “Volevo che sapessi che me ne sono reso conto e che se sono qui è perché ti voglio di nuovo nella mia vita, ma mi rendo conto che sono stato un egoista. Ti amo, Haz, e voglio vederti felice. Io non ci sono riuscito, anzi, ho fatto tutto il contrario. Vorrei che tu tornassi a sorridere come facevi sempre con me, ma evidentemente non sono più capace di farti ridere così. Spero che lui ti compri i fiori, che ti porti alle feste, che ti renda felice coi piccoli gesti che io reputavo superficiali. Ti amo davvero, piccolo, e mi interessa la tua felicità. Vorrei fosse con me, ma forse non ne sono capace e forse nemmeno me lo merito”. È un fiume di parole, lascia straripare tutte le emozioni che sente, tutte le confessioni che non ha mai ammesso nemmeno a se stesso ma che Harry merita di sapere. Quegli occhi che ha visto illuminarsi di sincerità, amore, malizia, furbizia, sfacciataggine ma mai di arroganza, prepotenza, egoismo, se lo meritano. Merita di sapere quanto ancora lo ami, così tanto al punto da lasciarlo essere felice nelle braccia di un altro uomo che non sia lui.
Quello che non sa è che Harry ha sperato così tanto in quelle parole negli ultimi mesi che ora non gli sembra vero. Gli sembra di vivere uno di quei sogni – anzi, incubi – che lo tormentavano appena finita la loro storia. Che poi, è mai davvero finita?
È una delle domande che lo affligge mentre un singhiozzo gli strazia la gola. Si rannicchia contro lo schienale del divano e le lacrime gli bagnano il viso. Perché lo ama, Louis è l’unico ragazzo che lo abbia fatto sentire amato, desiderato, importante, sexy nella sua goffaggine, unico.
Non dice niente, si limita a lasciar uscire le sue lacrime, perché diamine, non gliene frega niente di Mark, è solo un ragazzo con cui ha una lezione in comune. Nessuno, in confronto a Louis.
“Harry?” lo richiama l’altro, “stai piangendo?”.
Ma il minore non risponde. Un lampo illumina improvvisamente il buio del salotto, e Louis lo vede.
Lo vede con le gambe raccolte al petto, gli occhi chiusi e le guance bagnate e non ragiona, non pensa a niente mentre si alza, aggira il tavolino e si siede accanto a lui, circondandogli le spalle con un braccio per farlo sfogare sul suo petto, per prendersi tutte le sue lacrime e la tristezza.
Harry cerca di allontanarlo, lo spinge via con le mani sulle spalle ma poi stringe tra le dita la stoffa della maglietta per non lasciarlo andare più lontano di quanto riesca a sopportare.
“Hai una gran faccia tosta, lo sai?” sputa fuori contro la sua maglia, la voce roca di pianto e gli occhi che bruciano. “Hai una gran faccia tosta a presentarti qui proprio quando io avevo appena iniziato a rimettere insieme i pezzi che tu avevi rotto. Proprio quando avevo iniziato a dirmi che sarei stato bene prima o poi, che in futuro qualcun altro mi avrebbe fatto sentire come facevi tu, e tu pensi di tornare! Ti rendi conto di quanto sia ridicolo?”.
Alza la voce ma non è arrabbiato. È più… frustrazione. Confusione. Perché Mark gli piace, è un bravo ragazzo. E Louis è il suo primo amore, ma gli ha spezzato il cuore.
Louis sorride, ma la felicità viene spazzata via da una frase fredda come il ghiaccio. “Ti rendo anche che sto con Mark, adesso, vero?”.
Il castano prende un respiro profondo e in un gesto che, prima che andasse tutto a rotoli, era abitudinario e domestico, infila una mano tra i ricci. Harry trasalisce e fa per allontanarlo, ma Louis non si muove di un centimetro. “Stai con lui, ma ami me” dice semplicemente. Ed è la verità, lo sanno anche i muri di quella casa che li hanno assistiti mentre si scoprivano, amavano, litigavano e riappacificavano. “Ami me, il ragazzo punk che veniva sempre nella tua pasticceria solo per vederti, con le guance sporche di farina e il sorriso a illuminargli la giornata” inizia freneticamente, la calma iniziale completamente dimenticata. “Te le ricordi, tutte queste cose, Harry? Non dirmi che non ricordi la sensazione che hai provato la prima volta che ci siamo presi per mano. E la prima volta che ti ho baciato, nel giardino sul retro di casa tua? E la prima volta che abbiamo fatto l’amore? Te lo ricordi, di come stesse per succedere sul mio pianoforte?”. Conclude ed ha il fiatone, gli occhi determinati puntati in quelli lucidi del minore, pieni di lacrime.
“Me lo ricordo” sussurra il riccio, con la gola chiusa dal pianto, “ricordo tutto troppo bene, ma mi hai fatto male”.
Le mani del maggiore volano al viso di Harry, lo incorniciano come hanno sempre fatto ed i pollici carezzano le gote arrossate. “Le cicatrici guariscono, Haz. A volte guariscono così bene che nemmeno si notano e il dolore è un lontano ricordo sbiadito. Lasciami guarire quelle che ti ho causato io. Ti giuro che stavolta non sarà diverso come ti promettevo prima, stavolta sarà migliore. Lo sarò io, per te. È tutto quello che chiedo: una seconda possibilità. Non mandarmi via ora. Non prima di avermi dato l’occasione di dimostrare che non sono davvero lo stronzo che credi”.
Le lacrime di Harry continuano a scendere, bagnano le mani del maggiore ma il riccio non dice niente, ha le labbra serrate, morse a sangue. Eppure non dice niente.
“Sta tutto nel capire se ti piacciono le sensazioni che ti faccio provare io”. Continua imperterrito la sua battaglia d’amore, che non vuole concludere se non da vincitore. “Se il modo in cui ti fa sentire lui è migliore del mio”.
Harry continua a non proferire parola, ma poggia la mano sul petto di Louis mentre con la manica della maglia si asciuga il viso e in un attimo dei ricordi gli invadono i pensieri. Sono delle immagini veloci, una dietro l’altra che si rincorrono nella sua mente, momenti in cui, prima di dormire, appena svegli o dopo aver fatto l’amore, poggiava l’orecchio sul cuore del castano e lo sentiva battere fortissimo solo ed esclusivamente per lui.
La mano di Louis finisce di nuovo tra i capelli del minore a tenerlo vicino, a stringerlo più forte mentre “mi sto chiedendo per quale motivo non ti abbia ancora baciato” confessa con la bocca contro la fronte di Harry.
La mano contro il petto di Louis stringe la maglia come a volerlo allontanare, ma non lo spinge via. “No, ti prego Boo, non farlo, sto con Mark” lo prega con la voce mentre con i gesti grida tutto il contrario.
Gli occhi di Louis, ad ogni modo, si spalancano. Erano mesi che Harry non lo chiamava così, col nomignolo che ha sempre usato solo e soltanto lui. Il suo modo di chiamarlo. Una cosa intima, riservata solo a loro due. E di certo non è una coincidenza.
Così, proprio come i bambini quando gli vien detto di non fare qualcosa, Louis prende il mento di Harry tra indice e pollice e delicatamente gli fa alzare il viso, premendo leggermente le labbra sulle sue.
Lo sente trattenere il respiro, rimanere di pietra contro la sua bocca.
Annaspa, Harry, annaspa in ricerca della forza di volontà necessaria per separarsi da quelle labbra, quelle labbra che ha sognato, bramato, posseduto e baciato per anni. Ma non può separarsi, non può decidere di privarsene, non quando Louis è davanti a lui, gli sta dicendo che lo ama, promettendogli di essere migliore, e lo sta baciando.
Ed è inutile raccontarsi frottole, ripetersi che non può perché è impegnato con un altro ragazzo. Tutti sanno che Mark non è nulla in confronto a Louis, è stato Harry il primo a metterlo in chiaro con Mark stesso, che non era una relazione che cercava.
Nel momento in cui le sue labbra si schiudono contro quelle del castano, nel momento in cui abbandona qualsiasi pensiero di rifiuto e risponde al bacio, in quel momento capisce quando Louis gli sia mancato, quanto il suo cuore abbia bisogno di lui per battere come solo un cuore innamorato saprebbe fare.
Odia Louis, lo odia perché l’ha ferito, ignorato, umiliato, ma negli occhi ha una luce diversa in quel momento negli occhi, una luce che fa trasparire non una promessa, no, quelle ci vuole poco a infrangerle, ma come una certezza, un legame ferreo ed indistruttibile.
E Louis non ci crede che Harry lo stia baciando davvero, quasi stenta a respirare se si concentra sul tocco della mano grande del riccio contro il collo. Credeva di non poterla sentire mai più.
“Andiamo a letto” sussurra tra un bacio e l’altro, distante un respiro dalle labbra del minore.
“Boo” lo richiama con voce rauca e flebile Harry, allontanandosi un po’. “Boo, io…”
“A dormire” chiarisce il maggiore per poi sporgersi a baciargli la fronte. “Dormiamo insieme” e il tono di voce lo tradisce, non è una semplice richiesta, lo sta implorando.
Perché Louis è così disperatamente innamorato di Harry che rinuncerebbe a se stesso pur di riaverlo tra le braccia, contro il petto ancora per una volta.
E ancora con le labbra dell’altro premute contro la fronte, il riccio annuisce. È lui il primo ad alzarsi, tendendo a Louis la mano per aiutarlo a fare altrettanto.
Harry è ancora dolorosamente, inevitabilmente ed irrimediabilmente innamorato di Louis e, per quanto possa aver fatto male, nessuno al mondo potrà mai farlo sentire come fa lui. Perché con Louis è tutto o niente, in ogni caso.
Se si fanno male, quasi sanguinano fino a morire. Se si baciano lo fanno fino a quasi strapparsi le labbra.
E onestamente Harry sa che l’amore è, nel bene e nel male, qualcosa che ti brucia tutto e ti distrugge ogni cosa solo per costruire tutto da capo e migliore.
Per questo è sicuro come non mai di quello che fa quando, con le mani allacciate come non succedeva da mesi, arrivano in camera di Harry, dove il letto li attende con le coperte già disfatte.
Si stendono inizialmente distanti, poi come i poli opposti di una calamita finiscono uno contro l’altro, Harry con la testa sul petto di Louis, le labbra a sfiorarsi leggere come carezze, le gambe intrecciate in un groviglio di ricordi e nuove possibilità, le mani a tenersi stretti, saldi, uniti l’uno all’altro per riprendere insieme da quel ricordo lontano, da quel punto in cui la linea della loro storia si era interrotta. Si stringono forti per ricominciare da capo.


 
Oh, cielo. Non ricordo come si scrivono delle note d'autore. 
Sono giorni e giorni che ho questa specie di one shot sul PC e finalmente decido di postarla. Ce l'ho plottata da quasi un anno, credo fosse Agosto quando mi sono svegliata nel cuore della notte a causa di un temporale e l'ho pensata.
È da inizio marzo che non pubblico - scrivo - nulla, e non va bene, quindi ho deciso di riprendere in mano qualcosa di già plottato in modo che dovessi solo... scrivere. Non che sia stato più facile, comunque. 
Ed è uscita questa cosa, non molto lunga in effetti, o ricca di chissà cosa, ma spero sia lo stesso di vostro gradimento!
Grazie al solito al mio branco, in particolare a Deb, per lei sa cosa ;)
Spero di tornare presto con qualcos'altro, vedremo!
Gio ♥


 
  
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