Il Macra è un granchio gigante che si nutre di gas. Appare in un serial con il Secondo Dottore, in una versione più "intelligente", e in "Gridlock", in cui abita i sotterranei dell'autostrada a New Earth.
Poosh, 40º secolo.
Niente distrazioni, niente deviazioni, ricordò
il
Dottore con ironia, schiaffeggiando con il palmo della mano la
superficie dell’acqua. Il suo riflesso scomparve, e preferì tuffarsi
prima di rivederlo.
Era la prima volta che si concedeva una nuotata, da quando era il
Dodicesimo. Normalmente, dopo ogni rigenerazione, aveva trascorso del
tempo ad esercitarsi nella piscina della TARDIS, per familiarizzare con
i nuovi muscoli e acquisire scioltezza, ma aveva sigillato quella
stanza in modo definitivo dopo la sua prima visita a Trenzalore, e
sebbene l’avesse fatto in una linea temporale ormai abortita, non
l’aveva più cercata né vi si era più imbattuto. I momenti che vi aveva
trascorso con River gli sembravano troppo dolorosi, all’epoca.
Ovviamente, a Poosh sguazzare allegramente era un obbligo. Soltanto Ada
se ne stava sul bordo della vasca, terrorizzata al solo pensiero che
l’acqua le arrivasse ai fianchi.
Distrazioni, una dopo l’altra, ed era cominciato tutto con un innocuo
concerto dei Beatles.
Doveva trovare Gallifrey, era la sua missione, era la sua ragione di
esistere. Ma c’erano stati i Cybermen, e poi il compleanno di Gordon,
perché mai avrebbe dovuto perdersi il compleanno di Gordon? E aveva
ritrovato Jenny, la sua meravigliosa Jenny, No, non erano distrazioni,
erano vita. Stava vivendo davvero, ed era
bellissimo.
Ma Gallifrey… i confini tra le dimensioni che si assottigliavano… il
portale di Akhaten…
Akhaten.
L’anello di Ada.
Al ritorno dal tempio, quella sera, l’aveva recuperato dalla
fruttivendola, offrendole in cambio il proprio cacciavite sonico. Stava
diventando di nuovo troppo sentimentale.
Era una sciocchezza, non somigliava nemmeno un pochino a quello vero.
Ma l’aveva indossato lo stesso, quando nessun altro era nei paraggi.
Quelle sue dita erano così sottili che gli stava perfettamente al
mignolo della mano destra, anche se era una misura da donna.
Era sua intenzione tornare a ficcare il naso negli affari della
Federazione Galattica, proprio come a quei vecchi
tempi. Aveva già intercettato un rappresentante della Federazione, tra
gli altri bagnanti, ma aveva deciso lì per lì di non farsi riconoscere.
Se aveva davvero intenzione di riportare i Signori del Tempo in quella
dimensione, sarebbe stato importante costruirsi una rete di alleati...
Doveva anche rispolverare il suo karate venusiano?
Lasciarsi crescere un po’ i capelli, semmai.
Sciocchezze, sciocchezze… ricordi di un’altra esistenza, lontanissima.
Pensieri effimeri come le onde che si creano nuotando.
Bella, così la vedeva... di più ancora, irresistibile, mentre usciva
dall’acqua con il suo abitino da bagno incollato addosso, e tornava al
trampolino per tuffarsi di nuovo. Le scaglie brillanti, ancora umide,
scintillavano nel sole.
- Jenny?
Ada si era stancata di far dondolare le gambe dal bordo della vasca,
così l’aveva raggiunta sulla spiaggetta artificiale. Poosh era davvero
un paradiso, anche se lei aveva sempre abbracciato la filosofia di
Emily Dickinson: in paradiso è sempre domenica e non c’è mai
l’intervallo. Ma si rendeva conto che la paura dell’acqua era un
problema soltanto suo e non poteva impedire a Clara di divertirsi.
Seguì lo sguardo di Jenny e capì che cosa - in effetti, chi - stesse
fissando tanto intensamente.
- Ti piace?
Jenny non rispose direttamente. Crollò il capo, disegnando cerchi nella
sabbia. - È così distaccata con me. Non credo che le interessi
conoscermi, mi tratta come se fossi una minaccia. Vorrei capire.
Ada ci pensò un po’ su. Spiegarle perché Vastra fosse così scostante
con lei significava parlare di Jenny Flint, ma non toccava certo a lei
raccontarle certi dettagli su quella triste storia. Ci girò un po’
intorno.
- Il suo popolo vive ibernato sotto la superficie terrestre. Non si
sveglieranno che dopo altri mille anni, quando gli umani saranno
abbastanza evoluti da accettare di convivere con un’altra razza e
dividere le risorse del pianeta senza farsi la guerra. - Jenny notò con
stupore che parlava di “umani” come se non fosse una di loro. - Lei
è... unica. Ha coraggio, ha classe. Ha aiutato tuo padre a risollevarsi
da un periodo buio, quando gli sembrava di aver perso più di quanto
potesse sopportare. E quando è stata lei a ritrovarsi sola… lui le ha
teso la mano e si è ritrovata a viaggiare sulla TARDIS. Ma non ha un
carattere semplice, questo lo so.
- È bella. Come può essere tanto bella? - A Jenny brillavano gli occhi
mentre s’infervorava, adorante. - C’è mai stato qualcuno a dirglielo
sinceramente? Perché è un peccato assurdo, altrimenti.
- C’è stato qualcuno, sì - ammise Ada con cautela. - Ma non è giusto
che sia io a raccontarti. Se vuoi davvero conoscerla, devi avere
pazienza. Conquistare la sua fiducia. Ha sofferto moltissimo, ma
sarebbe stupendo se riuscisse di nuovo...
Clara l’acciuffò da dietro le spalle, i capelli ancora gocciolanti,
fingendo di morderla sul collo. Ada sussultò e mandò un gridolino di
gioia.
- Non ti abbronzi, anche se stai qui duecento anni.
- Senti chi parla! - Ada fece una smorfia buffissima che però Clara non
poteva vedere. - Il Dottore sta ancora sott’acqua?
- Sì, e inizio a preoccuparmi. - Clara si sedette tra loro a gambe
incrociate, strizzando l’acqua dai capelli.
- Usa un by-pass respiratorio - spiegò Ada. - Non conosco i dettagli,
però. Presumo non abbia delle vere e proprie branchie… credo che invece
Vastra le abbia, ma non sono cose che si chiedono.
- Non ho visto niente del genere quando mi ha portato al Mainframe
Papale. Cercavo di guardare il meno possibile, però, potrebbe essermi
sfuggito…
Jenny chiese di cosa stessero parlando e rise di gusto quando Clara
raccontò del pranzo di Natale e delle reazioni dei suoi parenti alla
vista di quel giovanottone nudo.
Ma rimasero solo le lacrime, quando le venne in mente che lei, quella
sua vita, non l’aveva nemmeno sfiorata. Si era persa così tanto!
- Mi sentivo forte - mormorò, quasi parlando con se stessa. - Mi
sentivo intoccabile. Non m’importava niente: né dei pericoli, né della
prigione, volevo solo che mio padre sapesse che ero viva, che lo stavo
cercando…
Iniziò a singhiozzare piano, la testa tra le mani, e Clara non poté
fare altro che appoggiare una mano sulla sua.
- Ho sognato di viaggiare con lui per sempre! Non desideravo altro! Ma
adesso è diverso, adesso… è come se le mie gambe fossero stanche di
correre. Vorrei fermarmi. E non posso chiedergli di fermarsi, non è
giusto, non sarebbe più lui…
Tirò su col naso e fece finta di nulla quando si accorse che il Dottore
le aveva raggiunte, affannato e buffissimo nei suoi pantaloncini da
bagno vecchio stile. - Jenny, tesoro, che ti succede?
- Non è niente, papà. Mi è andata la sabbia negli occhi.
Lui finse di crederle. - Ragazze, non è per interrompervi, ma ci
sarebbe una cosetta…
- Una cosetta o un guaio gigantesco? - Clara conosceva l’antifona,
ormai.
- Potrebbe esserci, ecco, un Macra nelle tubature di riscaldamento
della piscina. Possiamo occuparcene io e Vastra, voi invece...
- Vengo con voi! - saltò su Jenny, asciugandosi le guance con un solo
gesto. Scattò in piedi, decisa a dimostrare le proprie qualità ad una
certa siluriana in costume da bagno ottocentesco.
Il Dottore la guardò con apprensione. Poteva rischiare di perderla
un’altra volta? Questa volta per sempre? Era una preoccupazione
abbastanza inutile, lo sapeva; Jenny si era messa nei pasticci decine
di volte in passato. Ma allora lui non c’era, non avrebbe potuto
impedirlo. Ora poteva proteggerla, doveva… eppure
aveva bisogno di tutto l’aiuto possibile. Si volse verso le altre due
ragazze: - Tu! E tu! Dovete evacuare la zona. Uomini, donne,
ermafroditi e asessuati, convinceteli a sloggiare e chiedete rinforzi.
Ada non aveva la minima idea di come convincere
le persone. Aveva provato a lavorare in un call center, quando era al
primo anno di università, ma era stato un disastro e l’avevano
licenziata immediatamente. - Ma se non ci danno retta?
- Buona domanda. La carta psichica! Dev’essere… da qualche parte… nei
miei vestiti, laggiù. Mi raccomando! - Già si era messo a correre,
seguito da Jenny.
Ada si affrettò nella direzione opposta, all’ingresso del lido, dove
avevano lasciato i loro indumenti. Frugò nella giacca del Dottore, ma
prima di trovare la carta dovette tirar fuori una quantità di oggetti
improbabili da una mezza dozzina di tasche. Uno di questi le parve
anche troppo familiare e la stupì scoprirlo in suo possesso, ma
ovviamente non c’era tempo di starci a pensare e lo rimise nel taschino
interno dove l’aveva trovato. Ebbe un’altra idea e afferrò il cappello
di Vastra, strappando via la spilla sonica con ben poco riguardo. Con
il suo bottino in mano si guardò intorno, cercando una figura che
rassomigliasse a un’autorità, e le parve di riconoscerla in un
draconiano che indossava una specie di divisa. Che fosse un bagnino o
un poliziotto, forse aveva un altoparlante…
Clara fece quel che poteva con la propria naturale forza di
persuasione. Aiutò una famiglia di Zocci a lasciare la spiaggia,
pungendosi un po’ mentre portava a cavalluccio il bimbo più piccolo.
Era appena tornata al bordo della piscina e stava provando a convincere
una creatura verde con un occhio solo e sei braccia - il Dottore e Ada
avrebbero potuto dirle che proveniva da Alpha Centauri - ad uscire
dall’acqua, quando iniziò a diffondersi un messaggio di allarme
ufficiale e rischiò di venire travolta dalla folla finalmente persuasa
del pericolo imminente. Ma lei stessa non immaginava quanto
il pericolo fosse imminente, finché non vide l’onda gigantesca che si
alzava davanti a lei. Rimase impietrita per una frazione di secondo,
poi si riscosse e iniziò ad indietreggiare.
Non era un’onda, e nemmeno uno tsunami: era il Macra, e agitava le sue
enormi chele verso di loro.
Il ciclope verde, sebbene a sua volta avesse pinze al posto delle mani,
sembrava del tutto impotente e molto spaventato. Si aggrappò a Clara,
ferendole involontariamente il braccio, e lei strinse i denti
trascinandolo fuori dall’acqua. Il Macra si sporse fuori dalla vasca,
le antenne protese (o erano occhi?), e Clara si accorse che c’era
qualcuno aggrappato al suo dorso.
A Jenny non era venuto in mente altro per fermare il granchio gigante
prima che facesse una strage, e a tutti gli effetti non era una cattiva
idea. Doveva raggiungere la testa del mostro, afferrare le antenne e
tirarle indietro, così che non riuscisse più a vedere niente. Solo che
la superficie della corazza era scivolosa, e il Macra continuava a
muoversi come un ossesso. Stava per perdere la presa da un momento
all’altro. Udì un fischio sottile, poi un frastuono, infine di nuovo un
suono delicato e pungente. Il Macra s’immobilizzò e Jenny iniziò a
scivolare dal verso giusto, si aggrappò ad una delle antenne e in poco
tempo si ritrovò sul pelo dell’acqua. Il mostro sembrava addormentato,
o svenuto, o persino morto. Non che le importasse, lì per lì. In quel
momento suo padre emerse dall’acqua.
- Ada, continua così! Non cambiare modulazione o siamo spacciati!
Jenny, scendi, vieni con me! - Si rituffò e lei lo seguì.
Clara guardò la sua ragazza, concentrata a puntare la spilla sonica
contro il mostro inerme. Non le aveva mai visto uno sguardo così
determinato. Un rombo proveniente dall’alto la spinse a voltarsi, e si
accorse del veicolo che stava atterrando poco lontano dalla spiaggia.
Una squadra d’emergenza ne scese: sembravano avere sembianze umane,
solo un poco più alti e massicci, indossavano tute impermeabili di un
viola sgargiante ed erano armati. Si diedero da fare intorno al Macra,
e quando un odore di crostacei bruciati iniziò a diffondersi nell’aria,
Clara distolse lo sguardo e persino Ada capì che a quel punto, checché
le avesse ordinato il Dottore, poteva mettere via il dispositivo e
vomitare in santa pace per cinque minuti.
- Oh, no…
Che cosa c’era ancora? Dalek di sabbia? Il Maestro travestito da
gelataio?
Lo stomaco ancora sottosopra, alzò gli occhi verso il punto in cui
Clara stava già correndo.
Il Dottore e Jenny erano chini su Vastra, che non dava segni di vita.
Lui aveva nascosto il volto tra le mani, in preda ad una disperazione
furiosa.
Jenny continuava a scuotere la testa, stringendo i pugni, e
all’improvviso unì le mani in un gesto che sembrava di fervente
supplica, ma si trattava di qualcosa di più concreto. Alzò le braccia e
colpì forte il petto di Vastra una, due, tre volte. Ansimava, grondante
d’acqua e sangue, la pelle graffiata dalla corazza del Macra. Con un
gemito disperato, colpì ancora una volta. Vastra scattò la testa
all’indietro, inspirando violentemente. Fu presa da una tosse convulsa
e liberatoria, mentre annaspava con la mano in cerca di un appiglio.
Jenny l’afferrò e la tenne stretta, portandosela alle labbra. Quando
aprì gli occhi, Vastra la vide così, dapprima offuscata, poi sempre più
luminosa, con i capelli biondi fradici d’acqua, il viso fradicio di
lacrime, ad alitare parole incomprensibili sul dorso della sua mano.
- Ce l’hai fatta. Ce l’hai fatta, Jenny. - balbettò il Dottore, ancora
incredulo.
- Grazie - mormorò Vastra con un filo di voce.
- Grazie - le fece eco Jenny nello stesso istante, tra i singhiozzi, e
nessuno ebbe bisogno di chiedere il perché.