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Autore: Pterie Scrive    03/06/2014    2 recensioni
Le cose che perdiamo, trovano sempre il modo di tornare da noi. Solo che non sempre lo fanno come noi ci aspettiamo.
Luna Lovegood ci rivela come ha perso la madre.
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Luna Lovegood, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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 CREMA ACQUAMARINA: non adatta alle madri con spirito suicida. 

Parlare di me mi ha sempre imbarazzata, divento tutta rossa e mi sudano le ascelle, un problema che sfortunatamente mi accompagna fin dalla nascita. 
Se c'è qualcosa che mi distingue, è la sincerità, a volte un po' troppo amara da buttar giù, ma è mio solito consigliare una sana Burrobirra per accompagnarla. Mi ricordo di quando mio padre diceva che assomigliavo tanto alla mia mamma, da questo punto di vista. 
Si chiamava Calliope, era molto saggia e colta. Morì quando avevo 9 anni, me lo ricordo come se fosse ieri. 

Era una giornata piovosa, il cielo cupo, nero come la pece sovrastava la mia collinetta, in cima alla quale spuntava la mia casa, piccolina, ma accogliente. Papà era fuori, stava sistemando tutti i suoi esperimenti, dalle zucche al lampone ai cioccomirtilli, cercando di ripararli dalla pioggia persistente, che cadeva a secchiate. 
«Tesoro, passami quella polverina color corallo» disse mia madre. Eravamo in cucina, sul piano di lavoro di fronte alla finestra che dava sull'orto, per ammirare le opere di salvataggio di papà, e lei stava mescolando una strana sostanza giallognola in un contenitore rotondo di legno. Odorava di banane e zucchero filato, quello che si scioglie sulla lingua. Lo avevo assaggiato solo una volta, a Diagon Alley, con la mia migliore amica Ginny. 
Presi la fialetta di vetro contenente la polverina e la passai alla donna con gli occhiali spessi e tondeggianti, che avevo provato solo una volta e quella mi era bastata da lezione. Mia madre era la strega più orba dell'intero pianeta.
«Cosa stai cucinando?» le chiesi con la mia vocina, degna di una bimba di soli 9 anni, già soprannominata Loony a scuola. 
«L'ho chiamata Crema Acquamarina, ma a quanto pare non ha ancora assunto il colore che voglio» rispose prontamente, mostrandomi la crema pastosa che aveva ora un colorito più arancione acceso. 
«Sembra buona!»
«Sembra solo. In realtà la userò come concime per i fagioli di tuo padre.»
Papà stava infatti coltivando degli strani fagioli verde fosforescente, diceva che sarebbero cresciuti più alti della nostra stessa collina, ma già mentre li piantava nel terreno, i semi mi sussurravano quanto odiassero crescere. Per ora, infatti, a distanza di due settimane, erano chiusi in loro stessi sotto al fertile terreno. 
In quella brutta giornata, già sentivo che qualcosa sarebbe andato storto. Papà era in piedi su una scala che cercava di annodare la tenda al tetto di casa, così decisi di correre ad aiutarlo. Sarebbe stato divertente, avevo sempre amato correre sotto la pioggia. 
Uscii di casa con la mia giacchetta impermeabile gialla, con tanti brillantini, e corsi a reggere la scala che dondolava sotto ai piedi del mio uomo. Era appena appoggiata al triste muro azzurrino di fronte alla nostra finestra, con le mie mani salde su alcuni pioli, di lì non si sarebbe mossa, parola di Luna Lovegood. 
Intanto, la mamma mi guardava sorridendo, abile nel versare gli ingredienti nel suo impasto, senza distogliere lo sguardo da me. Era come una gara di sguardi, il suo era dolce e solare, anche se negli occhi stavano crescendo piccole goccioline, lacrime insensate. È inconcepibile il fatto che non riuscissi a capire che si stava suicidando. 
Metteva nella ciotola tutte fiale che non conoscevo, le versava sorridendomi, con la testa chinata verso una spalla, come se provasse compassione per me. 
Poi prese un cucchiaio; io continuavo a guardarla confusa, ma quando capii cosa voleva fare non rimasi immobile come avrei fatto se fosse successo ora, paralizzata. Quando la vidi affondare il cucchiaio nella ciotola, mollai i pioli e corsi alla porta di casa. Era chiusa a chiave, serrata con la potente magia della mia mamma. Urlavo il suo nome disperata, battendo i pugni piccoli contro la porta di legno, tutta rotta. Dopo due spallate, la fragile porta si aprì ed io entrai nella cucina giusto in tempo per vedere Calliope cadere a terra, priva di coscienza. Mi inginocchiai al suo fianco con il volto ormai fradicio di lacrime che si fermavano, ma continuavano a uscire freneticamente dai miei occhi già gonfi, mentre le labbra tremavano il suo nome in un sussurro e le mani incrociate battevano sul suo petto, con la speranza di rianimarla. Papà era ancora fuori, o non riusciva a scendere o non capiva cosa stava succedendo. Oppure, cosa che per il mio papà calzava a pennello, aveva paura. Quando ha paura, lui scappa. 
«Mamma, ti prego!» urlavo a ripetizione, come un disco rotto. Rotto in tutti i sensi. Lei non dava segni di vita, le usciva dalla tasca solo una piccola lettera su carta gialla. 
La afferrai e mi raggomitolai contro un'anta sotto al piano di lavoro. 

Le cose che perdiamo, trovano sempre il modo di tornare da noi. Solo che non sempre lo fanno come noi ci aspettiamo. 

Non sapevo cosa significasse quella frase. Ipotizzai che lei un giorno sarebbe tornata da me e da allora mi curai di lasciare le cose in camera sua sempre bene in ordine. 
Papà reagì in modo un po' strano alla vista del corpo senza vita di mia madre. Iniziò a strapparsi i capelli; il giorno dopo, ormai quasi calvo, la seppellimmo in giardino, con una triste cerimonia in suo onore. 
Avevamo cosparso il terreno di petali di rosa, viola come piaceva lei. Le rose viola erano dei fiori che coltivava lei stessa nell'orto di papà, con la massima cura e un amore incredibile. Inutile dire che da allora mi presi cura di quelle rose. Fu una giornata orribile, ricevemmo tantissime lettere di condoglianze, una più dolorosa dell'altra. Alcune appartenevano a persone che nemmeno avevo mai sentito nominare, quel tipo di persone che si accorgono della tua presenza solo quando muori. 
Piansi tutta la notte, ma non so perché. La mia mamma era molto strana, un po' lunatica. Mi sudarono tanto le ascelle in quei giorni, non perché parlai di me, ma perché persi una parte di me. 
Forse era solo un'impressione, ma secondo me una stella in più sovrastava sul mio tetto amaranto. Una stella tutt'altro che sconosciuta. 



BUONA-QUALSIASIPARTEDELGIORNO. 
Con questa breve os, partecipo al contest Dolci e dolorosi ricordi. 
Ho scelto Luna, perché mi ci rivedo molto. Quanto alla storia sulla madre, spero sia pseudo-originale e di non aver copiato troppo nulla a nessuno. 
Comunque, sto lavorando a Once Upon A Time e ad una nuova ff su Justin, un po' diversa dal solito. 
A presto, ciau :3
   
 
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