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Autore: Colli58    04/06/2014    7 recensioni
“Ho voglia di coccole…”
“Ancora?” Replicò con un sorriso compiaciuto. “Sono davvero molto bravo…”
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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Attenzione spoiler 6x23
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Faceva fresco fuori, la sera era calata ormai da un’ora, ma lui aveva continuato a guardare fuori da quella grande finestra la città passare dalla luce alle ombre della notte. Le luci si accesero rapidamente ed il traffico sembrava essere diminuito, oppure era solo il suo udito che aveva smesso di percepirlo. Era passata la metà di marzo e l’inverno sembrava lasciare ormai il passo alla stagione prematuramente più mite del solito. L’odore della città era sempre il medesimo ma l’aria sembrava carica di qualcosa d’altro, di quell’elettricità che distingueva la grande mela all’arrivo della primavera. Nonostante quel sentore la città non gli era sembrata mai così poco confortevole come in quel momento.
L’indomani sarebbe stato il grande giorno e Castle non era del tutto rilassato, si sentiva completamente assorbito dai pensieri su Kate e su quanto li attendeva finalmente il giorno successivo.
Aveva voluto restare solo a casa, a New York, mentre Kate e tutta la famiglia si erano spostati negli Hampton’s. Era stata una decisione naturale quella di tornare nella villa al mare. Non ci avevano nemmeno più pensato al luogo, alla fine l’unica cosa che entrambi desideravano era solo unirsi in matrimonio e iniziare finalmente quel nuovo passo della loro vita insieme, senza più ostacoli e timori. Tutte le scelte che potevano essere fatte in merito all’organizzazione dell’evento erano passate in secondo piano, ormai non ne avevano più bisogno: il loro amore era l’unica vera cosa importante.
Il matrimonio non era stato annunciato alla stampa, si sarebbero sposati in una cerimonia molto privata e nessuno, a parte i pochi amici intimi invitati, avrebbe saputo. Nonostante la riservatezza, Kate meritava comunque il suo matrimonio da favola e lui glielo avrebbe regalato a discapito di tutte le difficoltà, quindi anche se privata, aveva voluto che la cerimonia si arricchisse di magia e di romanticismo. L’avrebbe fatta sentire come la regina quale era in realtà, avvolta in una cascata di rose bianche in un piccolo gazebo allestito sul promontorio.
Avrebbe esorcizzato per lei la paura, sostituendo il ricordo che portava con sé cicatrici dolorose con uno completamente nuovo e meraviglioso. Quanto passato doveva sbiadire, nessuna angoscia, nessuna ferita fisica né psicologica doveva varcare quella soglia temporale, doveva ricordare solo loro due insieme, finalmente felici.
Con quelle immagini così nitide nella mente, nella luce calda del suo ufficio, Rick sentiva di aver bisogno di calma per stare solo con i propri pensieri. Aveva chiesto a sua madre di allontanarsi, alla sua famiglia di accompagnare e accudire Kate in sua vece per quella giornata in cui la tradizione voleva che i due futuri sposi dovessero restare lontani, celati agli occhi dell’altro, per chissà quale ragione.
Non che lui non conoscesse a fondo le curve del corpo di Kate, quella luce nei suoi occhi mentre facevano l’amore, il suo sospiro e le sue parole sussurrate all’orecchio. Conosceva il suo ardore, la sua passione, la sua risata divertita ed eccitante, i suoi giochi e la dolcezza delle sue carezze. Impazziva per il suo sapore, il profumo della sua pelle sudata, l’odore dolce di ciliegia dei suoi capelli.
Amava incondizionatamente la sua forza, la sua tenacia e allo stesso modo la sua fragilità.
Ne conosceva ogni sfumatura, così almeno pensava, ma ogni istante passato con lei era diverso in modi che non sapeva spiegare.
Aveva voluto restare solo per pensare a sé stesso, così si era giustificato con sua madre e sua figlia, ma ad essere sinceri lo aveva voluto intensamente per non rispondere a quelle domande che già altre volte gli erano state rivolte. Erano sempre le stesse e sempre terrificanti. “Come stai? Come ti senti? Cosa provi?”
Nel passato, si era destreggiato con una risposta di comodo. Agitato, nervoso, impaziente.
Stavolta era diverso. Non voleva rispondere a quelle domande perché le sentiva troppo personali, soprattutto dopo la paura e l’orrore vissuto nell’ultima occasione.
E poi nell’estate che ne era seguita dopo quella brutale giornata, dove le loro vite erano state messe a dura prova, così come il loro legame.
Kate, dopo il suo rapimento, si era rinchiusa nello sconforto, fermamente convinta che la sua vita fosse un veicolo di sciagure per coloro che amava. La paura che aveva vissuto ed il senso di colpa, associata alla rabbia di Castle nel sapere che il suo rapitore aveva ripiombato l’amore della sua vita nel buio dell’insicurezza e del dubbio, li stava logorando. Per lunghi mesi l’odio feroce contro colui che aveva distrutto il suo sogno e aveva ferito così profondamente Kate lo aveva reso cieco alla vita che invece ancora avevano di fronte. Non era nemmeno riuscito a farle capire che non l’avrebbe mai e poi mai lasciata sola. Nemmeno da morto, perché se fosse stato necessario avrebbe fatto un patto col diavolo in persona per rimanerle accanto.
Lei si stava allontanando di nuovo, convinta dall’angoscia vissuta che fosse per il suo bene e per il bene della sua famiglia. Ma Castle non era disposto a perderla. Non più.
Alla fine di luglio era dovuto partire per una campagna promozionale e le aveva chiesto di seguirlo, di stargli vicino. Lei aveva rifiutato, rifugiandosi nel lavoro. Le telefonate serali erano diventate una flebile immagine di loro. Lui sempre più arrabbiato contro qualcuno che ormai non esisteva più, ucciso da tre proiettili sparati da un altrettanto furioso Esposito, lei ferita, turbata dalla sua stessa fragilità e dagli innumerevoli sensi di colpa. L’ultima telefonata era stata quasi una scusa, un pretesto per non sentirsi più.
Fino alla sera del giorno successivo.
La sua mancanza, la sola idea che fosse scappata chissà dove per tenerlo lontano dal loro amore e da lei, lo aveva reso pazzo. Sapere che Kate si stava nascondendo per paura di ferirlo lo fece star male tutto il giorno. L’aveva cercata senza successo, con telefonate e messaggi disperati, così Castle si era preso la briga di cercare il primo volo disponibile da quel posto dimenticato da dio per tornare a New York, avesse dovuto andarci in un volo charter con un mezzo tenuto insieme da nastro isolante e carta da pacchi.
Alla fine della giornata, in una cittadina di cui non ricordava nemmeno il nome, Kate lo raggiunse, in lacrime e devastata dal suo stesso dolore.
Aveva guidato un’intera giornata per ritrovarlo, per riprenderselo.
La passione e le lacrime si erano mescolate in quella incredibile notte e la rabbia e la paura erano state curate dalle loro stesse carezze, dai loro sfoghi, ma soprattutto dai loro cuori disperati.
La sua unica certezza era che il suo cuore apparteneva a lei. Vi era inciso il suo nome a fuoco, lo stesso che aveva bruciato la sua macchina e l’anima di Kate quel giorno in cui l’aveva creduto morto.
Dopo quella notte la vita era ricominciata lentamente, giorno dopo giorno la felicità era tornata nelle loro anime grazie alla vicinanza e al dialogo, fino a desiderare nuovamente quel “sì” che gli era violentemente stato impedito.
Castle si mosse verso la finestra e appoggiò la spalla allo stipite inspirando con forza. Il suo torace si alzò e si abbassò ritmicamente per trovare un equilibrio.
“Come stai? Come ti senti? Cosa provi?”
Dare una risposta a quelle domande era diventato impossibile, era Kate che l’avrebbe raggiunto all’altare scortata dal padre, non una qualsiasi. La sua Kate, la sua meravigliosa musa, la parte migliore della sua anima. Era completamente perso nei pensieri su di lei, inebriato dal suo profumo mentre stringeva in mano la sua maglia.
“Come sto?” Si disse ad alta voce. Sorrise e espirò di nuovo.
“Sono innamorato.” Si rispose con sincerità assaporando quelle parole. “E sono stanco di aspettare.” Si disse mosso da un moto di impazienza. Voleva riaverla tra le braccia e si sentiva a disagio nel saperla lontana, del resto dopo quella notte di luglio nessuno dei due si era più allontanato dall’altro. Era nata una sorta di simbiosi che li aiutava a curarsi. Non si era sentito spesso in quel modo, sottosopra e completamente perso. Le uniche volte di cui si ricordava riguardavano comunque lei.
Forse era quella la ragione dello stare lontani la notte prima delle nozze nei tempi moderni, per saggiare il bisogno, la necessità di stare vicini, il senso di appartenenza ad un anima che non è la propria.
La desiderava, immaginava ogni centimetro della sua pelle fasciato da un leggero strato di seta bianca. Una dea nel suo pensiero creativo, una donna straordinaria nella realtà. E mentre tutto si mischiava nella sua mente, le risposte non venivano. C’era un fuoco nel suo cuore, emanava un calore che lo faceva stare bene, ma che lo faceva scalpitare allo stesso tempo.
I pensieri sul fatto che Kate volesse ancora sposarlo nonostante le fatiche e le sfortune e tutto quello che era accaduto fino ad allora, che volesse vivergli accanto per il resto della vita gli sembrarono giganteschi e quasi impossibili anche solo da concepire.
“Lei vuole me, mi vuole davvero.” Pensò sorridendo. Chiuse gli occhi respirando forte e soppesando in quanti modi la vita li aveva messi alla prova. Avevano vinto? Lui ne era fermamente convinto.
Per chiunque lo avesse visto in quello stato, la prima impressione avrebbe portato a pensare che la sua sicurezza stesse vacillando pericolosamente. In effetti c’era qualcosa che vacillava, ma non la sua sicurezza piuttosto la sua sanità mentale se continuava su quella strada.
La lucidità svaniva di fronte al pensiero che il suo “per sempre” sarebbe stato diverso. Tra loro quelle parole erano state spesso una dimostrazione d’amore, anche quando nei tempi peggiori avevano solo un rapporto di fiducia. Non una semplice amicizia, loro non erano stati amici, ma amanti rinchiusi nelle segrete dei propri cuori. Aveva dato a Kate tutta la sua fiducia, perché il suo “sempre” era vero, sentito, vivo come se fosse una loro creatura.
“Sempre” era la loro vera promessa per ogni cosa.
Sempre l’avrebbe amata, protetta, accudita e desiderava quell’impegno con lei con tutto sé stesso.
Chiuse gli occhi. “Provo qualcosa di così grande da non saper descrivere.” Pensò.
Era la sua vita, la sua anima a chiedergli di esprimere con una parola tutte quelle sensazioni ma non trovava nulla di minimamente sufficiente.
E poi sufficiente non sarebbe mai stato all’altezza di quello che sentiva per Kate.
Per la prima volta, nonostante avesse avuto due precedenti matrimoni, avvertiva con chiarezza che quello era il reale momento magico, atteso forse da una vita. Nel passato era stato tutto più banale, come partecipare ad un evento dove lui era l’ospite principale oppure la star del momento.
Il “loro momento” era finalmente arrivato e la bellezza che percepiva stava permeando ogni cellula del suo corpo, allontanando le ombre della paura.
Avrebbe sposato Kate, era quasi un sogno. Dopo tutte le difficoltà, il dolore, aver rischiato di perderla, di averla ritrovata in extremis e di averla amata tanto da strapparsi il cuore dal petto.
Ne sentiva la mancanza, ogni secondo.
Spense la luce e si avviò pigramente nella loro stanza. Non vederla sdraiata sul letto, con addosso una maglietta abbondante e suoi calzoncini leggeri era un vero strazio. I suoi capelli raccolti in uno chignon, il viso tuffato in un romanzo che la stava prendendo e quell’espressione un po’ corrucciata e un po’ infantile di quando la narrazione diveniva tesa ed entusiasmante. E poi le sue splendide e lunghe gambe nude in moto continuo sul letto, mosse da un dondolio rilassato in alcun casi, oppure più rapide e scattanti quando era nevosa, ma così morbide e lisce da accarezzare.
Il letto era vuoto, ma solo per quella sera. L’indomani la sua splendida donna sarebbe stata di nuovo tra le sue braccia. Per sempre.
Guardò il suo telefono appoggiato al comodino reprimendo l’istinto di chiamarla ancora, si sedette cercando di fare mente locale su quanto avrebbe dovuto fare il giorno dopo.
Alzarsi, sbarbarsi accuratamente, doccia e poi cura di sé, delle proprie mani e del proprio aspetto. Doveva risplendere. Lei sarebbe stata di impareggiabile bellezza e lui doveva essere perfetto per esserne all’altezza.
E poi si sarebbe diretto da lei senza indugi.
Ma doveva imporsi di dormire. Di riposare e non avere occhiaie da sonno, non sarebbe stato l’ideale.
Kate gli aveva chiesto se era sicuro di stare solo e guardandosi intorno annuì. O con lei o da solo.
Voleva solo lei e non poteva. Maledetta tradizione.
Si mise tra le lenzuola spegnendo la luce. Ascoltò a lungo i rumori della città, muoversi fuori da quella stanza. Ascoltò il rumore del proprio cuore pulsargli nel petto. Inspirò chiudendo gli occhi e strinse le labbra voltandosi verso il suo lato del letto cercando il profumo sul suo cuscino. Vi ci tuffò il viso e lo strinse con entrambe le mani.
Tornò a guardare il soffitto. Cercò di sentire la sua voce nella propria mente e si sentì anche più solo.
“Cosa provi?” Tornò a pensare ma i suoi pensieri furono interrotti dal suono del telefono.
Guardò con attenzione e stupore il viso di Kate capeggiare sul display.
Rispose e sentì la voce di lei dire solo “Ciao...”
“Dio, Kate…” mormorò estasiato lasciandosi sprofondare nel cuscino.
“Mi mancavi” replicò Kate a bassa voce.
“Non sei assediata da Lanie e dalle mie altre due donne?” Chiese curioso. Si sentì improvvisamente felice nel solo sentirla sussurrare.
“Non del tutto, sono qua fuori… ma me la posso cavare. Ho detto di voler dormire sola.”
“Anche io.” Rispose trattenendo un sorriso. E lui che aveva evitato di chiamarla per non rompere la tradizione.
“Non avevo dubbi. Ma detestavo saperti nel nostro letto tutto solo.” Rispose lei con voce flebile.
Rick sospirò. “E’ tutto troppo vuoto senza di te.” Rispose guardandosi intorno.
Lei disse di sì e poi inspirò cercando di percepire il suo stato d’animo, ma dal suo silenzio immaginava fosse preso dai suoi stessi pensieri.
“Ti amo,” Mormorò Rick deglutendo. “Voglio solo che arrivi domani e che finalmente tu ed io...”
La sentì respirare forte. “Voglio fare l’amore con te.” Rispose con un filo di voce.
“Lo voglio anche io…” La sentì muoversi tra le lenzuola.
Ci furono alcuni secondi di silenzio e poi lei disse con decisione: “Rick, alzati e prepara la valigia.”
Lui si alzò a sedere nel letto, sorpreso dalla sua richiesta.
“Cosa? E dove dovrei andare?” Replicò con un sorriso pensando a tutto quello come una strana forma di ironia da parte sua. Qualcosa però lo fece tornare serio.
“Kate…” Tornò a dire. “Non pensare più a quel giorno, te ne prego.”
Lei sbuffò. “Sai, non mi importa della tradizione, non me ne frega un bel niente. Raggiungimi ora.” Disse sempre a bassa voce. “E non perché ho paura che accada di nuovo, ma perché voglio averti qui.”
Rick accese la luce. Si umettò le labbra. “Sono le dieci, sarò in arrivo non prima dell’una…” Disse cercando di organizzare le sue prossime azioni. “E poi non posso vedere il vestito, dovrò dormire sul divano.”
Lei rise. “L’ho fatto spostare. Alexis lo ha messo nella stanza degli ospiti in fondo al corridoio. Niente paura…”
Rick sorrise con un sospiro. “Hai già preparato anche il mio ingresso di nascosto dalla damigella?”
“Ho fatto di più. Tra poco Javi arriva a prenderti, muoviti pigrone. Ti voglio nel mio letto tra un paio di ore.”
Castle non se l’era fatto ripetere. Aveva preso la sua valigia già pronta, preso le chiavi della berlina, preparato lo smoking nella sua custodia e appena aveva finito di infilarsi la giacca qualcuno aveva suonato alla sua porta.
Lui aprì con circospezione.
“Castle…” lo salutò Esposito con un sorriso.
“Javi, ma quando avete deciso tutto questo?” Chiese uscendo e portando con sé il suo bagaglio.
L’amico rise di gusto. “Bro, la tua donna non vuole che ti succeda nulla. E nemmeno noi…”
Castle scosse il capo e diede le chiavi a Esposito in risposta all’inequivocabile mano tesa di lui. L’avrebbe scortato fino negli Hempton’s. Lo avrebbe condotto da Kate.
“Saperti qui solo… dopo quello che è accaduto l’ultima volta…” Disse raccogliendo la valigia di Castle mentre l’amico chiudeva a chiave la porta di casa.
“Non succederà di nuovo.” Replicò Rick con durezza.
“Ryan veglia su di lei, io veglio su di te. Ora ti porto dalla tua donna.” Esposito era molto determinato.
“Ok, andiamo.” Rispose Castle con un sorriso grato.
L’avrebbe tenuta tra le braccia tutta la notte ed il giorno dopo l’avrebbe portata all’altare una volta per tutte. Al diavolo la tradizione.

Dopo un paio d’ore, la berlina di Castle si fermò davanti alla sua villa. Le luci erano spente ma un’ombra stava diritta davanti alla porta d’ingresso. Lui e Kate si erano scambiati messaggi per tutto il tragitto e l’ombra sulla porta era la sagoma esile di Kate che lui riconobbe al volo.
Scese dall’auto ignorando bagagli e l’amico stanco, le corse incontro ansioso di riaverla vicino. Lei si tuffò tra le sue braccia.
Si guardarono senza proferire parola e si baciarono teneramente. Rimasero stretti l’uno nelle braccia dell’altro mentre Esposito scaricava i bagagli.
“E’ ora che voi due andiate a riposare…” disse quindi Esposito a bassa voce. Castle sciolse l’abbraccio con Kate e si avvicinò a Esposito per raccogliere i propri bagagli.
“Grazie amico.” Lo ringraziò con un abbraccio fraterno. “Riposati anche tu. Sai già qual è la tua stanza vero?”
Esposito annuì e chiuse la macchina con il telecomando.
Kate guidò quindi Castle dentro casa. Salirono le scale in silenzio e si diressero verso la loro camera da letto.
Una volta richiusa la porta Kate si voltò verso di lui che posò il proprio bagaglio con calma per non fare rumore. Kate lo prese per una mano e lo attirò a sé.
“Domani la damigella d’onore avrà una grossa sorpresa.” Castle la prese tra le braccia baciandola sul collo.
“Basta che ti tieni coperto con le lenzuola…” Rispose lei divertita, ma il suo respiro fu interrotto da un lungo sospiro come se fosse stata in apnea. La sentì rabbrividire.
“Hai preso freddo?” Chiese lui pensando che averlo atteso sulla porta di casa le aveva fatto patire l’umidità della notte. Lei negò con il capo.
Le luci soffuse della stanza illuminavano il suo volto. Stava sorridendo ma abbassò gli occhi per non mostrare tutta la sua vulnerabilità.
“Hai avuto paura? Perché non mi hai chiesto prima di stare con te?” Disse con un filo di voce.
Lei si mosse allontanandosi e togliendo l’elegante vestaglia da notte che indossava, mostrando a lui quello splendido corpo fasciato solo dall’intimo e un impalpabile baby doll di raso blu. Poi lo trascinò verso il letto. “Perché ho avuto la sensazione che tu avessi bisogno di pensare.” Disse con la voce rotta dall’emozione.
Castle cercò i suoi occhi. “Non ho avuto nessun ripensamento piccola!” Gli disse con forza.
“Nessuno. Volevo solo evitare che tutti mi chiedessero come sto.” Si avvicinò appoggiando la fronte su quella di lei. “Volevo solo stare con te ma non mi era permesso. Non volevo dire ad altri ciò che provo.”
Lei mise le mani sul suo viso. “Cosa provi?” Chiese accarezzandogli la nuca facendo scorrer le dita tra i suoi capelli. Lui sorrise chiudendo gli occhi.
“Sono innamorato di te… E’ così che mi sento.” Mormorò a bassa voce. “Non so dirlo in altro modo. Ci ho provato ma non riesco a trovare le parole. E poi non voglio pensare ad altro, non desidero che nessuna discussione, nessuna considerazione mi possa allontanare da questo stato.”
Lei gli fece scivolare via la giacca e cercò di sbottonargli la camicia.
“Ti voglio e non desidero… aspettare ancora.” Mormorò sulle sue labbra.
“Nemmeno io.” Disse Kate in tutta risposta, sorridendo. “Ed è tutto quello che anche io voglio sentire in questo giorno…” Sottolineò andando a stringere il suo torace ancora segnato dalle cicatrici. Lui la prese in braccio e la portò fino al loro letto.
“Non dovresti aspettare domani per questo?” Sussurrò Kate con una risata al suo orecchio mentre le sue braccia circondavano il suo collo.”
“Al diavolo la tradizione!” La fece sdraiare sul letto, scalciò le scarpe e calzini dai propri piedi e si levò i pantaloni. In pochi secondi la raggiunse tra le lenzuola.
Kate si strinse a lui. “Nuova tradizione Castle… La notte di nozze prima delle nozze.”
Castle la fece scivolare le mani sui fianchi e le labbra si cercarono con impazienza, dolcemente prima e poi con sempre più forza, così come i loro corpi.
“Mi sembra una buona idea.” Rispose lui sfilandole infine il baby doll. La fece stendere sotto di sé e rimase per lunghi minuti ad accarezzare il suo corpo dalla pelle di seta.
“Ti rivestirò prima che Lanie entri per svegliarti.” Disse abbassando il viso sui suoi seni. Li baciò con delicatezza, mentre le mani di Kate stringevano i suoi capelli con morse cadenzate in sintonia con il muoversi delle labbra di Rick sul suo corpo.
“Non mi importa, può trovarci anche così…” Sospirò.

La mattina dopo qualcuno aveva scostato le tende per far entrare luce nella stanza. Castle era emerso dalle lenzuola con un moto di inconscio disappunto scoprendo lui e Kate nudi davanti a Lanie.
“OH MIO DIO CASTLE CHE CI FAI QUI?”

L’urlo improvviso lo ridesto bruscamente e sentì il suono inconfondibile del vetro che si infrangeva sul pavimento. Boccheggiò ottenebrato dal sonno mentre cercava di rialzarsi dal divano a fatica imprecando.
Kate uscì dalla loro stanza preoccupata per i rumore posando il cellulare.
“Che cosa succede?” Chiese a Castle che intanto guardava il disastro che aveva combinato con un’aria frastornata. “Niente, devo averlo colpito mentre dormivo.” Rispose contrito abbassandosi per raccogliere i cocci di vetro del suo bicchiere. Kate si avvicinò e cercò di aiutarlo.
“Ti ho sentito urlare, stai bene?” Domandò preoccupata.
“Mi ero solo addormentato…” Rispose sorridendole mesto. “Stavo sognando…”
“Un incubo?” Si rialzò e andò in cucina a prendere il necessario per rimuovere il vetro. Fortunatamente i bicchieri erano vuoti e quindi poco vino si era rovesciato sul pavimento.
“No. Stavo sognando il giorno del nostro matrimonio… sai quando Lanie è entrata in camera e…” chiarì muovendo la mano.
Kate rise. “Me lo ricordo, un risveglio traumatico.”
“Si anche per me…” replicò lui facendo una smorfia.
“Probabilmente anche per lei.”
Il commento di Kate lo fece sorridere, ma mimò un broncio di disappunto.
“Non era poi una visione così brutta. Tu eri bellissima e io insomma… sono tutto da guardare! C’era bisogno di gridare in quel modo?”
Kate finì di raccogliere il vetro nel cestino della spazzatura che aveva in mano e schioccò al marito uno sguardo pungente. “Non credo che sia stato così piacevole per lei, Castle. Probabilmente non era la nostra nudità ad averla spaventata. Pensa se fossi stato…”
“Un altro?” Replicò Castle sorpreso.
“Magari Lanie lo ha pensato per una frazione di secondo.”
“Sì giusto prima di chiedere che ci facevo li?” Rispose Castle divertito.
Kate annuì. “Potrebbe averlo realizzato dopo, non credi?” Castle mugugnò.
“Un altro… e chi…?” Si voltò verso Kate che sorrise divertita.
“Non so, chiedilo a lei.” Rispose strizzando l’occhio e alzandosi per portare paletta, stracci e secchiello della spazzatura al loro posto. Castle la seguì e l’aiutò a sistemare il tutto per poi lavarsi le mani con cura.
“Oh, stanne certa che alla prossima occasione lo farò, mi hai messo una pulce nell’orecchio…”
“Grande come un gatto…” Finì lei sbuffando. “Non ti inventare gelosie su cose che non esistono.”
Castle si voltò “Ma sei stata tu a insinuare che lei…” Kate lo fulminò con lo sguardo.
“Era solo per dire!”
“E poi chi potevi volere? Avevi già il meglio.” Castle si pavoneggiò oscillando la testa e lei rise di gusto.
“Sicuramente l’uomo più modesto di New York!”
Si sorrisero facendosi linguacce.
Rassettarono il soggiorno velocemente.
Kate osservò Castle con attenzione.
Era stato sveglio tutta la notte ed era stanco, ma la giornata gli aveva riservato splendide cose. Al loro rientro dall’ospedale non aveva fatto altro che fantasticare sul loro piccolo in arrivo e come voleva festeggiare. All’inizio aveva buttato l’idea di cenare fuori, ma Kate lo aveva dissuaso, in fondo erano stanchi entrambi e lei non vedeva l’ora di essere a casa e godersi quel momento con calma, sperando che il distretto non avesse bisogno di lei. In quel caso avrebbe dovuto tornare.
Voleva approfittare del momento di libertà che le era stato concesso. Come la sera prima si era lasciata coccolare da lui, desiderava fare un bis di quella calma placida e delle chiacchiere un po’ intime tra loro su ciò che li aspettava. Castle era stato confortante, allegro e dolcissimo. Fortunatamente si era scordato per un po’ il dramma della mattinata, evitando di tornare col pensiero e con le parole alle fastidiose attenzioni del detective Denver. Non gli aveva nemmeno raccontato della sua piccola vendetta, ma lo avrebbe felicemente scoperto prima o poi grazie a Ryan ed Esposito.
Però la stanchezza aveva avuto il sopravvento su di lui e, nonostante fossero solo le sedici e qualche minuto, era crollato sul divano mentre lei aveva dovuto rispondere ad una imprevista chiamata del distretto. Ne aveva approfittato per portare nel suo ufficio i referti medici e l’ecografia, altrimenti Castle l’avrebbe consumata a forza di riguardarla e fare clamorosi voli pindarici in analisi assurde e idee pazze.
Attese qualche minuto prima di prendere le sue mani ammaccate e tornare a trascinarlo verso il divano.
“Devi tornare al lavoro?” Chiese Castle con un po’ di ansia. Kate negò. “Fortunatamente Esposito aveva solo bisogno di trovare dei fascicoli.”
Non aggiunse che l’aveva aggiornato sullo stato del morale del loro -pacchetto nell’armadio- una volta che questi era stato liberato. Forse l’idea di tornare da dove era venuto lo stava solleticando, così almeno Esposito aveva riferito.
“Ottimo.” Rispose l’uomo più felice di saperla a casa con lui. Del resto non avrebbe potuto seguirla fino a che la Gates non avesse revocato il suo ban.
“Sei ancora dell’idea di uscire?” Kate lo guardò attendendo la sua risposta ma essendosi appena risvegliato Castle tendeva ad essere pigro prima di carburare, sesso escluso ovviamente, in quello era felicemente rapido nella ripresa. Si scoprì desiderosa di passare la serata tra le sue braccia a letto, ma qualcosa lo stava turbando.
Castle scosse il capo. “Forse è meglio se per stasera ci godiamo la serata in famiglia vuoi?”
Lei annuì sorridendo. “Del resto non ti andava…” Aggiunse appoggiando la testa sul divano.
“Ho voglia di coccole…”
“Ancora?” Replicò con un sorriso compiaciuto. “Sono davvero molto bravo…”
Kate attese qualche secondo in silenzio. “Castle… stavi pensando al giorno delle nozze?” Disse infine rompendo gli indugi.
L’uomo annuì con il capo. Lo abbassò facendosi serio. “Sai quando ti dicevo che non sapevo come descrivere ciò che sentivo. Stanotte mi sentivo allo stesso modo.”
“Me lo ricordo. Mi hai detto solo che eri innamorato…” Kate si inginocchiò sul divano accanto a lui. “Non hai chiuso occhio per quello?”
Lui annuì. “E poi ero troppo eccitato, sai…” Si giustificò.
“Pensavo fosse stata colpa della pizza ai peperoni.” Rispose lei ridendo e Castle la prese per i fianchi facendola ruotare e se la trovò seduta sulle gambe.
“Penso di aver trovato la parola.” Disse quasi timidamente.
Lei attese guardandolo con dolcezza. “Davvero?”
“Era così semplice in realtà. Semplicissima.”
“E?” Insisté Kate rosa dalla curiosità.
“Completo. E’ così che mi sento. Mi sentivo così già allora ma oggi ha una nuova sfumatura, ed è tutto merito tuo.” Lei lo abbracciò affondando la testa nel suo collo. Gli lasciò morbidi baci sospirando.
Era un momento meraviglioso. Sollevò il viso e incrociò i suoi occhi blu intensi e sinceri. Lo baciò lentamente, grata del suo calore, della sua anima gentile e delle sue attenzioni. Era il suo modo di essere, quello che l’aveva fatta innamorare di lui e non voleva niente d’altro.
“Anche tu mi fai sentire completa. Oggi più che mai.” Disse accarezzando il suo viso.
Era stata una mattinata stupenda.
La visita dal ginecologo era stata positiva e lei aveva fatto la sua prima ecografia. Sia lei che Castle avevano trattenuto il respiro mentre le immagini del loro piccolo grande quanto un fagiolino, come lo definiva lui, comparivano sullo schermo. Era qualcosa di magico vedere quella piccola vita che stava crescendo in lei.
Aveva visto Caste visibilmente emozionato ed era stato altrettanto meraviglioso.
“Tu hai dormito come un bambino, eri rilassata…” Mormorò guardandola sorridere raggiante.
“Bastavi tu a vegliare su entrambi.” Rispose e Castle le lasciò un lungo bacio tra i capelli mentre la stringeva dolcemente e con orgoglio. Kate si lasciò cadere lentamente all’indietro e si trovò sdraiata sul divano. Lui la seguì raccogliendo la gambe e mettendosi su un fianco. La paura di Kate sul futuro era sempre presente, ma andava ad affievolirsi di fronte a certe attenzioni di Castle. Lui avrebbe dato tutto sé stesso e lei avrebbe fatto altrettanto. Avrebbero imparato insieme a crescere il loro bambino giorno dopo giorno e nonostante i sui iniziali timori Kate riusciva a vedere qualche scorcio di quello che sarebbe stata la loro vita: le discussioni, i confronti tra lei e Castle non sarebbero mancati. Lo immaginò preso a coccolare ed a viziare i loro figli. Ad esserne solidale davanti alle sue sfuriate se combinavano qualcosa di sciocco. Ma davanti alle cose serie immaginò un’unità di vedute. Il bambinone che era in lui sarebbe comunque emerso ma nulla le dispiaceva in quell’idea che si stava formando nella sua mente.
“E’ stato fantastico oggi! Vedere per la prima volta il nostro piccolo è stato molto emozionante!” Disse Castle eccitato riportandola alla realtà. Castle gli aveva anche insegnato a sognare ad occhi aperti?
La mano di Kate raggiunse quella di lui e le dita danzarono accarezzandosi lentamente.
“Sì, è stato incredibile.” Disse in un sussurro. Guardò le mani di Castle ancora arrosate e con le nocche rovinate. Scosse il capo pensando alla sua reazione del giorno prima. Lui era così, l’avrebbe protetta e difesa.
“E poi hai fatto tutte quelle domande…” Aggiunse Castle con curiosità vedendola assorta.
Kate sospirò. “E’ successo così in fretta, volevo solo avere la certezza che fosse tutto a posto. Ho letto che molte donne aspettano mesi prima di tornare ad essere fertili dopo aver smesso di assumere la pillola. Non vorrei ci fossero complicazioni per il piccolo.”
Castle appoggiò la testa a quella di lei e la guardò con occhi furbi.
“Lo hai sentito, ha detto che probabilmente siamo molto fertili entrambi e che questo era semplicemente il momento giusto. Io ero certo dell’efficacia dei miei girini…”
Lei lo colpì con una sberla gentile sulla coscia.
“Ma anche le tue uova sono belle toste!” Aggiunse e lei roteò gli occhi ridendo. “Smettila, mi fai quasi sentire un pollo!”
“Abbiamo un fagiolino bellissimo!” Commentò Castle con ilarità.
Lei sospirò di nuovo. “Parli sempre di lui. E se fosse una bambina?” Chiese divertita.
Castle si alzò puntellandosi sul gomito. “Tu vuoi un maschietto giusto?”
Lei annuì. “Mi piacerebbe, te l’ho detto ma…”
Castle la baciò impendendole di continuare. “Sarà un maschietto allora, perché tu solitamente ottieni quello che vuoi… E poi io sono molto fortunato.” Disse con serietà.
Kate trattenne una risata. “Esagerato.”
“Siamo qui, lo hai voluto ed è successo. Anche velocemente mi sembra no?” Castle sorrise.
“Scommettiamo?” La istigò e Kate strinse gli occhi.
“Castle entrambi vogliamo la stessa cosa. Io vorrei un maschio e tu vuoi che io abbia ciò che desidero…”
“Si, ma sono sicuro che sarà un maschio.” Replicò con forza. La sua convinzione sembrava genuina.
Kate si finse pensierosa. “Se è davvero come dici tu, per la pappa notturna ci penserò io per tutto il primo mese.” Lui allungò la mano verso il suo seno con un sorriso malizioso.
“Tesoro, lui mangerà da qui… Tu sarai sveglia comunque e non solo per un mese!” Disse sbottonandole la camicetta e accarezzandola con dolcezza.
Kate sorrise sorniona. “Ok, ci ho provato…”
Castle continuò imperterrito. “Sarò anche un poco geloso… Un altro uomo che ti succhia i capezzoli…” sbottò sembrando realizzare la verità su chissà quale misfatto e lei lo sculacciò di nuovo.
“Magari potremo fare a metà” aggiunse e lei roteò gli occhi.
“Castle non ruberai il nutrimento a nostro figlio.” Replicò lei ridendo.
“Ok, non lo farò. E non scommetterò sul sesso del nascituro. Ma ricordati una cosa, se sarà un gran casinaro e non ci farà dormire, sappi che allora non avrà preso da me. Mamma dice che ero un dormiglione.”
“Lo sei ancora Castle.” Dopo quelle parole lo rabbonì con un bacio. “Ma mi riservo di chiederglielo.”
Castle strabuzzò gli occhi. “Ti mostrerà le foto di me con il culetto all’aria. Era già irresistibile allora!”
Kate afferrò con una stretta i suoi glutei. “Sì, sono ancora irresistibili.” Risero entrambi mentre si lasciavano andare ad un bacio particolarmente appassionato.
Castle la sentì muoversi contro di lui con una certa irruenza. “Forse dovremmo fare qualcosa per assecondare queste tue voglie…” Disse e approfondì il bacio facendola gemere.
“Dio ma vi vedete?” Disse una voce tesa alle loro spalle.
Entrambi alzarono lo sguardo su una Alexis rossa in viso e un po’ funerea.
“Siete sposati da quasi due anni e ancora pomiciate come due sedicenni sul divano? Siete esasperanti!”
Alexis girò su sé stessa e prese a salire le scale. “Siete così frustranti!” Aggiunse quindi con stizza scomparendo oltre la rampa.
Kate e Rick si guardarono e poi tornarono a sedersi sul divano. Erano scalzi, scarmigliati, arrossati in viso e avevano qualche bottone di troppo slacciato. Kate deglutì ma Castle rimase serio a guardare le scale.
“Che le sarà successo?” Chiese alzandosi ma Kate lo fermò.
“Aspetta…” Disse facendolo tornare a sedere. “Credo solo abbia avuto un’altra delusione con qualche ragazzo.” Chiarì stringendo la mano a Castle che sembrava piuttosto preoccupato.
“Ancora? Ma passerà mai questo periodo?” Sbottò sconsolato. Quando Alexis chiudeva una storia ultimamente era sempre molto turbolenta.
“Per me è finita solo quando mi sono messa con te.” Replicò Kate guardando anch’essa le scale e con un’espressione sconsolata.
Castle strinse gli occhi. “Non è confortante, tesoro. Dovrei andare a parlarci…”
Kate negò stringendogli la mano. “Forse è meglio che ci vada io. So come vanno certe cose.”
Castle la guardò con curiosità. “Non fare domande…” Replico lei mettendogli poi un dito sulle labbra.
Kate si alzò e si riassestò i vestiti. Castle fece altrettanto continuando a fissare pensieroso la scala di accesso al piano superiore.
“Tu stai qui e prepara del gelato, fai una coppa un po’ più abbondante al cioccolato…”
“Per Alexis?” Chiese avvicinandosi alla cucina.
“No, per me e per il nostro fagiolino…” disse mettendo una mano sul ventre e salendo le scale.
“Ha già interessanti gusti questo fagiolino!”
Kate bussò alla porta di Alexis e lei rispose con un avanti debole e poco udibile. Entrando la vide sprofondata sul letto con la testa nel cuscino.
“Ti manda papà?” Chiese sorpresa di vederla e lei scosse il capo avanzando nella stanza a passo lento.
Erano state rare le occasioni in cui lei e Alexis avevano avuto discorsi al femminile, la sua frequente assenza per il college era stata la causa principale e non era del tutto certa che la ragazza volesse davvero il suo aiuto, ma le sembrava il minimo. Il suo umore era stato altalenante negli ultimi tempi e la causa era sempre la stessa: ragazzi.
“No, credo che ci voglia un po’ di sano sfogo al femminile qui.” Rispose quindi Kate con un sorriso.
Alexis si mise a sedere sul letto e invitò Kate ad accomodarsi accanto a lei. Un gesto di apertura che rincuorò Kate sulla bontà della sua scelta.
“Sai quando andavo al college c’erano ragazzi per ogni gusto.” Disse sedendo. “Ogni anno cambiavano, diventavano più virili, ma spesso era solo… il fisico a crescere.”
Alexis annuì. “Proprio così! Che hanno nella testa?” Chiese sempre stizzita.
Kate inclinò il capo. “Beh, football, baseball… basket… sesso.” Commentò mordendosi le labbra.
Alexis la guardò incuriosita.
“Sono carini e sexy, il fisico sboccia con lo sport. C’è quello che… ha una tartaruga da infarto.  Poi scopri che ha solo criceti nel cervello e va bene soltanto a rincorrere una palla ovale.” Alexis rise.
“Mai inseguire un quarterback, sono più gonfiati dei palloni che calciano…”
Alexis annuì. “Si sentono dei in terra!” Sbottò con disgusto.
“Oppure c’è il tipo magro e schivo che sta da dio in pantaloncini mentre corre e magari… vorresti scoprire se quelle rotondità che vedi lì davanti sono tutte naturali.” Ammiccò e Alexis fece una smorfia. “Sì insomma, ci si può divertire…” sospirò.
“Poi esci con quello carino, quello gentile e fissato con la letteratura… Pensi che sia sensibile, intelligente… e purtroppo preferisce andare al club di poesia piuttosto che rotolarsi con te sul tuo letto quando la tua compagna di stanza è miracolosamente fuori dai piedi per qualche giorno.” Stavolta Alexis rise fragorosamente.
“Questi discorsi rimangano tra noi, tuo padre è giusto un po’ geloso.” Chiarì e la ragazza annuì.
“Non ti preoccupare.” Rispose sospirando riprendendosi da quell’ilarità che Kate aveva saputo trasmettergli.
Sapeva come sottolineare le cose e lo faceva con una verve che in fondo non era differente da quella di suo padre, era come sua abitudine acuta e diretta. Sì, Alexis era ben contenta di aver affrontato quel momento con lei, suo padre non lo avrebbe vissuto con quella elasticità di pensiero. Fu grata di aver lei con cui parlare, la stava aiutando a sdrammatizzare in fondo. Si sentì lievemente in colpa per la sua sparata di poco prima, anche se non vedeva alcuna offesa nel viso di Kate, ma piuttosto sincera comprensione. Lisciò il copriletto con una mano abbassando il viso.
“Scusa per prima, è solo che…” gesticolò indicando qualcosa in lei. “Voi siete così uniti.” Chiarì scuotendo il capo. “Vi vedo e penso a quanto desidero avere un rapporto così… speciale.” Alexis si alzò e fece alcuni passi per la stanza. “Ma ultimamente penso che i ragazzi che conosco siano tutti così immaturi.”
Kate sorrise. “E’ il college Alexis. I ragazzi sono ancora piuttosto acerbi. Sono brillanti in gruppo, ma appena perdono il branco che li sostiene non riescono a tenere un dialogo intelligente e si buttano a pesce sulle tue tette.” Disse facendo scoppiare Alexis in una risata liberatoria.
“Esatto!” Rispose tornando a sedere.
“Avrò mai una storia seria?” Chiese quindi guardandola. Kate le mise una mano sulla spalla.
“Non avere fretta di cercare l’uomo giusto. Arriverà quanto meno te lo aspetti.” Disse abbassando la voce.
“Irromperà nella tua vita e la stravolgerà. In senso buono…” Aggiunse.
Alexis la guardò. Sapeva che Kate era felice con suo padre, glielo leggeva in viso.
“Papà non era l’esempio di maturità per eccellenza…” disse ad un tratto. “Ma ti ha cambiato la vita comunque.” Chiese quindi incuriosita.
“Tuo padre è maturo nelle cose che contano. L’amore per la famiglia, la fedeltà. La sua tenacia.” Rispose.
“E poi non siamo più due ragazzini, abbiamo avuto le nostre esperienze. Il college è stato un momento… selvaggio… sicuramente per tuo padre.”
Alexis sbuffò ridendo. Kate era stata strappata un po’ troppo velocemente da quel mondo a causa della morte di sua madre, ma i successivi studi non sembravano essere stati meno turbolenti.
“Però non vorrei aspettare così tanto…” Mormorò sospirando.
“Se sarai fortunata potresti non aspettare molto.” Replicò Kate. “Noi forse abbiamo fatto molti errori e siamo arrivati fin qui, ma non è tardi. E’ il momento giusto.” Spiegò.
Alexis le sorrise. Visto il loro legame forse Kate aveva ragione, quello era il loro momento. 
“Che ti ha fatto?” Kate cambiò rotta andando a pungolare Alexis con uno sguardo curioso. “Se posso sapere…”
“Niente di che, ci ha solo provato per…”
“Portarti a letto immagino.” Finì Kate sorridendo. I cliché dell’università erano i medesimi sebbene i tempi sembravano cambiati.
Alexis si stropicciò il viso. “Si era venduto anche bene al principio.”
“E poi?”
“Si è buttato sulle tette ancora prima di dire ciao.” Rispose e le due donne risero entrambe.
“Cosa che tra le altre mio padre ha fatto giusto poco fa con te.” Alexis si grattò con la punta dell’indice l’attaccatura dei capelli e Kate si voltò a guardarla leggermente rossa in viso e con la bocca semiaperta.
Sì, l’aveva fatto. Negarlo non era la mossa ideale.
“Beh… noi stavamo…” cercò di dire ma ogni spiegazione dettagliata avrebbe generato solo altre domande imbarazzanti. Non era il momento.
“Escludendo il tuo esemplare paterno, che è giusto un po’ particolare, quanto l’intesa c’è non c’è nulla di male a giocare. Insomma non è sempre male che lo facciano, soprattutto se lo vuoi...” disse infine scuotendo il capo. In fondo la fisicità che c’era tra loro era innegabile, Alexis non era né ingenua né prevenuta, ma sapeva usare l'ironia con lei. Alexis rise toccandosi i capelli. “Tu e papà alcune volte siete… fin troppo palesi in quello.”
Kate stavolta arrossì. “Tu ci hai visto altre volte…” Iniziò a dire imbarazzata.
Alexis annuì. “Non mi avete nemmeno sentita entrare. Non è la prima volta.”
“Uh!” Fu solo in grado di dire. Kate fece mente locale sulla necessità di esternare i loro momenti di passione con più frequenza lontano dal divano del soggiorno. Quante volte le coccole sul divano durante la visione di un film erano diventate un gioco bollente e avevano richiesto la camera da letto? Era accaduto spesso. Forse non sempre erano stati del tutto soli, del resto Alexis tornava saltuariamente a casa e con poca regolarità.
Alexis tenne a precisare. “Non ti preoccupare, non ho mai visto nulla di troppo, fidati…” Kate annuì.
“Comunque anche questo è un aspetto che vi invidio: la passione che non scema. Siete ancora come il primo giorno credo.”
“Anche di più.” Aggiunse Kate con un sorriso. “Abbiamo imparato molto di noi stessi e la sintonia è persino migliore di prima.” Spiegò.  “Ma tu non devi preoccuparti in questo modo per il tuo futuro. Sei giovane e un giorno troverai la persona giusta. Te ne accorgerai. Per ora vivi il momento divertendoti, prendendo il meglio senza pensare troppo ad impegni futuri. Nelle relazioni ho imparato che la programmazione raramente porta i suoi frutti. Almeno per me…” Le raccomandò con sincerità. Kate era ben conscia che Castle, da padre possessivo quale era, non avrebbe gradito al cento per cento quel dialogo, ma sapeva che Alexis non era il tipo di donna che avrebbe frainteso o preso alla lettera quella frase. Aveva testa sulle spalle, solo doveva vivere quell’esperienza al college in modo più spensierato. Era coscienziosa ma non doveva aver fretta di bruciare le tappe. Con Pi aveva già commesso passi falsi alla ricerca di una stabilità emotiva, e avuto la sua dose di delusioni.
“Questa cosa ovviamente non te l’ho detta…” bisbigliò con uno sguardo complice e Alexis annuì.
“Grazie.” Rispose Alexis abbracciandola.
“Ti va una coppa di gelato? Rick ne sta preparando tre di sotto… E’ preoccupato per te.”
“Ok, un po’ di zucchero migliorerà la giornata.”
Si alzarono e prima di arrivare alla porta Alexis la fermò.
“Kate?”
Lei si voltò a guardarla. Alexis mosse nervosamente le dita delle mani. “Nonna pensa che tu sia incinta.”
Disse quindi tutto d’un fiato. Kate sorrise chiudendo gli occhi. Martha sapeva la verità ma forse quel dialogo con la nipote lo aveva avuto prima della sua conferma. Del resto era successo giusto il giorno prima.
“Vieni di sotto…” Rispose glissando con un sorriso e lasciando la stanza.
Doveva essere Rick a darle quella notizia con certezza e solo lui. Era suo padre ed era la cosa migliore. Kate non sapeva esattamente quale reazione avrebbe avuto la ragazza, ma conosceva il suo amore per i bambini almeno pari a quello del padre. Era fiduciosa che la notizia le sarebbe piaciuta. Solo doveva anticipare qualcosa nei tempi che Rick e lei si erano prefissi per annunciarlo ai familiari. Forse quella famosa cena in famiglia doveva essere anticipata.
Alexis boccheggiò. “Oh dio, nonna ha ragione?”
Ma non ci fu risposta. Kate era già uscita.
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Ciao a tutti! Sono tornata su questi schermi dopo una variegata tipologia di malanni che mi hanno messo ko e ospedalizzato per un po' di tempo.
So che sono drammaticamente indietro con la lettura e soprattutto nel rispondere ai vostri gentili commenti ma mi rifarò.
Questo non so bene cosa sia, ma sicuramente è un capitolo della Achab Story... forse gli antidolorifici hanno effetti strani sulla psiche!
 

 

 

  
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