Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: DorotheaBrooke    05/06/2014    5 recensioni
SPOILER per chi non ha visto la puntata 4X08! Io ve l'ho detto!
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I penseri di Tyrion rinchiuso in cella, mentre attende l'esecuzione, dopo la sconfitta della Vipera Rossa
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tyrion Lannister
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Ultimo avvertimento: Spoiler!


Ora riusciva a capire cosa intendeva Jaime quando affermava che la sua precedente prigione non era poi tanto male. Rannicchiato contro il muro delle celle oscure, Tyrion Lannister avrebbe dato l’altra metà del suo naso per avere la piccola finestra chiusa da inferriate d’acciaio, dalla quale i raggi della luna penetravano tenui. Il buio lo avvolgeva e il cupo silenzio era interrotto solo dalle gocce di umidità che strisciavano attraverso le spesse pareti e dal suo respiro regolare. Era notte o giorno? Si rese conto di non saperlo. Nell’oscurità impenetrabile il tempo era sospeso e la sua agonia interminabile. Se almeno avesse potuto dormire,  donando le sue ultime ore di vita all’oblio di un sonno senza sogni. Invece non riusciva a distogliere il pensiero dall’immagine del cranio sfondato della Vipera Rossa. Posò il capo contro le ginocchia raccolte al petto.
 
-Perché? Perché? Avevi la vittoria in pugno! Ti sarebbe bastato stendere il braccio e avresti avuto la tua stramaledetta vendetta-
 
 Eppure, pronunciando le parole a denti stretti, si rese conto di non poter biasimare il suo campione. Voleva la vita non solo dell’esecutore, ma del mandante dell’efferato omicidio della sorella. Mentre tentava di scacciare dalla propria mente l’eco della voce di Tywin Lannister che pronunciava la sentenza di morte contro il proprio figlio, con la mente tornava a quei terribili istanti. Udiva di nuovo quel giovane principe, che sembrava invincibile e letale come il veleno di cui cospargeva le sue armi, che nella lotta danzava con la grazia bellissima e mortifera di fiamme crepitanti, agonizzare, prigioniero di una presa rude e invincibile. Udiva l’urlo disperato di Ellaria levarsi, ancora più terribile e agghiacciante del rumore scatola cranica del suo amato che si infrangeva, verso un cielo assurdamente limpido e indifferente. L’aveva sempre sospettato, ma ora ne aveva la certezza: gli dei non esistevano. La mano di Oberyn si era alzata per difendere più di un innocente. La principessa di Dorne, stuprata e assassinata, per la quale la Vipera Rossa cercava senza tregue vendetta era incolpevole almeno quanto lo era il folletto, così come lo erano i suoi figli fatti a pezzi. Eppure la vittoria era stata concessa all’empio e il retto aveva pagato un prezzo orribile per la propria sete di giustizia. Amara consolazione era sapere che anche Cersei, suo padre e tutti quelli che l’avevano ferito e tradito non erano altro che un mucchio di ossa e sangue preda del caso sotto un cielo vuoto e cieco.
 
Si rese conto di essere troppo stanco perfino per odiare. Ci provava. Tentava di immaginarsi sul patibolo, mentre con le ultime parole riversava tutto il proprio rancore contro coloro che sarebbero dovuti essere la sua famiglia.  Si costringeva a fantasticare di infestare la torre del Primo Cavaliere come fantasma, in modo che chi non l’aveva amato da vivo, lo temesse da morto. Tuttavia più si sforzava di detestare chi gli aveva fatto del male, più lo pervadeva una tenerezza infinita per coloro cui aveva voluto bene. Comprese che se avesse pensato loro, posando il proprio capo sul ceppo del boia, non sarebbe riuscito a impedire alle lacrime di scorrere. Non avrebbe dato a nessuno la soddisfazione di vederlo piangere. Doveva dir loro addio, osservare un’ultima volta la pallida ombra del loro ricordo e lasciarli andare. Passò una mano contro il  pavimento gelido. La polvere rimase attaccata al palmo. Sospeso nelle tenebre in cui gli sembrava di affogare, ogni granello aveva le sembianze di una persona che aveva amato. Su ognuno soffermò a lungo lo sguardo. C’erano perfino Shae e Tysha. Non le persone che l’avevano tradito e ingannato, ma la fanciulla che aveva accettato per prima il suo bacio e la donna che aveva preso fra le mani il suo volto mostruoso, senza che negli occhi si dipingessero disgusto e disprezzo. Erano solo menzogne e vani inganni, ma ormai nessun male gli sarebbe derivato dal perdersi fra le illusioni del loro veleno infinitamente dolce. Posò le labbra contro i due granelli, quindi li gettò lontano, chissà dove nel buio. Osservò quindi Sansa, la sua moglie bambina con lo sguardo perso nel vuoto e le guance rigate da lacrime. Non era un’assassina. Non aveva ucciso lei Joffrey e anche se così non fosse stato, non gli importava più. Le era stato accanto, l’aveva protetta come poteva, ora non c’era più nulla che fosse in suo potere fare per lei. Prima di lasciarla cadere nel vuoto, le chiese un’ultima volta per perdono per essere un Lannister, per essere vissuto così a lungo, mentre la sua famiglia era stata massacrata e la sua casa rasa al suolo. Venivano poi  Jon e Podrick, forse i suoi unici, veri amici. Nell’istante in cui guardò il giovane sui cui lineamenti erano impresse la severità e la solennità del nord e il ragazzo la cui timidezza era superata solo dal coraggio in battaglia, desiderò di aver fatto di più per loro. In un altro  momento forse avrebbe mormorato una preghiera agli dei per implorarli di proteggerli, ma ormai era certo che sarebbe stato fiato sprecato. Sperando che le sue azioni fossero state sufficienti a lasciare una lieve impronta nei ricordi dei due ragazzi, lasciò andare anche loro. Infine dovette confrontarsi con l’ultimo granello, quello che più aveva temuto, quello da cui era più amaro separarsi. Tyrion Lannister ripercorse nella mente i lineamenti regali e aggraziati del fratello. Nel buio gli occhi asimmetrici del folletto e quelli splendidamente verdi di Jaime si incontrarono ancora. Per un meraviglioso istante, fu come se stesse di nuovo cavalcando a fianco del fratello che aveva sempre ammirato,  udì di nuovo la sua dolce risata che lo faceva star bene, che lo faceva sentire protetto. Per tutta la vita aveva avuto paura, ma accanto a Jaime sapeva che nulla di male sarebbe potuto accadergli. Se non avesse perso la mano, se Oberyn non si fosse offerto come campione, era certo che avrebbe combattuto per lui, sfidando il padre che l’aveva sempre prediletto e la sorella che aveva tanto amato. Al pensiero che al posto della Vipera Rossa ci fosse l’unico parente dal quale si era sentito veramente accettato, immobile con il cranio sfondato, si sentì infinitamente grato al principe di Dorne. Con delicatezza sfiorò il granello dalle sembianze tanto amate
-Grazie, grazie, grazie- mormorò e la voce roca raschiava dolorosamente contro le pareti della gola.
Tyrion Lannister soffiò sulla mano e il palmo rimase vuoto. Mentre l’ultimo granello volava sempre più lontano, una lacrima precipitò nell’oscurità.
 
  
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