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Autore: PetrovasFire    05/06/2014    1 recensioni
"Un impulso dolorosamente travolgente mi spinse ad alzare le dita verso il suo volto, proprio come avevo fatto quella notte e tante altre notti prima, per risistemare le ciocche sbarazzine al loro posto e darle sollievo da quel minimo supplizio (oh, per nulla paragonabile a quello che le dilaniava il cuore)."
Dopo aver studiato i sonetti di Shakespeare ho rivisto la 5x22 e...è venuta fuori questa one-shot Delena.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Shall I compare thee to a summer's day?

Nell'istante in cui posai ancora una volta lo sguardo su di lei -ho perso il conto delle volte in cui i miei occhi si voltavano, quando segretamente, quando indecentemente sfacciati, su quella perla di ambra- con uno sfarfallio d'ali una leggiadra Aurora si posò su una primula. La mia principessa rivolse solo per un momento la sua attenzione verso la creatura soave, poi ritornò a guardare di fronte a sé, le labbra del colore dei datteri Ameri schiuse e immobili. Era così bella, eppure così triste. Immobile e perfetta, come una statua di cera. Di tanto in tanto sbatteva le ciglia, o alzava il petto, così da apparire umana agli occhi di quelli che la circondavano. Come se fosse necessario, come se qualcuno si fosse soffermato un istante a guardarla. A chiederle del suo dolore. O anche solo se uno di quegli impiegati in camicia, o un'avvocatessa in tailleur, oppure uno qualsiasi di quei ragazzini che al parco giocavano a fare i grandi si fosse semplicemente accorto di lei. Lei che stava lì senza dire niente, senza fare niente. Vedendo e ascoltando tutto e nulla, come un angelo smarrito, strappato via dal Paradiso per fare da balia a qualche indegno umano (non che lui credesse a queste cose più di tanto, ma paragonare la sua donna ad una creatura celeste lo deliziava sempre). Andai a sedermi accanto a lei, per osservarla più da vicino, cercando quasi disperatamente, inutilmente, di sentire il calore dolce del suo corpo.

Thou art more lovely and more temperate.
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer's lease hath all too short a date.


Una folata di vento le scompigliò i capelli già leggermente ondulati. Alcune ciocche s'intrecciarono indisciplinatamente sulla nuca, altre le sfioravano e pizzicavano leggermente le guance dorate, ma la mia bella non accennò neanche a rimetterle al loro posto. Un impulso dolorosamente travolgente mi spinse ad alzare le dita verso il suo volto, proprio come avevo fatto quella notte e tante altre notti prima, per risistemare le ciocche sbarazzine al loro posto e darle sollievo da quel minimo supplizio (oh, per nulla paragonabile a quello che le dilaniava il cuore). Mentre allontanavo le dita inquiete, per poi posarle su un ginocchio, ripensai alle volte in cui l'avevo osservata, come una gazza furtiva, dalla finestra, compiere quel semplice gesto col capo chino su qualche appunto e la gomma della matita stretta fra le labbra. Mio malgrado quest'immagine di quiete risvegliò in me ricordi assai più travolgenti e per questo tanto più amari. La notte in cui mi aveva rivelato di preoccuparsi per me -quanto avevo faticato per ottenere quella confessione- e quella in cui prima di augurarle la buonanotte le avevo accarezzato i capelli dopo che quelle labbra tanto bramate mi si erano concesse.


Sometime too hot the eye of heaven shines,

And often is his gold complexion dimmed,
And every fair from fair sometime declines,
By chance or nature's changing course untrimmed;


Gridolini divertiti e risate di bambino giungevano alle nostre orecchie, come le canzoni di sottofondo ad una mostra di Van Gogh : nessuno ci fa caso. Eravamo io e lei, noi soltanto. Da soli e insieme al tempo stesso. Ero così tanto, davvero, felice. Ed è stato in quell'istante, proprio quando ho realizzato che dopo cento settant'anni di tormento avevo trovato letizia...ma no, no, è troppo riduttivo definire così ciò che provavo. Era un'emozione talmente violenta da fare male e bene al contempo, così irresistibile da stringermi lo stomaco nella più piacevole delle morse, tanto da far girare la testa e battere il cuore. Dannazione, sembra una di quelle descrizioni delle cotte adolescenziali che si leggono su Seventeen e Top Girl, eppure neanche il dolore della guerra o il disgusto per le atrocità che avevo visto -e compiuto- in questi anni da immortale -beh, non poi così tanto. Sono morto, no? Stupide etichette!- può paragonarsi per intensità. E già da allora, da allora sapevo. Perché sapevo di non meritarlo. Non meritavo il suo sguardo appassionato, ne' i suoi sorrisi indulgenti o le sue inebrianti carezze. Non meritavo il sapore delle sue labbra, i capelli profumati che mi scivolavano tra le dita quando la stringevo a me. E le sue mani per nulla timide che mi facevano scivolare nell'estasi più totale, il calore della sua pelle, il sudore che si univa al mio. La voce armoniosa (amava sentire quella voce, anche quando lo sgridava e lo mandava via, la voce di lei era la melodia che avrebbe ascoltato per secoli) le grida strozzate, quando mormorava il mio nome e quando lo urlava, perdendosi in quella stessa ebrezza che era la mia.

Anima perduta, annerita dalla fuliggine da me stesso prodotta. Per decenni, nutrendomi delle vite altrui, non mi sono reso conto di come assieme a loro anche io svanivo. Il vero me, quello che aveva amato senza risparmiarsi, che avrebbe dato la vita per il proprio fratello, che avrebbe rischiato tutto per un amico...quella persona si dissolveva, o meglio si ripiegava, celandosi nella parte più interna del mio cuore, stretta in catene che io avevo sigillato.

Poi era arrivata lei, una ragazzina con gli occhi grandi e l'aria severa. Non aveva i capelli dorati, ne' gli occhi del colore del cielo o le movenze di una ballerina di lapdance, o i vestitini succinti delle conigliette da PlayBoy. Istintiva, testarda e un po' anche con la puzza sotto il naso; e io l'avevo amata lo stesso, sin dal primo istante. Oh, non iniziate con quegli occhietti accusatori*, non è stato perché è la copia esatta della mia ossessione (okay, anche un po' per quello), ma l'avevo amata perché aveva stretto al petto l'anima nera e l'aveva infilata, all'inizio per forza e poi con la sua inequivocabile benevolenza, in una vasca piena di sapone e bollicine -perdonate la metafora idiota, se vi aspettate uno scrittore alla Wilde mi avete confuso con mio fratello- e a poco a poco l'aveva resa quasi nuovamente candida. Ma non ero io ad essere puro, era lei. Ed io lo diventavo quando ero con lei. E ne avevo bisogno, di questa purezza, della sua purezza, come un cieco ha bisogno della musica e delle parole o una pianta grassa ricerca il tepore del sole. Lei era la mia luce e non volevo, non potevo assistere inerme mentre quella che un tempo era una fiamma ardente, andava lentamente riducendosi al bagliore fiordaliso di un cerino.


But thy eternal summer shall not fade,

Nor lose possession of that fair thou owest;
Nor shall Death brag thou wand'rest in his shade,
When in eternal lines to time thou grow rest.

So long as men can breathe or eyes can see,
So long lives this and this gives life to thee.

Eppure sono qui e impotente, senza poter far nulla mentre la tua bellezza immortale resta e vola via. Perché Elena, mia Elena, non sono belli i tuoi occhi, o il tuo corpo sinuoso, ne' le tue labbra rosate, sei bella tu. È bello il modo in cui sorridi e arricci il naso quando assisti a scene buffe, è bella la compassione che mostri anche con coloro che meriterebbero la dannazione e non le tue carezze, sei bella quando tenacemente combatti per le tue convinzioni, quando dimostri a chi ti sottovaluta che sei più forte di un esercito quando vuoi esserlo...perché sei semplicemente tu e mi mancano le parole quando ti penso.
“Oh, Elena” lo dissi a voce alta, e mai tanto dolore ed estenuazione c'erano state in un'invocazione sola.
D'un tratto alzò il petto e s'irrigidì, iniziando a respirare quasi affannosamente. Sbatté le palpebre due o tre volte di seguito, fissando ancora l'orizzonte lontano. Non osava voltarsi, la bella infelice, eppure quando un profumo di lavanda, proprio come quello che l'aveva circondata mentre attendeva ansiosamente il ritorno dell'uomo che ama e poi mentre piangeva disperatamente la sua dipartita, col labbro inferiore che tremava, proprio come le sue mani dalle dita sottili, a capo chino si voltò di poco alla sua destra, guardando la sua spalla. Trattenendo il respiro alzò gli occhi già lucidi, in equilibrio tra il sogno, la speranza bruciante, e la dura realtà. Un accennato sorriso non fece in tempo a comparire sulle sue labbra, che già da esse le era sfuggito un esitante:
”Damon”
 

Every breath you take
and every move you make
every bond you break
every step you take
I’ll be watching you

Every single day
and every word you say
every game you play
every night you stay
I’ll be watching you**




*è una frase che dice Damon ad Elena nella 1x08
**La canzone è Every Breath You Take (Police)
Il titolo è ispirato al sonetto interamente citato nel testo “Shall I compare thee to a summer's day?” di Shakespeare

Angolo dell'autrice-still-in-denial

E' una delle mie prime fanfiction, un po' troppo sentimentale forse? Se posso darvi un consiglio ascoltate: Nazareth - Love hurts mentre la leggete.
xx 
  
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