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Autore: CinziaBella1987    06/06/2014    2 recensioni
Dopo un periodo trascorso in giro per il mondo con i Backstreet Boys, Nick decide di tornare a Tampa, dove comprerà la casa dove viveva con la sua famiglia prima di essere investito dal successo e dove ha lasciato amici e ricordi. Qui tornerà a fargli visita una vecchia conoscenza, Amanda, che spera di poter ritrovare il ragazzino biondo con cui passava i pomeriggi ma che in realtà scopre un perfetto sconosciuto. Cosa è rimasto del vecchio Nick? Si può tornare ad essere complici anche dopo molti anni?
E soprattutto, Amanda imparerà ad apprezzare anche le nuove sfumature del biondo cantante dei BSB?
Dal 1° capitolo:
Barbie mi riservò uno sguardo divertito poi, sentendo il ciabattare di Nick provenire dall'interno, evitò di rispondere e lasciò spazio a lui, che si palesò sulla porta togliendomi il fiato.
Non lo ricordavo così bello.
Non lo ricordavo così alto.
Non lo ricordavo così... Nick!
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nick Carter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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       1. Welcome back

 
 
Nella vita, tutto torna.
Cambiano i modi, le circostanze persino i tempi storici ma prima o poi, tutto torna.
Le occasioni, gli amici, gli amori... Persino quelli che pensavi perduti per sempre.
E io, che non ci ho mai creduto a questa storia, mi son dovuta ricredere e convincere che la vita non è altro che un andirivieni delle stesse cose, camuffate, modificate ma in fondo sempre uguali. 
Tutto ebbe inizio circa un anno fa, quando me ne stavo tranquilla nel mio adorato e adorabile negozio di fiori. 
Sì, perché nonostante io abbia una laurea con il massimo dei voti ottenuta a Berkely, non mi sono mai interessata alla carriera da manager che mi si poteva spalancare davanti; ho preferito starmene a Tampa, città dove sono nata e cresciuta e realizzare il mio sogno di sempre: aprire un negozio di fiori.
So che può sembrare strano, preferire un piccolo angolo fiorato in una città del sud del Paese rispetto ad una vita emozionante a New York o a Washington, con uno stipendio fisso a parecchi zeri e il posto in business class presso tutte le compagnie di linea ma io sono sempre stata una persona controcorrente e così, con grande rammarico di mia madre che prospettava per me un futuro alla Steve Jobs, ho trascorso gli ultimi cinque anni della mia vita a sistemare il gioiellino che oggi espone orgogliosamente la scritta "Mandy's Flowers and other cute things" nella via più centrale della città. Ognuno ha le sue soddisfazioni, nella vita.  
Era una calda mattina di maggio - in Florida l'estate sembra non smettere mai e, se si esclude la stagione dei tifoni, in cui è meglio tapparsi in casa e murare le finestre, possiamo tranquillamente dire di vivere perennemente a maniche corte - e io me ne stavo tranquilla e assonnata dietro il mio bancone a confezionare cinquanta ghirlande che avrebbero abbellito la piccola chiesetta battista per il matrimonio di Kathreen Olsen, la figlia del sindaco, quel fine settimana. Fu in quel momento che mia sorella - più nota come Jenny La Pettegola - entrò trafelata nel mio piccolo paradiso, costringendomi a portare l'attenzione dai fiori di pesco che stavo intrecciando, alle sue trecce castane, che le conferivano un'aria infantile nonostante avesse abbondantemente superato i venticinque anni.
- Non puoi capire cosa ho appena saputo! - Sbuffò tutto d'un fiato.
- Se non me lo dici, in effetti, credo sia difficile. 
- E' una notizia incredibile. Ma che dico incredibile, impossibile quasi.
- Va bene Jen, ti calmi o devo spararti un tranquillante come fanno con gli orsi in Finlandia?
Mia sorella dalle lunghe trecce prese posto sulla deliziosa seggiolina in legno bianco accanto a me e, dopo aver ripreso fiato, poggiò le mani sulle ginocchia e disse:
- D'accordo ma sono sicura che dopo quello che sto per dirti, smetterai anche tu di essere così cinica.
Inarcai un sopracciglio e nell'attesa che mi svelasse la notizia dell'anno, ripresi il mio lavoro da certosino, pregando che si sbrigasse a vuotare il sacco perché io avevo altro a cui pensare che sciocchi pettegolezzi di quartiere.
- Sei pronta? - Enfatizzò lei.
- Da circa dieci minuti. - Risposi distratta.
- Ebbene, ti ricordi la grande villa bianca in fondo alla strada?
- Che domande, certo che me la ricordo. Era la villa dei Carter. 
Jenny annuì e un colorito rossiccio le imporporò le guance; santo Cielo quella ragazza rischiava di farsi venire un infarto se non la smetteva di emozionarsi a quel modo per la gioia di darmi chissà che notizia entusiasmante!
- Proprio così. E' stata appena riaperta. Tu sai che giravano voci su un nuovo misterioso acquirente, no? -
Annuii; sebbene fossi stata felice di sapere che la grande villa non sarebbe più rimasta sfitta, data la bellezza di quell'abitazione e lo spreco nel lasciarla chiusa, ricordavo perfettamente la fitta che mi attraversò lo stomaco quando venni a sapere che era stata venduta. Quel posto per me rappresentava un pezzo piuttosto importante della mia adolescenza, lì conservavo alcuni dei ricordi più belli e l'idea che qualcuno potesse cancellarli andandoci ad abitare e quindi vivendo un'altra vita lontana e diversa da quella che era stata la mia, in un certo qual modo, mi feriva. 
- Ho il nome. E non ci crederai mai ma è... -
In quel momento, fui come investita da una sorta di presentimento: ancor prima che mia sorella mi rivelasse il nome del nuovo inquilino della villa in fondo alla strada, io ero come sicura di conoscerlo già. Non osavo sperare che fosse davvero lui ma qualcosa dentro di me mi diceva che non sbagliavo.
- Nick! 
La spillatrice con cui stavo chiudendo la ghirlanda cadde sul bancone con un tonfo sordo; il respiro mi si mozzò in gola e per un attimo temetti che le gambe potessero cedere. 
- Jennifer Carolina Darren, se mi stai prendendo in giro, ti ordino di smettere subito! - 
- Amanda Eugenie Darren, smettila tu di fare la scema, ti pare che ti possa prendere in giro su una notizia simile?
In effetti, mia sorella era tutto fuorché una che si prendeva gioco delle persone, soprattutto di me; eravamo cresciute come due buone amiche, oltre che come sorelle che hanno soltanto due anni di differenza e nonostante io fossi la maggiore, lei era sempre stata quella più spigliata e scaltra delle due, caratteristiche che molto spesso l'avevano portata a prendere le mie difese quando se ne era presentata la necessità. 
- In realtà si vociferava da settimane che Nick sarebbe presto tornato in città ma nessuno avrebbe mai creduto che avrebbe preso proprio quella casa. 
- Gli è sempre stata a cuore. - Commentai con un filo di voce. 
- Già, lui e Aaron furono gli unici a non essere d'accordo quando la misero in vendita. La notizia dell'acquisto comunque mi è stata confermata da Missy Dawson e tu sai che nulla sfugge a quella donna, quindi c'è da credere che tutto abbia un fondamento. Pare che venga a star qui per qualche mese, a partire da oggi e che Drew gli abbia già recapitato latte e giornali, come ai vecchi tempi.
Non ero sicura che il pavimento sotto ai miei piedi fosse poi così stabile e mi appuntai mentalmente di farlo controllare ad un carpentiere, mentre il cuore mi schizzava su e giù fra petto e gola.
Ok, adesso probabilmente farò la figura della scema: la ragazza immatura, tutta sogni e fiorellini da inghirlandare che si fa venire il batticuore solo perché uno dei cantanti di uno dei più famosi gruppi degli anni Novanta tornava ad abitare nel quartiere. Ebbene, non era così semplice.
Io e Nick infatti ci conoscevamo e anche molto bene. 
Prima che l'allegra combriccola dei Carter si trasferisse a New York e desse inizio a tutta la sequela di guai che li travolse, abitava a pochi metri da casa mia, il che fece di loro la famiglia più legata ai miei genitori che potesse esistere in questa città. 
Automaticamente, questo faceva di B.J., Nick e Leslie i miei migliori amici, le persone con cui condivisi gli anni della scuola, i primi successi di Nick e ogni altro piccolo dramma che segna la vita di un'adolescente. 
In più, credo di aver sempre avuto una certa inspiegabile sintonia con il fratello maggiore di casa Carter ma questa si spezzò non appena i Backstreet Boys divennero un fenomeno mondiale, lui un sex-symbol idolo delle ragazzine di tutto il pianeta e le sue visite a Tampa sempre meno frequenti.
Sapevo che probabilmente tutto questo non bastava a giustificare la mia reazione alla notizia del suo ritorno in città ma sapere che la villa in cui avevo trascorso la mia infanzia tornava ad essere abitata proprio da Nick, l'unico con cui mi ero trovata veramente a mio agio, mi travolse come un'onda dell'oceano affonda il surfista che tenta di tenersi in equilibrio. 
- E così è tornato a casa. - Commentai, più con me stessa che rivolta a Jen. 
Di tutta la famiglia, Nick era quello che meno mi sarei aspettata di rivedere: sebbene fosse passato almeno un decennio dall'ultima volta che ci eravamo incontrati, avevo seguito le sue vicende nel corso degli anni e sapevo bene come si erano evolute le sue avventure; avevo osservato da lontano le notizie della famiglia, compresa quella della tragica morte di Leslie; nonostante durante l'adolescenza fossi stata la sua più cara amica, venni a sapere della sua scomparsa proprio come una persona qualsiasi: al telegiornale comunicarono la notizia in quanto Leslie stava ottenendo una certa popolarità negli ultimi anni e in più, era la sorella di Nick Carter, il biondino dei Backstreet Boys adorato dalle fans ma dall'esistenza burrascosa, era quindi d'obbligo parlare di lei e della sua misteriosa dipartita, perché una cattiva notizia è una buona notizia, soprattutto se si devono vendere dei giornali. Rimasi immobile in cucina a fissare lo schermo della tv per almeno venti minuti, mentre gli occhi si riempirono di lacrime e la gola si strinse in un nodo.
Non potei prendere parte alla cerimonia commemorativa organizzata per lei nello Stato di New York perché ero in Europa in quel periodo, inoltre non ritenni opportuno ripiombare nelle loro vite dopo anni di silenzio: ero, a quel punto, una perfetta estranea nonostante fossi sicura che Jane Carter avrebbe apprezzato la mia presenza; mi limitai soltanto a firmare il bigliettino con i fiori che mia madre decise di inviare loro e che ovviamente confezionai io stessa prima della partenza, con la speranza che almeno Aaron chiamasse per ringraziare e riallacciare così un minimo di contatto che invece non ricominciò mai. 
Soltanto qualche giorno più tardi , grazie alle polemiche sui giornali, venni a sapere che nemmeno Nick prese parte alla commemorazione perché, secondo indiscrezioni, la sua famiglia non lo volle con loro per cause non chiare e lui pensò bene di dar loro ascolto, di non lasciare il tour mondiale in cui era impegnato per andare lo stesso a piangere la scomparsa di Leslie.
Questa era la cosa che non avevo mai tollerato in lui: era orgoglioso fino al punto di passare dalla parte del torto. Si trattava di sua sorella, quella con cui si divertiva di più e quella con cui aveva maggiore complicità, perché non aveva comunque mollato tutto e non era andato a salutarla per l'ultima volta, e chi se ne fregava del volere del resto della famiglia?
Ero certa che fosse stato male in quei giorni e mi chiesi se, oltre alla birra e ai metodi poco leciti che aveva trovato come rimedio negli ultimi anni, riusciva a condividere quel dolore con qualcuno. Avrei voluto scrivergli o fargli una telefonata ma non avevo nemmeno un suo contatto, né l'indirizzo per mandare almeno un telegramma. Così pregai che quella faccenda non si ripercuotesse troppo sulla sua vita e io continuai a vivere la mia proprio come avevo fatto da circa quindici anni: ignorando il fatto che un tempo eravamo stati amici e complici e che tra noi c'era un'alchimia che non avevo mai più ritrovato con nessun altro e continuando a badare ai miei interessi.
- Ehi, Mandy? Sei ancora qui? - Mi ritrovai con mia sorella che sventolava la sua mano davanti ai miei occhi per svegliarmi dallo stato catatonico in cui ero caduta. 
- Sì, sì certo. Scusami, stavo solo pensando. - 
- A cosa mettere stasera, quando andremo a salutare Nick? 
- Che cosa? Io non ho proprio alcuna intenzione di andare a salutarlo! 
- Non vuoi fargli visita? Sul serio, Mandy? - La faccia stupita di mia sorella non era del tutto ingiustificata; anche lei, come me, aveva fatto parte della combriccola: eravamo amici e probabilmente per lei era normale pensare di andare a dare il bentornato ad una persona che aveva occupato un posto importante nella nostra vita. 
- Lo saluterò quando lo incontrerò per strada, casualmente. Non credo sia il caso di andare a bussare alla sua porta.
- Era uno dei tuoi migliori amici!
- Lo era quindici anni fa ed eravamo solo due ragazzini! Ora è un perfetto sconosciuto - Niente di più vero. Passavamo insieme tutti i pomeriggi, divisi fra sala prove e tuffi dalla piattaforma sulla spiaggia ma era passata un'eternità da allora e andare a casa sua soltanto per dirgli: "Ehi ciao, ti ricordi di me? Ero quella che ti ha vomitato addosso sulla ruota panoramica!" mi sembrava davvero sciocco, oltre che inutile.
In tutti quegli anni, Nick non aveva mai mostrato interesse per noi che eravamo rimasti a Tampa, così come non lo aveva fatto nessun altro membro della famiglia e per quanto il cuore mi scoppiasse nel petto all'idea che per qualche mese avremmo vissuto di nuovo nella stessa città, non avevo alcuna intenzione di fare la patetica e presentarmi alla sua porta. 
- Io dico che dovresti venire. Sappi che per le sette io andrò da lui, se vuoi unirti, magari potresti portare una pianta o qualche composizione floreale delle tue. -
Jennifer si alzò dalla sedia dove solo qualche minuto prima si era accomodata, elettrizzata all'idea di darmi la notizia del ritorno di Nick e, stavolta più mesta, si diresse verso l'uscita:
- Vado a lavoro anche io, prima che Paul si accorga del mio ritardo e decida di cambiare la sua assistente. Ci vediamo a casa tua, passo alle sei e mezza.
- Ma...?! - Non ebbi il tempo di replicare, Jen fece suonare lo scacciapensieri sulla porta e scappò via, certa che non l'avrei lasciata sola più tardi.
 
 
                                                          **************
 
La grande villa bianca in fondo alla strada era  stata da sempre l'oggetto del desiderio di parecchie famiglie della zona; nessuna tuttavia era mai riuscita ad avere i fondi disponibili per l'acquisto e per la successiva ristrutturazione, così era rimasta sfitta dalla morte dell'anziana proprietaria fino a che un uomo con sua moglie e due figli, da Jamestown, riuscirono nell'impresa e si aggiudicarono la casa per molto meno di quanto effettivamente valesse. 
Erano i primi anni Novanta, io avevo circa sei anni e da allora intrecciai la mia vita con quella dei Carter.
Mia sorella era passata da me puntuale come un orologio e, nonostante io fossi ancora piuttosto reticente all'idea di andare a dare il bentornato a Nick Carter, avevo comunque preparato la mia composizione di fiori e adesso camminavo accanto a lei in silenzio, meditando su cosa avrei detto una volta che gli occhi chiari di Nick si sarebbero puntati sulla mia faccia, non poi così diversa da quella di quando avevo diciassette anni e parlai con lui da sola per l'ultima volta. 
La mia paura più grande, in quel momento, era che lui potesse non ricordarsi di tutto il tempo trascorso insieme, che non ci riconoscesse. Non volevo fare la figura di chi non ha fatto altro che aspettare il suo ritorno per tutto quel tempo, anche perché non era stato affatto così: dopo che Nick se ne era andato da Tampa, la mia vita era andata avanti serenamente e senza rammarico: avevo studiato fuori, avevo un ragazzo con cui uscivo regolarmente e non avevo mai pensato per un solo istante che il mio destino potesse incrociare di nuovo il suo. Per tutto quello che avevo realizzato nella mia anche senza i Carter, avevo il terrore che lui ci trattasse come le solite fans rompiscatole che non sanno lasciare in pace una persona famosa che vuole un pò di privacy.
- Sei silenziosa, oggi. - Commentò Jen quando ormai mancavano pochi metri alla casa di Nick.
- Non so che cosa ci faccio qui, con questo stupido coso in mano!
- Stai facendo sapere a Nick che ti fa piacere saperlo di nuovo in città e, da buona vicina, gli stai portando un omaggio per dargli il bentornato. E poi quello non è uno stupido coso, è uno dei tuoi piccoli capolavori con i fiori, faremo un figurone.
Guardai il piccolo cestino ordinato e compatto, composto da fiori secchi e piccole roselline selvatiche che avevo confezionato poco prima di pranzo; avevo scelto il blu perché ricordavo fosse il suo colore preferito ma ora mi sentivo una sciocca totale mentre bussavamo alla sua porta.
Sperai ardentemente che in casa non ci fosse nessuno, ma il rumore dei tacchi che si avvicinavano distrusse presto i miei desideri. Ad aprirci fu una donna mora e alta almeno venti centimetri più di me, bella sicuramente ma con il trucco che le marcava troppo i lineamenti del viso, leggermente aggiustati da qualche ritocco chirurgico. 
- Sì? - Domandò, inarcando un sopracciglio. Sembrava Barbie Hawaii con i capelli scuri e io avvertivo sempre più forte la voglia di scappare via; al confronto sembravo la sorellina minore della bambola più famosa del mondo, e non ero graziosa nemmeno la metà di quanto lo fosse lei: degli shorts di jeans mostravano gambe lunghe e lisce, dorate da un'abbronzatura perfetta; la maglietta, leggermente corta sull'ombelico, mostrava un fisico altrettanto tonico e snello e lasciava poca speranza a chi, come me, non avrebbe avuto quelle forme nemmeno se avesse iniziato ad allenarsi da lì all'eternità.
Intendiamoci: non ero una bellezza da copertina ma nemmeno una racchia inguardabile. Dall'altezza poco sviluppata e di corporatura esile, avevo avuto il mio glorioso passato da cheerleader ma non avevo mai goduto di particolari fortune in quanto a curve al punto giusto; dalla mia avevo la fortuna di possedere occhi verde oceano e capelli castani chiari e con riflessi dorati naturali che, nel complesso, mi donavano un'aria gradevole. Ero carina, comune, come parecchie ragazze da queste parti. Niente in confronto a Barbie Hawaii, ovviamente. 
- Sì, ehm... Cercavamo Nick. - Esordì mia sorella e io mi chiesi perché in quel momento il pavimento non si stava aprendo sotto ai nostri piedi per risucchiarci. Dov'era il terremoto quando c'era bisogno di lui?
- E chi lo desidera? 
- Oh ehm...
- Siamo due amiche di infanzia, volevamo solo salutarlo ma se è impegnato non fa niente, andiamo via subito. - Intervenni, sperando che Barbie Hawaii si accontentasse della spiegazione e ci lasciasse andare. 
- Nick! - Urlò invece quella, piegando la testa all'indietro per richiamare l'attenzione dell'inquilino. - Ci sono due... tizie che ti cercano!
Ora, andava bene tutto: la sua aria scettica, il suo stupore nel vederci alla porta, persino lo sguardo di sufficienza e il mezzo risolino che rivolse al mio cestino con i fiori ma "tizia" era davvero troppo. Non ero certo andata lì per farmi prendere in giro da lei!
- Magari se tu fossi così gentile anche da dirgli i nostri nomi, sarebbe cosa gradita. - La imbeccai.
Barbie mi riservò uno sguardo divertito poi, sentendo il ciabattare di Nick provenire dall'interno, evitò di rispondere e lasciò spazio a lui, che si palesò sulla porta togliendomi il fiato.
Non lo ricordavo così bello.
Non lo ricordavo così alto.
Non lo ricordavo così... Nick!
Aveva i capelli scompigliati e umidi e a giudicare dai calzoncini che portava, era da poco uscito dalla piscina che la villa possedeva. Gli occhi leggermente arrossati e quell'espressione sempre allegra che lo aveva caratterizzato fin da bambino però erano sempre gli stessi e io dovetti ingoiare il groppo che mi si era formato in gola per evitare di soffocare davanti a lui. 
- Ehi, guarda chi si rivede! - Mia sorella evidentemente rimase meno colpita di me nel ritrovarselo davanti e cercò subito di intavolare una conversazione; evidentemente però non notò nemmeno il suo sguardo leggermente perso di fronte a noi. 
Era come temevo. Non aveva idea di chi fossimo e del perché lo avessimo disturbato.
 
 
Seguirono alcuni istanti di silenzio, in cui io avrei voluto fuggire via il più velocemente possibile, ma mia sorella decise di nuovo di prendere in mano la situazione e disse:
- Ehi, fare il cantante per quasi vent'anni ti ha fuso i neuroni? Siamo Jen e Mandy Darren, abitavamo dall'altra parte del viale, ti ricordi?
Nick assottigliò lo sguardo e parve concentrarsi, soprattutto su di me che stavo un passo indietro a mia sorella e cercavo in tutti i modi di fare la vaga e non guardarlo.
- Ah sì, le sorelle Darren, quelle del campetto di basket. - Disse infine lui, dopo un tempo che mi parve infinito e senza smettere di tenere gli occhi puntati su di me, facendo riferimento ai pomeriggi passati insieme a fare tiri da tre al canestro dietro il nostro garage.
Non una smorfia, né un sorriso; l'espressione era piatta come quella di chi è abituato ad incontrare milioni di persone ogni giorno e non riesce più a farsi sorprendere da nessuno. 
Nonostante i tratti del viso fossero sempre gli stessi, nonostante il tono di voce fosse inconfondibile, del Nick che avevo conosciuto io sembrava non essere rimasto nulla e la freddezza con cui mostrò di ricordarsi di noi, legando la sua memoria al semplice campo di basket, mi fece quasi male.
- Alleluja! Allora come stai? E' una vita che non ci si vede! - Continuò Jenny, nella speranza di poter fare conversazione e che lui, magari, si decidesse a farci accomodare dentro.
- Direi che sono stato piuttosto impegnato negli ultimi tempi no? E ovviamente non avevo molta voglia di tornare a Tampa. - Rispose evasivo lui, - Quello è per me? - Chiese, indicando con il mento il cestino con la composizione che tenevo in mano.
- Sì, lo ha fatto Mandy con le sue mani, è davvero brava. Dovresti passare in negozio qualche giorno! 
Gli porsi meccanicamente i fiori e pregai che mia sorella tacesse; fu in quel momento che mi sentii una completa cretina: Nick inarcò le sopracciglia, con lo stesso sorrisetto divertito che Barbie Hawaii aveva sfoggiato poco prima guardando la mia composizione. 
- Carino, grazie. Ma la prossima volta magari optate per una torta di mele, sicuramente torna più utile. 
Rimasi di sasso. Non c'era niente del ragazzo con cui trascorrevo i pomeriggi in quell'uomo biondo e bello ma senza un minimo di buone maniere. 
- Volete entrare? - Chiese infine con una finta cortesia e senza averne realmente voglia.
- Beh.. 
- No! - Intervenni, prima che Jenny potesse aggiungere altro. - Non abbiamo nessuna intenzione di disturbare oltre, anzi probabilmente non saremmo dovute venire affatto. Quindi ora scusaci, buona serata, noi ce ne andiamo.
Afferrai mia sorella per un braccio e la costrinsi a seguirmi; camminavo a passo svelto e lei faceva fatica a starmi dietro ma non mi interessava: tutto ciò che volevo era andar via di lì il prima possibile; nonostante mi stessi allontanando dalla villa bianca però, continuavo a sentire lo sguardo di Nick, ancora fermo sulla porta, indugiare su di noi.
Pensai a quella scena per il resto della serata, con lo stomaco chiuso e un'incredibile nostalgia per i tempi in cui Nick era solo un ragazzino simpatico che passava a chiamarmi tutti i pomeriggi, che mi chiedeva di accompagnarlo alle audizioni per diventare un Backstreet Boy e che mi confidava i suoi pensieri e le sue preoccupazioni, considerandomi la sua migliore amica. 
Quello che era diventato non somigliava nemmeno un pò al Nick che conoscevo e ricordavo e se era davvero la persona arrogante e maleducata che si era mostrata, allora forse io e lui non avremmo avuto più granché da dirci.
 
 
 
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Salve!
Sono nuova del fandom, un pò meno su EFP ma diciamo che ultimamente procedo fra altri e bassi e che mi sono sempre orientata verso l'originale. Questa volta però ho deciso di sperimentare e siccome questa fanfiction mi frulla in testa dal 22 di Febbraio, quando dalla primissima fila del Filaforum di Assago (o come si chiama adesso lui) mi sono goduta il concerto dei Backstreet Boys (quasi vent'anni dopo il primo all'Olimpico, sigh!) e tutte le faccette buffe di Nick. 
Ho sempre avuto una smodata passione per lui, che credevo fosse sopita ma che in realtà è rimasta sempre lì; quindi, siccome anche a dodici anni inventavo storie su di lui, mi son detta "Perchè non provare?". Dunque eccomi qui, con Amanda che rivive momenti del passato e un Nick un pò scorbutico che forse non è come sembra. 
Che succederà? 
Spero vogliate scoprirlo con me e spero anche che un pò di het in questo fandom non vi dispiaccia! Ovviamente, il titolo della storia si rifà al primo album da solita di Nick, e prometto che cercherò di narrare la storia attenendomi il più possibile a ciò che è successo veramente nella vita di Nick negli ultimi anni (le fonti ovviamente, sono i siti di gossip, ahimé!)
Cercherò di non pubblicare con tempi biblici, anche perché non credo che la storia sarà di tantissimi capitoli. 
Spero di avervi incuriosite almeno un pò, mi rimetto al vostro giudizio.
Un abbraccio,
 
Cin
  
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