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Autore: miss_C    08/08/2008    6 recensioni
Succede sempre così…lui fa strada…e lei si ritrova ad essere l’ex- migliore amica del frontman di una band di successo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 I missed You

 

Erano anni che non lo vedevo.

 

Di persona, si intende.

Ovviamente, non ho mai perso la minima apparizione televisiva…e tutti i concerti ai quali ho avuto la possibilità di andare.

 

Succede sempre così…lui fa strada…e lei si ritrova ad essere l’ex- migliore amica del frontman di una band di successo.

 

All’improvviso…la persona con cui condividevi tutto, diventa un’estranea…che potresti benissimo incrociare per strada, senza accorgerti del suo passaggio.

E per lui…molto probabilmente…sarà così.

 

Mi piace osservarlo mentre parla e ride con la gente…mi ricorda quando lo faceva con me.

 

Sono passati secoli da quando io, Joel e Benji giocavamo per le strade di Waldorf.

Ricordo ancora le lotte per conquistare il triciclo più colorato o quando, finalmente un po’ più grandi, mettevamo insieme i soldi per comprare il nuovo cd dei Rancid, facendo a turno per ascoltarlo.

 

Li adoravo.

 

Erano i migliori amici che si potessero desiderare.

Sempre presenti, con il loro accento da East Coast e il loro sorriso stupendo.

 

Ma molte cose sono cambiate da allora.

 

Ormai li chiamano: la band leader del pop-punk, i gemelli più sexy del pianeta.

E chi più ne ha più ne metta.

Insieme a Billy e Paul hanno messo su un bell’affare, non c’è che dire.

E, mi sembra naturale, sono la mia band preferita.

 

Ma, per prima, sono io ad essere cambiata.

 

Seduta in questo locale…drink in mano.

Le mie unghie smaltate di nero sono l’unica cosa rimasta al proprio posto.

I riccioli castani che un tempo mi ricadevano sulle spalle, coperte da maglie dei Ramones o dei Misfits, hanno lasciato il posto a delle ciocche viola e nere leggermente mosse.

Un tempo portavo gli occhiali, ora non più.

Lentine fastidiosissime, fanno ormai parte del mio stile.

 

Continuo ad osservarlo e sorrido, pensando che se il Joel presente si voltasse adesso, mi inviterebbe sulla pista senza pensarci due volte.

Il Joel che conoscevo un tempo, avrebbe un violento calo di zuccheri.

 

So di non essere più la stessa.

 

La ragazzina di qualche anno fa non si avvicinerebbe mai, come invece sto facendo io in questo momento.

Sono già a metà strada e ancora non me ne sono pentita.

 

Dovrei fermarmi, tornare a sedere, finire il mio drink e pagare velocemente.

 

È solo ormai.

Consuma il Margarita che ha davanti, perdendosi in pensieri fissando il bicchiere.

 

La maggior parte della gente qui dentro, è abituata ad intravedere Vip seduti ai tavoli.

Mi è capitato più volte di scambiare due chiacchiere con Sebastien Lefebvre o fare una foto con Jared Leto.

Ma Joel Reuben Madden non aveva mai varcato questa soglia prima d’ora.

 

Contro ogni aspettativa anche da parte mia, mi siedo  accanto a lui, facendo cenno al barista di avvicinarsi.

 

-Ciao, bella serata, vero?…Perché non mi offri qualcosa?- domando spudoratamente, mordendomi il labbro inferiore.

Lui annuisce e, sorridendo, si allontana.

 

In questi anni ho imparato ad essere schietta, esplicita, questi arrogante.

Eppure…mi accorgo di essere arrossita al solo pensiero che un semplice movimento, adesso, basterebbe a farci sfiorare.

 

Non so se voltarmi, cercare di parlargli, invitarlo a ballare.

 

Stento a credere che mi potrebbe riconoscere.

E non sono sicura di volerlo realmente.

Insomma…lui ha la sua vita ormai.

 

Cambierebbe niente se adesso mi voltassi e, con un enorme sorriso stampato in volto, gli dicessi “Hey, Joel!!! Cazzo, quanto tempo!! Ti ricordi di me?? La tua scimmietta??”.

 

Ne sarebbe contento..ne sono sicura..!

Ma, dopo avermi offerto da bere ed augurato fortuna per la vita, se ne andrebbe…lasciandomi ancora più delusa di quanto non sia già.

 

Il ragazzo torna con un in mano un flute riempito di liquido rosato.

Alzo lo sguardo e, con un cenno del capo, lo ringrazio.

Rimane lì impalato, come a volere conferma che mi piaccia.

Sarà un suo esperimento.

 

Annuisco e appoggio le labbra al bicchiere, lasciando per un attimo che l’odore dell’alcool si trasmetta al cervello.

Poi mi bagno di poco il palato ed un intenso aroma di pesca mi fa rabbrividire.

 

-Allora?- mi chiede, speranzoso.

-Come ti chiami?- domando, prima di un sorso.

-Luke…-.

-Luke…tu hai talento!!- rispondo allora, facendolo sorridere.

Lo imito a mia volta, continuando a tenere il bicchiere in mano, facendovi rigirare lentamente il liquido all’interno.

 

Qualcuno, poco lontano, attira la sua attenzione e si allontana.

 

Adesso sono io ad essere sola con i miei pensieri ed il mio bicchiere.

 

Evitando di alzare il capo, sposto leggermente lo sguardo alla mia sinistra e sgrano gli occhi nel notare che Joel ha finito il suo drink e mi fissa divertito.

 

Ha appoggiato un braccio al bancone, voltandosi completamente verso di me e, adesso, attende che mi volti.

Classica tecnica di abbordaggio da bar.

 

Oppure, mi ha semplicemente riconosciuto.

 

Vorrei sprofondare.

Sì, avvicinarsi è stata una mia idea…ma…

 

-Ciao...!- mi dice, come ad informarmi di aver capito benissimo che mi sono accorta di lui.

 

Faccio un respiro profondo, chiudo gli occhi, li riapro lentamente.

Poso il bicchiere sul marmo nero del bancone e mi volto, sfoggiando una delle espressioni più gentili ed innocue possibili.

 

-Ciao…- rispondo fievolmente, schiarendomi poi la voce.

 

Continua a fissarmi sorridendo.

Rallegrato dalla mia reazione smarrita, probabilmente.

Non dice niente, si limita a guardarmi negli occhi, senza levarsi quell’espressione ebete dalla faccia.

 

Se mi ha riconosciuto…non ci metterà molto a sferrarmi un pugno sul braccio e saltarmi addosso…come abbiamo sempre fatto…

 

…come facevamo sempre…

 

Trattengo il fiato.

Perché sono stata così affrettata nel giudicarlo?

Insomma...è stato il mio migliore amico per ben 17 anni…

Gli sarà pur rimasto qualcosa.

 

-Io sono Joel Madden…!- mi dice invece, facendo sbiadire, anche se di poco, il mio sorriso.

 

 Mi porge la mano ed io mi sento morire.

Cazzo.

 

“Piacere, Hailey…mi sa che ci conosciamo già…” sarebbe l’ideale…eppure…

 

-Io sono Eva…piacere mio! Ma non ti ho già visto da qualche parte?-.

Ed eccolo che parte con la sua solito modestia.

 

-Se segui i media, sicuramente.-.

Cerca spudoratamente di fare colpo!

Esattamente come lo ricordavo.

 

-Attore…?- e a questa ha una risatina sommessa.

-Qualche volta! Ma più che altro…canto!- mi risponde, aggiustandosi il colletto della camicia.

-Ah…ma tu non sei…quello…che ha un gemell…-.

-Benji!- mi precede –Io, però, sono quello bello ed intelligente!-.

 

Non è cambiato di una virgola, questo ragazzo.

 

-Ne sono certa!- lo assecondo allora, ridendo.

 

Rimaniamo per un attimo in silenzio, fissando il vuoto sotto i reciproci sgabelli.

Una volta ci succedeva soltanto dopo aver parlato molto, quando entrambi rimanevamo a riflettere sulla discussione appena avuta.

 

All’improvviso, però, lui alza la mano per attirare l’attenzione del ragazzo di prima.

 

-Lascia che ti offra qualcosa…!- mi dice, sporgendosi sul bancone.

 

Non  controbatto subito.

Aspetto che Luke sia abbastanza vicino.

 

-Dopo quello che mi ha portato lui…non credo di riuscire a sopportare qualcos’altro…!- rispondo raggiante, lasciandolo deluso. –O ci tenevi a farmi ubriacare per poi approfittarti di me?-.

 

Ride.

 

-Di solito non ho bisogno di questo genere di trucchetti…- risponde a tono, facendomi arrossire.

 

Ho sempre saputo della sua sfacciataggine con le donne…ma non ero mai stata nei panni della diretta interessata.

 

Il barista ci fissa per qualche secondo, poi, decide di non intromettersi nella discussione.

 

E adesso…?

Dovrei ringraziarlo di tutto, uscire dal locale e dalla sua vita…? Questa volta definitivamente.

Ci ho parlato dopo anni, finalmente.

Potrebbe anche bastarmi.

 

-Ehy…scherzavo…- dice allora, causa il mio mutismo.

 

Scuoto la testa e annuisco, continuando a fissare il bancone.

 

Sento il suo sguardo su di me e non posso fare a meno di abbozzare un sorriso.

 

Prende il mio silenzio come un invito a chiudere l’argomento e, da bravo Madden, ne comincia uno nuovo.

 

-Come mai una fanciulla come te, sola in un locale come questo..?- mi domanda ed io alzo di scatto la testa nella sua direzione.

-E cosa ti fa pensare che sia sola…?- ribatto a mia volta, come offesa.

-Il fatto che è una buona mezzora che ti fisso…indeciso se avvicinarmi o no…e…nessuno è arrivato a farti compagnia…- risponde, inarcando un sopracciglio.

 

Beccata.

 

Eppure..non ho mai reputato strano venire al locale da sola.

Di solito lo faccio con le amiche.

Ma, se mi capita, prendo la borsa e vengo qui, così, senza uno scopo preciso.

 

-Ah…e così mi fissavi?-.

-Colpito! Sì, lo facevo! E anche da parecchio! Ma sembravi non accorgerti del bel ragazzo seduto al bancone…-.

-Bel ragazzo? E perché è andato via? Giuro che non era mia intenzione ignorarlo!-.

 

Ha messo il broncio. Ci avrei scommesso.

 

Se non avessi trascorso i primi diciassette anni della mia vita in compagnia di questo ruffiano, lo ammetto, sarei già caduta nella sua rete.

 

-Lo so di non essere il massimo…ma detto così…- finge di piagnucolare, rivolgendo uno sguardo implorante anche al povero Luke, che stava asciugando dei bicchieri e adesso si allontana scuotendo la testa.

 

Rimaniamo così, immobili, a fissarci.

 

Quella piccola lucina nei suoi occhi, quel riflesso che rende il suo viso e il suo sorriso ancora più speciali, guizzano allegramente alle luci della pista da ballo…ed è come se mi spingessero a saltargli al collo e sperare che tutto possa tornare come una volta.

 

Quando sbucava in camera mia ed io, nel bel mezzo di una ricerca di chimica, lo trascinavo fuori dalla porta promettendogli una serata all’insegna di film e patatine se soltanto mi avesse lasciato continuare.

 

Quando, dopo una notte insonne, scavalcavo dal mio balcone per comparire nel suo letto e stringerlo forte.

 

Mi chiamava “ la sua scimmietta”.

Ed io odiavo quando lo faceva.

Ma adoravo il modo in cui lo diceva.

 

-Ti va di scendere in pista…?- domanda, con un cenno del capo.

 

Declino l’invito con un semplice sguardo, quando lui ormai è in piedi.

 

-Scusa…ma…non amo dimenarmi in mezzo alla gente…- aggiungo poi.

 

Trae un sospiro di sollievo che non mi aspettavo.

-Speravo lo dicessi…-.

Sorride.

 

Ed è qui che mi blocco.

 

Toccherebbe a me parlare…come in ogni conversazione che si rispetti.

 

Invece, mi limito ad uno sguardo interrogativo.

 

-Colpito ancora una volta!- dice, tossicchiando. –Semplicemente…non va neanche a me…!- aggiunge, e torna a sedersi.

-E cosa ti va di fare, invece?- domando, ritrovando finalmente il senno.

-Vorrei…vediamo…saltare su un aereo diretto in Italia! Atterrare a Roma ed attraversarla a piedi, ammirandola illuminata dalla notte! Credi sia fattibile?-.

 

Scuoto la testa, facendo di tutto per sembrare scioccata, e lui ride.

 

In realtà…con me faceva sempre questo genere di sogni.

 

Sedevamo davanti ad una gigantesca busta di marshmellows e parlavamo di tutto ciò che avremmo voluto di irrealizzabile.

 

Adesso, naturalmente, gli basterebbero due minuti per prendere il telefono e qualche ora per arrivare a Roma.

Ma il fatto che, in questo momento, sia il Joel che conoscevo, mi fa rabbrividire.

 

-E allora, sai cos’altro vorrei? Uscire da qui, ti va?-.

 

Sgrano gli occhi e, dalla sua espressione, ne sembra divertito.

 

-Scusa…?-.

 

-Che c’è di male?? Dai, vieni?-.

Detto questo mi prende per un braccio e, dopo aver lasciato qualcosa all’entrata, mi trascina fuori.

L’aria frizzante delle serate di agosto mi invade i polmoni.

Non faccio nemmeno in tempo a rendermi conto che tiene ancora la mano intorno al mio polso, che lo molla delicatamente.

 

-Dove vuoi andare?- mi domanda, probabilmente indicando il parcheggio con un cenno del capo.

Fa per prendermi nuovamente il braccio, ma io lo ritiro.

 

-Aspetta! Che ti è preso? Non mi conosci neanche…- dico, senza riuscire a dare un’espressione alla mia frase.

Scuote il capo.

-Uno squallido locale all’ultimo grido, ti sembra il posto ideale per conoscere una persona?-.

Sorrido.

Forse ha ragione.

Non deve per forza essere al corrente della mia vita per decidere di trascorrere la serata con me.

E poi, lui è Joel Madden.

Il ragazzo che un tempo doveva implorare sua madre per rimanere a casa da scuola quando non era riuscito a capire la lezione e aveva paura di prendere un brutto voto, adesso può ottenere tutto ciò che vuole con un semplice sguardo.

 

Prende la mia reazione per un permesso a continuare e, così, mi trascina fin l’altro lato della strada, quasi correndo.

-Visto che non rispondi, decido io il posto!- quasi grida, per farsi sentire.

Potrei annuire, adesso, ma non mi vedrebbe ugualmente.

 

Ed ecco la sua auto.

Non me ne intendo. Per niente.

Non ho neanche la minima nozione che mi permetta di individuarne il nome.

Ma è nera…ed è quella che ha sempre desiderato.

Ne sono certa.

Non sarò un’esperta. Ma ne ho viste molte, foto di auto simili a questa, girare per casa mia tra le mani dei gemelli pestiferi.

 

Rimango immobile, mentre lui continua a camminare.

Mi ha lasciata andare, pensando che ormai fossi in grado di trovare la direzione da sola.

Ma, mi sento ancora troppo a disagio.

Mi sembra ancora tutto inverosimile.

 

Cinque minuti fa, sedevo ad un divanetto con il mio drink in mano, aspettando che la serata trascorresse senza troppe complicazioni.

Qualche secondo dopo, sedevo al bancone con davanti Joel Madden, il mio migliore amico di sempre, che però non riesce a riconoscere la sottoscritta fin troppo diversa, sperando che la serata continui a trascorrere senza complicazioni e, magari, qualcosa da raccontare.

Adesso, mi accingo a sedere nell’auto del sopracitato artista, senza il più piccolo argomento da trattare, quasi certa che la serata avrà fin troppe complicazioni.

 

-Dai, salta su!-.

Ha messo in moto, e mi indica il sedile con la mano. –Non ti mangio mica!-.

 

Cedo, aprendo lo sportello per, dopo qualche esitazione, adagiarmi su quella pelle profumata.

 

-Mi sento tanto una groupie…- sospiro in tono scherzoso, evitando di incontrare il suo sguardo.

-Tranquilla! Non sono tutte groupie quelle che mi porto a letto!- ride.

 

Sussulto, ma mi rendo conto di essere stata io ad averlo provocato e che il suo era, certamente, un modo altrettanto spiritoso per rassicurarmi del contrario.

In ogni caso, non riprendo l’argomento, lasciando calare il silenzio all’interno dell’abitacolo.

 

Non ho la minima idea su dove mi stia portando e guardo raramente la città che ci scorre intorno.

Le luci quasi mi abbagliano, ed evito di incontrare le insegne dei negozi, alimentate 24 ore su 24.

 

Avrei tante cose da dirgli.

Raccontargli del college, della mia nuova casa qui a Los Angeles, dei miei nuovi amici, delle delusioni d’amore di cui non è mai potuto essere al corrente e, di conseguenza, tutti gli stronzi a cui, un tempo, sarebbe stato lieto di spaccare la faccia.

 

Sono ancora tentata di sbottare con un semplice “Cacchio, Joel!! Ma allora sei proprio cieco! Non hai ancora capito chi sono??”.

 

Ma capisco che non è il caso quando ormai sono arrivata a sfiorargli la mano con il favore del buio.

 

 -Ti dispiace se mettiamo su un cd?- mi domanda, riportando sul volante la mano che ancora stavo fissando.

Scuoto velocemente la testa e subito dopo annuisco, deglutendo.

Ho sempre adorato la sua risata.

E stasera ha riso molte volte.

In un momento di egoismo vorrei pensare che abbia riso per me…non di me.

 

Sporge lo sguardo verso il vano del cruscotto, mentre cerca di stare attento alla strada.

 

-Scusa…potresti passarmi…ecco…quello a destra…? L’ultimo…!-.

 

Annuisco, stranita dal fatto che me lo abbia chiesto, ed allungo la mano verso la sua collezione da auto.

 

Non posso fare a meno di sorridere.

Sex Pistols.

 

Glielo porgo, ma scuote la testa.

-Potresti inserirlo tu, per favore…? Preferisco stare attento alla strada.-.

Per un attimo, mi sembra sorrida anche lui.

 

E, tenendo il ritmo di “Belsen Was a Gas”, mi adagio sul sedile, godendomi il fascino di questa città illuminata dalla luna.

 

*

 

Quando riapro gli occhi, tutto ciò che riesco a distinguere dall’oscurità che mi circonda, è la gigantesca insegna di un fast food.

 

A prima vista, sembra che l’auto sia ferma in un terreno di campagna, abbandonato da tutto e da tutti.

Non ricordo il preciso istante in cui sono caduta tra le braccia di Morfeo e, non posso negarlo, se me ne fossi accorta in tempo, avrei fatto di tutto per impedirlo.

 

Non è proprio l’ideale, per qualsiasi essere umano di sesso femminile, ma anche maschile, perché no?, essere invitata a passare la serata con Joel Madden ed addormentarsi sul sedile anteriore della sua auto che ancora profuma di nuovo.

 

Sarà anche vero che il Joel Madden in questione, la prima volta che ha preso in mano un volante, era quello della mia vecchia, anzi vecchissima, Cadillac…ed il sopracitato, al tempo, ha avuto l’immane capacità di schiantarla contro il muro della scuola... Ma la regola vale ugualmente.

 

Mi guardo intorno e non lo vedo in giro.

Non è un posto eccessivamente illuminato e non riesco proprio a capire il motivo per cui una “celebrità” come lui si sia fermato in un posto del genere.

 

Fa uno strano effetto la parola “celebrità”…

Ma…è quello che è diventato ormai.

Era il suo sogno…ed è arrivato dove solo pochi riescono.

 

Inutile dire che sono felice per lui.

Il mio Joel.

 

Ed è proprio questo il momento in cui scatta la consueta gelosia.

Il senso di possessività nei suoi confronti.

Ma è normale provare questi sentimenti per colui che per te è sempre rimasto la persona più importante sulla scala degli affetti.

Il tuo punto di riferimento.

La spalla su cui piangere.

 

-Ti sei svegliata!!- esclama, mettendo dentro la testa dal finestrino.

Sorrido lievemente mentre mi porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

 

Rimango a fissarlo in attesa che parli.

 

-Ti va di mangiare qualcosa…?- mi domanda infatti, indicandomi, con l’apertura del braccio, il piccolo locale dall’insegna a forma di bibita gigante, a cui manca qualche lucina.

 

Inarco il sopracciglio con fare interrogativo.

 

Mi ci fionderei subito…ma…

Che gli è saltato in mente??

 

-Qua…?- chiedo, fingendomi stupita.

 

-Lo sapevo…- inizia, aprendo la portiera e facendo per sedersi. –A prima vista mi sei sembrata una di quelle ragazze…sai…quelle che preferiscono un bell’hamburger, invece di una serata al ristorante…ma…non ne ero davvero sicuro…-.

 

Detto questo si accomoda e poggia le mani sullo sterzo, emettendo tutta l’aria che ha in corpo.

 

È davvero questa la loro vita…?

 

Sono acclamati dalla metà del mondo abitato, fanno concerti in qualsiasi locale o stadio che sia, possiedono strumenti, case, auto, anche singoli orologi, che da soli ammontano allo stipendio che potrei guadagnare in tutta una vita…ma sono ancora capaci di tornare i vecchi ragazzi della Est Coast quando meno te l’aspetti.

 

-No…nono..non hai capito!-.

 

Questa volta è lui ad assumere un’espressione interrogativa.

 

-Io, sì, cioè…certo che preferisco centomila volte questo posto ad un qualsiasi ristorante, ma, tu, insomma…credevo, credevo che fossi diverso…ecco tutto…-.

 

Sono riuscita ad impappinare una cazzata, come se avessi dovuto cantare l’inno degli Stati Uniti d’America davanti al Presidente.

 

-Questo significa che entrerai al…al “Pianeta della Pizza”…?-.

-Entrerò al “Pianeta della Pizza” con te!- sorrido.

 

Dove sono finite le storie da groupie?

I momenti che durano solo una notte e poi svaniscono nel nulla, come se niente fosse accaduto…?

O almeno…dove finiranno…?

 

Esco dall’auto e le mie All Star poggiano sulle pietre di questa strada sterrata.

Non vesto mai in maniera eccessiva.

La mia tenuta da “Serata da sola all’Hard Rock Café”, può benissimo trasformarsi in “Serata al fast food con Joel Madden” o, più semplicemente, “Serata al fast food in compagnia della mia immaginazione”.

 

Entriamo e un leggero sottofondo musicale ci avvolge.

È uno di quei posti che generalmente si vedono nei film.

Un vecchia signora vestita di rosa, con il grembiulino bianco e il blocco per le ordinazioni in mano, tiene una mano appoggiata al bancone mentre guarda, come anche il signore seduto davanti a lei, l’ultima edizione del telegiornale notturno.

Non vedo nessun altro, a parte una coppia un tantino stagionata.

La moglie si è appena alzata ed ha alimentato le casse del Jukebox a monete da mezzo dollaro e voce di Frank Sinatra.

 

Credevo che posti del genere non esistessero ormai più.

 

Ma ammetto che è il genere di locale ideale per chi, come lui, vuole passare una serata tranquilla evitando di farsi rincorrere da Paparazzi alla ricerca dell’ultimo scoop.

 

-Si accomodi, signorina…!- dice, spostando la sedia da sotto il tavolino quadrato ed indicandola con la mano.

Lo ringrazio con lo sguardo e sorrido.

Non passano che pochi secondi per vederlo seduto davanti a me, intendo a fissare una macchiolina di ketchup proprio al centro del tavolo.

Prende un tovagliolino dal distributore e, dopo averla ripulita, me lo lancia contro.

-Come osi??-.

Spalanco la bocca e ripeto il suo gesto, cosa che lui imita ancora.

Alla fine, glielo infilo dentro il colletto della camicia, ridendo.

 

-Volete ordinare…?-.

 

Il tono seccato e leggermente insonnolito della cameriera confetto, ci riporta alla realtà.

Sono quasi le due di notte ed ancora non ho toccato cibo.

 

Ci voltiamo simultaneamente, con la bocca aperta come due pesci lessi.

 

-Sì…certo…allora…- inizia Joel, tentando inutilmente di darsi un tono. –Credo che patatine e cola bastino…-.

Mi guarda, sorridendo.

-No…no…bastano per te, caro mio…Io voglio un hamburger, grazie!- sbotto, mettendo le mani sul tavolo.

 

La donna annuisce, appuntando il tutto e si allontana.

 

Non ho molto da dire adesso e, a quanto pare, neanche il signorino.

È rimasto incantato a fissare la strada.

O meglio…adesso sbuffa, prende il tovagliolino di prima ed inizia a giocherellarci, prima di aprire bocca per parlare.

 

-Eva…? Ma proprio…Eva…? O è il diminutivo di qualcosa…?-.

Alzo lo sguardo e rimango in silenzio per qualche secondo, soltanto guardandolo.

 

-Soltanto Eva..-.

-Mi piace!- esclama.

Gli sorrido.

Non esiste una vera e propria risposta ad un’affermazione del genere.

Il proprio nome non lo si sceglie.

C’è qualcuno che lo fa per te, prima ancora che tu comprenda la funzione di quella parola che tutti usano per attirare la tua attenzione.

Anche se in questo caso sono stata io a chiamarmi così…o meglio, a dare un’identità a colei che sono per questa sera.

 

-Pensavo…che ancora non hai risposto alla mia domanda…Come mai eri sola stasera al locale…?-.

 

Credevo, anzi, speravo che se ne fosse dimenticato.

Ma ero io ad aver scordato che i gemelli Madden non dimenticano mai.

 

Distolgo lo sguardo per un attimo.

-Non mi accade spesso…- mento. –Ma stasera avevo voglia di starmene sola…magari abbordare qualche bel giovane…- sorrido.

-E non lo hai trovato…?-.

-Oh, sì, certo…ma è andato via prima che potessi avvicinarmi…!-.

Si solleva leggermente dalla sedia per allungarmi un buffetto sulla guancia.

 

-Umorismo tagliente…- sottolinea, piegando gli occhi in una smorfia divertita.

-Come pochi!- rispondo, mentre la cameriera torna con le nostre ordinazioni.

 

Sono ore che non tocco cibo.

Afferro il mio panino e, senza fiatare, lo addento con la soddisfazione nello sguardo.

So che mi sta fissando…come so che sta sorridendo.

Sorride alla mia espressione buffa.

Lo faceva sempre.

 

-Lo sai…quando ti guardo mi sento strano…felice…- mormora, dando un morso al suo panino.

 

Deglutisco in fretta senza masticare, inarcando un sopracciglio.

Controllo l’orologio sullo schermo del cellulare ed esordisco.

 

-Mi conosci…esattamente da un’ora e mezza…-.

So di aver assunto un’aria scettica e non me ne pento.

 

-Cazzo, Eva…sarà l’ottantesima volta che sottolinei questo punto…! Me la vuoi dare l’opportunità di conoscerti o no??- ride.

 

Detto questo si alza, mi afferra per il braccio e mi fa mollare la cena sul piatto, tirandomi.

-Hey!! Io non ho finito il mio panino!!- lo rimprovero, ma lui non mi ascolta.

Mi trascina fuori dalla porta, mentre continuo a fissare con rimpianto il tavolo.

 

Tempo due minuti e siamo di nuovo in autostrada.

 

Non fiata, solo sorride.

Lo fisso come incantata, mentre tiene d’occhio la strada.

Solo la luce della luna ad illuminare l’abitacolo.

Chissà a cosa sta pensando…?

 

E mi ritrovo a chiedermi come ancora stenti a riconoscermi…

Distolgo lo sguardo, indignata per qualcosa che lui non può capire.

Ma in fondo ha ragione…non sono più la stessa.

 

-A che pensi…?- mi domanda, rivolgendomi un’occhiata veloce.

 

Sono seduta poco delicatamente sul sedile e ne sono consapevole.

 

-A che penso…? Mmm…mi chiedo dove mi stai portando, Madden…-.

Sì…va bene come risposta.

Sono fiera di me stessa…!

Sto imparando.

 

Scuote la testa.

-Ti fidi?-.

 

-Di un pazzo conosciuto meno di due ore fa…? Per niente, ciccio…-.

 

Ride.

 

-E fai bene!-.

 

*

 

Non ci abbiamo messo molto ad arrivare.

O almeno…se era questo il posto dove dovevamo proprio approdare.

E’ buio pesto.

Non riesco ad individuare la forma di nulla che stia qui fuori.

Ma Joel non sembra per niente confuso.

 

Spegne il motore e si volta verso di me.

 

-Allora…?- domando stranita.

 

Piega la testa da un lato.

-Vuoi vederla una cosa…?-.

-Attento, Madden…che finiamo suoi giornali...!-.

 

Ride ancora.

-Ma esci, scema!-.

 

Scende dall’auto, scomparendo dalla mia vista.

Qualche secondo e viene ad aprirmi la portiera.

 

-Dove siamo…?- chiedo, questa volta timidamente.

-Aspetta di svoltare l’angolo e mi amerai!-.

 

Deglutisco.

 

Idiota.

 

-Solo un gigantesco Mc Donald’s…in questo momento…riuscirebbe a farti amare da me…- rispondo a tono, evitando di lasciare troppo silenzio tra una frase e l’altra.

 

Dove è finita la mia sicurezza…?

 

-E allora niente amore, temo…! Ma…- inizia, prendendomi per mano e trascinandomi dietro di sé.

 

Non completa la frase.

 

Sento la terra fresca sotto le scarpe.

 

Il suo profumo.

 

-Che schifo di posto è questo, Madden…?- mi lamento, inciampando tra le radici che intralciano il mio passaggio.

Ma lui non risponde.

-Joel…in quale discarica mi stai portando…? Vedi che così non fai colpo su una ragazza…! Le fai prendere un colpo!! Sto morendo dalla paura!!-.

 

Continuiamo a camminare nella penombra, prima che lui mi spinga in avanti, facendomi svoltare a quello che sembra un albero.

 

E trattenere il fiato…è tutto quello che posso fare.

 

Forse non aveva tutti i torti.

 

È come se ogni cosa, intorno a me, si fosse fermata.

Vedo la città stagliarsi di fronte a me, con la sua luce, il suo movimento, mentre io, quassù, sono avvolta dal silenzio.

 

È una sensazione che non avevo mai provato.

 

Quella di sentire i clacson così lontani da sembrare solo un’illusione.

Quella di essere accecata dal bagliore delle insegne in lontananza e, un attimo dopo, potersi voltare e scrutare la collina circostante immersa nel buio.

 

O forse…è l’essere qui con lui che mi fa provare tutto questo come se fossi una bambina ancora alla scoperta del mondo…?

 

-Eh..? Com’era…? Discarica…?-.

 

Mi tira uno schiaffetto sulla nuca, andando avanti e sedendosi sulla terra.

Non bada alla marca jeans che indossa, al tessuto della camicia che sta macchiando, forse irreparabilmente.

E mi sembra di essere tornata a qualche anno fa.

La piccola differenza…è che, questa volta, lui non mi tratta da migliore amica.

 

-Ti siedi…o preferisci fare la muffa lì impalata…?- domanda, senza voltarsi.

 

Sarei tentata di non rispondere, ma mi avvicino lentamente e lo imito.

 

Da qui la città sembra il triplo di quanto non sia già.

 

Mi chiedo se anche il fast food sperduto non fosse già premeditato per arrivare in questo posto stupendo.

 

-Ci tratti tutte così…? Cioè…è qui che porti tutte…?-.

 

Voltati e guardami male adesso.

O fammi il broncio.

Continua a scherzare con me, ti prego.

 

E invece no.

Rimane immobile, guardando dritto dinanzi a sé.

 

-Madden, scusa…io scherzavo…non te la prend…-

 

-Ci ho portato solo te…se è questo che vuoi sapere…- mi interrompe freddamente.

 

Abbasso lo sguardo, pentita di aver parlato troppo.

Pentita di aver abusato di ciò che mi sta dando adesso.

 

Rimaniamo in silenzio per minuti che sembrano interminabili.

E proprio quando sto per prendere parola per chiedere scusa ancora una volta, lo sento ridere sommessamente.

 

Lo guardo stranita, mentre la risata si fa sempre più fragorosa.

È ormai sdraiato e si tiene la pancia con le mani.

 

-Ma te l’ha mai detto nessuno che fai proprio domande da grandissima stronza…?-.

 

Si sta proprio sbellicando.

Ebete.

 

-Ah, io sarei stronza???? Mi hai fatto mortificare, deficiente!!!!! Non sapevo come scusarmi, cretino!!!!- e con questa, comincio a sferrargli pugni in pieno petto, che sortiscono l’unico effetto di farlo divertire ancora di più.

 

Mi metto in ginocchio per sferrare con più energia, ma non ne vuole sapere di smetterla.

 

-Stronza a me…- continuo  a mormorare.

-Esattamente…!-.

 

Passano un paio di minuti prima di perdere entrambi le forze.

 

Mi sdraio accanto a lui, rivolgendo lo sguardo alla luna.

 

Lo sento ancora riprendere fiato, con qualche spasmo di risata ogni tanto, prima che il respiro torni regolare.

 

-In fondo non hai tutti i torti…-.

È tornato serio.

 

-Insomma…da come la vedete voi… “me ne faccio” una a sera, giusto…? E forse c’è un fondo di verità…-.

-Se con “voi” intendevi dire “comuni mortali” ti spacco il naso, sia chiaro…-.

-E poi si lamenta se la chiamano stronza…- commenta ad alta voce. –Intendevo “voi”.  il mondo…quelli che non mi conoscono…-.

 

Lo ammetto.

Questa ha fatto davvero male.

 

-Forse è perché sei tu che ti poni in questa maniera…con la faccia da schiaffi che ti ritrovi…- rispondo allora, recuperando.

 

-Sarò anche io…ma non mi va di essere preso come un idiota mollaccione…-.

 

Rimane in silenzio per qualche secondo.

 

-Insomma…l’unica cosa che volevo era fare musica…trasmettere agli altri quello che provavo…la celebrità viene dopo…Passa in secondo piano a tutto, quando sto davvero bene…-.

 

-E adesso stai bene…?-.

 

Sorride.

 

-Non lo so…-.

 

Si solleva per un attimo, mettendosi su un fianco per potermi parlare meglio.

-Ma…ti ho portato qui per mia iniziativa… non c’entra niente, adesso, essere il cantante di qualsiasi band…-.

 

Ed è qui che le mie barriere crollano totalmente.

Sorrido.

Lo faccio sinceramente.

 

Forse perché è ormai troppo vicino.

Forse perché, sì, desideravo da ore questo momento.

 

-Mi prendi a pugni se lo faccio…?- mi sussurra, vicino all’orecchio.

 

Scuoto la testa.

 

Chiudo gli occhi e aspetto.

Aspetto di sentire il suo calore.

 

E non so perché gli permetto di sfiorarmi le labbra con le sue…

Non so perché le nostre lingue si stanno accarezzando...

 

…So soltanto che io amo Joel Madden…

…dal momento in cui ho incontrato il suo sguardo…

...per la prima volta…

 

E non riesco a capire cosa sto provando adesso…

 

Se gioia…

…Gioia di averlo rincontrato…

Di averlo qui adesso…

 

O rabbia…amarezza…tristezza…

Perché lui non sta baciando me…

 

Non sta baciando Hailey… ma una sconosciuta…

 

Eppure non voglio rovinare questo momento…

 

Lascio che una calda lacrima mi righi il volto, aggiungendo un sapore salato all’intreccio delle nostre labbra…

 

Mi accarezza i capelli…come faceva quando guardavamo un film insieme…o rimanevamo sul tetto a parlare fino a notte fonda.

 

Ma questa volta è diverso.

 

Mi sfiora il viso, portandomi una mano dietro la nuca per attrarmi di più a sé…come a non voler lasciarmi fuggire via, da solita fan da una notte.

 

Sono felice, lo ammetto…

Non sto pensando a nient’altro che a noi due…adesso…

 

So che nessuno ci potrebbe vedere in questo momento.

 

Continua a farmi scorrere le dita lungo le braccia…

Rabbrividisco…

 

E per la prima volta…questo non è come un ricordo già vissuto.

 

Non avevo mai provato niente di simile…con nessuno…né tantomeno con lui.

 

Mi bacia, si allontana guardandomi negli occhi, mi sfiora leggermente il collo con le labbra…

 

Sarebbe fantastico dirgli chi sono proprio ora…ma rovinerebbe tutto.

Si fermerebbe all’istante…

 

E sono egoista…

Sì…

Perché ho bisogno di sentire che mi sta sfiorando, ho bisogno di sentire il suo calore...le sue mani…

 

-Sei convinta, adesso…?- mi domanda, senza lasciare che le nostre labbra si separino.

 

Annuisco soltanto.

Annuisco perché ho paura di interrompere quest’attimo..

Ho paura di rivelare quello che ho lasciato nell’ombra per tutta la sera…

 

Mi sta facendo sentire bene…

 

Sembrerò ingenua…ma voglio pensare che questo sia solo per me…

Che non sia quello che fa con tutte…

Che questi baci li stiamo inventando insieme…

 

Gigantesca illusione…

 

Passano attimi…secondi…minuti…

Non ricordo neanche io da quanto il mio cuore rischia di esplodere…

 

Eppure…so che ci sfioriamo ancora quando chiudo gli occhi…

 

*

 

Non è neanche mattina…

L’unica porzione di sole visibile, basta a stento ad illuminare i miei movimenti.

 

Ci siamo addormentati…

Ancora abbracciati…

Stretti l’uno all’altra…

Come facevamo un tempo…

 

Mi sollevo lentamente, evitando di farlo muovere troppo…

 

Dovrei andare via subito…scomparire…ma non posso evitare di guardarlo dormire…

 

Tiene la guancia appoggiata sul braccio, con un espressione dolcissima…

 

Lo amo…

È tutto quello che mi viene in mente adesso…

 

Vorrei che lo sapesse…

 

Vorrei che sapesse chi era quella ragazza che “lo ha fatto sentire strano…felice…”…

 

Ma non lo rivedrò mai più…

È questo il punto…

 

Lo amo…

E lo ringrazio per quello che ha fatto, anche non sapendo…

 

Non abbiamo fatto l’amore…

 

Ma è stato ugualmente speciale…

 

Per me…

 

Mi ha fatto capire che sono diversa…

Non come tutte le altre…

Che anche io…nel mio piccolo…posso essere importante per qualcuno…

 

Scatto in piedi, rivolgendogli un ultimo sguardo.

 

-Addio, Madden…-

 

Evito di perdere altro tempo.

Raggiungo la macchina e recupero la borsa.

 

Alla luce del giorno, qui intorno non sembra poi tanto sperduto.

 

Ringrazio la mia mania di non vestirmi mai al massimo dell’eleganza, anche per una serata in un locale, e scendo velocemente verso quella che sembra la strada principale.

 

Non c’è ancora nessuno, ma bastano pochi minuti per raggiungere il fast food di ieri sera.

 

-Buongiorno…!-.

La cameriera confetto non c’è più.

Ha lasciato il posto ad una leggermente più giovane e affabile.

 

-Buongiorno…saprebbe…saprebbe indicarmi la fermata dell’autobus più vicina…?-.

Mi sistemo freneticamente i capelli, consapevole del fatto che tutti, qui dentro, hanno intuito che non cambio i vestiti da ieri sera.

 

-Ce n’è una proprio qua fuori…non l’hai notata…?- e mi indica il cartello dall’altro lato della strada.

 

-Oh…oh mi scusi…mi scusi tanto…arrivederci…-

Esco come un razzo, senza prestare attenzione ai richiami della donna che mi invita a comprare un biglietto.

 

Chi vorrà mai controllarmi il biglietto alle cinque del mattino...?

 

Pochi minuti e l’enorme veicolo si ferma proprio davanti a me…

 

-Prego, signorina…-.

Un signore, probabilmente diretto al fast food, mi invita a salire quando lui ha ormai già percorso la discesa.

 

Gli sorrido, ringraziandolo con lo sguardo, e salgo a bordo.

 

Non è vuoto come mi aspettavo.

 

Trovo posto accanto ad una signora con un bambino dall’aspetto assonnato, il quale mi saluta con la manina.

Rispondo, ridendo.

 

Poi mi appoggio allo schienale, guardando fuori.

 

Strana la mia vita…

 

-Signorina…mi scusi…ha il biglietto…o desidera acquistarlo qui…?-.

 

Ed ecco il famoso controllore…

Non potevi rimanere a casa…?

Mancavi solo tu a rovinarmi la giornata…

 

-Oh…sì…lo compro adesso…aspetti soltanto un minuto…-.

 

Mi chino sulla borsa e comincio a frugare all’interno.

 

Chiavi, cd, cellulare…

Portafogli…!

 

Lo apro, alla ricerca di qualche spicciolo…

 

-Hey…ti è caduto questo…-.

Il bambino interrompe la mia ricerca, porgendomi un foglietto.

 

Non adesso…

 

Lo prendo, quasi strattonandolo e consegno una banconota al controllore.

Il piccoletto mi guarda deluso…forse si aspetta che controlli cos’è…

Solite cianfrusaglie, qualche scontrino…

Forse l’ultimo acquisto nel negozio di cd…

 

-Non lo leggi…?- mi domanda.

 

Gli sorrido.

-Se proprio insisti!-.

 

Ma non è il solito conto quello che ho davanti…

Il nome di un supermercato non figura tra le righe…

Saranno anche passati anni…ma riconosco ancora la sua scrittura…

 

-Signorina…? Signorina…ecco il suo resto…signorina…mi scusi…-.

 

Mi dispiace, signore…non credo di poterla ascoltare adesso…

 

“Ciao, Scimmietta…mi sei mancata…”

 

Storia dedicata ad una delle persone che adoro di più al mondo.
Frutto di una serata in montagna con la sola compagnia di carta e penna.
<3

  
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