Serie TV > Doctor Who
Ricorda la storia  |      
Autore: Quasar93    07/06/2014    3 recensioni
Una What if.. che si colloca alla fine della terza stagione di Doctor Who. E se dopo un disperato tentativo del Dottore il Maestro avesse ceduto e si fosse rigenerato? e se ora non fosse più lui quello da salvare?
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 10, Doctor - Altro, Master - Altro, Master - Simm
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Dedico questa fanfiction alle mie amiche del Vagone, sopratutto alla Silvia, Veronica e Vanessa, mie compagne e rivali in una feels war che non vede una fine! Non vi farò spoiler sull storia qui sotto nell'introduzione, potete leggere ed enjoy :D
 
-RIGENERATI!- urlò il Dottore al Maestro che giaceva morente tra le sue braccia.
-Cosa ne dici di questo? Vinco io!- sorrise beffardo colui che fino a pochi istanti prima era al comando del mondo intero, rifiutandosi di rigenerarsi.
-Non puoi, Maestro non puoi! Siamo gli unici rimasti. Io e te. Devi rigenerarti, devi farlo.- La voce rotta dall’emozione, gli occhi lucidi, lasciavano trasparire il dolore del Dottore nel suo disperato tentativo di salvare il suo vecchio amico.
La sofferenza era  ben visibile sul volto del Maestro, nonostante cercasse con tutte le sue forze di dissimularla, e inoltre nemmeno bloccare la rigenerazione doveva essere tanto semplice.
-Smetteranno Dottore? Smetteranno? I tamburi nella mia testa? Smetteranno?- fece molta più fatica del previsto a pronunciare quella frase, mentre il suo corpo iniziava a cedere e gli sforzi delle sue cellule per rigenerarsi si facevano più flebili di secondo in secondo.
Ancora poco, e avrebbe finalmente trovato la pace.
Il silenzio che da agognava da tutta la vita.
-Rigenerati! Ti prego! Rigenerati!- continuava ad urlare il dottore, gli occhi più sempre lucidi di lacrime amare, la voce spezzata e le braccia che stringevano a se quello che era stato il suo migliore amico.
-No- disse ancora sprezzante l’altro, mantenendo il suo sorriso arrogante di sempre, anche in quell’ultimo momento.
E poi eccola, la morte.
Era finalmente arrivata a bussare alle porte del suo inconscio. Il Maestro poteva sentirla, stava per abbandonarsi tra le sue braccia, cedere una volta per tutte, far smettere quell’insopportabile suono di tamburi che fin dall’infanzia l’aveva perseguitato e spinto più volte sul baratro della più completa pazzia.
Stava per abbandonarsi totalmente quando il Dottore decise di giocare la sua ultima carta, o almeno, quella che avrebbe sperato essere tale.
Aveva sofferto molto e perso troppe cose, troppe persone, per lasciare che l’ultimo dei Time Lords morisse tra le sue braccia a causa la sua stupida ostinazione.
Appoggiò le sue dita sulle tempie del Maestro e chiuse gli occhi, concentrandosi al meglio delle sue possibilità, cercando di ignorare il dolore che cresceva dentro di lui e la pressione del fatto che se avesse fallito avrebbe perso l’ennesima persona a lui cara.
Doveva farcela.
Iniziò a trasmettere al suo vecchio amico delle immagini, sfruttando la rete telpatica dei Time Lords. Gli mostrò la sua vita solitaria, gli mostrò le persone a cui si era affezionato e che di volta in volta aveva perso. Gli mostrò la gioia e la sofferenza, i ricordi belli e quelli più terribili che la sua memoria di signore del tempo conteneva.
Gli mostrò la vita che avrebbe potuto avere sopravvivendo a quel giorno.
-P-pensi che questo basti? - disse il Maestro, una lacrima gli scivolò sulla guancia.
-Anche se rimanessi con te, non smetterebbero- si picchiettò una tempia con tutta la forza di cui era ancora capace <>
Nemmeno quell’ultimo sforzo era bastato, ma forse c’era ancora qualcosa che il Dottore poteva fare per non essere di nuovo l’ultimo dei Time Lords. Qualcosa che non aveva mai tentato prima.
Aveva bisogno di più contatto, stava perdendo il link psichico con il suo amico mano a mano che la vita lasciava per sempre il suo corpo.
-Non ho ancora finito con te!- urlò, e appoggiò la sua fronte a quella del Maestro tenendogli le tempie con entrambe le mani.
Inizialmente non successe nulla, poi il Dottore iniziò ad urlare e a provare dolore in ogni parte del corpo, come se mille spade lo stessero trafiggendo contemporaneamente. Le sue mani tremavano, e faticava a mantenere aperto un contatto così potente, ma strinse i denti e riuscì a compiere ciò che aveva in mente.
Il processo di per se non fu lunghissimo, ma al termine, quando le urla finirono, il Dottore, stremato, si accasciò a terra tremando.
-Sono.. spariti?- Il Maestro si guardò intorno incredulo.
-Ti prego, almeno ora. Rigenerati-
Fu con aria ancora stupita che il Maestro cedette finalmente.
Ma non alla morte che lentamente lo stava trascinando via, ma alla sua biologia di Time Lord che sempre più flebile tentava ancora di salvarlo.
Una luce dorata lo avvolse, seguita da fiamme maestose che lo trasformarono in un altro uomo, più giovane, più alto ma sempre con la stessa faccia stupita.
-C-come hai fatto?-
-Sono qui, ora- Disse il dottore, toccandosi la testa.
-Posso sentirli ora.-
-Dottore cos’hai fatto?-
-Ti ho salvato la vita-
-Tu non puoi sopportarlo. Dovevi lasciarmi andare-
-Sono più forte di quello che pensi-
-Tu non sai com’è. Ci sono dei giorni in cui è solo un sottofondo nei tuoi pensieri, ma ci sono dei giorni.. dei giorni in cui non senti altro che i taburi.- nonstante fosse stato liberato dal suo fardello il solo ricordo bastò a dipingere un’espressione di terrore sul volto del Maestro.
-Posso farcela- sentenziò spavaldo il Dottore. Lui non era come il Maestro, lui poteva sopportare le forze del male, l’aveva fatto per tutta la vita.
-No non puoi. Ti distruggerà, Dottore. Quelli sono tamburi di guerra. Tu sei buono, tu non puoi fare quello che quel segnale ti spingerà a fare.-
-Mhpf.. ti sei rigenerato in una persona sensibile? Forza andiamocene da qui-
A fatica il Dottore si alzò e prese per il braccio il suo simile, ancora ammanettato.
-Ovviamente rimarrai in mia custodia comunque. E’ tempo per me di mettere radici.-
Camminarono insieme alla volta del TARDIS.
Il Dottore aveva fatto lo spavaldo ma aveva i tamburi nella testa da meno di dieci minuti e voleva già che smettessero.
 
 
Quindici anni dopo
 
 
Il Dottore si guardò allo specchio.
Cosa ne era della persona che era un tempo? Aveva i capelli troppo lunghi e la barba di almeno una settimana. Ma era stata una brutta settimana, i tamburi non gli avevano dato pace. Più il tempo passava più le crisi diventavano lunghe, e difficili da sopportare. Ed erano passati solo quindici anni, un battito di ciglia rispetto alla vita di un Time Lord.
Si recò alla cella del suo vecchio amico, come ogni giorno in cui poteva farlo.
-Puoi sentirli? EH? Puoi sentirli i tamburi?- disse sbattendo le mani contro le sbarre della cella.
Tum tum tum tum. Picchiò ancora.
Il Maestro lo guardò con pietà.
-Lasciami uscire, posso aiutarti- disse poi, avvicinandosi alle sbarre.
-No non puoi. Nessuno può aiutarmi.- si tirò indietro e tornò a dormire nella sua stanza.
Dormire era l’unica cosa che riusciva a fare quando era in piena crisi, sempre che di sonno si potesse parlare. Per la maggior parte si trattava di incubi, incubi in cui lui, ebbro della follia dei tamburi commetteva ogni sorta di nefandezze. Incubi dai quali non faceva che svegliarsi urlando e maledicendosi.
Si rannicchiò e chiuse gli occhi, quando anche quella crisi fosse passata sarebbe tornato alla sua vita da umano che si stava costruendo da quando era stato costretto a stabilirsi a Londra dieci anni prima. L’unica cosa bella che gli fosse successa negli utimi quindici anni.
Nei momenti in cui i tamburi lo lasciavano in pace era riuscito a farsi una bella famiglia, una moglie e perfino un bambino.
Umano per la sua fortuna.
Dopotutto non era quello che aveva sempre sognato? Una vita normale?
Cos’importava se ogni tanto doveva passare una settimana chiuso nelle stanze più recondite del TARDIS per non cedere agli impulsi di guerra del segnale che gli rimbombava sempre uguale nella testa.
Tum tum tum tum. Tum tum tum tum.
200 anni dopo
 
Il Dottore ormai vecchio e stanco si trascinò fino alla cella del Maestro, nel cuore del TARDIS.
Era ancora giovane per un Time Lord, quell’incarnazione non doveva avere più di 300 anni, ma sembrava ne avesse vissuti almeno il doppio.
Il Maestro era cresciuto coi tamburi nella testa, il dottore no.
Non era abituato e non lo sarebbe mai stato. Lo stavano consumando dall’interno. Lo spingevano a compiere atti che non erano nello spirito del Dottore, lo spingevano a conquistare il mondo, con qualsiasi mezzo.
E per lui, per il Dottore, che aveva passato tutta la sua vita a combattere tutto quello che qui tamburi rappresentano era ancora peggio.
Essere il buono.
Salvare tutti.
Questo era lui.
E questo battito cardiaco primordiale dei signori del tempo lo spingeva ad essere nient’altro che uno sterminatore, un .. cattivo.
Il cattivo.
E non importa quanto fosse sforzato, non aveva trovato nessun modo di toglierseli dalla testa.
-O muori da eroe o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo eh?-
disse il dottore, accasciandosi contro le sbarre della cella del Maestro, una strana luce negli occhi.
-te l’avevo detto che era troppo per te.- gli disse l’altro, guardandolo con pietà.
-Avevi ragione, è troppo per me.- disse ormai fuori di se, prima di prendere una pistola e puntarsela alla tempia. Era ora che fosse qualcun altro a portare quel fardello.
-Oh no. No no no no. Cosa stai facendo? Dottore, no!-
Ma era troppo tardi, era da tempo che il dottore aveva preso quella decisione e niente orami poteva fermarlo.
-Ma forse non sarà troppo per…- non finì nemmeno la frase e premette il grilletto.
-Noooooo!- urlò il Maestro mentre il corpo del Dottore veniva pervaso da fiamme dorate di una potenza incredibile.
Il suo terrore era più che giustificato. Un Time Lord non dovrebbe mai nascere in quella circostanza e con quei pensieri. Inoltre questo nuovo Dottore non avrebbe avuto niente dell’uomo che era prima che arrivassero i tamburi. Sarebbe nato nella follia e ne avrebbe fatto la sua bandiera.
Una fiammata quasi lo colpì, era vicino alla fine del suo ciclo di rigenerazioni, lo sentiva.
Quella rigenerazione era troppo potente e, soprattutto, era sbagliata.
Quando le fiamme si diradarono emerse un ragazzo più giovane, coi capelli più lunghi e la riga da una parte. Il viso segnato da una smorfia che poco aveva di quello che un tempo era stato il Dottore.
-Puoi sentirli? Puoi sentire i tamburi?-
 
 
1500 anni dopo
 
Il mondo che il Maestro vedeva attraverso la sua cella non era più quello dove 1700 anni prima regnava come sovrano incontrastato dalla sua base aerea.
Anzi, in un certo senso era esattamente quel mondo, prima che venisse resettato dal Dottore.
Solo che ora era lui quello rinchiuso in una cella e il dottore quello che governava un regno di morte e distruzione.
I tamburi avevano preso totalmente il controllo sul suo vecchio amico.
Erano rarissimi i momenti in cui tornava se stesso, e si odiava così tanto e soffriva così tanto che non riusciva a fare altro che urlare e urlare e urlare. E l’eco di quelle urla di disperazione riecheggiava nel TARDIS giungendo fino alla sua cella dove lui non poteva far altro che assistervi impotente.
Quelle grida erano così strazianti che il Maestro avrebbe tanto voluto fare qualcosa per il suo amico ma chiuso li dentro non aveva potuto far altro che vederlo perdere ancora e ancora tutte le persone che amava.
Per mano sua perfino.
L’aveva visto rigenerarsi volontariamente in preda alla follia e da allora le cose erano solo peggiorate.
Anche lui nel frattempo si era rigenerato un paio di volte e stava ora vivendo quella che era convinto essere la sua ultima incarnazione.
Non avrebbe più alterato il processo, si sarebbe lasciato andare, com’era giusto che fosse. Da quando il Dottore l’aveva liberato aveva riacquisito la sua sanità mentale e compreso tutto il male che aveva fatto nella sua lunga vita. Era giusto che pagasse ed era giusto che, arrivato il suo momento, se ne fosse andato.
Ma prima doveva fare una cosa.
Prima doveva fermare il Dottore.
Era così per colpa sua, se lui fosse stato forte abbastanza. Se avesse sopportato quei tamburi nulla di questo sarebbe successo.
Era stato per salvare lui da quel fardello che se ne era fatto carico, ridonandogli si la sanità mentale ma finendo col perdere gradualmente la propria.
Per quanto si sforzasse di evadere però non ci fu mai nessuna occasione, nessun errore nella progettazione della cella.
Ed era così costretto a subire una pena più grande di rimanere rinchiuso per sempre.
Il non poter far nulla per l’uomo che si era sacrificato per lui. l’uomo che non andava quasi più nemmeno a trovarlo. Forse si era addirittura dimenticato della sua esistenza, perso solo dall’imperante pazzia.
Finchè un giorno, rientrato in quello che restava del TARDIS il Dottore raggiunse il Maestro, ancora confinato in quella cella.
Era malconcio, probabilmente ormai era vecchio per combattere, ed essendosi inimicato tutte le razze aliene possibili era perennemente sotto attacco.
I Cybermen, i Sontaran.. perfino i Dalek si erano uniti in un unico fronte per sconfiggere il Dottore e il suo folle piano di conquista.
Sarebbe potuto essere così meravoglioso, il Dottore, colui che porta speranza ovunque vada.
E invece l’uomo che il Maestro si ritrovò a fissare non era che un vecchio pazzo, consumato dalla rabbia, dall’odio e dalla follia.
Si accasciò davanti alla sua cella, mentre una pozza di sangue si allargava sotto di lui.
-Fammi uscire, ti prego- chiede il Maestro, come sempre nelle rare occasioni in cui riusciva a vederlo.
Il Dottore lo guardò con il viso deformato da un sorriso agghiacciante, teso e innaturale in un misto di dolore e follia e rise.
Poi improvvisamente cambiò espressione, prese il cacciavite sonico dalla sua tasca e aprì la cella.
-M-maestro. Penso di avere pochissimo tempo..- non riuscì a finire la frase che si mise ad urlare, stringendosi la testa.
-Q-questo segnale. Non era mai stato pensato per me.. è -è peggio di quanto avessi mai immaginato, devi fermarmi, prima che faccia qualcosa di sbagliato.-
Non sapeva.
Il maestro si stupì a quelle parole.
Pensava che nei brevi momenti di lucidità il dottore urlasse nella consapevolezza di essere diventato un mostro, ma non era così.
O forse si, ma in quel momento non lo ricordava, e almeno per quello fu grato agli dei.
Sempre che esistesse qualcosa di simile.
-Io.. io sto morendo, Maestro. E non ricordo nemmeno il motivo- sorrise, di un sorriso che il Maestro riconobbe, nonostante non avesse mai conosciuto davvero quell’incarnazione del dottore. E pianse senza nemmeno sapere il perché.
La pozza di sangue non faceva che allargarsi, mentre il dottore perdeva lentamente i sensi.
Il Maestro gli si avvicinò e lo prese tra le braccia.
-sei alla fine, vero?- anche gli occhi del Maestro non ci misero molto a riempirsi di lacrime.
-si- ammise con un sorriso triste.
Poi improvvisamente le urla ripresero e sul viso del dottore si delineò un’espressione di puro terrore.
-Cos’… cos’ho fatto!- urlò e pianse e si dimenò con tutto se stesso.
-Ora ricordo. Cos’ho fatto! Sono un mostro, un mostro!- dopotutto non esisteva nessun dio, si disse il Maestro, nessun dio sarebbe così crudele da far ricordare a qualcuno una cosa del genere prima di morire.
Nemmeno il Diavolo in persona.
-Tutte quelle persone. O mio Dio, Maestro, O mio Dio.- Si portò le mani alla bocca, gli occhi sgranati da un terrore così intenso e profondo che non era spiegabile a parole.
Il Maestro lo sentiva tremare tra le sue braccia e poteva percepire la sua sofferenza infinita senza nemmeno bisogno di creare un legame psichico con lui.
Poi ebbe un’idea.
Gli strinse le tempie tra le mani e si concentrò.
Era molto difficile entrare nella mente del Dottore in quel momento, ma doveva farlo. Il Dottore stesso era rintanato nell’ultimo antro buio di se stesso e il Maestro doveva stare attento a non restare invischiato nel marasma della follia che vi albergava da quasi duemila anni.
La prima cosa che percepì furono i tamburi, più forti e dolorosi di quanto non li avesse mai sentiti egli stesso. Ma doveva resistere, doveva farlo per lui.
Fu con fatica enorme che riuscì a trovare l’ultimo briciolo di anima del Dottore, quello che stava combattendo disperatamente per restare cosciente, almeno negli ultimi momenti che gli erano rimasti su quella terra. Ed era proprio a quei momenti che mirava il Maestro.
Non aveva potuto fermarlo, e non aveva potuto salvarlo, ma avrebbe almeno fatto questo per lui, l’avrebbe lasciato morire serenamente.
Non aveva grandi cose da trasmettergli, aveva passato gli ultimi duemila anni nella cella del TARDIS ad espiare le sue colpe, era vero. Ma aveva qualcosa, qualcosa che gli era stato donato tanto tempo prima.
Una luce dorata iniziò a pervadere il corpo del dottore.
E la sua espressione iniziò a diventare più tranquilla mentre il maestro gli mostrava tutto ciò che il dottore aveva mostrato a lui due millenni prima, in quella base volante dove, a parti invertite, stava cercando di salvarlo.
La luce dorata orami era fortissima e il maestro piangeva mentre il dottore sembrava finalmente in pace con se stesso.
-non è vero, non è vero niente. Questo sei tu, solo questo- disse, il dottore mise una mano sulla sua.
-E quelle cose orribili?-
-Non sono vere. Era solo un trucco, solo un trucco di magia dei tuoi nemici.- disse il Maestro mentre continuava a mostrargli l’uomo meraviglioso che era un tempo.
-Sta arrivando?-
-Chi sta arrivando?-
-Rose! Sta venendo a prendermi? Lo fa sempre.-
-Si Dottore, sta arrivando- mentii il Maestro, mentre il Dottore iniziava a dissolversi nella luce dorata.
-E smetteranno? I tamburi? Smetteranno?-
Con quell’ultima frase il Dottore scomparve in una nuvola dorata e al suo posto rimase solo una bellissima colonna di filamenti di luce azzurra.
Il maestro urlò con quanto fiato aveva in corpo e si accasciò su se stesso, raggomitolandosi a terra.
Era l’ultimo dei Time Lord.
Ancora l’ultimo dei Time Lord.
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: Quasar93