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Autore: Fiore Blu    08/06/2014    9 recensioni
«Ultima chiamata per il signor Bell!» sbottò esasperato il preside. Intanto, tra gli studenti si alzò un vociare fastidioso.
Le ragazze bionde ossigenate si guardavano intorno, incuriosite.
I ragazzi, invece, se la ridevano, e scambiavano commenti con i loro vicini di posto, ragazze comprese.
«Secondo me se l’è squagliata perché aveva troppa paura di parlare davanti a tutti!».
«Ma sei scemo! Bell … spaventato? Guarda che è lui quello che fa spavento!».
«Già forse hai ragione». Dicevano due.
«Spero che si presenti quel bellimbusto, vorrei tanto mandarlo a quel paese in pubblico!» diceva una lady bionda e molto arrabbiata ad un’altra.
«Ancora con quella storia? Non prendertela Jane, alcune voci dicono che sia gay!» rispondeva l’amica.
«Sei impazzita? Non è proprio possibile! L’hai guardato bene? Quello stronzo non è affatto gay!»rispondeva civettuola la prima.
O ancora : «Spero tanto che non si presenti, lo odio quel bastardo!».
«Già, è troppo pieno di sé, non lo sopporto».
Opinioni diverse e contrastanti.
Vigliacco, mostruoso, stronzo, figo, gay, bastardo, pieno di sé … beh aveva una bella reputazione!
Nell'attesa della seconda parte di ali d'argento, eccovi la combattuta storia di un ragazzo e una ragazza ... non del tutto normali. Grazie e buona lettura. ^^
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 27
 
Per sempre
 
 
 
La musica di quel piano riecheggiava nell’aria, riempiendomi il cuore di emozione.
I virtuosismi da vertigine e gli accordi profondi rimbombavano nella mia mente.
Entrai.
Sapevo che l’avrei trovato lì, sapevo che se spariva di tanto in tanto era lì che andava a nascondersi.
Niente, oltre alla musica, aveva il potere di allontanarlo da me ormai.
 
«I have died every day waiting for you
Darling don’t be afraid I have loved you
For a thousand years
I’ll love you for a thousand more».
 
L’ultimo accordo fu pieno e profondo, mentre un sorriso spontaneo affiorava sulla mia faccia inebetita. Applaudii.
«Non riesci proprio a starmi lontana! Vero, ragazzina?» chiese ammiccante.
Sul suo volto c’erano ancora i segni del dolore passato, della malattia e della tristezza immensi. La rabbia e la paura apparivano a sprazzi ma sapevo che il mio Yuki – sama  le nascondeva solo per non farmi preoccupare.
«Il brano era per me ovviamente» non era una domanda e lui sorrise.
«Siamo modesti!» rise.
Arrossii.
Mi avvicinai e gli baciai la guancia: «Per chi dovrebbe essere altrimenti?» chiesi fintamente timorosa.
«Sai sto prendendo in considerazione la poligamia... ».
Gli pizzicai il dorso della mano.
«Brutto...».
«Che donna violenta! Non smetterò mai di ripeterti che stai diventando un ragazzaccio a furia di starmi dietro».
Sorrisi.
«Allora smettila di farmi girare i nervi» lo minacciai.
«Non posso farlo. Mi dispiace. È troppo divertente» spiegò ridendo.
«Divertente? Certo! Magari nei tuoi sogni» protestai fintamente offesa.
Mi attirò a sé, guardandomi con uno sguardo improvvisamente serio e concentrato.
«Adesso non sto scherzando, perciò ascoltami attentamente» mormorò.
Annuii.
«Tutto ciò che faccio è per te. Io esisto per te. Dovresti saperlo» disse.
Io trasalii, sorpresa dal repentino cambio di tonalità della conversazione.
Poi lo abbracciai.
In quel momento mi sentivo felice.
Ma...
«La signorina Green è pregata di recarsi nell’ufficio del preside. Grazie» tuonò la voce dell’altoparlante.
Forse non sarebbe durata.
Lucius mi accompagnò e quando arrivammo trovammo mio padre e mia madre in ufficio.
«Ma signora Green, le ripeto che io non sapevo nulla! Sua figlia vedeva il ragazzo in segreto! Glielo assicuro!» diceva White.
«Mia figlia mi aveva presentato quel ragazzo, dicendo che era un genio nello studio, ma nessuno mi ha mai detto che era una persona con problemi familiari tanto gravi!» lo ammonì mia madre con stizza.
«Crede che sia stato piacevole scoprire che nostra figlia, appena maggiorenne, abbia partecipato ad un processo di grosso calibro senza che noi ne sapessimo niente?» intervenne mio padre.
«Ma signor Green le ripeto che io non sapevo nulla di tutto questo!».
«Beh allora devo ammettere di essermi sbagliata sull’efficienza di questa scuola nel tutelare i suoi studenti» sbottò mia madre.
Guardai Lucius.
«Non l’avevi detto ai tuoi, vero?» aveva l’aria preoccupata ed esausta. Il suo tono sembrava canzonatorio ma non eccessivamente arrabbiato.
«Scusa, ma loro mi avrebbero detto di non farlo» dissi.
«Allora non avresti dovuto farlo» mormorò.
Abbassai lo sguardo.
«Ma signora Green, non dica così! Quel ragazzo è un caso perso, non è possibile gestirlo! Ci sto provando da anni, con tutti i mezzi, ma sembra indemoniato!» proseguì il preside, allora entrai.
«Ciao mamma. Ciao papà» dissi fredda.
Tutti si voltarono verso me e Lucius.
«Oddio! Ania!» la mamma corse ad abbracciarmi.
Papà restava immobile vicino a White e mi fissava impassibile.
«Ti ho vista in tv, ho visto sprazzi del processo e i giornalisti che ti seguivano mentre andavi via con quel poliziotto. Oh Ania, sei stata così imprudente! Quei tizi erano pericolosi e molto potenti! Perché non hai detto nulla? Perché?» si commosse lei, stringendomi a sé.
«Mi dispiace» mi limitai a dire.
Lei si staccò da me, poi si rivolse a Lucius.
«Sarai contento di aver vinto! In fondo tu non hai mosso un dito! Hai lasciato che una ragazzina come mia figlia ignara di tutto facesse tutto il lavoro sporco!» insinuò mia madre. Come al solito non capiva mai la situazione.
«Mamma» la fermai, prima che potesse aggiungere altro.
«Cosa, Ania?» sbottò allora lei «Questo ragazzo è un volgarissimo bullo, un ragazzo pieno di problemi fino al collo, come se tu non ne avessi già abbastanza. Credi che ti permetterò di rovinarti la vita? No tesoro, mi dispiace» mi canzonò.
«Non mi sembra di avertelo chiesto. Tu scegli sempre per me. Ora no. Non più. Io lo amo mamma» esplosi irritata e sull’orlo delle lacrime. Ero arrabbiata per le parole che aveva rivolto a Lucius. Anche lui era un ragazzino come me. Un ragazzino che era dovuto crescere troppo in fretta e nella maniera più dolorosa.
«Non dire sciocchezze. È una cotta, passerà» sminuì.
«No! Tu non puoi dirlo! Non sai niente di lui... di noi» risposi.
«Adesso basta!» tuonò mio padre.
Non aveva parlato fino a quel momento e ora sembrava fuori di sé.
«Ti ho fatta venire in questo collegio perché ho sempre preteso il meglio per te. Non volevo che arrivata ad età adulta, guardandoti indietro ti fossi pentita di aver scelto strade sbagliate. Io e tua madre abbiamo una vita mediocre, non cattiva ma mediocre, e questo a te non deve succedere» disse.
Il solito discorso.
«Lo so papà, e ti ringrazio per questo, ma Lucius...».
«Quel ragazzo non andrà mai bene, Ania» sentenziò «ammettilo: è violento con gli altri studenti, ha la fama di essere un donnaiolo, è stato vittima di violenze ed è orfano. Non possiede nulla se non se stesso, e in un rapporto di coppia ci vuole sacrificio e fiducia, tesoro» spiegò nella sua analisi assurda.
«Ma papà...».
«Fammi finire. Se ti avesse amata davvero, non ti avrebbe trascinata in tutto questo. Sappiamo del video, delle aggressioni... il signor White ci ha detto tutto, e noi non approviamo. Ti ha usata e quel che è peggio è che ti ha presa in giro. Non è amore».
«Papà... sono stata io a fare quelle cose, Lucius... lui non lo sapeva! Mi ha sempre protetta, davvero! Qui a scuola...».
«Basta così» mi bloccò la mamma. Come al solito poter spiegare i fatti era un optional. «Tu non frequenterai più questo ragazzo. Se continuerai ti riporteremo a casa. Questo te l’assicuro».
Rimasi di sasso.
Cercai lo sguardo di Lucius, ma lui non si era mosso di un millimetro e non aveva mai aperto bocca nonostante le cattiverie sputate dai miei.
I suoi occhi erano bassi e vuoti.
«Volevano violentarmi mamma» mormorai, le lacrime agli occhi «Lucius mi ha salvata, e sì, ha fatto a botte con tutti, ma per proteggermi da quegli animali».
«Cosa?» chiesero all’unisono. White si strozzò con la saliva.
«Sono entrati nella mia camera e l’anno distrutta, scrivendo frasi volgari sulle pareti. Lucius c’è stato anche in quel caso» continuai.
«Cos’è questa storia?» chiese mio padre a White.
«Inoltre, le mie compagne di corso mi hanno rubato i vestiti dopo educazione fisica, e mi hanno lasciata mezza nuda nel corridoio in balia dei passanti. Anche in quella circostanza, Lucius è accorso in mio aiuto. Ho avuto attacchi di panico e lui c’era, sono stata insultata e lui c’era» raccontai.
Mamma e papà si guardarono.
«Il preside vi ha detto anche questo? Non mi sono mai chiesta perché lo facessi, ma ogni volta che aiutavo lui, mi sentivo bene io. Da quando sto con lui, non ho più avuto attacchi di panico, né crisi respiratorie. Mi sento al sicuro e sto bene... con lui» parlavo ferma e pacata, ma piangevo e mio padre guardò prima Lucius poi me.
Mia madre guardava il preside.
«Lei sa niente di tutto questo, preside White?» chiese accusatoria.
«La ragazza mente!» si difese vigliaccamente.
«Non credo proprio» rispose secco mio padre.
«Ania, tesoro, davvero hai passato tutto questo?» lo sguardo di mia madre si era fatto liquido. Annuii.
«Sì, e Lucius era sempre con me» ripetei.
«Ho capito, ma noi siamo i tuoi genitori, e sappiamo che cosa è meglio per te» rispose la mamma.
«Davvero? E dov’eravate quando avevo bisogno di voi? L’ultima volta che sei venuta a scuola era perché temevi che fossi calata nei voti. Sono sei settimane che non ti sento mamma. Né una chiamata, né un messaggio» sbottai.
Mio padre sembrò adirarsi di nuovo e mi venne incontro minaccioso.
Non capitava spesso, ma a volte mi schiaffeggiava se ero insolente.
Lucius mi si parò davanti.
«No» disse. Mio padre si fermò.
Lo squadrò da capo a piedi e si accorse della sua aria malaticcia, della cicatrice che partiva dal collo e spariva nello scollo della camicia chissà fino a dove, si accorse degli occhi stanchi.
«Dimmi ragazzo, è vero che hai aiutato mia figlia in tutte queste circostanze?» chiese mio padre.
Lucius annuì flebilmente.
Mio padre guardò me, poi di nuovo lui, e dopo un eternità di silenzio parlò.
«Grazie» disse.
«No, non deve ringraziarmi. Io amo Anastasia, e non permetterei mai che le accadesse nulla di male, signore. Ma è così testarda e coraggioso che spesso non riesco a fermare le sue pazzie. Ma le devo la vita e le sarò debitore per sempre. Può credere a tutte le voci sul mio conto, ma creda anche a questa, la prego» sembrava un uomo, il mio uomo.
Mio padre rimase interdetto.
Mia madre abbassò lo sguardo.
«Ho seguito la tua storia in tv, e tutti i quotidiani parlano di tuo padre!» mormorò mio padre inchiodando Lucius con lo sguardo. «Ti rendi conto di ciò che ha rischiato mia figlia? Sei consapevole che rischia ancora nonostante tutto?» chiese serio poi.
«Lo so. È per questo che vorrei tanto che si allontanasse da me, che tornasse a casa con voi...» cominciò Lucius ma lo zittii.
«Lucius! Smettila!» strillai.
«Ania... io...» Yuki abbassò lo sguardo.
«Tutti sanno cosa hanno fatto i Magnus, sono stati umiliati, distrutti e finalmente fermati. Nessuno di noi corre più alcun rischio!» spiegai severa.
«Non puoi saperlo» disse soltanto lui.
«Lo so, perché dopo tutto questo non può esserci ancora dolore! Non può! Sarebbe troppo crudele!» singhiozzai.
Lucius sospirò esausto.
«Signor Green» mormorò rivolto a mio padre «Ania è l’unica persona che mi è rimasta, l’unica sulla faccia della Terra. Perciò la prego, prenda lei la giusta decisione. Ma la supplico, faccia in modo che la mia Ania sia sempre felice e al sicuro. Non chiedo altro» sussurrò tetro.
Mio padre gli mise una mano sulla spalla, quella ancora contusa, e a Lucius sfuggì un singulto.
«Conta su di me, ragazzo. E grazie per aver capito» disse mio padre.
Il mio corpo tremava convulsamente, il mio respiro si destabilizzò e la distruttiva sensazione di peso e malessere s’impossessò di me.
Erano settimane che non soffrivo così, e l’atmosfera da separazione che si respirava nella stanza era deleteria.
Lucius voleva che fossi felice, che fossi al sicuro, e aveva parlato come se lui non fosse in grado di fare le due cose che fino a quel momento aveva sempre fatto.
Lui mi rendeva felice e mi proteggeva da sempre, perché completava il puzzle desolato della mia vita, riempiva il mio vuoto e la mia solitudine e faceva traboccare d’amore il mio cuore.
Tutti gli avvenimenti accaduti, l’avevano distrutto e avevano fatto in modo che si arrendesse alla crudeltà del destino.
Per farmi stare bene e al sicuro era pronto a rimanere solo con le sue pene, ma sottovalutando così tanto se stesso, aveva perso di vista il fatto che per me era davvero impossibile essere felice e al sicuro senza di lui.
Mio padre mi sospinse verso la porta.
«Ti portiamo a casa, Ania» mormorò, seguito dalla mamma che intanto aveva minacciato il preside di denuncia.
«No» riuscii a soffiare debolmente prima che il mio petto fosse squarciato da spasmi incontrollabili.
«Ania!» sentii la voce preoccupata di Lucius.
Intanto l’aria faticava ad entrare e la testa mi scoppiava.
«Yu - ki...» annaspai.
Mi sentii avvolgere dalle sue braccia, mentre cadevo al suolo.
Lucius mi aveva sorretta facendomi accoccolare tra le sue braccia, seduti sul pavimento.
I miei genitori erano ammutoliti e non sapevano che fare.
«Ania, respira!» ordinò agitato Yuki – sama, accarezzandomi i capelli.
Scossi la testa. Non ci riuscivo.
«Chiamate un ambulanza!» urlò mia madre.
Io mi agitai ancora di più. L’ultimo ricordo che avevo di un ospedale era Lucius mezzo morto immerso in un nido di fili.
«No!» sbottò Lucius.
Mentre stavo per perdere i sensi, due labbra si posarono sulle mie, aiutando i miei polmoni a riempirsi.
Tutti ammutolirono.
Più tornavo in me e più mi sentivo stanca, più tornavo in me e più avevo paura.
«Non voglio... andarmene. Voglio... restare qui» gemetti tra i sospiri.
Mi aggrappai a Yuki – sama.
«Ania» mormorò lui.
«So... quello che pensi. Credi che non sarò al sicuro... con te, credi che non sarai... mai abbastanza per me. Ma... sei solo ferito da tutto ciò che è capitato, e la paura di perdere... anche me, ti fa credere che allontanarmi sia la scelta più giusta. Ma sbagli su tutta la linea perché... se oggi siamo qui e siamo liberi da tutto quel male, lo dobbiamo alla nostra forza... e al nostro amore. Abbiamo affrontato tutto insieme. Perché non dovremmo continuare a farlo?» parlai affannata ma decisa.
«Perché io non sono qualcosa che puoi aggiustare per sempre. Io sarò sempre un po’ difettoso. Mi sento così debole che non potrei proteggere nemmeno me stesso... perciò non posso permetterti di continuare a sacrificarti per me» rispose provato.
«Io non mi sacrifico, Yuki – sama. Sei tu che hai fatto tutto ciò che potevi per proteggermi» gli feci notare.
Farsi picchiare dai bulli per proteggere le mie labbra vergini, fare a botte per me, farsi torturare per fermare Ephram dal violentarmi, nascondermi le cose per non farmi preoccupare, posare lo sguardo ansioso e protettivo su di me e ricordarmi sempre di respirare... lui mi aveva dato tutto se stesso.
«Coraggio Ania, alzati. La macchina è qui fuori» disse mia madre.
Mio padre si avvicinò e cercò di sollevarmi e di allontanarmi dalle braccia di Lucius.
Cominciai ad ansimare di nuovo.
Il petto tremava e la vista si annebbiava.
«Ania! Respira, ti prego».
Nell’annebbiamento causato dall’ansia riuscii comunque a sentire la voce straziata e implorante di Yuki.
«Papà... lasciami» avevo provato ad opporre resistenza, divincolandomi.
Ma ero troppo debole e stavo soffocando.
Andavo giù, giù, giù...
«Ania...».
Stavolta non avevo la forza di rispondere e il buio mi catturò nella sua morsa.
 
 
*******
 
Quando mi svegliai mi resi conto di essere nell’infermeria della scuola.
Dalla stanza accanto provenivano mormorii sommessi e sconosciuti.
Mia madre sedeva al mio fianco.
«Come stai, tesoro?» chiese accarezzandomi la testa.
Sospirai.
L’ansia non mi aveva abbandonata del tutto, e ora uno strano torpore mi irrigidiva il petto.
Il peggio però era passato, almeno fino a quando fossi stata all’Orpheus.
«Dov’è... Lucius?» chiesi lentamente, terrorizzata dalla risposta.
Mia madre sospirò, visibilmente rassegnata. Un velo di irritazione sulle labbra.
«Sta’ tranquilla. Lui è nell’altra stanza» rispose in un sospiro.
«Voglio vederlo. Voglio dirgli...».
«Ania» mi ammonì mia madre «rilassati ti prego».
«Come faccio a rilassarmi? Tu e papà... volete portarmi via, ma...».
«Tu non vuoi» m’interruppe.
«Già. Non voglio» asserii.
«Quel ragazzo ti ama davvero» dichiarò a brucia pelo mia madre.
«Come?» chiesi incredula.
«Ha riempito di botte il preside e per poco tuo padre non gli dava manforte. Ora capisco quello che hai provato. Eri in pericolo e lui... ha dato tutto se stesso. Peccato sia un modo davvero rude, ma l’ho apprezzato, perché stavolta proprio...».
«Cosa ha fatto?» la interruppi incredula.
«Il preside White non voleva che ti portassimo in infermeria. Voleva che ti portassimo via definitivamente. Ma avevi urgente bisogno del respiratore e di alcuni farmaci calmanti. Così il tuo ragazzo gli ha rotto gli occhiali e l’ha preso per il colletto della camicia. Non avrei mai immaginato che quel ragazzo fosse tanto forte e tanto... persuasivo. Il preside insisteva e tuo padre stava perdendo le staffe, così Lucius ha schiaffeggiato quel pover’uomo chiamandolo pallone gonfiato. A quel punto White si è trovato costretto a farci strada e a elargire scuse e complimenti» raccontò con ironia.
Sorrisi.
«Non voglio perderlo, mamma» mormorai guardandola negli occhi.
«Lo so».
«No. Non lo sai. Non è solo per me. Lui ha bisogno di me e io di lui. Ha sofferto abbastanza, si è sacrificato abbastanza e ha perso abbastanza» dissi commossa.
La mamma distolse lo sguardo portandolo sulla porta che dava sull’altra stanza.
«Non sta bene. È debole e disperato. E io non posso lasciarlo. Lui è l’anti ansia migliore al mondo. Quando sto con lui sono tanto tranquilla e allo stesso tempo tanto viva. Lui mi ha dimostrato quanto fosse forte, non puoi nemmeno immaginare cosa abbia passato. Ma ora sono forte anche io».
«Lo vedo. È solo che tu sei così piccola e delicata...» mi accarezzò.
«Lui mi protegge da tutto, mamma. Mi ama davvero» dissi.
In quel momento qualcuno entrò nella stanza.
Lucius e mio padre.
Mio padre venne a baciarmi sulla testa, Lucius si bloccò, mantenendo le distanze.
Sembrava a disagio vedendomi circondata dai miei genitori che mi coccolavano.
La mamma sorrise.
«Grazie Lucius. Sei stato davvero fantastico» mormorò gentile.
Mio padre annuì.
Io allungai una mano verso Yuki – sama.
Lui addolcì i lineamenti e si avvicinò di poco.
Mamma e papà si alzarono dirigendosi alla porta.
«Ci vediamo dopo tesoro. Ora White dovrà sorbirsi le nostre lamentele senza fiatare. Ci assicureremo che tu sia trattata come una principessa» disse mia madre.
Sembrava diversa. Consapevole.
«In caso contrario, possiamo contare su di te. Giusto figliolo?» ammiccò mio padre.
Diede una pacca a Lucius.
«Certo, signore» mormorò Lucius, facendo un debole sorriso di riconoscenza.
Non ci avrebbero separati.
Quando la porta si chiuse Lucius venne a sedersi accanto a me.
Mi accarezzò la guancia con le nocche e poi me la baciò.
«E così tuo padre ha scelto di fidarsi di me» non era una domanda.
«Già. È fantastico. Non erano mai stati tanto comprensivi. Il tuo bel faccino è irresistibile» risi.
«Che io sia maledetto per il mio bel faccino!» biascicò, sembrava combattuto.
«Volevi che andassi via?» chiesi dura.
«No, certo che no! È solo...».
«Cosa?» sbottai.
«Sei sicura di voler rimanere? È questo il tuo desiderio?» chiese guardandomi negli occhi.
«Se non fosse così a quest’ora sarei in viaggio invece che nel letto dell’infermeria».
«Scusami. È solo che non mi sento all’altezza. Voglio essere buono, voglio essere premuroso, voglio essere gentile. Ma sembra che l’unica cosa che riesca a fare sia cadere. Mi sento talmente...».
Lo baciai.
Non potevo sentire altro.
Lui si aggrappò a me e mi strinse forte.
«Ti amo» dissi.
«Grazie» sussurrò.
Poi mi aiutò ad alzarmi. I miei ci aspettavano nel corridoio.
«Voglio essere tenuta informata su tutto da ora in poi, oppure se la vedrà con il nostro avvocato preside. Qualsiasi problema... e le giuro che la rovino» minacciò la mamma, uscendo dall’ufficio di White.
Mio padre annuì: «Si considerati avvertito» minacciò. Era la prima volta che vedevo i miei tanto coinvolti.
Ci avviammo tutti e quattro alla fine del corridoio. Io sorretta da Lucius.
«Io e tuo padre non siamo passati solo perché eravamo preoccupati, ma anche perché tra qualche settimana è Natale e volevamo chiederti se volevi tornare a casa. Ma immagino che vorrai stare con Lucius».
Non potevo credere alle mie orecchie.
«Beh si possono fare entrambe le cose, no?» subentrò mio padre, sorprendendo tutti noi.
La mamma annuì.
«Ma certo! Ania... puoi portare anche Lucius. Ma ti prego torna a casa per Natale».
Li abbracciai e li ringraziai, era la prima volta che capivano i miei sentimenti e non potevo passarci sopra.
Li vidi andare via con il cuore in gola per l’emozione.
Era stato un repentino cambio di atteggiamento e modo di pensare, ma anche intenso.
In fondo erano proprio mamma e papà che erano immensamente preoccupati per la mia salute, e i numerosi attacchi di panico che mi attanagliavano a casa erano terribili e facevano preoccupare oltremodo i miei genitori.
Vedere come mi riprendevo velocemente grazie a Lucius, come stavo a mio agio e al sicuro tra le sue braccia...
Forse non si occupavano molto di me, ma stavano migliorando.
Lucius mi abbracciò da dietro con dolcezza e subito venni investita dall’odore potente della sua colonia.
Mi bacio i capelli
Sapevo che sarebbe stata dura e che altre sfide ci avrebbero messi alla prova, ma dopo tanto dolore, meritavamo entrambi di stare bene.
«Vorrei rimanere per sempre così» sussurrai appoggiando la schiena al suo petto.
Mi baciò di nuovo i capelli e poi rispose dolcemente.
«Adesso abbiamo tutto il tempo che desideri, ragazzina».
Yuki – sama mi strinse a sé, e in quel momento desiderai davvero di congelare il tempo, per rimanere per sempre in quella bolla privata e calda, tra le sue braccia.
«Promettimi che non penserai mai più quelle cose» mormorai ancora stordita e triste.
«Ho capito che hai bisogno di me, e la sola idea di separarti da me ti fa star male... perciò non oserò più metterti pressione. Quando ti stancherai di me... sarai tu stessa a decidere di andartene» sussurrò.
«Io non me ne vado. Sono qui e non vorrò mai allontanarmi. Mai!» gli dissi prendendogli la testa tra le mani.
Mi abbracciò, mi strinse forte a sé, quasi con disperazione.
«Sai, mia madre mi ha raccontato che hai fatto a botte con White» sorrisi contro il suo petto.
«Che esagerazione!» esclamò. «Ho solo fatto notare al preside che aveva torto marcio, invogliandolo a muovere il suo regale fondoschiena» spiegò ammiccando.
«Sei un mostro!» scoppiai a ridere.
Lui mi prese la testa tra le mani.
«Sei un tantino confusa, ragazzina. Prima mi hai detto che avevo un bel faccino. Ora mi insulti chiamandomi mostro, il che è impossibile visto che sono bellissimo. Non sono un mostro!».
«Infatti» concessi «sei un amore di mostro» sorrisi.
Lucius Yuki – sama Bell fece lo stesso.
Il baciò che seguì le mie parole fu straordinario.
 
 
 
 
FINE



amici lettori sono lieta di annunciarvi che sto scribacchiando altro su questi due pasticcini, e spero che il cap modificato sia meno sbrigativo e più profondo di quello precedente! per cui ci sentiamo presto <3
ringrazio tutti quelli che hanno seguito la mia storia, l'hanno amata e sostenuta.
siete una forza!
Fiore
<3





 
  
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