Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Segui la storia  |       
Autore: _Rainy_    08/06/2014    3 recensioni
Un regno diviso in quattro terre. Un governo sbagliato. Non un tiranno assetato di potere contro cui combattere, ma una malattia pericolosa. L'11a cacciatrice di taglie della Terra del Fuoco che torna al mestiere per cui è nata con un'ultima, pericolosa missione, che le cambierà la vita.
- - - - - - - - -
Un regno diviso in quattro terre. Un governo sbagliato, con a capo la propria madre. Una fragile principessa dovrà scontrarsi con una realtà che le è sempre stata nascosta fin da bambina : il suo regno sta morendo. E solo lei realizza che il nemico contro cui combattere è molto più vicino di quanto sembra.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dawn, Duncan, Gwen, Scott | Coppie: Duncan/Gwen
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

19. (Gwen)

Un forte dolore alla testa svegliò Gwen.
Si guardò intorno, intontita, e comprese di essere in una cella.
Sentì l’inconfondibile freddezza delle catene di ferro che le legavano i polsi e delle fitte di dolore lungo tutto il corpo.

<< Calma; un passo per volta. >> Pensò.

Attese qualche secondo e diede tempo ai suoi occhi di mettere a fuoco quello che aveva davanti.
Una cella vuota era tutto ciò che riusciva a vedere: negli angoli c’era qualche ciuffo di paglia, ghiaia e erba che si era fatta strada attraverso le pietre del pavimento per arrivare alla vita. Una minuscola finestra con sbarre di ferro era a qualche metro da terra sopra di lei, totalmente irraggiungibile. Davanti a lei sbarre metalliche, logore e arrugginite, bloccavano l’uscita. Al di là di esse non riusciva a scorgere nulla, solamente un muro di pietre simili a quelle della sua cella.
Non aveva idea di dove fosse, ma nell’aria risuonavano le note di un canto che aveva già sentito in passato.
Dopo qualche minuto riconobbe quella cantilena come una preghiera agli dei, sicuramente un canto di lode: era dunque in una cella nei sotterranei di una costruzione religiosa, magari un monastero… Non appena pensò a un “monastero” le venne in mente quello dei monaci del Crepuscolo, loro destinazione e dove probabilmente ora erano rinchiusi.

<< Duncan… >>  Non riuscì a ricordare assolutamente nulla su dove potesse essere o se fosse vivo.

Ad un tratto le giunse alle orecchie un lamento, proveniente da una cella vicina. I canti di lode si fermarono.

- Brakvah Altart, inizt farth lakmar…

Le parole giunsero alle orecchie di Gwen, ma ella non riuscì a individuarne l’origine: era come se fossero sospese nell’aria e venissero generate da essa stessa, impalpabili, ma chiare allo stesso tempo.
Il lamento le giunse da più vicino, stavolta, insieme a dei passi affrettati che scendevano velocemente delle scale.
Ad un tratto un monaco comparve davanti ai suoi occhi:
- Ah, sei sveglia… - Sentì le parole chiare nella sua testa.

Alzò di scatto la testa per osservare il monaco, ma non si era mosso. Era giunto di fronte alla sua cella e lì si era fermato, senza che lei potesse vedere i suoi occhi, coperti dal cappuccio della tunica in cui era avvolto.
La tunica era di color rossiccio, lunga fino ai piedi e dall’aspetto antico e logoro. L’unica parte del corpo del monaco che Gwen poteva scorgere era il volto, dal naso al mento, perché rimaneva scoperto dal cappuccio, nonostante il monaco avesse la testa reclinata in avanti. La pelle era chiara, quasi bianca, e dava un’idea di debolezza e malattia. I piedi erano coperti dalla tunica, dai bordi slabbrati, così come le mani che la ragazza pensava fossero giunte, ma siccome erano coperte non riusciva a capirlo.

- S-Si, sono sveglia…

Le sbarre della cella e le catene ai suoi polsi e si spezzarono e le braccia le caddero inermi ai suoi fianchi, mentre il suo corpo si accasciava in ginocchio, totalmente incapace di fare altro.
- Ma non sei tu che hai prodotto quel suono, immagino… -

Lei scosse la testa.

- Molto bene, alzati e sali le scale. Giungerai a una grande sala dove ti aspettiamo.

Gwen pensò fosse pazzo: come poteva non avere il minimo sospetto che sarebbe scappata? Come poteva, oltretutto, anche solo pensare che potesse alzarsi?
Fece per protestare, ma il monaco se ne era già andato.

Provò ad alzarsi, ma dopo pochi secondi cadde a terra rovinosamente. Fece qualche metro in avanti trascinandosi: dovevano averla drogata. Uscì nel corridoio e guardò prima a destra poi a sinistra: il corridoio aveva una sola uscita.
Lentamente cominciò a trascinarsi in quella direzione, sbirciando prima nella cella di fianco alla sua, ma trovandola vuota.

Salì gradino per gradino, scorticandosi le dita e le ginocchia e lasciando piccole gocce di sangue sulla pietra grezza. Arrivata circa a metà della scala provò ad alzarsi e appoggiandosi alla parete riuscì ad arrivare al piano superiore, dove una sala immensa la attendeva. Alle pareti arazzi e quadri dipinti, da un lato degli scranni dove sedeva una dozzina di monaci e al centro un profondo burrone al fondo del quale una distesa di lava ribolliva; sospese su di esso si trovavano decine di grandi pietre marroni, che sembravano ribollire per l’alta temperatura.
Dall’altro lato della sala, in una piccola cella si trovava Duncan, che osservava Gwen con uno sguardo triste. Non appena lo notò Gwen provò a raggiungerlo, ma cadde a terra non appena lasciò la parete. Sotto lo sguardo dei monaci si rialzò e zoppicò fino alla cella dell’amico dove si inginocchiò davanti alle sbarre e gli strinse una mano.

- Ce ne andremo da qui Gwen, perdonami per averti trascinato in una situazione del genere… - Cominciò lui, con la voce rauca dallo sforzo. - …Però insomma, con me non ti sei annoiata di certo! – Ghignò e a Gwen scappò un sorriso.

Si voltò verso i monaci, ansiosa. Quello centrale era seduto su un trono di pietra estremamente semplice, ma si capiva che occupava una posizione di rilievo rispetto agli altri, e sulla tunica aveva disegnato un simbolo runico, proprio sul petto, in un inchiostro nero come la pece.

- Brakvah Altart, inizt farth lakmar… Benvenuti stranieri, eccovi dunque alle nostre porte…

Gwen sapeva che era il monaco centrale ad aver parlato, nonostante non si fosse mosso, ma la sua voce risuonava sia nella testa della cacciatrice sia nell’atmosfera circostante, lo poteva sentire: una voce profonda e leggermente rauca che vibrava nell’aria.

- Vi prego di salire sulla prima pietra che vedete sospesa sul fiume di lava… Sappiate che sono pietre sacrali e se alle domande che vi faremo mentirete… Be’, si sgretoleranno e voi precipiterete con loro.

Le sbarre che bloccavano Duncan scomparvero e lui cadde addosso a Gwen. Quando si furono ricomposti si avviarono faticosamente verso la prima pietra, senza avere la forza di contestare e capendo che era l’unico modo per salvarsi la vita. Quando vi furono saliti la pietra oscillò leggermente, ma dopo qualche secondo si stabilizzò. Una luce rossa illuminò la roccia e Duncan pensò che fosse davvero arrivata la sua fine: un minimo spostamento di peso e la roccia avrebbe potuto ribaltarsi e precipitare.

- Bene, il mio nome è Luxar e vi interrogherò. Cominciamo da te, stregone, cosa ci fai qui? – La voce era cambiata, stavolta era più stridula e proveniva da un monaco seduto subito alla sinistra di quello centrale.

Duncan si schiarì la voce e provò a spiegare al meglio il loro obiettivo, interrompendosi a volte per tossire:
- Il mondo è infettato da una pericolosa malattia e io e la mia compagna, Gwendolyne, siamo venuti qui per cercare delle Pietre di Luna, che sappiamo essere prodotte da voi, per cercare di curare il morbo che sta decimando la nostra gente.
- Perché tu? Perché non la regina?
-
Alla regina… - Duncan si rabbuiò - … A lei non interessa delle questioni riguardanti il popolo, quindi non si preoccupa di tutta la gente che per le strade sta morendo, ma spera solo che passi presto e che riesca a guadagnarci qualcosa.

I monaci vennero scossi da una vibrazione che probabilmente doveva essere una risata.
- Si, lo sappiamo. Tu chi sei?
- Io sono Duncan, uno stregone. Appartenevo a una gilda, ma sono stato esiliato. Faccio parte di un grande gruppo di ribelli che vuole salvare il regno dal morbo e spodest…
- Non ci interessa la storia del regno – Lo interruppe Luxar – Chi sei tu?
- Ve l’ho detto. Io sono Duncan, uno stregone cresciuto senza genitori e con l’unica compagnia di un drago.
- Bene, Duncan, chi sei tu? Vedrò di essere più preciso: vogliamo sapere la tua storia.
- La mia storia?! – Duncan impallidì vedendo il monaco annuire impercettibilmente: era impreparato a quella domanda. – Io… Be’, i miei genitori sono morti in una grande guerra condotta dalla regina nelle nostre terre, a nord. Non erano maghi di questo regno, ma delle terre desolate che Courtney conquistò qualche anno fa, sterminandone tutta la popolazione. Io venni nascosto in una cittadina al confine quando avevo 8 anni e le ultime parole di mia madre furono: “Potenzia il tuo potere e porta il nostro ricordo nel cuore, non dimenticare mai quello che sei.”. Poi non li rividi mai più.

Gwen lo osservava, accasciata a terra vicino a lui, mentre raccontava. Il ragazzo aveva gli occhi socchiusi e sembrava non stesse neanche parlando con i monaci, ma con la propria anima, in una rievocazione di ricordi troppo a lungo sopiti, ma mai dimenticati.

- La famiglia aveva un drago, Valkaar, che si prese cura di me quando i miei genitori adottivi mi abbandonarono non appena cominciarono a manifestarsi i primi segni di poteri magici, a circa 10 anni. Sono cresciuto con lui. A 13 anni sono entrato in una gilda, i Cavalieri Oscuri, che a quell’epoca era estremamente potente e per qualche mese ho reso servizio lì, ma poi sono stato coinvolto in uno scontro tra un mago di alto rango nella gilda e un gruppetto di sottoposti che avevano dato fuoco a casa sua per costringerlo ad andarsene. I miei ex-compagni mi usarono come capro espiatorio, dicendo che l’idea era stata mia: a quei tempi ero debole e indifeso. – Una punta di amarezza nella voce del ragazzo. – Quindi il mago di alto rango diede l’ordine di catturarmi e si incaricò di persona della mia uccisione. Fu uno scontro impari e alla fine riuscii a prevalere solo ricorrendo a un incantesimo che mi aveva insegnato mia madre quando ero piccolo, un incantesimo molto potente di magia oscura, che lo privò dei suoi poteri. Le mie origini furono immediatamente chiare e venni esiliato dopo pochi giorni. Sapendo che non potevo fidarmi di chi mi aveva tradito già una volta, quindi uccisi tutti i miei compagni, dal primo all’ultimo, e scappai. Da quel giorno conduco un’esistenza solitaria, vagabondando per il mondo con la sola compagnia di Valkaar e i segni sul corpo di un passato che non posso cancellare. – Portò una mano alla pietra incastonata nel sopracciglio e al tatuaggio alla basa del collo, simbolo della sua vecchia gilda.
- Molto bene, chiaro ed esaustivo. – Si rivolse dunque a Gwen. – E lei signorina? Chi è lei e cosa ci fa qui?

Gwen fissò il monaco e raccontò pressappoco la storia che aveva già narrato a Duncan qualche sera prima, nonostante sembrasse passata un’infinità di tempo.
- Cosa ci fa qui? – Insistette Luxar.
- Be’, io… - La cacciatrice era confusa. – Sono qui per lo stesso motivo di Duncan.

La pietra su cui entrambi erano accasciati cominciò a sgretolarsi.
- No, quella è la motivazione dello stregone. Tu, cacciatrice, perché sei qui?
Gwen comprese: voleva sapere le più profonde motivazioni che l’avevano spinta a seguire Duncan.

La pietra continuava a rimpicciolirsi.

- Io ho seguito Duncan perché voglio tornare a casa. – La pietra smise di frantumarsi. – Voglio semplicemente tornare alla mia vita di prima.  – Duncan guardò la ragazza, riuscendo a scorgere un briciolo di umanità dietro alla corazza di ferro da dura cacciatrice di taglie che si era costruita intorno.
- Interessante… Quindi voi avete sfidato la sorte mettendo a nudo le vostre intenzioni per salvare il popolo? Improbabile… Duncan, perché vuoi spodestare la regina?
-
Perché è colpa sua se i miei veri genitori sono morti. – Rispose Duncan senza esitare.
- Vendetta quindi… Non credi che sia una motivazione tutt’altro che pura per imbarcarsi in un viaggio simile?

Duncan chiuse nuovamente gli occhi:
- Lei non crede che dopo essermi visto portare via tutto io abbia il diritto di volere vendetta?

I monaci “risero” di nuovo.
- Be’, in ogni caso nel vostro cuore c’è davvero l’intento di fermare il morbo… Però non possiamo darvi le nostre Pietre di Luna, perché gli affari del regno non ci riguardano più; non da quando la regina ha bandito il nostro ordine dal regno con false accuse, pensando che minassimo al suo potere.
-
Ma voi dovreste andare oltre tutto ciò! – Urlò Gwen senza potersi trattenere. E se ne pentì immediatamente.
- Ah si? Hai idea di cosa voglia dire condurre un’esistenza di preghiera e studio in completa solitudine? Senza poter viaggiare per il mondo alla luce del sole, perché verremmo additati e catturati? Dovendo strisciare come topi nell’ombra? Noi, che una volta eravamo la congregazione più autorevole del regno? Hai idea?! – La voce del monaco era diventata più stridula e infastidita. – No, non hai idea… Ma penso che potresti fartene una simile…

Tra i monaci si diffuse un mormorio di consenso. Duncan si guardò intorno perplesso:
- In che senso, scusate?
- Ma è ovvio! – Luxar ridacchiò. – Gwendolyne rimarrà con noi per rendersi conto di cosa voglia dire condurre un’esistenza come la nostra. Sarà votata alla magia e alla medicina e sono sicuro che con le sue conoscenze militari potrebbe anche entrare a far parte del corpo di difesa del monastero.
-
Perché fare una cosa del genere?! – Sibilò Duncan. Gwen rimase in silenzio.
- Avete violato i nostri spazi senza consenso e ci chiedete appoggio per questioni delle quali non volevamo più sentir parlare. La malattia ha una causa più profonda, che non può essere curata con una Pietra di Luna. Il vostro viaggio, seppur notevole, è stato inutile.
-
Prendete me. – Sussurrò Duncan. Poi alzò la testa e guardò i monaci, ripetendo più ad alta voce: - Prendete me!
- Ammirevole offrirti al posto della tua compagna, ma lei ci sarebbe più utile. Se tornerà con te farà un incontro che la cambierà per sempre, non tornerà più la stessa e morirà correndo un grande pericolo. Rimanendo con noi si può evitare tutto questo.

Gwen non si mosse, mentre Duncan impallidiva:
- Ah… - Poi si rivolse a Gwen. – Gwendolyne, non posso lasciarti ven…
- Lo so. – Lo interruppe lei. – Vai.
- Mi dispiace tantissimo. So che abbiamo viaggiato poco insieme, ma io…
- Vai. – Gli intimò Luxar.

Gwen socchiuse gli occhi e sorrise, sentendo i passi dell’amico allontanarsi.
Quando non riuscì più a sentirli alzò nuovamente la testa e fissò il monaco centrale:
- Allora?
- Per oggi ti puoi riposare, domani alle 5 comincerà il tuo addestramento. – Affermò Luxar.

-

Un fastidioso scricchiolio, come qualcosa che veniva sfregato su qualcos’altro di metallico, stava disturbando Gwen da qualche ora ormai, ma ella si rifiutava di girarsi per vedere cosa fosse, consapevole del fatto di dover dormire il più possibile per affrontare la giornata seguente.

Duncan se n’era andato.
Le aveva fatto male quell’addio frettoloso e quella frase incompleta che aveva lasciato troppi dubbi sul suo vero significato. Già, perché cosa aveva voluto dire separarsi dopo essersi reciprocamente salvati la vita?
Non lo sapeva. La risposta a quella domanda le sfuggiva, ma l’assenza di Duncan era qualcosa di concreto che le faceva male, come mai era successo prima. Non si era mai legata così in fretta a una persona, ma lui era diverso: erano simili per certi aspetti e lui aveva un fascino misterioso, dannato e sfrontato, che faceva considerare quello stregone la persona più strafottente della terra, quando in realtà dentro di sé aveva un passato triste e una grande solitudine. Lei invece era l’opposto esteriormente: cupa, chiusa e solitaria, mentre interiormente si assomigliavano.
Avevano entrambi trovato qualcuno che li capisse e raccontare del proprio passato era stata quasi una liberazione, soprattutto per lei.

E ora tutto quello non esisteva più.

Mancavano ormai poche ore alle 5 e quel fastidioso scricchiolio non voleva smetterla…

- Duncan… - Sussurrò la ragazza, coricata su un fianco su un pagliericcio duro e appuntito, gli occhi luci di lacrime.
- Bellezza, almeno non sussurrare il mio nome quando dormi… - Ridacchiò una voce ormai familiare, a pochi metri da lei.

La ragazza si tirò su di scatto, mano al pugnale e in due balzi fu davanti alle sbarre, la lama puntata alla gola dello stregone che dall’altra parte stava tagliando l’inferriata con un pugnale magico.

- Ehi ehi, calma! -  Lo stregone strabuzzò gli occhi.

Gwen ridacchiò:
- Questo è per avermi abbandonata. – E gli fece un piccolo taglio sulla guancia destra. – … Questo è per non essere arrivato subito a salvarmi… - E lo tagliò nuovamente sulla guancia destra - … E questo e per non aver completato quella frase, mi stavo emozionando! – Rise e fece per tagliarlo di nuovo, stavolta sul collo, ma Duncan, ridacchiando, le girò il polso di scatto, facendole cadere il coltello.
- Calma signorina. Ho deciso di venire a salvarti solo dopo! – Poi si fece improvvisamente serio. – Sei pronta a tornare con me? Voglio dire… Hai sentito quello che hanno detto i monaci…

Gwen annuì:
- Non ti libererai di me così facilmente, mio caro. Non di certo per la premonizione di monaci sadici vestiti con tuniche antiche. – Sogghignarono entrambi e lo stregone riprese il suo lavoro di rottura delle sbarre con più impegno.
Dopo qualche minuto erano spezzate e Gwen si trascinò fuori dalla cella.

- Qual è il piano ora?
- Mia cara, dobbiamo semplicemente scendere nelle fucine, prendere un po’ della Pietra e scappare. Nulla di più facile e ti dirò che ho già individuato la strada migliore.

La ragazza ridacchiò, poi Duncan la prese a spalle e la aiutò a mettersi in piedi. Insieme uscirono dai sotterranei passando dalla grande sala dove erano stati interrogati e dove non c’era più nessuno. Presero un corridoio laterale e strisciarono nell’ombra, aggirando due sentinelle e tramortendone una terza che stava per dare l’allarme.
Seguendo un’idea di Gwen rubarono i vestiti a quest’ultima e a un’altra che attirarono con un rumore provocato facendo cadere una spada a terra e li indossarono.
Silenziosamente percorsero altri corridoi e scesero per una stretta scala a chiocciola che divenne sempre più calda man mano che scendevano. L’aria intorno a loro si fece afosa e il caldo era soffocante, ma stranamente le tuniche sembravano preservare quel po’ di aria fresca che giungeva da sopra di loro, probabilmente perché erano costruite appositamente per resistere ad alte temperature e favorire la sopportazione del caldo da parte dei monaci.

Arrivati in fondo alla scala videro un corridoio con due entrate che era scavato direttamente nella roccia e senza pensarci troppo imboccarono quello di sinistra.
Il corridoio sembrava incandescente e la roccia al tatto era bollente, ma il pavimento non scottava affatto sotto i loro piedi. Dopo qualche svolta e ripide discese che facevano inoltrare il corridoio sempre più nelle profondità della terra, giunsero in uno spazio aperto, dove si trovava il cuore delle fucine.

Fino ad allora non avevano parlato granché per non far saltare la loro copertura, ma una volta arrivati in quell’immenso spazio che ospitava una vera e propria miniera di Polvere di Luna non poté che sfuggire un’esclamazione di meraviglia a entrambi…

 

-ANGOLO AUTRICE-
Eccoci qua :3 Questo capitolo è uno dei due che fanno da raccordo tra la parte del “viaggio” e la parte del “ritorno”, tutto ciò per dire che siamo quasi alla fine, eheh…
Non ho molto da dire, a parte che la ship sta diventando via via più evidente, ma con calma insomma u.u
Vi lascio con i soliti due link:
PAGINA FACEBOOK (attiva, eh: grazie mille :3): https://www.facebook.com/pages/Rainy_/615961398491860?ref=bookmarks
BLOGGUCCIO: http://raggywords.blogspot.it/
Grazie mille per la lettura e l’eventuale recensione *messaggi subliminali*, ciambelle a tutti :3
_Rainy_
PS: I più attenti (?) avranno colto l'ispirazione a Shadowhunter, forse... c: 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: _Rainy_