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Autore: TeenAngelita_92    09/06/2014    4 recensioni
Una giovane psicologa, da poco entrata a far parte del mondo del lavoro.
Un ragazzo di origini spagnole con un carattere alquanto ribelle e particolare.
Nessuno era mai riuscito a comprendere le sue emozioni, i suoi pensieri, le sue paure.
Nessuno era mai riuscito a farlo sentire al sicuro, amato...
Fino a quel giorno.
Genere: Drammatico, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demi Lovato, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo:
"Mi dispiace signora Rivas, ma credo di non poterle essere d'aiuto. Neanche la mia tanta esperienza lavorativa servirà per riuscire a capire ciò di cui ha bisogno suo figlio." le aveva detto, dispiaciuto e sincero, lo psicologo che da qualche mese aveva iniziato a seguire suo figlio. Ma in realtà non era la prima volta che se lo sentiva dire, le aveva contate tutte le volte in cui si avvicinavano e con sguardo del tutto sincero e dispiaciuto, dimostravano rassegnazione. 
"Capisco dottor Scott, capisco" si era ormai abituata a rispondere, senza neanche tanto stupore.
"Ha mai provato a pensare che forse un quasi coetaneo di suo figlio potrebbe essere molto più bravo di qualunque altro adulto o anziano psicologo dal quale è stata?" le aveva chiesto e a differenza di tutti gli altri, sembrava essere davvero interessato ed intenzionato ad aiutarla.
"No dottore, non ci ho mai pensato." aveva risposto sinceramente la donna.
"Bene, allora forse posso aiutarla ancora in qualche modo. Da poco, nel nostro studio, abbiamo assunto una giovane ragazza che già da alcuni anni lavora come psicologa. Alcuni dei miei pazienti, di cui non posso occuparmi, li ho affidati e ancora li affido a lei rendendomi conto dei risultati eccezionali che riesce ad ottenere. Forse non avrà sicuramente l'esperienza di tutti gli psicologi dai quali è stata, ma ha studiato e ripongo in lei la mia totale fiducia. Ed inoltre credo che essendo giovane, possa instaurare più facilmente un rapporto con suo figlio. Dopotutto è solo una prova e credo ne valga la pena."
"Si, ha ragione. Provare non costa nulla, dopotutto sono stata dai migliori che mi erano stati consigliati." aveva ammesso con una punta di tristezza.
"Bene, allora ecco il suo biglietto da visita. Basterà chiamare a questo numero per poter fissare un appuntamento. Inoltre sarò io stesso ad anticiparle qualcosa riguardo alla situazione. Mi assicurerò di averla informata di tutto, non si preoccupi."
"La ringrazio infinitamente dottor Scott. E' il primo che si sia spinto più in la per aiutarmi." gli aveva confessato, dopotutto era vero.
"Non mi ringrazi signora, qualunque cosa può contare sul mio aiuto."

E lui era Andres Rivas.
Un diciannovenne di origini spagnole catapultato da un momento all'altro nella grande America del nord per problemi familiari. Ma a lui non piaceva dare questa definizione quando gli chiedevano perchè si fosse trasferito, in fin dei conti l'espressione "Problemi familiari" ha sempre compreso tante, forse troppe cose e sembrava quasi una di quelle frasi convenzionali che si tirano fuori in situazioni sconvenienti, nelle quali non hai la minima voglia di parlare o di far sapere i tuoi problemi agli altri. 
In realtà era a causa di suo padre. Egli qualche anno prima aveva scoperto di avere un tumore, il quale all'inizio non sembrava essere grave o dare tanti problemi, ma con il passare del tempo la situazione era peggiorata. 
Si trovava li ora, con la sua famiglia, nell'accogliente villetta di sua zia Beatriz, che ormai da anni viveva li dopo essersi separata da suo marito.
Ma quel suo improvviso trasferimento, quell'improvvisa vita nuova, quell'improvvisa novità, non furono d'aiuto al suo già 'particolare' carattere, bensì lo invogliarono a cambiare, cambiare radicalmente, ma non in meglio. 
"L'ennesima sigaretta in una giornata" pensò tra se e se. 
Aveva solo 19 anni e fumava peggio di un cinquantenne fumatore "esperto", come si poteva definire. Ma a lui piaceva vedere quel fumo grigio e sgradevole uscirgli dalla bocca, mentre gli passavano davanti agli occhi immagini di bambini e genitori che giocavano felicemente nel parco.
Ogni pomeriggio verso le 16:00, amava passeggiare nel parco, poco distante dal centro: amava vedere quelle famiglie felici, quei bambini che correvano a perdi fiato rincorsi dai propri cani e addirittura aveva notato che la maggior parte delle razze che era riuscito riconoscere, appartenevano tutte ai Labrador. 
Era sorprendente come fosse attento ad ogni più piccolo particolare, ogni sorriso, ogni abbraccio e forse non lo dava a vedere, ma avrebbe tanto voluto anche lui quella vita. E chissà se questo era il motivo per il quale ogni pomeriggio, come un appuntamento ormai fisso e quotidiano, quasi irrinunciabile, si trovava li, con la sua sigaretta tra le mani, a contemplare quella tanto felice realtà. 
Ma pensandoci, ora iniziava a ricordarsi come aveva iniziato a fumare. 
Era stato un giorno come un altro, a scuola: alcuni dei suoi amici gli avevano chiesto di fare un giro per saltare il compito di matematica e lui aveva accettato. 
Bastò solo fare attenzione a quel semplice ma per lui "nuovo" gesto di prendere un accendino, una sigaretta tra le dita e accenderla. E lui in un certo senso sapeva che era sbagliato ma il suo sguardo verso quei suoi compagni, sembrava dare tutta l'idea di ammirazione, anche se forse questo è il termine più sbagliato. Ma lui "ammirava" come sorprendente riuscissero a sembrare più grandi di almeno 10 anni solo fumando, e aveva intuito che forse era proprio per questo che lo facevano. 
"Tu fumi?" gli chiese uno del gruppo.
"No." gli rispose, quasi timoroso di sembrare fuori moda o addirittura "anormale".
"Questo è il tuo giorno fortunato. Ho una sigaretta in più oggi." e a lui era sembrato quasi un ordine più che un invito. Il ragazzo del gruppo gli porse una sigaretta con un enorme sorriso stampato sulle labbra. 
"No... Io..." cercò di farfugliare qualcosa ma il solo sguardo del suo compagno lo intimorì.
"Non ti hanno insegnato che rifiutare un'offerta è maleducazione?" gli chiese ridendo.
E in realtà non ci volle molto ad imparare, quasi niente. 
Una, due, tre sigarette ogni volta che aveva bisogno di rilassarsi.
Una, due, tre sigarette ogni volta che aveva bisogno di distrarsi.
Una, due, tre sigarette ogni volta che aveva bisogno di allontanarsi da tutti e da tutto, confondendo quel fastidioso insieme di voci a lui familiari che continuavano a parlargli e parlargli nello stupido e vano tentativo di cambiarlo, nel fumo di quelle sue sigarette. 
Ma ad interrompere i ricordi della sua tanto 'amata' adolescenza, fu lo squillo del cellulare. Seccato, spense la sigaretta ormai diventata un mozzicone e rispose.
"Pronto."
"¡Hijo! Dove sei? Ti ho cercato dappertutto! Tra meno di mezz'ora hai l'appuntamento con la nuova psicologa!" gli gridò una voce femminile dall'altra parte. Riconobbe subito l'accento spagnolo ed il suo modo di chiamarlo: era sua madre. Era ormai abituata a chiamarlo "¡Hijo!" ovvero "Figlio", anche se a lui dava un enorme fastidio.
"Por Dios mamá, perchè stai urlando? Ci sento benissimo!"
"Mi avevi promesso che stavolta ti saresti impegnato a darmi una mano per aiutarti, che ci saresti andato, ma come sempre sparisci. Quando deciderai di smetterla con questa storia?"
"Te l'ho promesso e lo farò. Ora lasciami in pace."
"D'accordo, d'accordo! Vuoi... vuoi che venga con te?" gli chiese, quasi timorosa di cosa avrebbe risposto. Sapeva che gli avrebbe detto di no, come tutte le volte che aveva provato a chiederglielo, ma dopotutto sperava sempre di sentire un "Si", un tanto atteso e bisognoso "Si".
"No mamá, non ho bisogno che tu venga con me." le rispose, forse più freddo e distaccato del solito.
"Va bene, come sempre. Ora va e non fare tardi. Te quiero." gli rispose, con una punta di rassegnazione nella voce, e staccò.
Ormai sembrava essere una delle sue doti più 'forti' quella di essere freddo e distaccato con le persone, soprattutto con sua madre, e questo faceva parte dei quesiti che gli psicologi dai quali era stato si ponevano. Ma a quanto pare nessuno di loro era ancora riuscito a darsi e a dare a sua madre una risposta. 
Ma a lui non sembrava importare di sua madre, del suo brutto comportamento, ne di quello che gli psicologi pensavano di lui. Non gli era mai importato e ad ogni seduta sapeva solo stare zitto, giocherellare con una sigaretta tra le dita, che subito dopo avrebbe sicuramente fumato, e ridere, quasi come se stesse vivendo in una barzelletta.
Diede un ultima occhiata al suo tanto amato parco, notando che ora iniziava a farsi molto più affollato di prima e ciò non lo rallegrava, odiava la folla. Ormai deciso ad andare, si incamminò verso la sua moto, poco distante, e partì.


Spazio Autrice:
Bene, se siete arrivati alla fine di questo prologo significa che lo avete letto tutto, e se lo avete letto tutto significa che un pochino ino ino vi interessava, e se... No, d'accordo, cercherò di smetterla e fare la seria. Beh avevo promesso che a breve avrei pubblicato una nuova fanfic ed eccola qui. Certo, questo è solo il piccolissimo inizio di tantissime idee, o come ben sapete, scleri di fantasia che mi stanno passando per la testa. Vi dirò, riguardo alla trama ho provato ad immaginarmi una Demi Lovato del tutto differente, voglio dire, non nei soliti panni della famosa cantante ma di... No ma questo se non lo avete ancora capito, lo scoprirete. 
Beh, ci terrei tantissimo a leggere vostre opinioni o consigli perchè come sapete, non sempre posso essere brava e spero tanto che seguirete questa nuova fanfic come le altre.
Un bacio graaande graande!
TeenAngelita_92


 
  
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