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Autore: Amarie    09/06/2014    1 recensioni
Renly era giusto, intelligente, amato da popolo. Come avrebbe potuto Loras vedere altro in lui se non il migliore dei re? Non riusciva a capire quando quella sua idea ipotetica fosse diventata realtà concreta, quando un sussurro mezzo soffocato dal cuscino alle prime luci dell’alba fosse diventato un urlo della folla sotto gli stendardi dei Tyrell e dei Baratheon, fosse diventato una dichiarazione di guerra. Un matrimonio, celebrato in fretta per sancire un’alleanza, un esercito in attesa di una battaglia che non avrebbe mai avuto luogo, e una lama nella notte che aveva posto fine a tutto quanto. Era stato allora che il matrimonio tra Joffrey e Margaery era diventata l’unica strada da percorrere per saziare le ambizioni di Alto Giardino che lui stesso aveva risvegliato. Una volta imboccata quella strada, tornare indietro era impossibile. Che ingranaggi aveva messo in moto quel sussurro, pronunciato di slancio dopo una notte di passione?
[Loras Tyrell] [Season Four]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loras Tyrell
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Long live the king

Now is the end of time a fool and his legacy are gone

His pride found another way to make sure it all went wrong
Alter Bridge – Waters Rising

- Long live the king -

La Fortezza Rossa ardeva come fuoco crepitante nella notte. Non esisteva un vero silenzio ad Approdo del Re, nemmeno durante le ore prima dell’alba; tantomeno durante la prima notte del matrimonio reale. Anche se, pensò Loras, nessuno se la sarebbe mai immaginata così. O quasi.
Margaery dormiva profondamente nella stanza accanto. Aveva dovuto farle portare del latte di papavero perché riuscisse finalmente a chiudere gli occhi.
Poteva capirla; che avesse amato o meno Joffrey – Loras non gliel’aveva mai chiesto né aveva mai voluto saperlo, nonostante la risposta fosse ovvia ai suoi occhi –, vedere il proprio sposo morire il giorno stesso del matrimonio non doveva essere una prova facile.
Il suo secondo matrimonio. «Due volte sposa, due volte vedova», la gente aveva già cominciato a mormorare.
Strinse le labbra, lo sguardo fisso sulla porta chiusa, di cui ormai conosceva ogni singola venatura, ogni più piccolo difetto. Quella camera era già stata sgomberata, e tutte le cose di sua sorella spostate negli appartamenti reali, che avrebbe diviso con Joffrey. Che avrebbe dovuto dividere con Joffrey, si corresse mentalmente, con un sorriso amaro.
Due volte sposa, due volte regina. E due volte esclusa dalle stanze del re. La sua prima notte di nozze con Renly l’aveva trascorsa da sola, così come la seconda, la terza, e tutte le altre notti a venire. C’era la guerra, era la motivazione principale, anche se non si vedeva neanche l’ombra di una battaglia e tutto ciò che teneva occupate le truppe e la mente del re, all'accampamento, erano banchetti e tornei. Quella piacevole incombenza in particolare, tuttavia, poteva essere rimandata a tempi migliori.
Loras aveva trascorso metà della prima notte di nozze di Margaery seduto davanti al fuoco, cercando di convincersi che quella era stata la scelta più conveniente per tutti, che non ci sarebbe stata soluzione migliore per loro, e l’altra metà cercando di obbligarsi a rimanere lontano da Renly almeno per quella notte, almeno per la prima notte.

Aveva ceduto poco prima dell’alba, quando l’aveva raggiunto nella sua tenda, e l’aveva fatto suo con più desiderio che mai, quasi volesse marchiarlo, legarlo a sé in maniera indissolubile anche se davanti agli occhi del mondo avrebbe dovuto chiamarlo fratello.
Quanto tempo pensavano di avere, e quanto poco in realtà ne avevano avuto. E di chi era stata la colpa?
«Sei stato ingenuo, e il gioco del trono non perdona gli ingenui». Le parole di sua nonna bruciavano ancora come acqua di mare sulle ferite.
Renly era giusto, intelligente, amato da popolo. Come avrebbe potuto Loras vedere altro in lui se non il migliore dei re? Non riusciva a capire quando quella sua idea ipotetica fosse diventata realtà concreta, quando un sussurro mezzo soffocato dal cuscino alle prime luci dell’alba fosse diventato un urlo della folla sotto gli stendardi dei Tyrell e dei Baratheon, fosse diventato una dichiarazione di guerra. Un matrimonio, celebrato in fretta per sancire un’alleanza, un esercito in attesa di una battaglia che non avrebbe mai avuto luogo, e una lama nella notte che aveva posto fine a tutto quanto.
Era stato allora che il matrimonio tra Joffrey e Margaery era diventata l’unica strada da percorrere per saziare le ambizioni di Alto Giardino che lui stesso aveva risvegliato. Una volta imboccata quella strada, tornare indietro era impossibile. Che ingranaggi aveva messo in moto quel sussurro, pronunciato di slancio dopo una notte di passione?
Aveva chiesto lui stesso a re Joffrey di accettare in sposa sua sorella. Era stato come sputare sulla tomba di Renly, ma era quello che ci si aspettava da lui. Aveva accettato quel ridicolo fidanzamento con Cersei Lannister, anche se avrebbe preferito prendersi nel letto un nido di scorpioni del deserto di Dorne.
Aveva sorriso durante quella farsa che chiamavano festa nuziale, pregando tutti i Sette di dargli la forza per resistere alla tentazione di alzarsi e affondare la sua spada fino all’elsa nel cuore del re.
Gli Dèi avevano di certo una strana maniera di rispondere alle preghiere. Si può mai ringraziarli per la morte del proprio sovrano? Loras strinse i pugni. Chiunque avesse ucciso Joffrey, fosse stato Tyrion Lannister o una benedicente mano del destino, gli avrebbe acceso tutte le candele che si potevano trovare nel Grande Tempio di Baelor come ringraziamento. Aveva evitato a lui stesso di diventare un secondo Sterminatore di Re.
Eppure, in un certo senso, lo sarebbe diventato lo stesso. Serrò le mascelle fino a farsi male al solo pensiero. Lo sarebbe diventato quando avrebbe affondato la sua spada nel ventre di Stannis Baratheon, e ne avrebbe sparso le viscere sulle ceneri del suo stesso esercito. Solo per quell’istante, che pregustava nella sua mente da mesi, che si figurava in testa ogni giorno della sua vita, tutto ciò che aveva fatto, tutti gli intrighi e le suppliche e le reverenze,  non sarebbero stati che un infimo prezzo da pagare. Un soldo bucato in cambio dell’unica cosa che davvero avrebbe avuto valore, e che poco importava si chiamasse vendetta o giustizia. Le parole erano gusci vuoti, definizioni imperfette che le persone tentavano di attribuire per cercare giustificazioni dei propri gesti. E lui non aveva bisogno di giustificazioni; l’unica cosa che gli serviva era un’occasione. Il resto sarebbe stato uno spettacolo di contorno, una farsa di cui lui non era che uno spettatore annoiato, un gioco del trono al quale non voleva più prendere parte.
Non ora che l'unico vero Re aveva perso ogni possibilità di reclamarlo.
   
 
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