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Autore: Aron_oele    09/06/2014    13 recensioni
Judith Montgomery è una ragazza bionda ed americana.
Judith Montgomery è una ragazza alta, che fuma Marlboro light e che vive a New York.
Judith Montgomery è una ragazza che ha vissuto tre mesi in Giappone, ospite di una famiglia strampalata.
Judith Montgomery sono io, e questa è la mia storia.
***
Per la serie "Non vi libererete mai di me" ecco a voi una nuova storia, senza trama, in cui frammenti di vita a Nerima, attimi, spezzoni, giorni, fotografie, Ranma, Akane, momenti, avventure, persone, pensieri e parole, vengono mostrati a voi dal punto di vista di due occhi castani ed estranei, quelli di Judith, appunto.
Ps: Lo sapete che non so fare le introduzioni!
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mattina dopo il mio arrivo fu assai strana, sarebbe stata la capostipite di altre mattine, tutte così uguali, tutte così folli, tutte così meravigliose. Ed è per questo che voglio raccontarvela.

 

***


<< Judith... Judith... Svegliati cara... >>
Mi rigirai ancora una volta, l'ennesima a dire il vero, fra le lenzuola sgualcite. Un profumo acre ma dolce aleggiava nella stanza illuminata ed un piacevole tepore, leggero come una carezza, mi scaldava il braccio intorpidito dal sonno.
Sopraffatta dal fuso orario avevo passato sveglia più di metà della notte, stesa nel futon, a stropicciare le lenzuola e a cambiare ogni posizione, nel vano e disperato tentativo di trovarne una che non mi spezzasse la schiena.
Quando alla fine, stremata, avevo chiuso gli occhi, in un attimo si era fatto giorno e adesso una voce delicata cercava di scuotermi dal torpore in cui invece mi crogiolavo tanto bene.
Ci misi un po' a capire che non era mia madre che mi chiamava in una di quelle mattine autunnali, profumate al tacchino e salsa di mirtilli, che passavo a casa, o che non erano i miei coinquilini, che inneggiavano qualche canzone dei Queen sotto la doccia.
Sorrisi al pensiero di essere nella mia prima mattina giapponese e Kasumi mi lasciò ancora qualche minuto sola nella stanza, prima che, con il viso ancora assonnato ma ridente, mi decidessi ad alzarmi e a sorpassare la porta scorrevole blu e bianca, alla volta del corridoio.
Ma proprio lì, con le gambe divaricate sul parquet chiaro e le mani posate impazientemente sui fianchi, c'era Akane: << Ranma! Alzati!! >>
Un mugugno infastidito fu la risposta che arrivò dalla stanza in penombra di fronte alla mia.
<< Ranma alzati immediatamente o giuro che... Oh, buongiorno Judith! >>
Il tempo di sentire il mio “buongiorno” un po' imbarazzato ma immensamente divertito, che già aveva ripreso a gridare, ancora più forte: << Ranma dai! Si è alzata anche Judith! Le farai fare tardi al suo primo giorno! >>
La prova inconfutabile che le parole di Akane non avevano sortito l'effetto desiderato, fu che ad uscire dalla stanza non fu il ragazzo, bensì Genma, con lo sguardo gonfio e le gambe pesanti.
<< Buongiorno signorine >> ci disse con tono funereo e scese al piano di sotto, borbottando qualcosa sul pesce arrosto.
<< Ranma sto perdendo la pazienza! Conto fino a tre poi sai cosa ti aspetta! Uno...d- >>
<< Ok, ok, eccomi! Mi sono alzato! Mi vedi? >>
Sulla soglia della sua stanza si stagliava la figura di Ranma in boxer e canottiera bianca, che, con le mani alzate in segno di resa, sorrideva sghembo e strafottente ad Akane.
<< 'Giorno! >> disse poi rivolto a me che nel frattempo avevo immediatamente distolto lo sguardo dalle sue gambe muscolose e decisamente poco coperte e dalla stoffa della canottiera che aveva preso la forma scolpita degli addominali, arrossendo violentemente.
<< E copriti, scemo! >> aggiunse Akane, notando il rossore sulle mie guance e i miei occhi, probabilmente sgranati.
<< E perché? >>
<< Ranma!! >>
<< Mh? >>
<< Smettila! E poi c'è anche Judith! >>
<< Non mi dire che non hai mai visto un uomo in boxer, eh Judith? >> chiese lui voltandosi verso di me.
<< Io... beh... sì... a volte! >>
<< Visto? A lei non dà fastidio >> la canzonò tirandole lievi colpi gomito a gomito, e riservando a me il solito occhiolino.
<< Magari è solo troppo gentile per dirti che sei un maniaco! >>
<< O magari è più riconoscente di te! >> e, dirigendosi verso il bagno con movenze goffamente sensuali, assunse via via posizioni che gli permettevano di sfoggiare i muscoli guizzanti delle spalle, dei glutei e della schiena, come nelle manifestazioni di Mister Olimpia alla TV, continuando a canticchiare: << Spettacolo gentilmente offerto dalla scuola di arti marziali indiscriminate Saotome!! >>
Nel frattempo io trattenevo a stento imbarazzo e risate con una mano sulle labbra, mentre Akane si avviava a fare colazione sbuffando un “esibizionista” e Nabiki, anche lei appena sveglia, mi si accostava sussurrando: << Abituatici, è così tutte le mattine! >>

Il tavolo della colazione era magnificamente pronto, profumato ed invitante. Certo, era estremamente diverso dai corn flakes che trovavo io in America la mattina appena sveglia, con accanto il cartone del latte semi distrutto dai miei coinquilini e, se ero fortunata, del succo d'arancia. Era anche diverso dai tipici brunch delle nostre domeniche primaverili, quando noi newyorkesi griffate ci sediamo su piccole sedie bianche corredate a tavoli dalle grandi tovaglie d'avorio, sorseggiando un mimosa e addentando bacon e uova.
C'era qualcosa di esotico in quella mia prima colazione. Tanti meravigliosi piccoli vassoi bianchi e neri erano posizionati in una disposizione ben ordinata sul tavolo di legno massiccio. L'odore acre dei sottaceti e quello dolce del tofu permeavano l'aria ancora fresca del mattino.
Mentre sorseggiavo qualche cucchiaio di zuppa di miso, guardavo distrattamente fuori, con la testa leggermente inclinata verso destra in direzione dello stagno e della carpa che saltava vispa. Evidentemente, almeno lei, quella mattina era piena di energia.
Continuai a guardare senza attenzione tutto ciò che mi circondava, mentre sceglievo mentalmente uno speciale fra i miei vestiti. In fondo quella sarebbe stata una giornata speciale, il mio primo giorno all'università di Tokyo, e ci tenevo a fare bella impressione almeno nell'aspetto, visto che la mia proverbiale timidezza mi avrebbe imposto inchini per tutta la giornata, pur di non proferire parola.
<< Ragazzi è tardissimo! >> ad interrompere i pensieri su quel bell'abito blu notte che avevo deciso di portare all'ultimo minuto, fu la voce di Akane che annunciava a noi universitari che se non ci fossimo sbrigati, avremmo di sicuro perso la metropolitana.
E così, in men che non si dica, mentre Soun leggeva ancora il secondo foglio di notizie del giornale, noi eravamo già tutti spariti al piano di sopra, lasciandoci dietro solo una scia di vento.

<< Ranma devi sbrigarti! In questa casa c'è un solo bagno! >>
<< Akane che vuoi? Mi sto facendo la barba! >>
<< Io devo lavarmi i denti! >>
<< E entra! >>
La scena che pochi secondi dopo si sarebbe presentata ad un incauto quanto ignoto spettatore, avrebbe strappato un sorriso al re del male in persona.
Un anti-bagno piccolo e profumato di bucato, un lavandino, uno specchio e tre ragazzi incastrati gli uni negli altri, intenti in tre faccende tanto delicate quanto diverse fra loro.
La prima in ordine, la più vicina alla porta, era Akane, la quale non aveva bisogno di guardarsi allo specchio e si lavava i denti come una forsennata, cercando, con l'altra mano, di domare la frangia ribelle del caschetto nero.

Di fianco a lei, in una strana posizione che aveva lo scopo di non farsi toccare dalla bella mora piena di energia accanto a lui, e di conseguenza farsi un rovinoso taglio sulla faccia, c'era Ranma, che si rasava le guance leggermente scurite dall'ombra di una barbetta nera, cresciuta durante la notte.

Dall'altra parte, a condividere con lui metà dello specchio, c'ero io, che, con la tipica posizione della bocca semi aperta, cercavo di mettermi il mascara senza sbagliare.
<< Che cos'è quello strumento di tortura? >> domandò Ranma bloccandosi di colpo.
<< Cosa, questo? >> chiesi indicando “lo strumento” nella mia mano.
<< Sì... >>
<< È un piega ciglia Ranma! >> intervenne prontamente Akane, fra lo spazientito e il divertito.
<< Ma.... ma... non vi fa male? >>
<< No, affatto! >> risposi sorridendo << Serve per curvare le ciglia prima di mettere il mascara! >>
<< Oh Kami, non avrai intenzione di metterti quel coso negli occhi, vero? >> chiese improvvisamente impaurito dallo scovolino nero del mio rimmel.
Sia Akane che io scoppiammo in una fragorosa risata che finì con un Ranma offeso che se ne andava spruzzandosi una quantità indecente di dopo barba al profumo di pino, e noi ragazze che finalmente potevamo avere tutto lo specchio per acconciarci i capelli e scambiarci i lucidalabbra alla frutta.

Mezz'ora dopo un “E poi è colpa mia se facciamo tardi eh?” ci fece precipitare fuori di casa alla velocità della luce, afferrando al volo dalle mani gentili di Kasumi un bentō che conteneva il nostro pranzo.
Quella fu la prima della lunga, lunghissima serie di corse che feci a Nerima.
Io ed Akane correvamo fianco a fianco, visibilmente più affannate e spettinate di Ranma che, come se niente fosse, si limitava a camminare a passo più svelto del solito, in bilico sulla recinzione verde brillante che costeggiava il canale il quale, a sua volta, accompagnava la strada.
<< Perché te stai lì sopra? >> mi ritrovai a chiedere senza nemmeno rendermene conto, le labbra si erano mosse da sole.
<< Lo fa da sempre >> fece spallucce Akane.
<< Non... non è difficile? >> domandai guardando dal basso la figura di Ranma che si piegava per tendermi la mano sussurrando: << Vuoi provare? >>
<< Eh? No, no, sei matto? Vuoi che mi rompa una gamba? >>
Lui sorrise visibilmente divertito, sia per Akane che sbraitava che “avremmo sicuramente fatto tardi alla presentazione”, sia per quello che avevo detto, anche se in realtà era solo la pura verità.
<< Non ti rompi niente se ci sono io >> disse Ranma con un sorriso superbo e strafottente sul bel viso e una mano ancora tesa verso di me che lo guardavo con gli occhi spalancati << Persino quella goffa di Akane ci riuscirebbe! Avanti, coraggio, dammi la mano! >>
<< Ehi goffa a chi? >> si intromise la diretta interessata con il sopracciglio sinistro visibilmente alzato in segno di incredulità.
<< A te! >> rispose lui con una linguaccia.
<< Staremo a vedere >> e saltò anche lei sulla recinzione, muovendo velocemente a destra e a sinistra le braccia per tentare di mantenere l'equilibrio.
<< Hai visto baka? >> esultò Akane con l'aria di chi la sapeva lunga.
Ma, proprio mentre si avvicinava trionfalmente, camminando spedita per mostrare che non era affatto goffa, inciampò nei suoi stessi passi e per poco non cadde all'indietro. Ranma però, con uno scatto, intervenne prontamente, mettendole un braccio dietro la schiena e avvicinandola a sé con un colpo secco, impedendole così di precipitare.
<< Dicevi, scusa? >> replicò il ragazzo con un sorriso beffardo mentre ancora la teneva saldamente.
D'un tratto le prese le mani e se le posò sulle spalle: << Tieniti se vuoi camminare qua su, sei già stata fortunata una volta >> disse guardandola ironicamente con la coda dell'occhio.
Akane, seppur con una leggera smorfia di disappunto, rise divertita della buffa situazione e, con il volto rilassato e contento di chi è a proprio agio, mi guardò incitandomi: << Dai Judith, manchi solo tu! >>
Una cosa che avevo immediatamente capito di lei, era che al suo sorriso non c'era scampo. Era bella anche con il broncio ma, quando sorrideva, sapeva trasmettere un calore e una gioia tali, che era impossibile resisterle. L'avevo notato quella stessa mattina (e avrei avuto occasione di farlo tante altre volte), quando con un solo sorriso si era fatta perdonare da Genma, per averlo svegliato in maniera brusca, oppure quando le bastava sorridere in direzione di Ranma, affinché lui ammorbidisse immediatamente i lineamenti del volto.
Così, alla vista di tutta quell'allegria, afferrai la mano che Ranma mi aveva gentilmente teso di nuovo e, sotto la sua spinta, salii anche io su quella che -fino a quel momento non avevo notato- era un'altissima recinzione.
Presi a camminare concentrata, un piede davanti all'altro, senza mai spostare lo sguardo da quella sottilissima striscia di metallo verde un po' arrugginita, mentre Ranma, le mani introno alla mia vita, mi teneva in una morsa di ferro.
Era davvero impossibile cadere.
Come era veramente impossibile non ridere mentre percorrevamo la ringhiera in fila indiana, appoggiati gli uni agli altri, come tre bravi piccoli pulcini, mentre il sole delle otto del mattino si affacciava sui nostri visi allegri e rilassati.

Quando arrivammo alla stazione della metropolitana, il treno era già partito da un pezzo, così ci toccò salire su quello dopo che, proprio in quel momento, si stava riempiendo di persone. Ogni tipo di persone: madri premurose che accompagnavano i figli nelle divise color pastello all'asilo; impiegati per bene, muniti di occhiali da vista, che sfilavano ordinatamente per strada con la loro ventiquattrore in mano e giornale nell'altra; e vecchiette, sveglie da ore, che uscivano per fare la spesa.
Sedute l'una davanti all'altra sulle spaziose poltrone blu e viola mentre Ranma, in piedi di fronte a noi, ci faceva scudo, io ed Akane parlavamo tranquillamente dei vestiti scelti quella mattina.
Lei indossava un paio di leggins neri aderenti, che le fasciavano fino al ginocchio le belle gambe magre e muscolose, e sopra un carinissimo mini vestito a righe rosse e bianche, in pendant con il cerchietto cremisi che aveva deciso di mettere per tenere a bada i capelli lucidi e ribelli.
Io invece avevo scelto il mio vestito blu, con una piccola cinta beige intrecciata in vita, che riprendeva le scarpe dello stesso colore.
<< Stai benissimo con il blu Judith, dico davvero. E tu, Ranma, potevi metterti qualcosa di più elegante, no? >>
<< Che vuoi? Sono elegantissimo io! >>
Io li guardavo sorridendo mentre Akane, bagnata dalla luce che entrava dal finestrino, cercava di sistemare alla meglio la camicia azzurra chiara che Ranma indossava.
Erano una strana accoppiata quei due, non riuscivo a definirli.
Sarebbero tranquillamente potuti essere fratelli, tanto era evidente l'affetto nei gesti che compivano l'uno per l'altra, oppure amici, carissimi amici. Si capiva che ad unirli era un legame profondo, qualcosa che si era creato nel tempo, con il condividere la vita di tutti i giorni e, chissà, magari qualche avventura.
Ma c'era qualcosa, un luccichio nei loro occhi ogni volta che si guardavano, una leggera malizia nei loro movimenti quando si sfioravano, che lasciava intendere che il loro sentimento fosse molto più profondo di quanto entrambi tenessero a mostrare.
Troppo presa nel cercare di decifrare i miei nuovi e affascinanti amici, non mi accorsi che eravamo arrivati alla nostra fermata, fino a che, un brulicare di gente si alzò meccanicamente dirigendosi, come uno sciame d'api, verso l'uscita e scontrandosi con un altro gruppo che invece voleva salire.
Akane mi prese la mano e con l'altra si attaccò alla casacca di Ranma che, con fare abitudinario, si faceva spazio fra le persone scortandoci fuori dal treno.
Usciti dalla linea “E” della metropolitana, quella color porpora che collegava il quartiere di Nerima con il resto della capitale, ci vollero non più di dieci minuti prima che il mio sguardo venisse rapito da ciò che avevo davanti.
L'Università Imperiale di Tokyo era una delle strutture più belle ed imponenti che avessi mai visto, poteva benissimo reggere il confronto con l'Empire State Building.
Per entrare bisognava sorpassare un enorme cancello rosso: l'Akamon, che con il suo colore acceso e il tetto dalla forma tipica, dava il benvenuto in una struttura che lasciava senza fiato.
Il mio sguardo si perse fra i dettagli del giardino curato, con le bandierine bianche e azzurre a delimitare le strade, e fra gli alberi che disegnavano ombre danzanti sugli edifici dei cinque campus.
Edifici i cui muri erano stati costruiti con un sapiente gioco di vetri e mattoni, il grigio lucido e il color terra rossa che si fondevano e si abbracciavano come in una danza, tutto dava vita allo spettacolo più insolito e allo stesso tempo tipico che si potesse vedere a Tokyo: l'incontro fra tradizione e modernità.

Ogni dettaglio, anche all'interno dell'università, raccontava le antiche tradizioni e, d'altra parte, tendeva la mano al progresso e al mondo moderno, sempre più freddo e veloce.
Continuai a tenere il naso all'insù per tutto il tempo mentre seguivo Akane e Ranma nei corridoi che ci avrebbero portati nell'aula magna. Cercavo di non farmi sfuggire nessun particolare e, di tanto in tanto, quando i miei due amici si fermavano per salutare qualche loro conoscente, tiravo fuori dalla borsa di cuoio la macchinetta fotografica e scattavo qualche istantanea.

Arrivati all'ingresso della magnifica aula magna, così grande e sfarzosa che mi ricordò qualche antico palazzo reale, ebbi giusto il tempo di guardare spaurita Akane che mi salutava con la mano mentre un distinto signore stempiato e con un'orribile cravatta arancione mi trascinava sul palco, assieme ad altri ragazzi.
Cominciai a sistemarmi nervosamente i lunghi capelli mentre mi rendevo conto che tutti quegli studenti mi fissavano con sguardo interrogativo.
Una giovane donna con i capelli rossi si avvicinò e puntò sul lato destro del mio petto un cartellino: “Judith Montgomery, U.S.A, ospite famiglia Tendo”. Questo piccolo pezzo di carta plastificata lo porto ancora con me e, anche ora che sono tornata in America, è gelosamente custodito in un piccolo scompartimento del mio portafoglio.
Mentre cercavo con lo sguardo Ranma ed Akane, seduti uno dietro l'altra rispettivamente in prima e seconda fila, sulle sedie amaranto al di sotto del palco, l'uomo che mi aveva accompagnata lì sopra cominciò a parlare in un inglese a dir poco perfetto.
Quel giorno mi resi conto che in Giappone come in nessun altro posto era davvero raro incontrare qualcuno che non parlasse o comprendesse bene l'inglese.
L'uomo, che era uno dei professori più illustri dell'università, cominciò ad elencare i nomi degli altri ragazzi stranieri che, come me, erano in Giappone per uno scambio culturale.
All'inizio del palco, proprio di fianco alle scale di legno chiare, c'era Amina, che aveva la pelle scurissima, i capelli lunghi, lisci e neri come la notte, folte ciglia che nascondevano occhi color pece, un paio di vistosi orecchini dorati che le pendevano dai lobi e veniva dall'India. Di fianco a lei, con la pelle bianchissima, i capelli corti tanto biondi da sembrare bianchi e lo sguardo di ghiaccio c'era Masha, dalla Russia. Alla sua destra Cristoph dalla Germania, Kate dall'Inghilterra e Laura dall'Australia. Ancora più a destra, basso, con un buffo papillon quadrettato e degli spessissimi occhiali da vista, Ju dalla Corea del Sud, seguito da Emelie dalla Svezia e Carlos dall'Argentina. Accanto a lui, altissimo e muscoloso, con una camicia di lino bianca, i capelli neri spettinati e gli occhi color nocciola, Alexander, anche lui dagli Stati Uniti, e poi c'ero io, che sfoderai uno dei miei migliori sorrisi a sentir pronunciare il mio nome, mi inchinai e pregai di non inciampare nei miei stessi passi mentre sfilavo sul bordo del palco e scendevo le scale alla fine della cerimonia di presentazione.

Una cosa che bisogna assolutamente sapere sulla vita a Nerima è che, proprio quando si crede che il peggio sia passato, qualcos'altro o qualcun altro verrà di sicuro a sconvolgervi la giornata.
E fu proprio quello che successe a me quella mattina.
Mentre cercavo la strada per raggiungere Akane e credevo che il momento dell'imbarazzo fosse finito, andai a sbattere contro qualcosa più simile ad un armadio che ad un ragazzo.
<< Oh mi scus... >> ma non feci in tempo nemmeno a finire la frase che l'energumeno in questione mi prese le mani e cominciò a decantare una sfilza di frasi sdolcinate e in rima che avrebbero fatto accapponare la pelle a Shakespeare in persona.
Altissimo, tanto che a stento gli arrivavo al petto, le spalle talmente grandi e larghe che ci si sarebbe potuto pranzare sopra, i capelli color cioccolato, la mascella pronunciata ed un fortissimo profumo al muschio bianco. Io lo fissavo incredula, cercando di trattenere le risate mentre lui, fra un “sole-cuore-amore” e l'altro, mi lanciava sorrisi studiati con la dentatura perfettamente diritta e tanto bianca da sembrare quella di un attore hollywoodiano.
Improvvisamente, un colpo sulla nuca veloce ma forte, fece cessare lo sproloquio al miele del mio interlocutore:
<< Judith vedo che hai conosciuto Kuno... ti ha già chiesto di sposarlo? >>
<< Eh? >>
<< Saotome maledetto, ti sembra questo il modo di parlare di me a questa dolce sconosciuta? >>
<< Ma veramente io non sono una sconosciuta, il mio nome è... >>
<< Judith Montgomery, lo so, o mia divina creatura! Il tuo nome è stampato a lettere infuocate nel mio cuore traboccante di passione per te ed io...>>
Mentre quello che a quanto pare si chiamava Kuno continuava a parlare a raffica, io mi avvicinai lentamente a Ranma bisbigliandogli: << Ma che vuole? >>
<< Non preoccuparti Jude, Kuno è un po' suonato >>
<< Come mi hai chiamata? >>
<< Jude... non ti piace? >>
<< Hey Jude! >>
<< Eh? >>
<< “Hey Jude" è una canzone... >>
<< …dei Beatles, lo so, per chi mi hai preso? >> Ranma rise divertito prima che la nostra attenzione venisse di nuovo catturata da Kuno: < Suonato a chi? O dolce Judith Montgomery ti prego di non dar retta alle sciocchezze che escono dalla bocca di questo bruto. Il mio nome è Tatewaki Aristocrat Kuno, detto il tuono blu del liceo Furinkan e adesso chiamato il tuono blu della Tōdai! Io, umile servitore, sono a tua completa disposizione per scortarti in questo lungo percorso nel nostro Paese... >> e prese una delle mie mani, ancora strette fra le sue, e ne baciò il dorso.
<< Kuno lascia in pace la mia amica! >>
<< Oh dolce Akane Tendo, che disgrazia che tu mi abbia visto! Non era niente, solo un gesto di pura cortesia verso questa innocente fanciulla, tu sai che il mio cuore ama solo te e perciò non devi preoccuparti o essere gelosa! O mio bocciolo di rosa che fiorisce a maggio con la rugiada del mattino... >>

Continuando a decantare improbabili versi d'amore, Kuno provava ad abbracciare Akane, che lo guardava con sguardo truce, mentre Ranma gli impediva di avvicinarsi tenendolo con un dito da un passante dei pantaloni beige.
<< Ma fa sempre così? >> chiesi di nuovo bisbigliando a Ranma a metà fra il preoccupato e il divertito.
<< Ogni-santo-giorno >> mi rispose scandendo ritmicamente le parole. Ma, mentre io ormai non riuscivo più a non ridere, passò di fronte a noi Amina e, per fortuna, Kuno lasciò immediatamente Akane, seguendo la straniera e proclamando il suo nuovo amore per “questo straordinario fiore del deserto”.
<< Judith mi dispiace, non farci caso >> mi disse Akane ridendo mentre si aggiustava le pieghe del vestito.
<< Oh sì, qui non ce n'è uno normale, vedrai! >> si unì Ranma sorridendo di rimando.
<< Ragazzi venite a pranzo con noi? >>
Mentre Kuno scodinzolava ancora dietro a quella o a questa ragazza, straniera o no, due ragazzi si avvicinarono a noi. Uno aveva i capelli ricci e chiari, quasi rossicci, gli occhi marroni ridenti e il sorriso simpatico, mentre l'altro, di poco più alto, aveva il viso dai lineamenti più seri, come i capelli scuri dal taglio classico.
<< Loro sono Hiroshi e Daisuke, siamo amici fin dai tempi del liceo >> mi spiegò Ranma mentre i due ragazzi si inchinavano << E lei è Judith >> aggiunse poi, quando ad inchinarmi fui io.
<< Molto piacere Judith, io sono Hiroshi, anche io ospito un ragazzo straniero! >>
<< Il piacere è mio! Oh davvero? E chi? >>
<< Alexander, anche lui viene dall'America, lo conosci? >>
<< Hiroshi tu ospiti quel fusto? >> si intromise una ragazza dalla voce squillante e i lunghi capelli castani chiari.
<< Wow, presentacelo! Akane tu l'hai visto? >> domandò un’altra ragazza, anche lei appena arrivata, con i capelli mogano raccolti in una coda da un bel fiocco rosso acceso.
<< Be’ sì, prima era sul palco di fianco a Judith... >>
<< E non trovi che sia mozzafiato? >> esclamarono le due ragazze in coro.
<< Io veramente... sì... è carino... >>
<< Ma che carino e carino? Dove lo vedete carino? Tutti quei muscoli saranno frutto degli steroidi o di qualche altra porcheria occidentale! >>
<< Ranma, ma se sembra una statua! >> lo stuzzicò una delle due amiche.
<< Tsk! Per favore! Scommettiamo che lo batto con le mani legate? >>
<< Ranma, guarda che per essere belli e in forma non si devono per forza praticare le arti marziali eh!! >>
<< Ti ci metti anche tu adesso, Akane? Se ti piace tanto vai da lui no? >>
<< Uuuuu gelosone!! >> fecero coro Hiroshi e Daisuke.
<< E smettetela voi! Non dovevamo andare a pranzo? >>

 

E il mio buffo primo giorno di università si concluse così, con nove ragazzi a pranzo sull'erba.
Con Kuno, che si spostava di albero in albero, tentando di comporre una canzone d'amore per me e per la “dolce Akane Tendo”.
Con Ranma, che guardava di sbieco Alexander, il quale sorrideva cordiale alle attenzioni di Yuka e Sayuri sedute attorno a lui.
Con Akane, che rimproverava bonariamente il comportamento civettuolo delle sue due amiche e nel frattempo intimava a Ranma di essere “più gentile” con il ragazzo straniero.
Con Hiroshi e Daisuke, che lo prendevano in giro con frasi tipo “Finalmente è arrivato qualcuno a tenergli testa!” oppure “Ranma è geloso perché per una volta tutte le ragazze non stanno corteggiando lui!” e poi scappavano per tutto il prato, rincorsi dal ragazzo che “se li prendeva, gliela faceva vedere lui!”.
E con me, che in un giorno solo avevo ricevuto un nuovo soprannome e mi ero fatta altri nuovi amici, tutti simpatici, tutti carini, un po' matti forse (uno di sicuro) ma... era solo l'inizio!

***

Sorpresa!!! Chiedo perdono a tutte, non vi avevo detto niente lo so, ma volevo farvi una sorpresa... ci sono riuscita? :)
Bene allora, devo scusarmi davvero con tutte le persone che hanno letto il primo capitolo di questa storia, nell'ultimo mese sono stata impegnata con una cosuccia chiamata “tesi” ma oggi l'ho consegnata per cui... eccomi di nuovo a voi!
Spero tanto che questo capitolo vi piaccia, sto cercando far ripercorrere a Judith (o Jude come vi piace di più) il percorso di Ranma nel manga, quindi...avete capito chi sarà il prossimo?
Come sempre grazie infinite a chi leggerà e soprattutto a chi troverà tempo per lasciarmi scritti i suoi pensieri, fanno sempre immensamente piacere (soprattutto su questa storia che sta venendo fuori in un modo assai bizzarro, quindi sono non poco dubbiosa!)
A presto (si spera!),
vostra Aronoele (:

Ps: ci tenevo a farvi sapere che per i ragazzi stranieri che sono sul palco con Judith durante la cerimonia di presentazione, mi sono ispirata a ragazzi/e che conosco davvero... (sì Pia, anche Alexander! XD)

 

  
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