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Autore: Mary P_Stark    09/06/2014    3 recensioni
Cecily Fairchild è l'insegnante di Inglese nel piccolo paesino costiero di Falmouth, Cornovaglia. Sbrigativa, spigliata, sincera e per nulla vanitosa, è amata dai suoi studenti e apprezzata dai suoi colleghi. Ma, cosa più importante, è Fenrir del Clan di Cornovaglia, la licantropa più forte dell'intero branco. Licantropa che, però, si ritroverà ad affrontare qualcosa per lei del tutto nuovo e inaspettato, e un uomo che la lascerà senza parole per la prima volta in vita sua. Un uomo che, tra l'altro, sembra nascondere una marea di segreti, sotto la sua eleganza e le sue buone maniere. Amore e mistero li accompagneranno verso un'avventura ai limiti del mondo... e forse anche oltre. SPIN-OFF "TRILOGIA DELLA LUNA" - 4° RACCONTO (riferimenti alla storia presenti nei 3 racconti precedenti)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'TRILOGIA DELLA LUNA'
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Atto I
“E come posso dire di esser sola
se tutto il mondo è qui che mi contempla?”
W. Shakespeare – Sogno di una notte di mezza estate. – 
 
 
 
Settembre 2017

 
 
Detestava il lunedì mattina.

Con tutto il suo cuore.

Non solo perché aveva inizio un'altra estenuante settimana lavorativa ma, soprattutto, perché doveva aver a che fare con il suo caro, idiosincratico collega, il Professor Emerson Jones.

Non le bastava dover sopportare una massa informe e confusionaria di umani. No, ci voleva anche lui a illuminarle la giornata.

Lui, con le sue paure assurde fatte di mascherine in polivinile, fazzoletti usa e getta, gel lavamani e ricostituenti di ogni genere e forma, era il suo incubo notturno e diurno.

Non una volta che non le facesse osservazione su qualcosa.

Quando poi la vedeva ingollare uno dopo l'altro i suoi microscopici quanto dolcissimi – e coloratissimi – M&M's, che era solita portare a scuola per allietare i suoi break tra una lezione e l'altra, erano dolori.

I suoi occhi color grigio topo si sgranavano fin quasi a uscire dalle orbite, la sua loquacità andava a zero e balbettii sconnessi uscivano dalla sua bocca piegata in una smorfia.

Fanno male alla salute. Sono pieni di coloranti. Ma non pensi alla linea? Sai quante porcherie hai nel sangue? Ti verrà un infarto, prima o poi!

Disgustata alla sola idea di ritrovarselo davanti nella sala insegnanti della Falmouth School, Cecily imprecò vistosamente.

L'inizio dell'anno scolastico era stato traumatico e, quel che era peggio, la professoressa Rothes aveva deciso all'ultimo momento di prendersi un anno sabbatico, lasciando il corpo docenti sguarnito di un insegnante di Storia.

Il Consiglio Direttivo era corso ai ripari in fretta e furia e, per quel giorno, era previsto l'arrivo di un sostituto da Truro.

Non aveva la più pallida idea di chi fosse, a parte che non era un licantropo.

Fosse stato il caso, il tipo o la tipa in questione avrebbe preventivamente avvisato del suo arrivo per non destare sospetti di alcun genere, quindi sapeva per certo che non era un peloso terminale.

In un certo qual modo, però, lo avrebbe preferito; essere l’unica adoratrice della luna in tutta la scuola – con la sola eccezione di tre studenti dotati di pelliccia – era un inferno in terra.

Dover sempre stare attenta a quel che diceva, a come lo diceva, a quello che sollevava, a come lo sollevava… era tutto un come e un perché avariato all’ennesima potenza!

E lei detestava doversi contenere!

Ma, alla stessa maniera, adorava insegnare, perciò non se la sentiva neppure di cambiare mestiere.

Brutta da ammettere, ma le piaceva stare in mezzo ai ragazzi, anche quando la prendevano in giro di nascosto per la sua altezza da Hobbit.

Un metro e sessanta contro quei mostri da un metro e ottanta abbondanti che erano alcuni suoi studenti, era dura da digerire per una come lei, e loro lo sapevano.

Le carogne!

Ma gli voleva bene lo stesso, e loro a lei.

Intenta che era a spazzolarsi i mossi e morbidi capelli rosso fuoco – che teneva rigidamente legati in uno chignon, quando si recava a scuola – Cecily fissò malamente il cellulare non appena si mise a strillare Highway to Hell.

Chi poteva essere, alle sette del mattino?

Accettata la chiamata senza guardare neppure il numero del chiamante, ringhiò: “Chi rompe a quest’ora del mattino??”

Una risata liquida e sincera si allargò nell’aria e Cecily, sorridendo spontaneamente nel sentirla, mise giù la spazzola ed esclamò: “Ehi, Brie! Ciao! Qual buon vento, lupacchiotta?”

“Ciao, Ceel! Ti disturbo? Ero sveglia ad allattare Nathan, perciò non ho neppure pensato di guardare l’orologio e …”

Azzittendola subito, Cecily replicò lesta: “Tranquilla, piccola, mi stavo pettinando, quindi ero già debitamente sveglia. Come sta il nostro piccolo miracolo?”

“Ha solo sei mesi ma ha già imparato quando non svegliare la mamma e il papà” disse con orgoglio tutto materno la giovane wicca e Prima Lupa del clan di Matlock.

Sette anni. Ancora stentava a credere che fosse passato così tanto dalla prima volta che aveva incontrato quello straordinario concentrato di potere che era Brianna Ann McAlister.

Erano successe un sacco di cose da quell’incredibile incontro, tra cui la quasi Fine del Mondo ma, se non altro, poteva dire con assoluta certezza che, da quel momento in poi, la sua vita era stata certamente più allegra.

Lance, l’Hati di Duncan, si era sposato la primavera successiva al rapimento della loro Prima Lupa assieme alla matrigna di Brianna che, in una fresca mattina di fine estate, aveva partorito la loro prima figlia.

Keeley aveva già cinque anni, ed era una bellissima bambina dai capelli chiarissimi come il padre e gli occhi verdi della madre.

Non aveva idea se la coppia avesse intenzione di avere altri figli ma, visto che Mary Beth era già diventata una licantropa da almeno tre anni, dubitava che si sarebbero mai arrischiati ad averne un secondo.

Inoltre, i due genitori erano così innamorati della piccola che difficilmente avrebbero potuto sfornare amore sufficiente per un altro pargolo.

Non si poteva mai sapere, ma lo riteneva poco probabile.

“Zia, zia, posso tenere in braccio Nat? Posso? Posso?”

La voce trillante di Keeley si incuneò attraverso il telefono e Brianna, ridacchiando allegramente, mormorò: “Ora sta dormendo, tesoro. Ma puoi controllarlo per me mentre riposa e io sono al telefono.”

“Sì, zia” assentì la bambina con tono molto serio.

“Ti chiama ancora zia?” esalò divertita Cecily.

“Non le è ancora molto chiaro come io e Gordon possiamo essere i suoi fratelli maggiori, vista l’enorme differenza d’età, ma non è un problema se mi chiama così” le spiegò Brianna, con un tono allegro nella voce. “Prima che mi dimentichi, volevo sapere se tu e la tua ciurma avete il tempo di partecipare al battesimo di Nat. L’abbiamo programmato tra due domeniche. Ho già contattato anche Joshua, e mi ha detto che verrà sicuramente. Alec, Erin, Penny  e Gareth ci raggiungeranno un paio di giorni prima e così pure Bright con Estelle, la loro figlioletta Maggie e Kate. Tempest ci raggiungerà con Bryan e sua moglie Linda quella stessa domenica, mentre Fred, Becca e Matthew si fermeranno per una settimana. Per non parlare di Pascal che…”

Brianna elencò uno per uno tutti gli invitati al battesimo, berserkir compresi e Cecily, con un risolino, esalò sconvolta: “Ma… è un battesimo, o il G20?”

“Qualcosa di simile, in effetti” scoppiò a ridere Brianna.

“Ci sarò sicuramente, cara, non dubitarne neppure per un secondo. Avverto già Hugh di tirare fuori frac e cilindro” sghignazzò Cecily, tutta contenta all’idea di rivedere l’intera ciurma.

“Avrei voluto vederti con un uomo diverso dal tuo Hati, per quanto vedere Hugh sia sempre uno spettacolo degno di nota” ironizzò Brie, con tono divertito.

A ben pensare, Hugh era un personal trainer con i controfiocchi, con la sua statura importante, i possenti muscoli e la chioma scura che metteva in risalto un volto dai tratti forti e volitivi.

Gli occhi neri come la notte, poi, conferivano al suo sguardo un che di magnetico, di misterioso, e le donne cadevano a frotte ai suoi piedi.

Non lei, però.

Nessuno, fino ad ora, l’aveva scossa così tanto da farle venire le proverbiali farfalle nello stomaco.

“Mi spiace, carissima pupetta, ma nessun uomo a parte il mio Hati mi accompagnerà. Per ora, sono libera come l’aria. Io e Kate potremmo decidere di sposarci, alla fine. Ma Bright se ne avrebbe a male se gli portassi via la wicca a questo modo” sghignazzò Cecily, facendo scoppiare Brie in un nuovo accesso di risa.

“Gli uomini piacciono troppo a entrambe perché vi buttiate in questo genere di rapporto” ci tenne a sottolineare Brianna con tono da cospiratore.

“Verissimo, pupetta mia. Vorrà dire che mi adeguerò alla realtà dei fatti. Morirò zitella” sentenziò con sarcasmo Cecily, pur rabbrividendo sotto sotto a quell’eventualità.

“Hai trentasei anni, Ceel, non ottantadue. Io non mi butterei in mare solo per una cosa come questa” precisò Brianna, affabile e gentile come sempre.

“Detto dalla mia adorata wicca e neomamma, che a quasi ventotto anni è già sposata e con prole al seguito… ha un che di assurdo” ironizzò delicatamente Cecily.

Mugugnando a mezza bocca, Brie biascicò: “Ehi, Ceel, non posso farci nulla se la pillola non ha fatto effetto e il preservativo ha dato forfait.”

“A chi la racconti! Figurati se tu e Mac non l’avete cercato!” ghignò Cecily, conoscendo perfettamente la verità dei fatti.

Al termine della tanto sospirata università, Brianna aveva parlato lungamente con Duncan del suo desiderio di dargli un figlio.

Dopo quasi un anno di tentativi infruttuosi, la notizia dell’imminente nascita aveva attraversato l’intera Gran Bretagna come un fulmine a ciel sereno.

Nessuno di loro aveva idea di quale amalgama di potere si potesse concentrare in quel cucciolo appena nato.

Di certo, sapevano solo una cosa.

Il dio degli Inganni non era rinato in lui. Unica concessione nel suo genere, la Madre aveva sbarrato le porte a Loki perché non si impadronisse di nessun licantropo o berserkir, e la quercia sacra del Vigrond di Matlock aveva rassicurato i due genitori in tal senso.

Non aveva idea del perché la Madre Terra si fosse spinta a tanto nel condizionare gli eventi ma, se non altro, potevano stare tranquilli.

Nessuno dei nuovi nati nei vari clan di licantropi, da quel momento in poi, avrebbe mai più potuto essere posseduto dall’anima di Loki.

Niente escludeva che potesse rinascere in un altro corpo, ma di certo non avrebbe più potuto beneficiare dei poteri legati alla stirpe di suo figlio o di Wotan, che ormai era divenuto un bimbetto forte e robusto, stando almeno a quel che sapeva.

“Toglimi una curiosità… come mai Keeley si trova lì a quest’ora?” si incuriosì Cecily.

“Mary B e Lance sono a un Convegno Medico a Londra, così mi sono offerta di tenerla visto che Gordon è già partito per l’università di Nottingham, dove sta studiando per il Master in Lingue Antiche.”

“Materiuccia leggera, il ragazzo” fischiò ammirata Cecily, che si era detta d’accordissimo con la scelta del giovane quando, a suo tempo, aveva parlato con lei per avere consigli in merito.

“Già, è sempre stato una testa d’uovo” ironizzò Brie, mettendo del miele nella sua voce di contralto.

“Ha parlato quella da Summa cum Laude. Devo ricordarti che sei quella che si è laureata prima di tutte, nel tuo corso di Immunologia? E che l’ospedale di Matlock ha fatto i salti di gioia, quando hai scelto di fare praticantato da loro?”

L’ironia e l’affetto accarezzarono le orecchie di Brie che, a mezza voce, mormorò: “Okay, siamo due teste d’uovo.”

“Così mi può stare anche bene.” Controllato l’orologio, grugnì un insulto e, nel torcere la bella bocca, ammorbidita da un rossetto color prugna, mugugnò: “Devo andare, pupetta. Ma prometto di farmi sentire presto.”

“Ci conto, Ceel. Un bacio” mormorò Brie, chiudendo la chiamata.

Cecily si guardò pensierosa allo specchio, il viso pallido e solcato da rade efelidi sul naso, i lineamenti cesellati come quelli della madre che, ormai da tempo, si godeva il sole dei Caraibi assieme al padre.

Non l’aveva stupita per nulla la loro scelta di andarsene da Falmouth, dopo essersi sincerati che la loro unica figlia fosse saldamente al comando del branco di lupi della Cornovaglia.

Per  anni si erano trattenuti solo per darle l’opportunità di accrescere a sufficienza il suo potere e, quando si erano resi conto che la sua cerchia di alfa era abbastanza forte per darle una spalla cui appoggiarsi, erano partiti.

Tanti saluti e via.

Avevano fatto le valige per le spiagge assolate dell’isola di Guadalupe e, tramite Skype, si sentivano praticamente ogni giorno.

Non li biasimava, però, per questa scelta drastica e definitiva.

Suo padre, a causa di una brutta ferita ad una gamba, aveva risentito fin troppo dell’uggioso clima inglese e, da umano quale era, non aveva potuto contare sui recuperi miracolosi della specie cui appartenevano figlia e moglie.

A volte le mancavano, ma era felice per loro. Più che felice.

“Coraggio, vai a scuola. Non perderti in gloria” brontolò tra sé la donna, afferrando la sua ventiquattrore di pelle da uno sgabello vicino.

 
§§§

Ingollando il terzo caffè della mattina, accompagnato dall’immancabile sacchettino colorato di M&M’s, Cecily salutò con un sorrisino una delle sue colleghe – la dottoressa Stephenie Hollingsworth – prima di veder entrare, praticamente a crocchio, altre tre professoresse.

La manovra alla ‘chiacchierata fitta-fitta’ la insospettì immediatamente e, quando le sentì ridacchiare come un branco di scolarette di fronte al poster di Justin Bieber, aggrottò la fronte e si fece attenta.

Grazie al suo udito sopraffino, non le occorse molto per capire di cosa stessero confabulando così fastidiosamente.

Il nuovo professore.

Disgustata dai loro toni infantili e dalle battutine sulla sua camminata elegante, piuttosto che sulla sua giacca di tweed che tanto ricordava i professori degli anni ottanta, Cecily si concentrò unicamente sul suo caffè senza più degnarle di attenzione.

Quando però Renata Elliott le si affiancò con aria da cospiratrice e le passò un braccio attorno alle spalle, non poté esimersi dall’ascoltare.

In fretta, le altre tre professoresse si unirono a loro. Cecily disse addio alla pace tanto ricercata e si stampò in faccia un bel sorriso fasullo, mormorando: “Allora, com’è questo fantomatico genio di Truro?”

“Oooh, avresti dovuto vederlo, Cecily, quando è sceso dalla sua Toyota Prius!” esalò eccitata Megan Ferranti, battendo le mani con aria esaltata. “Mi è parso subito Daniel Craig in ‘007’!”

“Ma che dici? Ma se non gli somiglia per niente!?” protestò vibratamente Renata, replicando immediatamente al suo dire. “Per me assomiglia di più a Chris Hemsworth. Sììì, quando interpretava Thor! Oooh, sì sì.”

“Sbagliate entrambe. E’ più come Robert Pattinson, direi…” ribatté sagace Miranda Barr, annuendo come se avesse appena esposto la soluzione a tutti i mali del mondo.

Le altre due, scuotendo le loro chiome gemelle – tinte dello stesso color giallo paglierino – si dichiararono decisamente in disaccordo, puntando piuttosto su Channing Tatum.

Alla fine, Cecily aveva le idee così confuse che si scusò con tutte loro e uscì in punta di piedi dalla sala professori, chiedendosi che razza di faccia potesse avere questo fantomatico nuovo arrivato e, soprattutto, come si chiamasse.

Perché, in tutta quella confusione di attori, modelli e, soprattutto, di tartarughe – come avevano fatto a ipotizzare che l’avesse? – il suo nome non era mai spuntato fuori.

Ingollando l’ennesimo M&M’s all’ombra di una quercia dalla folta chioma, l’aria salmastra del mare che si incuneava tra le case fino a giungere nell’entroterra e alla scuola, Cecily prese un gran respiro e si appoggiò alla possente pianta.

Chiusi gli occhi, ne ascoltò il quieto stormire, allargò i suoi sensi come un ventaglio per captare i suoni della cittadina, i suoi profumi come i suoi odori più agri, la sua bellezza e i suoi difetti e, alla fine, riuscì a chetarsi.

Tutte quelle ciance inutili l’avevano innervosita.

Non le piaceva parlare alle spalle delle persone – troppo spesso l’avevano fatto con lei, perché potesse piegarsi alla medesima abitudine – e, soprattutto, trovava assurdo che le sue colleghe si comportassero in modo così infantile.

“Ehi, prof! Pausa dolciumi?”

Volgendosi a mezzo quando vide avvicinarsi uno dei suoi studenti dell’ultimo anno – tale Tyler Finney – Cecily abbozzò un sorrisino nell’offrirgliene uno e, annuendo, mormorò: “Meglio affogarsi in questi che affogare qualcuno.”

Il giovane sghignazzò divertito e Cecily si rilassò ulteriormente.

Figlio di una coppia di neutri del suo branco, Tyler era nato del tutto umano, senza neppure una stilla di DNA mannaro nel sangue.

La sua famiglia, per rendergli le cose più semplici, lo aveva tenuto all’oscuro di tutto il mondo segreto che esisteva oltre a quello umano, ma Cecily aveva promesso loro la stessa protezione concessa a ogni neutro, o lupo, del suo branco.

Quando se l’era ritrovato in classe, sbarbatello e timido al punto giusto, ne aveva quasi gioito.

L’aveva visto crescere, maturare, esplorare i meandri della sua intelligenza non comune e, ormai giunto alla soglia dei diciotto anni, l’aveva instradato verso la sua vera, unica vocazione.

A ottobre sarebbe partito per Londra per studiare giornalismo all'università e, pur se le dava fastidio ammetterlo, ne avrebbe sentito la mancanza.

Poggiate le spalle contro il tronco della pianta, Tyler intrecciò le braccia sul torace da nuotatore che si ritrovava – pareva un pesce, in piscina – e, lanciato uno sguardo di sottecchi alla sua professoressa di inglese, mormorò: “Ha già avvisato il capobranco di Londra del mio arrivo?”

Cecily si fece di ghiaccio per un istante prima di recuperare il suo consueto aplomb e Tyler, ridacchiando affabile, scrollò le spalle e asserì: “L’ho scoperto da solo. Mamma e papà me l’hanno solo confermato.”

“E cosa avresti scoperto, per curiosità?” si premurò di chiedere Cecily, lanciandogli un’occhiata interessata da sopra la spalla.

Tyler la superava di una buona testa e mezzo e la sua prestanza fisica era indubbia, eppure Cecily sapeva bene quanta paura covasse sotto quell’apparente sicurezza.

Il ragazzo sapeva per certo chi stesse guardando in quel momento e, proprio per questo, ne aveva timore reverenziale.

Il che era un bene. Non faceva che confermare quanto fosse intelligente.

“Diciamo soltanto che so un po’ di cose.” Poi, con un risolino contrito, ammise: “Ho ascoltato di nascosto alcune telefonate di mamma e, quando i miei sospetti si sono fatti davvero seri, li ho pedinati.”

“Mi sembrava strano che uno dei miei si fosse fatto beccare da un senza pelo” brontolò Cecily, pur sorridendo.

Tyler sorrise lieto di fronte a quell’ammissione e la donna, con un leggero sospiro, gli domandò: “Non avresti preferito rimanere nell’ignoranza più totale, ragazzo?”

Il giovane si grattò pensoso una guancia facendosi serio in viso ma, alla fine, asserì con sicurezza: “Direi di no. Nel bene e nel male, bisogna sapere tutto della propria famiglia. E questa mi sembra una cosa piuttosto importante, non le pare?”

“Discretamente” ammise con noncuranza lei.

Tyler allora la fissò scettico e Cecily si vide costretta a ritrattare. “Okay, d’accordo. Molto importante. Ma almeno hai capito perché te l’hanno taciuto?”

“Certo. E, in parte, gliene sono grato. Forse, se me lo avessero detto qualche anno fa, sarei andato fuori di testa. Ma ora… sono contento di sapere” le spiegò lui, scrollando le spalle.

Cecily annuì compiaciuta e disse: “Joshua Ridley, Fenrir di Londra, è già stato informato che da ottobre solcherai il suolo londinese. Uno dei suoi mánagarmr veglierà sempre su di te e, se tu lo vorrai, renderà nota la sua presenza.”

“Perché tutto questo?” si informò allora lui, scrutandola con i suoi profondi occhi color giada.

La donna affrontò quello sguardo con uno altrettanto serio e, con l’acciaio nella voce, dichiarò: “Sei un mio protetto e lo sarai sempre, razza di disgraziato. Pensi davvero che ti avrei mandato senza protezione in una città come Londra? Nessuno dei miei figli senza pelo verrà mai lasciato solo a se stesso, a meno che non sia proprio lui a richiederlo.”

Tayler allora le sorrise con calore e, per l’ennesima volta, Cecily si disse che, se anche non avesse mai incontrato l’uomo dei suoi sogni, lei avrebbe avuto questo.

L’amore del suo branco, di tutti coloro che lei proteggeva     quotidianamente, che avrebbe amato fino al suo ultimo respiro.

“Sarebbe sconveniente abbracciarla, vero?” le domandò a quel punto lui, contrito e imbarazzato al punto giusto.

“Qui a scuola? Mi denuncerebbero per adescamento di minore, quindi tieni le mani a posto, giovincello” brontolò Cecily, piazzando le mani sui fianchi con aria dittatoriale.

Tyler ridacchiò di quella posa e, accentuando la dolcezza nei suoi occhi, asserì: “Mi farebbe davvero piacere vederla nella sua seconda forma, prof. Non può che essere bellissima… almeno come lo è in forma umana.”

“Ora non fare il ruffiano.” Il tono fu serio, ma sorrise nel dirlo.

Il giovane allora levò le mani in segno di resa e, allontanandosi di un passo, le domandò: “Potrò mai vederla?”

“Prima di partire per Londra, al Vigrond” gli promise lei, scacciandolo via con un cenno della mano subito dopo.

Tayler ne approfittò per afferrare quelle dita sottili ed aggraziate e, nel baciarne il dorso morbido e setoso, mormorò: “Servo della mia stimata Fenrir.”

“Sciò, ragazzino! Vai!” sbottò Cecily, pur ridacchiando.

Il ragazzo trotterellò via allegro e la donna, sbuffando e ridacchiando assieme, si rilassò nuovamente, appoggiandosi contro la pianta.

In fondo, non gli dispiaceva che il ragazzo sapesse.

Così, per lo meno, sarebbe stato un po’ più attento, a Londra.

Sapere che i mostri non erano solo i criminali umani poteva salvare la vita, in fondo.

“Piacerebbe anche a me un rapporto simile con i miei studenti” esordì una voce a poca distanza da lei.

Cecily, nel volgersi a mezzo, scrutò interrogativa la faccia sconosciuta che si avvicinò alla quercia calpestando la sottile erba del prato e, inclinato il capo di lato, replicò: “Tyler è solo un fanfarone e un amico di famiglia, così se ne approfitta.”

L’uomo, dalla folta capigliatura castano scura e gli occhi di un bel verde foglia, sorrise gentilmente e, nel poggiarsi a sua volta contro la pianta, guardò verso l’altro per scrutarne la chioma ombrosa e danzante.

“A me è parso un ragazzo educato” asserì l’uomo, lanciandole un’occhiata complice corredata da sorriso elegante.

Storcendo la bella bocca, Cecily mormorò: “Lei è…”

Allungando una mano senza scostarsi dalla pianta, l’uomo dichiarò: “Scusi la scortesia. Sono il nuovo professore di Storia. Fitzwilliam Darcy, tanto piacere.”

Già a metà del percorso per raggiungere la sua mano, Cecily si bloccò di colpo e, accigliandosi immediatamente, borbottò: “Mi prende in giro, per caso?”

“Per nulla. Grazie all’amore smodato di mia madre per Jane Austen, e alla fortuna che mi ha voluto figlio di una donna della dinastia dei Darcy, mi ritrovo addosso questa Spada di Damocle, ma non ho avuto cuore di cambiare il nome, raggiunta la maggiore età” precisò l’uomo, sorridendole con aria contrita. “Sa… ho solo lei, e non vorrei davvero ferirla.”

Stretta la mano ancora protesa dell’uomo, la donna mormorò: “Cecily Fairchild, tanto piacere. Insegnante di Inglese.”

Nel ritirare la mano, Fitzwilliam tornò a scrutare la chioma della quercia e asserì: “E’ una pianta davvero splendida, non trova?”

Seguendone lo sguardo, Cecily annuì e, a mezza voce, si dichiarò d’accordo con lui. “Mi piacciono molto le piante di questo giardino. Sono ben tenute.”

“E sono un ottimo modo per scampare agli sguardi dei colleghi” aggiunse l’uomo, ammiccando al suo indirizzo.

Cecily annuì suo malgrado e, con discrezione, si concesse il lusso di studiarlo un po’ meglio.

No, non aveva nulla di Channing Tatum, come di Daniel Craig, Chris Hemsworth o Robert Pattinson. Era un uomo dai lineamenti regolari, alto, dalle spalle ben proporzionate con il resto del corpo, ma non era un palestrato convinto, né un efebico attore o un ex fotomodello.

Le sue mani sarebbero state perfette per un pianista, ma poteva immaginare senza problemi che, sotto quegli abiti tagliati su misura, vi fosse un fisico abituato al lavoro manuale. O, per lo meno, all’attività fisica.

Non era semplicemente un erudito, ma anche un uomo che non si sarebbe tirato indietro, qualora fosse stato necessario sporcarsi le mani.

I calli sulle sue mani lo dicevano a chiare lettere, così come le sottili cicatrici bianche attorno alla congiuntura delle dita.

La vista di un licantropo, a volte, era più utile di una sequela di domande sciocche e imbarazzanti.

Se proprio avesse dovuto esprimersi sul suo volto, avrebbe detto… Orlando Bloom. Ma le analogie hollywoodiane finivano lì.

Dubitava fortemente che Darcy avesse tutto il concentrato di muscoli sovrabbondanti di un Craig o di un Hemsworth, anche se non si poteva mai dire.

Inoltre, i sottili occhiali dalla montatura metallica gli conferivano più un’aria alla Bruce Banner, che alla Thor.

E lì si fermò, perché stava diventando antipatica persino a se stessa.

Non era una persona che si soffermava così tanto su cose simili!

Arricciando il naso, Cecily si diede mentalmente dell’idiota prima di chiedergli: “Come la devo chiamare? Spero non Fitzwilliam, altrimenti giuro che non la nominerò mai!”

L’uomo rise sommessamente a quel commento così lapidario e Cecily, suo malgrado, si chiese perché avesse dovuto comportarsi come suo solito in maniera così brusca.

E dire che la madre le aveva insegnato l’educazione, da piccola!

Gli occhi color delle foglie di Darcy si illuminarono e, nell’arricciare le palpebre, lui replicò: “Dio, non vorrei neppure io che mi chiamasse così! Basta semplicemente Darcy, o William. Will, se avrà voglia di darmi del tu.”

“Non ho remore a dare del tu alle persone, a patto di essere ricambiata” convenne lei, scuotendo le spalle.

“Allora io ti chiamerò Cecily” dichiarò l’uomo, sorridendo disinvoltamente.

Un attimo dopo, al suono argenteo e melodioso del canto di un cardellino, piazzatosi su un ramo vicino per canticchiare sonoramente, l’uomo volse lo sguardo e si illuminò in viso.

Subito divertita da quel giocoso uccellino, Cecily si accigliò non appena si rese conto del comportamento dell’animale e, sì, dell’uomo al suo fianco.

Era raro che un qualsiasi membro della fauna locale si avvicinasse così tanto a lei. Non solo l’uccellino non pareva impaurito dal licantropo che si trovava a pochi passi dalle sue tenere carni ma, addirittura, sembrava del tutto ignaro della sua presenza.

E, a ben guardare, Cecily comprese anche il perché. O meglio, comprese chi stesse attirando così tanto l’attenzione dell’uccellino, ma non perché si fidasse a rimanere.

Darcy e il cardellino si stavano guardando come se non esistesse null’altro attorno a loro, e la cosa stupì non poco la donna.

Anche l’uomo osservava con occhi deliziati il piccolo volatile, le mani poggiate sui fianchi e l’aria di non avere nessuna voglia di tornare in scuola.

C’era qualcosa di tremendamente sbagliato in quell’immagine, ma non seppe dire cosa, di preciso.


______________________________
N.d.A. Ed eccoci con questa nuova avventura, con vecchi amici e nuove comparse. Spero vorrete farmi sapere cosa ne pensate, e se vi è già venuto in mente qualcosa su Darcy e il suo strano rapporto con il cardellino.
Grazie in anticipo a chi commenterà e leggerà questa storia.
A presto!


  
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