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Autore: fanniex    09/06/2014    3 recensioni
Seguito di "Jayon". Molti mesi e premi dopo. Ancora Jared e ancora una aiuto assistente.
E lo spirito della dolce Rayon a far loro compagnia.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'And the Winner is ...'
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Come ho indicato nella presentazione, questo sarebbe l'ideale seguito di "JAYON", un vecchia OS postata ormai anni luce fa. Rispetto alla sua progenitrice, ho cercato di infondere a questa seconda parte un tono un po' più leggero, che rispecchi meglio lo stato d'animo di Jared (e degli echelon tutti) al momento. E' ambientata nei giorni subito successivi alla Notte degli Oscar, e in effetti è quasi da allora che ce l'ho nel fantomatico cassetto, dove probabilmente avrebbe fatto meglio a rimanere.

Ovviamente, la storia è pubblicata senza alcuno scopo di lucro e non ha nessuna pretesa di fornire un immagine reale e veritiera di Jared Leto, sul quale, come da anni ormai è costretta ad ammettere, l'autrice non possiede alcun diritto!


*** 

 

E SE STAVOLTA CAMPANELLINO FOSSI IO ....



Non riesco a credere di trovarmi ancora di fronte a lui.
Un'altra volta.
A più di un anno di distanza, ormai.

“Posso offrirti una tazza di tè?” - Domanda impassibile, da perfetto padrone di casa.
Eh già! Proprio la cortesia fatta persona!

Sorride apertamente, come se non riuscisse ad evitarlo. Come se facesse unicamente questo da giorni ormai. Non posso certo asserire di conoscerlo bene ma mi pare di cogliere, di tanto in tanto, tuttora un guizzo di Rayon nei suoi occhi e nei suoi gesti.

“Grazie. Con piacere.”

Mi affretto ad accettare, sforzandomi di apparire a mio agio.
Ripeto nella mia mente che dovrei cercare di fissarlo il meno possibile ma questa è una battaglia che ho sempre perso, anche durante quelle poche settimane in cui ci siamo trovati a condividere il set.

Soddisfatto della mia risposta mi fa strada verso la cucina, attraversando l'ampio e luminoso soggiorno. Non è poi un uomo così ordinato come avevo presunto. Ci sono scatoloni un po' dappertutto e un sacco di strana paccottiglia sulla quale origine non avrei mai il coraggio di indagare. Libri lasciati aperti qua e là, alla rinfusa, e ovviamente un paio di chitarre acustiche e qualche bongo in bella mostra.
In un angolo, seminascosta da una pianta ornamentale che necessiterebbe di una bella reidratata, scorgo persino l'armatura che indossava in Alexander. Con tanto di cimiero e gonnellino.
E mi sorprendo a riconoscere come qualcosa di vero dietro la sua leggenda ci sia realmente, dopotutto!

La cucina, per contro, non è molto spaziosa ma appare pratica e funzionale. Un attrezzato mobile a parete laccato completo di elettrodomestici, bianco e nero, un normalissimo tavolo con altrettanto normalissime sedie abbinate. Stop. È accogliente e sa di vissuto e in effetti lui ci si muove con estrema naturalezza. Apre uno stipetto e, rimanendo appeso al pomello dell'anta come una scimmietta, si volta a guardarmi.

“Cosa preferisci?”

Sono più che convinta che l'espressione da ebete dipinta sul mio viso nel vederlo così non abbia bisogno di spiegazioni. È più forte di me, non riesco ad evitare di fissarlo estasiata.

“Dunque … ” - continua, girandosi nuovamente verso il pensile ancora aperto, - “... qui abbiamo tè bianco, tè nero, al gelsomino ...” - sposta qualche graziosa confezione artigianale, - “... alla vaniglia, rooibos e … uh guarda qua, c'è anche il karkadè!”

Ero già a conoscenza della sua passione per il tè, sul set in pratica non assumeva nessun altro alimento, ma questo lo definirei quasi amore platonico viscerale!
Spinta dalla curiosità sbircio all'interno del mobiletto dove scintillano la statuetta placcata d'oro del Golden Globe vinto a gennaio e il recentissimo e già inevitabilmente ammaccato Oscar.

“Sul serio li tieni lì dentro?” - Gli chiedo stupita ma nemmeno esageratamente. Che fosse vagamente eccentrico l'avevo già capito.

Si volta ancora verso di me notando il mio indice puntato a suoi premi. E ridacchia sornione stringendosi nelle spalle, da vero commediante nato.

“Una vetrina in salotto sarebbe troppo da snob. Tenerli in bagno ormai è diventato un cliché, perciò … eccoli qui! Tra le cose a cui tengo di più. I miei infusi e i semi per il popcorn.” - Ne estrae una confezione per agitarmela davanti agli occhi prima di riporla al suo posto.

“Tu non sei normale!” - Sussurro, più a me stessa che a lui. Anche se mi ha ugualmente sentito.  

“Lo so, tesoro, lo so! … Allora, gusto?”

Devo ammettere che questa situazione sta cominciando ad assumere connotati paranormali. Che diavolo ci faccio nella sua cucina, con lui che, in tutta tranquillità, si sta apprestando a mettere sul fuoco il bollitore per il tè?

“Fai tu! … Quello che prendi tu per me va bene!” - Concludo sconfitta.

Sì, è così, mi sento abbattuta.
Non capisco. E quando non capisco, mi allarmo. E se mi allarmo, sragiono. Ma so che tanto, finché il signorino non deciderà di illuminarmi, non ne verrò di certo a capo da sola.

Con un piccolo balzo mi siedo sul bordo del tavolo, lasciando le gambe a penzoloni. Gesto che ovviamente non è sfuggito all'attenzione del padrone di casa, il quale aggrotta la fronte un po' sorpreso ma divertito.

“Perdonami,” - mi affrettò a scusarmi, senza peraltro scendere da lì, - “ti dispiace per caso?”

Scuote la testa. - “No, affatto! Mettiti pure comoda.” - Mi squadra vagamente compiaciuto. - “Mi piace questo tuo lato disinvolto. Non lo mostravi tanto spesso. Era un peccato!”

Spesso? Con lui non avrei dovuto mostrarlo mai, altro che spesso!
Una aiuto-assistente di produzione non è tenuta ad allietare la star durante i tempi morti tra una ripresa e l'altra. Purtroppo, in sua presenza il mio autocontrollo aveva la pessima abitudine di andare a farsi un giro e io finivo sempre, volente o nolente, per assecondarlo.
In principio era soltanto un gioco. È un uomo molto divertente, quando vuole. E spiritoso. Flirtava con me come è abituato a fare da anni, con ogni essere vivente, indifferentemente di sesso femminile o maschile. Niente di speciale.

Finché la cosa non ci è leggermente sfuggita di mano. O perlomeno a me e decisamente sfuggita di mano!
E siamo finiti a fare sesso sul divanetto del suo camper. Non che me ne sia pentita! Sarei folle solo a pensarlo. Ero ossessionata da lui e lo desideravo da morire. Ma lui non stava bene, fisicamente e spiritualmente, anche se non ne ha mai fatto parola con nessuno. Ed io mi sono vergognosamente approfittata del suo corpo.

Lo stesso corpo che in questo stesso istante si muove ondeggiando davanti ai miei occhi. Cazzo! Perché quest'uomo deve essere tanto maledettamente irresistibile. Ha i capelli ancora umidi raccolti in un codino mezzo sbilenco. Una t-shirt bianca che avrà come minimo la mia età, o almeno la dimostra. Un pantalone della tuta sformato. Calzini multicolore e un bel paio di ciabatte col pelo. Eppure gli salterei addosso senza nemmeno farmelo dire due volte!

“Sei molto carina vestita così, sai?” - Esordisce invece lui. Eccolo di nuovo alla carica. Modalità seduttore attivata.

Cosa ci troverà di carino poi? Ammetto che ci ho messo più cura del solito nel prepararmi, ma alla fine indosso semplicemente una maglia, un jeans e un paio di stivali. Sì, forse la maglia è un tantino più scollata del solito. Okay! Magari anche i jeans sono vistosamente più attillati. E gli stivali oserei dire quasi sexy. Ma, santo cielo, il suo invito mi ha colto totalmente alla sprovvista, facendomi precipitare in un limbo fatto di zucchero filato e fatine con ali di farfalla! Che avrei dovuto fare? Presentarmi in tuta, come ha fatto lui? Lui se lo può permettere, visto il dono di natura che si porta dietro. Io no!

“L'hai detto anche l'altra sera.” - Non raccolgo e mi concentro sulla tattica della assoluta padronanza di me stessa. Finta, ma finora ha retto piuttosto bene. - “Stai cominciando ad esaurire il repertorio?”

Quando Trevor Herrera, uno degli assistenti di studio, mi aveva incrociata nei corridoi la settimana scorsa mettendomi al corrente che c'erano ancora dei free tickets disponibili per la premiere e il party del film a Los Angeles e che se avessi voluto avrei potuto partecipare, ero rimasta a lungo in dubbio se accettare o meno.
Non per la faccenda di Jared, ovviamente! Non avevo il minimo dubbio che per lui il nostro breve incontro fosse stata una cosa di rilevanza zero. E, anche se di certo non potevo affermare che per me fosse lo stesso, avevo imparato a conviverci, isolandolo come un piacevole ricordo da conservare nei meandri della memoria. Qualcosa di formativo. Alla stregua di quel capodanno di quattro anni fa quando, insieme a Kat, c'imbucammo ad un party di non so quale star, a Brentwood, e ubriache come zampogne finimmo per vomitare sopra un preziosissimo mobile di mogano dell'Honduras intarsiato. Scoprimmo quella sera che il mogano dell'Honduras è uno dei legni più porosi dell'intero regno vegetale. Assorbe praticamente tutto! Credo che i proprietari della villa ci stiano ancora cercando per farcelo risarcire.

Ad ogni modo, è stata proprio la mia amica Kat a togliermi dallo stato di indecisione e a convincermi ad andare alla premiere. Anche lei è del mestiere dopotutto, lavora ormai da anni come assistente operatore in una specie di polpettone televisivo da milioni di puntate, uno dei nostri numerosi argomenti di discussione. Lei in tv ha una carriera solida e proficua, economicamente parlando. Io invece lavoro solo quando ho la fortuna di essere chiamata. Sono praticamente una co.co.pro dell'industria di celluloide. Tutto grazie alla mia infantile fissazione per i sogni!

Jared è stato l'oggetto di un'altra nostra aspra controversia. Kat è l'unica a sapere quello che è successo nel suo camper ed era rimasta piacevolmente stupita dal mio comportamento, trattandosi in effetti di una condotta che cozza vistosamente con il mio abituale modo di fare.
Anche se non comprende affatto la mia ossessione per lui. Lo giudica una bambolina insipida e vanitosa. Nemmeno tanto esteticamente sconvolgente. Parole sue! Per me è pura blasfemia!

Logicamente l'ho portata alla premiere insieme a me, contando sul suo sostegno ma ci avrei pensato due volte se avessi immaginato che mi avrebbe obbligata ad agghindarmi come se stessimo andando ad un gala a Montecarlo. Mi ha costretta in un abitino da sera nero, smanicato e con la gonna dal taglio irregolare, una decina di centimetri sopra il ginocchio. Molto bello, ad essere sincera, ma che decisamente non faceva per me. E poi il corpetto era così stretto che sono rimasta in apnea per la metà del tempo. Per non parlare dei quelle trappole con dodici centimetri di tacco che avevo ai piedi!

“Ti ho detto così l'altra sera? Che eri carina?” - Jared mi risveglia bruscamente dal flashback che ho ricreato nella mia testa.

“Già!”

Lui scuote la testa divertito. - “Dovevo proprio essere fuori di me allora! ...”

Si avvicina ancora un po', fino a poggiare i palmi delle mani sulle mie ginocchia. Immobili. Sto tremando, ma solo internamente. Non ho idea di che cosa abbia in mente ma non penso che potrei reggere a lungo. È troppo vicino.

“... Solo carina? … Eri bellissima ...” - L'ultima parola l'ha appena sussurrata, ad un millimetro dal mio viso.

Ripensandoci, oggettivamente il vestito deve essergli piaciuto parecchio. Perché invece che ignorarmi, come in realtà mi aspettavo facesse, mi aveva salutata come se fossimo amici di lunga data e si era fermato a parlare con me e Kat per buona parte della serata. È stato proprio in quell'occasione che mi ha chiesto il numero di telefono. D'altra parte era passato appena un anno dall'ultima volta che ci eravamo visti. Bazzecole!
E poi questa mattina mi ha chiamata, invitandomi a casa sua. Per chiacchierare, così ha detto. La parte razionale di me mi ha implorata fino all'ultimo di rifiutare, ma come ho già detto, quando si tratta di lui, c'è qualcosa nel cervello che smette di girare per il verso giusto.

“Jared?” - Mi azzardo a chiedergli qualcosa, cercando di non incespicare più del solito. - “Perché sono qui?”

Si scosta da me sorridendo apertamente. - “Per il tè! Ovvio, no? … Dai, accomodati di là che te lo servo. Dovrò pur sdebitarmi in qualche modo.”

Ignoro la sua ultima affermazione e mi allontano nuovamente verso il salotto, approfittandone per mettere più metri possibili tra me e lui.
Si sente in debito, quindi? E per cosa?
Se il motivo è che gli ho permesso di sfogare con me il suo disagio, beh, forse dovrei chiarirgli che sono a disposizione per altre azioni umanitarie del genere. Ho uno spirito da crocerossina piuttosto sviluppato! … Fortuna che questa cazzata riesco solo a pensarla e non avrò mai il coraggio di ripeterla a voce alta.

Mi raggiunge in salotto un paio di minuti più tardi, munito di un solido vassoio da colazione, uno di quelli con le gambe pieghevoli, su cui ha appoggiato un paio di tazze e qualche biscotto ricco di cereali e povero di gusto. Niente cookies, purtroppo!

“Scusa ma ho trovato solo questo!” - Mi dice indicando il vassoio, mentre si siede sul divano a qualche passo da me. Dio Santo, sta pure accavallando le gambe! Spero che abbia edulcorato quel tè con del bromuro in dose da cavalli. - “Non è molto raffinato ma penso che possa andare bene lo stesso, no?”

Mi stringo nelle spalle deviando lo sguardo verso la parete di fronte a me. Improvvisamente l'inquietante disegno appeso al muro mi sembra irresistibilmente interessante.

“Non preoccuparti. Non mi aspettavo di certo di trovarmi a Downton Abbey!”

Lui sorride e mi porge una delle tazze. Salvata in corner da una parvenza di ironia, comincio a sorseggiare piano il liquido bollente e non riesco ad evitare un sospiro. È delizioso! Una delle cose più buone che abbia mai bevuto.

“Mango e vaniglia!” - Chiarisce subito lui, interpretando all'istante il mio mugugno come un apprezzamento.

“Veramente buono! Ottima scelta.”

“Pensavo che avresti gradito un tocco di dolcezza.”

Non so perché ma credo che mi abbia appena definito una brutta acidona che ha bisogno di essere ammorbidita. Sbaglio? Forse dovrei replicare ma decido di fare la superiore, per una volta. Mi limito a sbuffare, impercettibilmente, e i miei occhi tornano a vagare in giro. La mia attenzione è colpita ancora una volta dal riflesso dell'armatura di Efestione.

“Non ti facevo vanitoso fino a questo punto!”

Gli occhi di Jared si annebbiano per un istante, finché seguendo la direzione del mio sguardo non finiscono per incrociare l'oggetto che ha catturato la mia attenzione. Sbuffa alzando gli occhi al cielo, simulando una smorfia volutamente effeminata che mi strappa inevitabilmente un sorriso.

“Dai, sul serio ...” - continuo pungolandolo, - “... non avrai mica intenzione di finire come Norma Desmond?”

Esplode in una risata clamorosa, tirando indietro la testa mostrandomi il suo collo perfetto e quell'irresistibile pomo d'Adamo muoversi freneticamente su e giù.

Okay, test da superare assolutamente se voglio mantenermi viva e in salute … prova numero 1: finire il tè il più in fretta possibile e uscire come una scheggia da questa casa. Ce la posso fare, coraggio!

“Non sai quanto mi sia mancato qualcuno che mi facesse ridere così, negli ultimi giorni!” - Si riprende qualche secondo più tardi, asciugandosi gli occhi.

“È proprio un periodaccio, eh?” - Gli chiedo ironicamente. Basta osservarlo per un istante per accorgersi di quanto in realtà sia soddisfatto. Se lo conoscessi meglio forse potrei anche azzardarmi a definirlo felice.

Lui annuisce gongolando. - “Già!” - Sbuffa un'altra volta. E nemmeno questa volta seriamente. - “Tutte queste interviste, questi pranzi, cerimonie ...”

“Tutti questi premi!” - Intervengo io, rubandogli la chiusa. Ridacchia con un fare un po' da sbruffone ma si vede subito che è solo un paravento. - “Ti meriti tutto questo, Jared! E molto altro!” - Concludo, sincera e convinta. Mi auguro che lui se ne accorga e non scambi la mia stima per piaggeria.

Solleva un po' le spalle ma sembra quasi arrossire mentre mi sussurra un Grazie appena soffiato. Cerca la mia mano strisciando sulla superficie del divano e quando la raggiunge la stringe delicatamente. E il traguardo della prima prova del test di sopravvivenza diventa un puntino minuscolo all'orizzonte.
Oddio, e adesso che faccio? Perché ora mi guarda così? Sembra tanto un cucciolotto indifeso desideroso di coccole.
E se ci stesse davvero provando con me? Per quanto la cosa mi possa apparire paradossale al momento, i suoi occhi, i suoi gesti, il tono di voce … sembra tutto finalizzato a … no, no, no, no! E ancora no!

Aspetta … e perché no, poi? Non è quello a cui penso in continuazione?

Certo che sì!

E allora? Se anche fosse questo il motivo per cui sono qui … che ci sarebbe di sbagliato?

Ci sarebbe, per esempio, che potrebbe passare un altro anno prima che lui si faccia vivo di nuovo!

Va bene, ma per quanto io sia pazza di lui (e in questo momento l'aggettivo pazza è il più fedele che mi viene in mente!) non ho passato questi mesi in lacrime strappandomi i capelli perché lui era sparito. La mia vita è tornata quella di sempre. Perché non dovrebbe essere così anche stavolta?

Boh? Forse perché potrei finire per innamorami di lui!

Stupida! Come se non lo fossi già. Il bello è che glielo ho anche detto, quella volta. Chissà se lui se lo ricorda?

Spero proprio di no!

 

“Va tutto bene? Hai una faccia!”

Porca miseria! Da quanto tempo sto parlando da sola? Cazzo, se ne è persino accorto! Che figura di merda. Tento malamente di recuperare un po' di dignità con una lunga sorsata di quell'infuso paradisiaco.

“Non hai risposto alla mia domanda!” - Gracchio, schiarendomi la voce. - “Che ci fai con l'armatura? Giochini in maschera?”

E ma allora mi voglio male da sola! Sarebbe meglio che fossi nata muta anziché astigmatica! Ma evidentemente lui è più intelligente di me, infatti si limita a sorridermi maliziosamente portandosi la tazza alle labbra.

“In effetti, l'avevo presa dal set per fare uno scherzo a mio fratello ...” - ridacchia socchiudendo gli occhi come un monello dispettoso, - “... una scommessa idiota … ma molto, molto divertente!”

Alt! Non voglio sapere di che cosa si trattasse. La mia fantasia non ha certo bisogno di altre sollecitazioni.

“Poi però è diventata una specie di tradizione.” - Continua con tono di voce pacato. Non lo so, ho come l'impressione che voglia suggerirmi qualcosa a cui non riesco ad arrivare.

Notando il mio impasse si alza dal divano, posa la sua e la mia tazza di nuovo sul vassoio, e mi tende una mano.

“Vieni con me.” - Sussurra appena. Con un guizzo negli occhi.

E io che faccio? La afferro con decisione, ovviamente!

Mi guida verso le scale che conducono al piano superiore, senza guardarmi ne rivolgermi la parola, e giunti a circa metà di uno stretto corridoio, si ferma. Di fronte a una sorta di parete scorrevole. Non penso che sia la sua camera. Sembra più che altro un armadio a muro. Ipotesi confermata nell'esatto momento in cui fa scorrere entrambe le ante principali lungo i binari.
Già! È proprio un guardaroba. E anche stipato fino all'inverosimile.

Okay! Ma perché non siamo in camera sua?

Jared fruga tranquillo tra la sua roba, come se fosse del tutto normale, finché non estrae dal fondo una felpa nera con il cappuccio e la zip metallica.

“Ecco!” - Me la porge tutto allegro. Carina! Ma che ci dovrei fare? Non ho mica freddo! - “Questa la indossavo in Lord of War, in una delle mie scene preferite.”

Aaahh! Fisso l'indumento annuendo. Forse ora comincio a capire. Gliela rendo e lui la fa sparire rapidamente nell'armadio, per indicarmi un cappottone blu scuro taglia XXXL, con tre grossi bottoni sul davanti, appeso poco più in basso.

Chapter 27?” - Suggerisco. E lui sorride sorpreso. Ho visto più volte quel film. Come non ricordare il cappotto di Chapman?

Poi si allunga verso una mensola e afferra un maglioncino, che mi stende subito davanti al viso. È un gilet di lana con lo scollo a V e una fantasia a rombi bianchi, grigi e blu.

“Questo di certo non lo conosci!” - Annuncia trionfante.

Ma il sorriso gli si spegne quando incrocia il ghigno lievemente increspato sulle mie labbra.

Mr Nobody per caso?”

“Di' un po', ma sei una stalker?” - Chiede fingendosi allarmato mentre ripone anche l'ultimo pezzo nel guardaroba.

Sbuffo infastidita. Egocentrico! Gli sfugge che il cinema sia anche il mio lavoro? - “E tu cosa sei? Una specie di cleptomane da set?”

Mi guarda imbronciando leggermente il viso. Irresistibile! E poi sorride apertamente. - “Sì, una specie! … Diciamo che ogni tanto chiedevo alla produzione qualche souvenir.” - Si volta verso l'armadio ma non lo richiude. Anzi, fa scorrere con decisione qualche attaccapanni fermandosi quando incrocia un fodero scuro.

“Sai che cosa c'è qui dentro?”

Scuoto la testa, avvicinandomi alla custodia. Sussulto quando noto l'etichetta applicata sul bordo superiore del fodero. Riconosco quel nome. È un negozio di New Orleans.

“Rayon ...” - mormoro in un soffio.

“Esatto!”

Giro la testa di scatto, sentendo il suo respiro tra i miei capelli. Non mi aspettavo che fosse così vicino.

“Non sei curiosa di vederlo?” - Sussurra, non muovendosi di un solo millimetro.

Deglutisco pesantemente mentre tiro giù la zip della custodia scoprendone il contenuto.

È lui! Lo sapevo! È Quel vestito! Perfetto, come lo ricordavo. Con la scollatura profonda, arricciata intorno ad un anello in mezzo al décolleté. I grossi fiori stampati sul quel rosa cipria. Il tessuto leggero e impalpabile.

“Ti piace ancora … vero?” - Mi domanda impudentemente.

Vigliacco! Sa che amo quel vestito. Ho amato lui, con quel vestito addosso!
Avverto il calore delle sue labbra sul mio orecchio destro. Povero, il mio piccolo orecchio! Starà per prendere fuoco!

“Mi chiedevo … come sarebbe se fossi tu ad indossarlo? … Questa volta!”

Temo che soltanto il 5% del mio cervello abbia afferrato il senso recondito di questa richiesta. Un altro 15% si sta dibattendo tra l'imbarazzo e l'irritazione per quello che potrebbe essere, molto semplicemente, soltanto uno stupido scherzo.
Peccato che il restante 80% sia talmente eccitato dalla distanza ormai inesistente tra la mia schiena e il petto di Jared da non consentirmi nemmeno di formulare un pensiero che abbia una qualunque parvenza di logicità.

E poi mi si è seccata la gola. Un po' di pietà, per favore!

L'illusione che quella fosse solo una boutade svanisce però nell'istante stesso in cui il grand'uomo estrae l'attaccapanni con l'abito di Rayon dall'armadio e me lo porge.

“Sicuramente non è della mia taglia.” - Puntualizzo, dopo essermi schiarita a fatica la voce. - “Inoltre sono convinta che non mi doni affatto. Non ho mica le tue gambe!”

Triste, ma senz'altro vero. Sul set non c'era uomo che non si girasse ad ammirargliene. E anche una volta saputo che era un uomo, beh, l'occhio non poteva evitare di caderci sopra. Indubbiamente se un giorno decidesse di darsi al mestiere farebbe soldi a palate. Oddio, ma che cazzate mi metto a pensare adesso?

“Forse no … ” - concorda sornione e nel medesimo istante appoggia la mano libera sul mio fianco lasciandola risalire maliziosa fino al seno, - “ … ma di sicuro hai più tette!” - Me ne sfiora una soffermandocisi sopra più di quanto la mia psiche possa umanamente sopportare. - “Lo riempirai molto meglio di me. … Rayon te le avrebbe invidiate, fidati! Ho imparato a conoscerla a fondo.”

“Già! Anch'io!” - Bisbiglio senza volere.

Accidenti! Mi auguro che non mi abbia sentita ma siamo così incollati che sarebbe impossibile. Infatti lo sento ridacchiare. Come volevasi dimostrare.
In un attimo libera il vestito dalla custodia e lo adagia delicatamente sul mio corpo. Quasi in un abbraccio.

“Ti prego!” - Sussurra. Perché mi sento come uno di quei topi del Pifferaio di Hamelin? - “Vuoi essere Lei … per me?”

 

***


Come finirà la serata per questi due lo lascio alla vostra fervida immaginazione! Ma 2+2 lo sappiamo fare tutti, no?
Bene, ovviamente non è un granché ma voleva solo essere un omaggio celebrativo, e tardivo, al riconoscimento plateale che Jared ha ottenuto e ampiamente meritato per la sua superba interpretazione in "Dallas Buyers Club".

Precisazioni:
Il dettaglio che Jared conservi cimeli dei film che ha interpretato è vero (lo ha dichiarato lui stesso in un'intervista), invece sulla natura di quei cimeli ho sparato a caso. Così come è vero che conserva il suo Oscar, acciaccato, in cucina.
Norma Desmond è la protagonista di "Viale del Tramonto", capolavoro di Billy Wilder, una diva del cinema muto che vive nella autocelebrazione del suo mito sfociata in vera psicosi.
Downton Abbey è un serial british che descrive in modo molto accurato l'aristocrazia raffinata e l'ancor più elegante servitù del'Inghilterra dei primi del '900.
La Campanellino del titolo è una citazione di "Dallas Buyers Club". Ron usava chiamare Rayon TinkerBell, ossia Campanellino!

E ora è veramente tutto! Alla prossima ... si spera!

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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