Anime & Manga > Fairy Tail
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Autore: _maya_chan_    10/06/2014    11 recensioni
Anno 3000. L'Italia è tornata ad essere una delle più potenti nazioni al mondo. L'innovazione tecnologica supera quella di ogni altro Paese, ma il livello di omicidi, attività mafiose e ogni forma di criminalità è in continuo aumento. La società, ora potente economicamente, è in grave crisi sociale, e lo sfruttamento di bambini prodigio ha raggiunto livelli inaccettabili. Per salvare quelli che secondo lui erano dei ' geni sfruttati' ,Luigi Babic, creò un videogioco, venduto solo a questi piccoli prodigi. ' Fairy Tail', questo era il nome del gioco, ebbe un boom tra i ragazzi a cui era accessibile e venne considerato un stimolo alle menti , oltre che ad uno svago a loro necessario, e per questo non se ne impedì la diffusione. Si scoprì però che il gioco bloccava al proprio interno le menti dei giocatori, estraniandoli dalla realtà. Non c'era modo di far tornare alla realtà i ragazzi, che sempre di più col progredire di questo 'virus' confondevano realtà e fantasia, iniziando a credersi parte di altre razze, oltre che a sviluppare un odio verso gli umani.
E' possibile salvarli, o rimarranno per sempre bloccati in questa prigione psicologica?
[ Storia ad OC]
[ Iscrizioni chiuse]
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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Capitolo 1

Dentro all'illusione

 

L'edificio era enorme. Un paradiso per chi amava i libri. E lei lo faceva. La ragazza si sistemò i corti e arruffati capelli verde bosco dietro le orecchie esageratamente appuntite. Aveva una carnagione olivastra, e le sue forme si facevano notare, pur non essendo esagerate. Dei ciuffi particolarmente ribelli le coprivano gli occhi, dalle iridi rosee e le cornee nere. Un ragazzo particolarmente audace le fisso la schiena. La larga tunica rosso scuro che le arrivava fino a metà coscia lasciava intravedere la cicatrice che le attraversava la schiena grazie ad un ampio spacco. Era a collo alto e senza maniche, e sotto di essa indossava dei pantaloni neri attillati. Portava anche dei bassi stivali a punta con un leggero tacco, marroni. Si faceva notare.

La verde incurvò le carnose labbra in un sorriso, mentre vagava tra gli scaffali. Si diresse verso il reparto fantasy. Nel gioco, era possibile scrivere dei romanzi, e lasciarne delle copie nelle biblioteche. Molta gente a quanto pareva aveva la passione per la scrittura, in quella realtà. Esaminò attentamente le scelte che aveva a disposizione. Erano tutte molto intriganti, constatò. Ma non aveva tempo, la stavano aspettando. Sospirò. “ Deiro... che devo fare?” chiese, accarezzando il tatuaggio a forma di serpente che le se attorcigliava per l'avambraccio sinistro. Non ricevette risposta. Sbuffò.

“ Cavolo...” disse, sorridendo e scuotendo la testa “ Prendo questo!”. Prese un tomo dalla copertina blu. Guardò il retro alla ricerca d' informazioni. ' L'anima del Diavolo', di Kacchan. Prezzo... cento Jewels? La verde spalancò gli occhi. Una somma del genere? Neanche dopo morta l'avrebbe sborsata. Osservò lo spazio circostante. Poteva evitare uno spreco del genere, in qualche modo. Controllò il suo inventario. Però, in fondo, aveva ancora un bel po' di soldi...

Alla fine, con molta riluttanza, si diresse verso la cassa. Il Personaggio Non Giocante che fungeva da cassiera, una volta che le mostrò il tomo, parlò con voce metallica. “ Il libro che ha scelto costa cento Jewels.”. Sospirò. Le diede i soldi. “ La ringraziamo, signorina Honora.” disse la cassiera, mentre la verde si allontanava. Sorrise. Avrebbe trovato un modo per riguadagnare la somma. In fondo, non era certo sprecata per comprare un libro.

 

* * *

Una figura, avvolta da un mantello bianco, sedeva su una delle panchine che si trovavano vicino al sentiero. La figura si tolse il cappuccio dal viso. Le due alte codine azzurro ghiaccio che arrivavano alle ginocchia di una bassa ragazza dalle curve assenti vennero scosse dalla leggera brezza che spirava nel parco. La ragazza alzò lo sguardo. Gli occhi erano dello stesso azzurro dei capelli, con un bordino blu scuro intorno all'iride. Era angelica, grazie al vestitino bianco lungo fino a metà coscia, con lo scollo a cuore che faceva notare la quassi totale assenza di seno. Aveva anche delle sottili spalline, ed era evidente il tatuaggio rosso formato da uno zaro ed un uno affiancati. Era stretto in vita da due cinture incrociate, azzurro ghiaccio a cui erano appese quattro marionette e fasciava perfettamente il corpo delicato dell'azzurra. La gonna era decorata da dei ricami azzurro ghiaccio, che, pur essendo fitti sull'orlo, si diradavano più ci si avvicinava alla vita della ragazza. Calzava degli stivaletti bianchi e delle calze a righe bianche e azzurre lunghe fino al ginocchio. Sul loro bordo si trovavano dei fiocchi del medesimo colore. Era l'innocenza fatta a persona.

Addentò quello che sembrava un muffin, assaporandolo pensierosa. Sentiva i sapori, pur essendo dentro ad un gioco, con sua immensa gioia. “ Che buoni che sono! Sicuramente piacerebbero anche a te Yuhi!” esclamò l'azzurra, sorridendo allegramente mentre si rivolgeva al tenero gattino nero dagli occhi azzurri accoccolata di fianco a lei. La gatta miagolò.

“ Ciao!” la salutò allegramente un biondino. “ Hey!” rispose lei, alzando lo sguardo. “ Tu sei...?” chiese ammiccante il ragazzo. “ Oh, io sono Yuki, qui conosciuta come The Double!” esclamò, sempre sorridente, l'azzurra. “ Nome curioso... io sono Nethck!” disse lui.

Il ragazzo iniziò a parlare a macchinetta, avvicinandosi sempre di più all'azzurra, che non sembrò accorgersene, né tanto meno ascoltare le sue parole. Nonostante il sorriso non fosse scomparso dalle sue labbra, sembrava che avesse la mente da un'altra parte. ' Non fidarti di quel tipo, è un maniaco.'. Una voce rimbombò nella testa della ragazza. Scosse la testa, tornando ad ascoltare il giovane, canticchiando tra sé e sé. “ Sei proprio carina, sai?” disse Nethck, fissandola intensamente negli occhi. La ragazza arrossì violentemente, balbettando dei ringraziamenti. La mano del ragazzo si posò sulla sua coscia, alzando l'orlo dell'abitino, e avvicinando il volto a quello della ragazza, il cui volto divenne ancora più rosso. ' Ora è il mio turno.'. Di nuovo quella voce, che solo lei poteva sentire.

“ Sai, hai proprio delle belle gambe...” le sussurrò nell'orecchio il biondo, insinuando la mano tra le cosce dell'azzurra. Non sembrò accorgersi del cambiò istantaneo d'abbigliamento della giovane, o forse semplicemente non gli interessava. Il vestito, ora nero, si era leggermente accorciato, e sui bordi era rovinato. Non aveva spalline, ma rimaneva il tatuaggio. Le marionette non erano cambiate, e le cinture erano sempre azzurre. La ragazza si alzò di scatto in piedi, rivelando il corpetto stringato sul retro dell'abito, liberandosi della mano del ragazzo. Sbuffò, ad occhi chiusi. Si sciolse tranquillamente le codine. I capelli erano diventati una tonalità più scuro. Era a piedi nudi. Portava dei bracciali neri larghi e due polsini in argento.

“ Perché ti sei spostata... ho capito... vuoi che ti tocchi da sotto...” affermò il biondo, alzandosi e affrontando l'azzurra faccia a faccia. “ Ma prima...” aggiunse, cercando di baciare la ragazza, che aprì di scatto gli occhi. Erano blu scuro, con un sottile bordo azzurro ghiaccio intorno all'iride. “ Crepa, brutto bastardo!” urlò. Tirò un calcio nei gioielli del ragazzo, e gli tolse una quantità di punti vita non indifferenti per un semplice calcio Questo cadde a terra per la sorpresa. La ragazza lo guardava, gelida. Poi, aprì l'inventario. Una spada le si materializzò tra le mani. Il biondo era troppo spaventato anche solo per pensare di reagire. Lei lo trafisse, continuando a rigirare la spada nella ferita finché la barra dei punti vita del ragazzo non si azzerò, e lui scomparve. Lasciò cadere la spada. Era di pessima fattura. “ Questo è quel che ti meriti per avermi toccata!” ringhiò, incrociando le braccia. Raccolse il mantello nero da terra. Era caduto. Lo indossò, e si avviò per il sentiero sferrato che conduceva all'uscita del parco. Una persona voleva parlare con lei.

 

* * *

La spada dilaniava il corpo del manichino. Il ragazzo che la brandiva ci si accaniva con violenza. Aveva dei capelli corti di un biondo chiarissimo, spettinati. Si agitavano, quasi gli fosse stata donata vita propria. Gli occhi rossi brillavano di una luce sadica. Il volto era impassibile se non per gli occhi che emanavano crudeltà, ma le labbra lasciavano comunque intravedere i canini esageratamente appuntiti e accentuati. Un braccio era avvolto da bende, con dei ganci simili a manette sul gomito e sul polso. L'altra era ricoperta da un coriaceo strato di pelle bordeaux, che terminava in una mano artigliata. Sul polso di quest'ultima vi era una manetta di colore verde, da cui penzolava quella che sembrava il resto di una catena. A metà bicipite dello stesso c'era un altro gancio, sempre verde, ben saldo.

Calzava degli stivali bassi, bianchi, con rifiniture nere. I ganci metalli che si trovavano sui suoi polpacci fermavano i pantaloni alla zuava blu che il ragazzo portava. In cinta aveva due cinture bianche con rifiniture dorate, che s'incrociavano sul pube e sul sedere, su cui erano applicate delle placche metalliche. La pelle dei pettorali, identica a quella dell'unico braccio di cui essa era visibile, era messa in mostra grazie al giacchino senza maniche bianco e blu che il biondo indossava, aperto sul davanti. Una tigre nera a righe gialle sdraiata in un angolo della palestra lo fissava con gli occhi azzurri che sembravano voler esprimere rimprvero. Il ragazzo sbuffò. Si pulì la fronte dal finto, per quanto realistico, sudore che la imperlava. Poggiò a terra la rozza, e all'apparenza molto pesante, spada a doppio taglio che fino a quel momento reggeva in mano.

“ Radical... sembra che tu voglia dirmi che arriverò in ritardo se non mi muovo...” sentenziò il ragazzo, riponendo l'arma nell'inventario. La tigre non rispose. “ Anche se quattro ore di allenamento a mio parere non sono abbastanza...” affermò, guardando il numero di punti esperienza, forza e agilità che ricevette. Non molti. Non aveva avuto tempo per allenarsi abbastanza. Uscì dalla stanza, lasciando tutto com'era. Il manichino con cui si stava allenando era per terra, completamente distrutto. Se fosse stata una persona vera, intorno a lui ci sarebbe stato un lago di sangue. Non che per il biondo fosse un problema. Era abituato alle visioni macabre. E sperava davvero che l'incarico di quel giorno comprendesse eliminare un giocatore, anche solo per rubargli tutte le risorse accumulate nell'inventario.

 

* * *

“ Prendetela!! Prendete quella dannatissima ladra!!” urlò un vecchietto, un PNG, verso la ragazza che stava correndo per il suo immenso giardino, ben distinguibile alla luce del così detto giorno. Intanto la 'dannatissima ladra' sghignazzava. Attirava decisamente l'attenzione. I capelli erano biondi, lunghi davanti e corti dietro. E quello poteva anche essere normale. Ma pareva che la ragazza aveva deciso di andare a farsi la tinta da un parucchiere daltonico. Arancione, rosa, azzurro, nero... tutti i colori possibili. Abbinati nei modi più assurdi. Ed era coperta di cerotti e bende, nonostante in quel mondo fossero completamente inutili. Sembrava una giocatrice di rugby, forse per le classiche righe nere dipinte sulle guance.

Anche l'abbigliamento era molto particolare. Portava un casco militare che aveva fissati degli occhialoni da aviatore in testa, e un giubbetto militare aperto senza maniche. Il suo seno, una seconda piena, era coperto da una fascia nera. I pantaloncini di jeans erano strappati, così come le calze lunghe fino a metà coscia, a righe bianche e nere. Le mani erano coperte da dei guanti neri senza dita, e a piedi calzava degli anfibi neri. Una cintura composta da diversi marsupi le cingeva la vita. “ Come se quei cazzo di PNG servissero a qualcosa. Non mi prenderanno mai quei bastardi!” esclamò, prendendo il suo fidato fucile a pompa. Si girò, continuando a correre. Le guardie, alcune delle quali erano giocatori in missione, le erano dietro. La bionda iniziò a sparare, senza curarsi di quali colpi andavano a segno e quali no.

“ Fermati! E' un ordine!” urlò uno dei giocatori. Diede un'occhiata al suo livello. Era debole. Lo uccise con un colpo. Continuò a correre, schivando i colpi e tenendo in spalla il suo prezioso bottino. Era in estasi. Non si cacciava nei guai in questo modo da... una settimana, forse. Ma qual'era il problema? Quel videogioco doveva essere il mondo perfetto. E che mondo perfetto era senza situazioni pericolose ed esaltanti o possibilità di cacciarsi nei pasticci? Soprattutto in un posto in cui non si poteva morire. Senza di questo, la vita sarebbe stata più noiosa di quel che già era. Rise, mentre usciva dalla proprietà del vecchio PNG. Le guardie non giocanti non l'avrebbero più seguita, e i veri giocatori erano quasi tutti morti, e comunque erano fin troppo scarsi.

Prese fiato. Ormai era al sicuro. Sbuffò. Era stato fin troppo facile. In fondo, era per questo che aveva accettato il colloquio con quel bastardo sconosciuto. Le aveva detto che, se accettava, le avrebbe dato la possibilità di cacciarsi nel guaio più grosso della sua vita. La cosa sembrava esaltante. Sorrise. Ci avrebbe scommesso, sarebbe stato fin troppo facile. E quando avrebbe portato a termine il lavoro, lei, Morwen, ne avrebbe cercato un altro ancora più esaltante.

 

* * *

“ Hey, bellezza! Come va?” chiese un ragazzo dai capelli rossi spettinati, che puntavano verso l'alto. Fissava la ragazza dai capelli viola intensamente coi suoi occhi color oro, in una posizione che metteva in luce il fisico definito e tonico. Le accarezzò la guancia con la mano coperta da un guanto nero senza dita, lungo fino al polso, sfiorandole appena la pelle. La viola arrossì violentemente. “ Ti dispiace se mi tolgo questo?” domandò il rosso con nonchalance, sfilandosi il soprabito nero dal colletto alto, senza maniche, facendo in modo che il petto fosse solo coperto dalla maglietta nera a maniche corte. Poggiò con disinvoltura il soprabito sullo schienale della sedia su cui era seduta la ragazza. Ovviamente lei non poté fare a meno di notare, dato che continuava a lanciargli occhiatine, che il nero era decisamente il colore predominante del completo del giovane. Anche i calzoni, lungo fino a sotto il ginocchio, erano neri, e tenuti da una cintura ai cui lati vi erano due sacche porta oggetti, l'unica nota di colore dei suoi abiti. Persino le scarpe, delle strane calzatura lunghe fino a poco sopra le caviglie che lasciavano vedere le dita dei piedi, erano nere.

E quello strano ragazzo ci stava indubbiamente provando con lei. “ Io sono Kashin, piacere di conoscerti begli occhi!” esclamò il rosso. Le aveva dato uno stupidissimo soprannome. E si era seduto accanto a lei! “ Che vuoi...” bofonchiò imbarazzata la ragazzina, il cui avatar sembrava avere poco più di quindici anni “ Ma come, mi è impedito parlare con una creatura tanto meravigliosa?” chiese, atterrito, Kashin. “ Sì, ti è impedito. Anche perché non riesco proprio a capire come uno al tuo livello possa permettersi un locale del genere!” commentò acidamente la ragazza dagli occhi rosa. Il locale si chiamava ' Lamla Scale'. Aveva preso il nome da una delle molte organizzazioni, chiamate gilde, che erano state create nel gioco. Era decisamente lussuoso, e costoso. Pochi se lo potevano permettere. “ Cosa credi, io prendo solo lavori ben pagati! E non vado certo in locali di bassa categoria!” esclamò il ragazzo.

“ Perché fra tutte le ragazze dovevi proprio venire ad importunare me?” chiese la viola, irritata. “ E chi altri se non la stella più splendente del locale?” rispose il rosso, come se fosse la cosa più logica del mondo. “ Sai, credo che la sottoscritta ha intenzione di lasciarti qui!” disse lei, ormai stufa. Si alzò. Come regalo gli lasciò un sonoro schiaffo. Un paio di punti vita persi per nulla, era quello il pensiero del ragazo mentre la guardava andarsene. Si alzò anche lui. Un nuovo lavoro lo aspettava. Non sapeva cosa doveva fare, ma l'avrebbero pagato profumatamente. A lui bastava sapere quello.

 

* * *

Anche in un mondo virtuale esistevano hobby simili a quelli del così detto mondo reale. Perché, anche se era solo finzione, era per la maggior parte di chi ci giocava la realtà. Una ragazza, chiaramente molto alta, fissava coi suoi occhi quasi celesti, dalla pupilla simile a quella di un rettile, la scacchiera di fronte a lei. I capelli, molto lunghi, erano bianchi, legati in una coda alta. Non era formosa, e nemmeno muscolosa. Le braccia, dalle spalle ai polsi, erano coperte da rune nere. Portava dei guanti, anch'essi neri. Sulla schiena si trovavano delle grandi ali piumate, sempre nere. Portava una specie di maglia rigida, nera, senza maniche. I pantaloni neri erano stretti, lucidi. Sui lati erano aperti, e man mano che scendevano verso i piedi, erano sempre più rovinati. Accarezzò il pelo grigio scuro di un cane, simile ad un lupo, poco più grande del normale. Questo alzò il muso verso la ragazza, mostrandole gli occhi blu scuro.

“ Revorn, ti decidi a muovere?” sbottò acidamente un'altra ragazza, dai capelli rosa, seduta dall'altro lato della scacchiera. Era la sua sfidante. “ Non capisco. Tanto ormai ho già vinto. Se tu non sai giocare, non è colpa mia. Sei talmente patetica che mi fai passare la voglia di impegnarmi... e poi ho ancora tempo per fare la mia mossa.” rispose gelida la giovane dai capelli bianchi. Era la finale del torneo di scacchi del gioco. E lei aveva già deciso la sua mossa. Spostò la sua pedina, e attese che l'avversaria si rassegnasse. Ormai aveva vinto, era chiaro.

Anche la rosa sembrava averlo notato. Sbuffò, e fece la sua mossa. Continuava ad insultarla per i suoi commenti. Ma i suoi insulti entravano da un orecchio, e uscivano dall'altro. Senza perdere la sua calma glaciale, Revorn eseguì la sua mossa. Po disse“ Scacco matto.”. Aveva giocato abbastanza. “ Ora dammi i soldi della scommessa!” ordinò la vincitrice. Avrebbe intascato la vincita del torneo e quella della scommessa. La rosa sbuffò. Le lanciò un sacchettino di cuoio colmo di denaro.

Preso il sacchetto, l'albina semplicemente si alzò, andando verso il podio. Ignorò gli applausi. Ignorò i complimenti. Non sorrise mai. Rimase sempre gelida. Prese solo il trofeo e i premi che le spettavano, e se ne andò.

 

* * *

Il bar era conosciuto per essere frequentato da inguaribili casinisti. Spesso scoppiavano risse, questo si diceva in giro. E veniva frequentato da personaggi particolari, si poteva dire con certezza. L'altissimo e abbronzato ragazzo, dai tratti esotici, era uno di quei personaggi. Gli occhi neri brillavano di una luce che poteva essere interpretata come coraggio. Ma di lui, attiravano, più dell'aspetto, i vestiti. Indossava gli abiti tradizionali di uno dei tanti popoli nomadi del deserto. Erano completamente verdi. Sia il turbante, che lasciava scoperto il volto, sia quella specie di tunica lunga che gli copriva il corpo. Sembrava tranquillo, seduto in un angolo. Di sicuro, mentre sorseggiava la sua bibita analcolica ghiacciata, non sembrava il tipo di cliente adatto al locale.

Nessuno tentò di abbordarlo per la maggior parte del tempo in cui rimase lì, seduto. Molti sghignazzavano, commentando il suo atteggiamento calmo, da loro considerato una stranezza. Ovviamente, un cliente calmo in più non avrebbe certamente impedito la distruzione del locale per l'ennessima volta. Il barista ne era consapevole. Era un giocatore, che si era fatto assumere per guadagnare qualche Jewel in più. Lavorava lì da un po', e conosceva più che bene le abitudini dei clienti. Si nascose sotto il tavolo, prima che fosse troppo tardi.

La solita, violenta litigata non tardò a scoppiare. I tavoli e le sedie venivano scagliati da una parte del locale. Il motivo per cui questa rissa ebbe iniziò era sconosciuto, ma probabilmente non interessava a nessuno. “ Dovrei unirmi anch'io!” esclamò sorridente il giovane dagli occhi neri. Il ragazzo fece per alzarsi. “ Dove credi di andare, Salazar?” disse seccato quello che sembrava un fennec parlante. I suoi piccoli occhi sembravano esprimere disappunto. “ Chiudi la bocca, Miles!” trillò allegramente. Si gettò subito dopo nella mischia. Gli altri litiganti non sembrarono preoccuparsi per la nuova intrusione, sempre che se ne fossero accorti.

“ Te l'avevo detto.” commentò Miles, rifugiato in un angolo del bar non andato distrutto, una volta che il combattimento terminò. Salazar si diresse verso di lui. Sebbene fosse privo di ferite di qualunque tipo, la vita era diminuita di molto. Aveva raggiunto la metà della barra. “ Stai attento. Devi tenere più conto dei tuoi avversari. E della tua agilità piuttosto scarsa.” disse il fennec. “ E' stato divertente!” esclamò invece il ragazzo, ignorando le parole del famiglio. “ Muoviamoci. Dobbiamo andare a vedere che vuole quel tizio!”. Iniziò a camminare, seguito dall'animale. Dietro di loro, le macerie del bar vennero rimesse in piedi dal sistema. Come sempre, in una frazione di secondo, ciò che era stato distrutto venne ricostruito.

 

* * *

Il cielo non le era mai sembrato più azzurro. E le nuvole... che forme originali creavano quei piccoli battufoli! L'unica nota scura che si vedeva, era quella di un uccello. Un uccello che lei conosceva molto bene. Fischiò. Ed ecco che, al suo richiamo, l'uccello scese in picchiata. Era chiaro ormai che era un particolare esemplaare di falco pellegrino. Le ali appuntite era di uno strano blu elettrico, così come il dorso. A parte queste note accese di colore, il piumaggio andava dal grigio perla fino al nero. Il falco, dopo aver eseguito delle complicate e suggestive manovre aeree, si posò sul suo braccio teso. La ragazza dai corti capelli neri, spettinati e simili a quelli di un maschio, accarezzò deliatamente il marchio simile ad una saetta che il falco aveva sul petto. Puntò i suoi occhi viola, dai lievi accenni gialli vicino alla pupilla, negli occhi gialli striati dell'uccello. La giovane lasciò che il falco giocasse ancora un po', finché non se ne sarebbero dovuti andare. Le labbra piene e rosee della ragazza era incurvate in un sorriso allegro, mentre lei si sdraiava per osservare le nuvole. Anche gli occhi esprmevano un'allegria contagiosa. Il seno prosperoso era messo in risalto dal corpetto nero, stretto, che le copriva il busto. Le maniche erano lunghe oltre al gomito, formate da una rete nera. La base delle tre dita centrali delle mani era avvolta da un bordo nero, che lasciava libero mignolo e pollice. La mano destra era coperta anche da un guanto nero. Iniziò a canticchiare una canzone, battendo con gli stivali militari, rigorosamente neri, sul terreno, per darsi il tempo. I pantaloni neri, aderenti, seguivano perfettamente la forma delle gambe. L'unico tocco di colore dell'abbigliamento era il cappuccio rosso del mantello nero, al momento appoggiato sull'erba di fianco alla corvina.

Era strano che un volto e un atteggiamento apparentemente vivaci appartenessero ad una ragazza dall'abbigliamento tanto lugubre. La giovane si alzò, di scatto, e iniziò a saltare chiamando il falco, e facendo tintinnare il braccialetto da cui pendevano dei piccoli ciondoli simili alle figure degli scacchi. La corvinna battè allegramente le mani, continuando a saltare. “ Sarà grandioso! Ti rendi conto? Hanno scelto proprio me, The Dark Fighter, per svolgere uno dei lavori più difficili e importanti mai svolti nel gioco!” trillò la ragazza, parlando al falco, appollaiato sulla sua spalla, vicino ad una delle orecchie piena di piercing. The Dark Fighter, il cui nome non poteva sembrare meno azzeccato, intrecciò le mani e le poso sulla guancia sinistra, subito sotto la cicatrice che vi si trovava.

“ Chissà se lavorerò con qualcun altro! Sì, sono sicura di sì! Scommetto che incontrerò dei compagni fantastici!” esclamò la corvina, gli occhi che le luccicavano, mentre sognava particolari sul lavoro che l'aspettava che probabilmente non sarebbero mai accaduti. Saltellando, The Dark Fighter si diresse verso la cittadina che si trovava a poca distanza dalla collina su cui era sdraiata. Stava per incontrare il misterioso personaggio che desiderava i suoi servigi.

 

* * *

“ T-Ti prego... n-non u-uccidermi ora... n-non ho ancora salvato il gioco...” balbettò un piccolo ragazzo, rannicchiato in un angolo dell'enorme stanza in cui si trovava. Dalla sua posizione, della figura che aveva davanti poteva scorgere solo le scarpe rosso scuro, molto eleganti, e i pantaloni appena più chiari delle scarpe, attraversati verticalmente da delle strisce di un chiarissimo marrone. Nonostante avesse paura, alzò timidamente la testa, per poter vedere l'aggressore. Constatò che era decisamente inquietante. La camicia bianca, decorata da delle sottili strisce nere, era coperta da un panciotto rosso con tanto di sei bottoni dorati disposti su due file da tre e da una giacca da maggiordomo del medesimo colore, aparta e con la coda a rondine. Le mani erano coperte da dei guanti bianchi. Sul capo poggiava una tuba, dal colore identico a quello dei pantaloni, la cui base era avvolta da una fascia nera. Sembrava un maggiordomo,pronto a servirlo, se non fosse stato per la maschera, al momento completamente bianca, che gli copriva il volto. Era da folle, col suo sorriso tirato e gli occhi sottili.

L'unica cosa del suo viso che poteva intravedere erano gli occhi, dalle pupille talmente sottili che gli sembravano bianchi. Se solo non fosse stato di livello così alto, avrebbe provato ad affrontarlo, ma con un tipo del genere non aveva possibilità. E ormai, la sua vita era quasi al limite. “ Ti piacerebbe, eh?” rispose scherzosamente il ragazzo. Forse, sotto quella maschera inquietante, sorrideva. La vittima sospirò, credendo di averla scampata. Continuò a rimanerne convinto quando l'altro ragazzo si portò una mano al viso. Credeva si volesse togliere la maschera. E invece, cinque secondi dopo, la maschera divenne completamente nera. Il ragazzo dal volto nascosto tirò fuori da dietro la schiena quelli che sembravano due tirapugni, provvisti di quattro spuntoni. Dove ci doveva essere il mignolo, si trovava una laama seghettata.

“ Ecco cosa succede se mi guardo male!” esclamò, sempre allegro. Non ci furono spargimenti di sangue, ma il ragazzo scomparì, sconfitto in un solo colpo. Il giovane mascherato ripose i tirapugni. E iniziò a ridere, nella stanza vuota. Una risata folle, associabile ad uno psicopatico. E poi, per non arrivare tardi al suo appuntamento, salto in un'ombra e sparì. Anche in quel finto mondo esistevano gli assassini. The Mad era uno di questi.

 

* * *

Stava leggendo. Il ragazzo dal colorito cadaverico stava leggendo. Come facesse, se lo stavano chiedendo tutti quelli intorno a lui. Gli occhi erano infatti coperti da una cintura di cuoio, su cui erano stampate delle croci. Probabilmente leggeva passando una mano sopra il libro. Solo perché era un videogioco, non significava certo che chi l'aveva creato si fosse dimenticato di chi non vedeva. I capelli, pallidi quanto la pelle, si confondevano con essa per la straordinaria somiglianza delle tonalità.

Era vestito completamente di nero. Indossava una giacca di pelle nera, nera come la maglietta, o come la giacca di pelle. Dalla collana che gli circondava il collo pendeva una croce, e sul tavolo vicino a lui era appoggiato un altro libro, simile ad una Bibbia. Non sembrava, ma stava studiando. Il libro era un'antologia della ' storia' del gioco. Era una lista di tutti i luoghi, di tutti i personaggi creati dal sistema, di tutte le missioni che erano già presenti nel gioco. Non solo. Era stato aggiornato con la lista dei giocatori più temuti. Aveva la sensazione che presto o tardi le informazioni le sarebbero tornate utili. Forse anche quello stesso giorno, considerando il fatto che qualcuno lo aveva chiamato. Per una missione, sospettava.

Stava sorridendo. Pensava, era proprio convinto, che sarebbe stato divertente, qualunque cosa gli avrebbero proposto. Almeno non avrebbe sprecato una giornata a fare nulla. Odiava sprecare tempo, davvero. Una salamandra si attorcigliò ad un suo dito. Era piccola. La posò sulla sua spalla. Si alzò, chiudendo il libro di scatto. Lo portò con sé, non aveva finito di studiarlo. Salutò con un cenno della testa una ragazza che passava di lì. Lei si limitò a girare la testa, imbarazzata.

Ridacchiò. Lanciò velocemente un'occhiata al suo nickname, per ricordarselo in seguito. Nel caso volesse parlare con lei, più tardi. Però ora aveva altro da fare. Per questo se ne andò, alla ricerca del posto in cui l'aspettavano. Si chiese se qualcuno avrebbe lavoraato con lui per quella missione.

 

* * *

 

Guardava e basta. Dietro di lei la foresta, davanti a lei, un precipizio. E fissava, cercava qualcosa. O forse qualcuno. Un occhio era giallo, dalla pupilla simile a quella di un rettile. L'altro era del colore dell'argento, sopra la cui pupilla si trovava in azzurro una stella a cinque punte. La brezza che spirava lì intorno faceva fluttuare i lunghi capelli azzurri e lisci della ragazza. Le orecchie erano esageratamente appuntite, dello stesso bianco latteo di cui era colorata la sua pelle chiara. Il seno era decisamente molto prosperoso, messo in evidenza dal top blu scuro che indossava, accompagnato da dei pantaloni molto corti, neri, dall'orlo sbrindellato. Era formosa. Ai piedi calzava degli anfibi neri, di pelle. Appena sotto la coscia, si trovava la fondina per una pistola. L' abbigliamento era completato da un mantello nero, con tanto di cappuccio calato sulle spalle. Il fodero della sua fedele katana pendeva sul fianco. Sembrava infastidita, a giudicare dal modo in cui corrugava le labbra, rosse e carnose, in una smorfia seccata. “ Ma dove cazzo è quella strega?” esclamò ad un tratto. “ Calmati Kaleid! Probabilmente cerca solo di irritarti!” disse calmo un mini draghetto verde, attorcigliandosi al suo collo.

“ Ah! Ma che palle!” gridò la ragazza, tirando un calcio altronco di un albero. La lunga coda blu che usciva dall'orlo del mantello frustava l'aria. L'azzurra si passò la mano tra i capelli, da cui spuntavano due corna rosso sangue. “ Io la odio. La odio quella stronza!” sbottò, incazzata nera “Come fai a sopportarla, Naira?”. “ Tu sei troppo impaziente.” commentò Naira, emmettendo un debole ruggito. “ Ma arriveremo anche in ritardo! Non possiamo permettercelo! Ne andrebbe della nostra reputazione, te ne rendi conto?” si sfogò Kaleid, attorcigliandosi una ciocca di capelli attorno al dito. Sbuffò. Continuava a controllare ossessivamente l'orologio. “ Sono le quattro e cinque, l'appuntamento è alle quattro e mezza!” disse, seccata. Non smise di accanirsi sul tronco innocente, facendo rimbalzare il pendente a forma cuore, dorato, che portava al collo. Incastonato se questo c'era uno zaffirro, dentro al quale si muoveva una nebbiolina verde. “Arriverà, tranquilla.” cercò di calmarla il piccolo drago, fiutando qualcosa di familiare nell'aria.

“ Veramente, io sono già qui!” trillò allegramente una ragazzina, appesa a testa in giù da un ramo. Era simile, stranamente, all'altra ragazza. Scese agilmente con una capriola, atterrando in piedi. Era più bassa, di pochi centimetri, dell'altra persona presente, già bassa di suo. Sembrava una bambina. I capelli erano di un verde acceso, legati in due codine lunghe fino alle spalle. Erano lasciati liberi due ciuffi, che le incorniciavano il viso, e una scompigliata frangietta. Sulla nuca si trovava un fiocco arancione.

Era magra, anche se non esageratamente, e nemmeno troppo muscolosa. Era chiaro grazie al top arancione dal bordo superiore giallo che metteva in risalto il suo seno non particolarmente prosperoso.Le gambe erano snelle e affusolate, e lo dimostravano i 'pantaloni' che la verde indossava. Erano degli shorts, marroni. La ragazzina indossava anche degli stivali, arancioni. Una serie di pugnali di vario tipo e forma erano infilati in apposite fondine in una cintura dorata allacciata in vita. Aveva persino un mantello marrone. Altro tratto simile a quello dell'altra giovane, erano la coda viola che appena s'intravedeva e le corna nere che aveva sul capo, di fronte all'enorme fiocco.

Anche gli occhi erano simili a quelli della corvina. Infatti, un occhio era color caramello. Al contrario, l'altro era viola, con una stella a cinque punte color rosa anttico sopra la pupilla. Sembrava la versione dai colori più accesi e dal carattere più allegro della compagna. L'azzurra la scrutava perplessa. Come sempre. “ Non capisco perché ti sei creata un avatar del genere...” commentò, acida, Kaleid. “ Semplice! Perché così sembro una ragazzina inutile e incapace, e mi sottovalutano!” trillò la verde. “ Va bene, Eviocaten. Non che tu in reltà non lo sia.” sospirò rassegnata l'azzurra. “ Ricominciamo, che ne dici? Come va, Kaleid cara?” chiese allegramente Eviocaten. “ Bene, ma tu sei arrivata in ritardo!” rispose l'amica, calcando sulle ultime due parole.

“ Mi dispiace! Ma sono stata trattenuta per vari... motivi, ecco. E avrei fatto prima se tu mi avessi lasciato qualcosa da mangiare, sai!” ribatté piccata la ragazzina, incrociando le brccia sul petto, e mettendo in risalto, oltre al seno, sia i bracciali dorati che le circondavano i polsi che la collana da cui pendeva una stella marina arancione. Al centro di questa vi era incastonato un rubino dalle dimensioni non indifferenti, dentro al quale sembrava agitarsi una nebbia nera. “ Dov'è Danas?” domandò Kaleid. “ Qui!” rispose l'altra, mentre un draghetto azzurro si posava sulla sua spalla. “ Ora che ci siamo tutti, e ora di andare no?” disse Kaleid, con un sorriso gentile finalmente dipinto sul volto, cambiando istantaneamente umore. Eviocaten annuì, mentre si avviavano.

 

* * *

 

La stanza era buia, e vi si trovava solo una figura. Era indistinguibile, vestita unicamente di nero. Era completamente nascosta nell'ombra e s'intravedeva solo il suo sorriso. Quel sorriso che aveva una nota inquietante, sotto tutta quella falsa gentilezza. Oltre a lui, vi era un tavolo in quella camera un tavolo, piuttosto grande. Intorno ad esso si trovavano tredici sedie, oltre a quella dell'uomo. Nessuna era occupata. Le finestre erano completamente assenti. Non se ne vedeva una,in nessun angolo della stanza. Pendeva, dal soffito, una pericolante lampadina. Emetteva una fiebile luce, che a malapena illuminava la ridotta area sotto di essa, corrispondente al centro del tavolo di legno. Nonostante non vi fosse alcun accenno di finestre, erano presenti dodici porte. L'uomo aveva previsto che due di loro sarebbero arrivati insieme. Chissà quando però.

E in quel momento, all'unisono, le dodici porte si aprirono. Tredici ragazzi si fissarono in silenzio, con diverse espressioni sul viso.

 

Angolo della Nutella:

Yooo!!
Sono in ritardo, lo so. E il capitolo probabilmente è orrendo, so anche questo. Ma... ok, non ho scuse.

Seriamente, mi dispiace. Ma non mi pareva giusto farvi aspettare ancora.

Allora, ho riscritto questo capitolo tipo un migliaio di volte. E questa versione, che credo sia la migliore, l'ho scritta quasi tutta con trentanove di febbre. Scusatemi se trovate orrori, e ditemelo per favore. Ho riletto il capitolo, ma potrebbe benissimo essermi sfuggito qualcosa. OpenOffice ha smesso di funzionarmi, praticamente tutto quello che scrivo è sbagliato, e non capisco più cosa ho scritto bene e cosa no.

Ditemi qualsiasi sfumatura del vostro OC che non ho colto, e siete autorizzati ad insultarmi pesantemente per il probabile OOC che troverete! Ma siete pregati di dirmi dove ho sbagliato in questo modo potrò renderlo meglio nei prossimi capitoli.

Ora, passando alla selezione degli OC: ne ho scelti 11 di quelli che mi avete inviato, più uno mio e uno di mia sorella, per un totale di tredici OC. Mi dispiace molto per quelli che non sono stati scelti, davvero. I vostri OC non erano male, al contrario. Ma ho le mie ragioni se ho ridotto il numero e scelto questi OC. Grazie mille a tutti queli che hanno provato ad iscriversi, comunque!

Ecco un elenco degli OC che per ora partecipano, in ordine casuale. E non saranno nomi quelli che vedrete scritti, ma i nickname.

 

The Double- StelladelLeone

The Mad- andry94_hell

Honora- Ronnie Stregatto

The Dark Fighter- FairyLucy94

Christ- oSiRiS

Kashin- PRINCE_OF_THUNDER

Demonic Berserker- TheWerewolf

Morwen- midori no yume

Revorn- ergo

Silver- pit12

Salazar- f9v5

Eviocaten- MeM_club (mia sorella)

Kaleid- mio

 

Ecco i partecipanti!

Siete pregati, almeno ogni tanto, di lasciare una recensione. Mi piacerebbe però che non fosse troppo superficiale. Vorrei sapere perché vi piace o perché non vi piace, come ho reso l'OC e tutti i piccoli dettagli del carattere che ho dimenticato. E se ho sbagliato grammatica/sintassi/lessico o qualsiasi cosa, ditemelo.

Se ho tanta gente che legge, devo sempre riuscire a fare capitoli perfetti, ecco.

Cercherò di migliorare nel corso della storia, davvero!

Soprattutto nel mantenere IC i personaggi. Anche perché la maggior parte dei vostri OC sono complicatissimi, sul serio.

Mi dispiace he il capitolo non sia lunghissimo e nemmeno interessante. E che in teoria doveva essere più lungo, ma non mi piaceva come veniva fuori, quindi l'ho accorciato.

Spero che comunque non sia un orrore orrorifico questo capitolo!
E sappiatelo, sono una ritardataria cronica. Quindi se va bene, aggiorno una volta al mese.

Anche perché quando c'è caldo o sto male, inizio a scrivere storie a caso. E mi perdo subito in cose che mi fanno perdere tempo e basta. Non stupitevi quindi se vedete una mia storia, nuova di zecca, a metà luglio.

Per esempio, ho seriamente preso in considerazione l'idea di pubblicare una storia as OC basata su Assassination Classroom. E anche una su Divergent. Ma spero di non iniziare a pubblicare sul serio qualche nuova storia o sono messa male.

E come vedete, sto perdendo tempo in chiacchiere inutili. Il caldo mi fa un brutto effetto. E anche la febbre.

Alla prossima!
Maya-chan

  
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