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Autore: Sherlocked_96    10/06/2014    1 recensioni
[Commedia Scolastica]
Jérome, insegnante dal passato travagliato da poco trasferito in un college a Parigi, si aspetta di voltare pagina e cominciare una nuova vita nella capitale francese, ma dovrà fare i conti con le voci di corridoio sul suo conto. E tra un'eccentrica sorella, un preside arcigno, gli invadenti professore di lettere e bibliotecaria scolastica, incontrerà uno studente diverso da tutti gli altri, che sarà in grado di cambiarlo completamente.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1


«Prof Jérome, posso chiederti una cosa?»
«Ai professori si dà del “lei”. Cosa c’è?»
«Come vuoi… no, vuole, già, vuole, uhm. Non ho capito nulla su questa cosa dei prodotti notevoli»
«E tu saresti al terzo anno? Non puoi chiedermelo ricreazione? O durante la lezione? Adesso devo tornare a casa»
«C’è chi l’aspetta, prof?»
«Non dovrebbero essere affari tuoi. E comunque sì, quindi non posso tardare»
«È sposato?»
«Smettila con queste domande. Mi stai facendo perdere l’autobus. A domani, Daniel»
«A domani, prof!»
L’insegnante si allontanò dalla scuola e dallo studente riccioluto che lo stava importunando, avviandosi velocemente verso la fermata del bus. In quei giorni d’autunno Parigi era sferzata dai primi freddi venti taglienti, che tanto si divertivano a scompigliare i suoi capelli ingrigiti.
La città correva veloce oltre i finestrini dell’autobus. Il professore scese alla quarta fermata, proprio davanti ad un palazzino di periferia giallognolo. Sospirò, salendo fino al terzo piano con la scricchiolante ascensore.
La porta dell’appartamento si aprì accondiscendente.
Una donna dai lunghi capelli neri sorseggiava un caffè seduta al tavolino della cucina.
«Bentornato, Jérome. Giornata di merda anche oggi?»
«Non ho mai sostenuto di passare “giornate di merda”, Cendrine»
«È sottinteso. Allora, qualche studente ha fatto il coglione?»
«Modera il linguaggio, sorellina»
«In casa mia parlo come mi pare. Ti ricordo che ti sto ospitando »
«Solo fino a che non avrò trovato un appartamento»
«Tutte scuse».
L’uomo si gettò a peso morto sulla sedia davanti a quella della sorella e con un unico gesto si tolse gli occhiali rettangolari, che precipitarono sul tavolo.
«Su, che ti è capitato oggi?» domandò nuovamente Cendrine
«Bah… ho l’impressione di far lezione a un branco di idioti. Oggi un mio studente mi ha chiesto dei prodotti notevoli. I prodotti notevoli, capisci! È al terzo anno: potrebbe fare le elementari. Eppure dovrei star insegnando in un college*!»
«Che melodrammatico»
«Melodrammatico, dici?» Jérome osservò con occhi azzurri e spenti la finestra appannata. Aveva cominciato a piovere. «Quanto ti devo d’affitto?»
La sorella lo scrutò per qualche secondo.
«Lascia perdere stavolta. Cerca una casa. E trovati una ragazza. Hai 41 anni, non resterai giovane per sempre!»
«No, io…»
«No che cosa?»
«Davvero, non…»
«Muovi quelle chiappe flaccide e impegnati, su!»
«Cendrine, non m’interessa! Sono passati solo due anni da Anne e François!» Aveva alzato la voce, ma non se ne era reso conto. Prese un profondo respiro. «Scusa, non dovevo urlare. So che stai solo cercando di aiutarmi».
Cendrine tacque. Poi di scatto si alzò e, uscendo, disse solo: «Non puoi nasconderti dietro i fantasmi per sempre».
E l’insegnante rimase solo nel piccolo appartamento. Gettò uno sguardo alla montagna di compiti di matematica da correggere. Con rassegnazione rinfoderò gli occhiali e sfoderò la penna rossa.
Si svegliò alle 17 a causa di un fastidioso ticchettio, con il naso incollato a un prodotto notevole errato. Inclinò la testa verso la finestra, grattandosi la barbetta rada. Un ragazzino di colore sui dieci anni era come al solito dietro la porta-finestra del soggiorno, sulla scala antincendio.
«Claude! Quante volte ti ho detto di non venire qui?!» esclamò l’insegnate aprendo la porta-finestra.
«Grazie prof. Cominciava a far freddo»
«Non sono un tuo docente»
«Ma appena avrò l’età verrò a studiare da te, alla tua scuola»
«Non credo proprio, i tuoi ti manderanno a un istituto professionale»
«Questo lo dici tu. E io voglio essere tuo alunno, tu sei un grande»
«Lo dici solo perché ti do i biscotti. Comunque, seriamente, non devi più scendere in questo modo. Non vivrò da mia sorella per sempre. Pensa a cosa direbbe, trovandoti là, appiccicato al vetro!»
«Risalirei in fretta»
«Potrebbe denunciarti»
«Che scocciatura, si vede proprio che sei un prof»
«Siediti e taci»
«Appunto»
Jérome si passò una mano davanti agli occhi.
«Senti, Claude, tu mi sei simpatico. Ma devo correggere i compiti di tre classi. Quindi, o ti siedi e stai buono, o te ne vai»
«Va bene, va bene, mi siedo»
Obbediente, il bambino si accovacciò sul divano, mentre l’insegnante riprendeva a correggere i prodotti notevoli.
Ce ne fosse stato uno tra quegli idioti dei suoi studenti che avesse capito! Se era quella l’intelligenza media dei ragazzi, c’era davvero da preoccuparsi per le generazioni future.
«Se sei ingegnere, perché insegni matematica?» chiese Claude dopo un po’
«Non ti avevo detto di stare in silenzio?»
«Mi annoio»
«Come fai a sapere che sono ingegnere?»
«Me lo hai detto tu»
Jérome lanciò un’occhiata distratta al compito che aveva tra le mani, praticamente lasciato in bianco. Lentamente lo posò, si tolse gli occhiali e si andò a sedere davanti a Claude.
«Insegno matematica perché se quei caproni dei miei studenti non capiscono i prodotti notevoli, figurati se riuscirebbero a calcolare le migliorie nel guadagno apportabili ad un’utenza mediante cogeneratore o fotovoltaico. E fra l’altro ho una laurea in matematica»
«Quindi non sei un bravo ingegnere»
L’insegnante sgranò gli occhi.
«Perché non dovrei esserlo?»
«Perché altrimenti non saresti un prof»
«Sei un ragazzino sveglio. Comunque, a me piace insegnare»
«Perché?»
«Perché mi dà speranza».

Il giorno seguente il cortile era freddo. Jèrome era arrivato in quella scuola da appena tre settimane e ancora non riusciva a comprendere appieno l’ambiente e gli studenti, ma cominciavano pian piano ad essergli familiari.
L’edificio scolastico era estremamente elegante se confrontato a quello di periferia dove insegnava precedentemente. E lui si sentiva fuori luogo in mezzo ai colleghi con giacca, cravatta e ventiquattrore, mentre lui aveva i capelli perennemente arruffati, vestiti trasandati e gli occhiali storti sul naso fino.
Gli studenti sembravano tutti uguali con quelle monotone divise grigie e blu, ma lui sapeva che ognuno di loro era distante interi universi dal compagno vicino a lui, nonostante fossero vestiti allo stesso modo, avvero entrambi i capelli bruni e quell’aria distante.
Forse era la lontananza dal mondo reale che lo portava ad apprezzare alcuni suoi alunni, perché come loro si sentiva: lontano, irraggiungibile.
Controllò l’orario: in prima ora doveva far lezione in VII D. Non era andato molte volte in quella classe, ed era quella che sentiva più ostile al “nuovo prof di matematica”.   
Entrò a scuola, salì due rampe di scale e stava per svoltare nel corridoio della sezione D, quando sentì tre ragazze parlottare e ridacchiare dietro l’angolo.
«…no, cioè, davvero?»
«Sì sì, ti giuro, mi ha chiesto di uscire, ed è così carino!»
«Beata te!»

Stava per intimare loro di tornare in classe, quando qualcosa lo fece inchiodare sul posto.
«Invece, avete presente il nuovo prof di matematica?»
«Jérome Mereu?»

«Sì, lui. Mi è arrivata una voce che dice che prima aveva una moglie e tipo un figlio…»
«E ch’è successo? Ha divorziato?»
«No no: sono morti
– le altre due trattennero il fiato – In un incidente d’auto. E guidava lui! C’è chi dice che li abbia voluti ammazzare di proposito»
«No, non ci credo!»

«È incredibile!»
A pochi passi dalle tre, a un angolo di distanza, il professor Jérome si tappava la bocca con una mano tremante. Aveva ripreso ad insegnare, aveva cambiato città, scuola, eppure niente era bastato.
Prese un profondo respiro e tentò di ignorare il cuore che gli martellava nelle orecchie. Fece qualche passo indietro e ripartì spedito camminando il più rumorosamente possibile. Svoltato l’angolo vide le tre ragazzine che ancora parlottavano vicino alla cattedra della bidella lasciata vagante. Fingendosi stupito, intimò: «Cosa fate qui? Tornate subito in classe!»
«Scusi, professore!» squittì una, e subito tutte e tre corsero spaventate nella IV D.
Ottimo, si erano in qualche modo convinte che fosse un assassino. Ma non era quello il suo problema principale. Doveva riuscire a mantenere la sua integrità professionale, e la voce sul suo passato non si doveva diffondere assolutamente.
Con la fronte corrugata, entrò nella VII D. Gli studenti erano nel bel mezzo di una battaglia all’ultimo sangue con la carta straccia.  
«Se qualcuno se ne fosse accorto, anche per sbaglio, sono entrato in classe» disse dopo un po’, tra il caos generale. La confusione si placò e tutti si ricomposero fra le ultime risate.
«Ma bravi. E sareste al settimo anno, eh? Non vi tormenterò anch’io con la storia del “prossimo anno avrete gli esami”, perché so che non serve a niente e comunque alcuni di voi verranno sicuramente bocciati»
«È incoraggiante prof!» gridò una ragazza all’ultimò banco ridacchiando.
«Incredibilmente. Fate i bravi bambini, dai. Lasciatemi spiegare queste due cavolate così poi vi lascio tranquilli»
Il programma ricevette guaiti d’approvazione e, in un silenzio quasi fantascientifico, riuscì a spiegare.
«Sono rimasti dieci minuti. Come vi avevo promesso, vi lascio liberi, ma non fate confusione» disse a fine lezione.
«Lei è un grande, prof!» esclamò un ragazzino lentigginoso.
Jérome osservò con passivo distacco i suoi alunni alzarsi e accendere i cellulari. In quel momento, anche il suo vibrò. Inarcò un sopracciglio: che fosse sua sorella?

08 ottobre 12:13
Ciao Jérome, sono Amélie, la bibliotecaria della scuola. Ti andrebbe di pranzare insieme, domani?  

Questo sicuramente non se lo aspettava. Soppesò il telefonino da una mano all’altra, indeciso.
Poi, avvenne un’altra cosa che non si sarebbe mai aspettato: un ragazzo alto e bruno, Henri, si staccò dal branco di adolescenti per avvicinarsi a lui.
«Come sta, professore?»
«Non credo di potermi lamentare. C’è qualcosa che posso fare per te, Henri? Vuoi un chiarimento su qualcosa?»
«No, lo sa che non ho problemi in matematica. Volevo parlarle»
Il professore lo scrutò, indeciso se sorridere o mostrarsi perplesso. Alla fine posò il cellulare sulla cattedra e incrociò le braccia al petto.
«Sentiamo, allora, cos’ha da dirmi un diciassettenne che in questo momento dovrebbe soltanto star cazzeggiando con i suoi coetanei?»
Le labbra sottili di Henri si inclinarono in un sorriso che illuminò il suo volto pallido per un momento e subito sparì.
«Volevo sapere se erano vere le voci sul suo conto»
«Voci?» Jérome si fece rigido, mentre qualcosa di molto simile al panico gli montava nel petto.
«Sì, sa: quelle secondo cui ha fatto uccidere sua moglie e suo figlio».
Non era sicuramente un buon modo per cominciare un anno scolastico.
  

*Tipi di scuole francesi che racchiudono l’equivalente di medie e liceo italiani.

NOTE DELL’AUTRICE
Buongiorno, o buonasera, o buon qualsiasi altro momento del giorno abbiate letto questo primo capitolo.
Spero che vi sia piaciuta, è la prima storia originale che pubblico qui su efp,ho già tutta la trama in mente e se volete che cominci ad aggiornare regolarmente fatemelo sapere, altrimenti credo che lascerò questa storia nel dimenticatoio. Sappiate comunque che in questo periodo non potrò essere troppo regolare negli aggiornamenti, causa esami ._. (salvatemi please).
Comunque, sono ben accette critiche e consigli, questa è una storia senza pretese ma comunque ci tengo abbastanza, quindi fatemi sapere  =)
 
 
 


       

  
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