Alle volte...
Alle volte mi piace pensare
che tu, in qualche modo, possa essere legato a me da qualcosa che non sia
necessariamente l’odio, il risentimento o magari la ripicca. Immagino i
fili delle nostre vite intrecciati l’uno con l’altro nell’immenso
telaio dell’esistenza che una delle tre dee silenziosamente intreccia, le
mani guidate da un destino contro il quale, dicono, non si possa
andare.
Alle volte mi piace pensare
alla delicatezza dei baci che potremmo scambiarci per i corridoi, sotto quel
tuo mantello dell’invisibilità; mi perdo nei meandri della mia
immaginazione e finalmente posso vederti sorridermi, mentre con mano tremante
sfiori il mio corpo nudo sotto di te, posso sentire il tuo respiro caldo ed
affannato che s’infrange contro la mia pelle facendomi fremere di voglia,
di desiderio, e ancora il dolore, la gioia, l’estasi delle nostre
esistenze nel diventare una cosa sola, unica e perfetta.
Alle volte mi piace
pensare alle tue braccia che mi stringono forti e protettive dopo aver fatto l’amore:
posso quasi sentirle confondersi al mal di stomaco, all’ansia, agli spasmi
di dolore che, nella realtà, la tua indifferenza genera e nutre come una
serpe nella mia anima.
Alle volte mi piace
pensare che, con te al mio fianco, forse, potrei imparare ad amare, potrei
diventare una persona migliore, potrei togliermi questa dannata maschera,
potrei sottrarmi al destino di mangiamorte che mi aspetta, potrei...
Potrei... solo un fottutissimo
condizionale che richiederebbe una condizione troppo assurda per
farsi realtà.
La condizione saresti
tu. Tu ed il tuo amore.
Alle volte mi piace
pensare a tutto ciò, ma solo alle volte, perché ad un servo di
Voldemort non è dato amare, né, tantomeno, pensare.
Un mangiamorte non
ama, né pensa: un mangiamorte ubbidisce.
Ubbidisce ed uccide.
Fine.
Piccolo sclero mattutino, scritto tra le sette e le otto di oggi, prima di partire per una piacevole gita con un mio gruppo di amiche.
Spero che vogliate commentare...
Grazie della vostra attenzione.
Isi.