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Autore: vanessa_    11/06/2014    0 recensioni
Lei voleva bene ad Hidaya, forse anche troppo.
Hidaya sapeva di provare qualcosa per Jeanelle, ma quel qualcosa andava soffocato.
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"Le voci di corridoio dicono che abbia baciato una ragazza bionda, forse la sua migliore amica, al parco. Hidaya viene definita disgustosa da lui e da quasi tutti i suoi amici."
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dolls and Swings - Bambole ed Altalene



Hidaya
è nata e cresciuta in Francia. Sua madre e suo padre sono entrambi nati in India, ma se ne sono andati, volendo una vita migliore per la figlia. Hidaya è una bambina attiva, solare, sempre carica di energie e soprattutto facile da distinguere nel suo paese, date le caratteristiche da pelle olivastra ed ambrata e gli occhi castani talmente scuri da sembrare quasi neri, a volte.
Il suo motto è sempre stato; Niente di bello accadrà mai, se ne te stai con le mani in mano. E ve lo saprebbe dire in francese, inglese, tedesco ed anche con un pessimo accento nel suo dialetto di famiglia. Studia molto, alla sua scuola pubblica. E' una delle prime della classe.



Jeanelle è nata e cresciuta in Francia. Sua madre e suo padre sono entrambi nati in Francia, ed abitano in quel paese da ormai decine di generazioni. Jeanelle non esce mai di casa. Quello che potrebbe concludere in tutta la sua giornata da ormai nove anni è spezzare in due tre stuzzicadenti e saper dire, con una memoria impeccabile, le battute di tutti gli episodi dei suoi cartoni animati preferiti.
E' considerata una bambola di ceramica; i suoi boccoli chiari e occhi verdi incantano chiunque le conceda uno sguardo. Non è mai esposta al sole. La sua pelle chiara e delicata si sciuperebbe in men che non si dica.
Non ha un motto, è troppo annoiata da quel che la circonda per potersene cercare uno. Non conosce quasi niente della cultura del suo paese, perché la sua insegnante privata non ha spina dorsale e lei detesta apprendere.


E' il diciassette luglio del 1989, quando la piccola Hidaya trascina sua madre ad un negozio in centro per potersi comprare la bambola Susy da lei tanto desiderata.
Susy ha tanti boccoli biondi e un paio di occhi verde smeraldo. Ha molte lentiggini ed una pelle che sembra fatta di ceramica, ma è solamente plastica.


E' il diciassette luglio del 1989, quando la madre di Jeanelle la costringe ad accompagnarla al lavoro, al negozio di giocattoli in centro. Vuole che la figlia prenda una boccata d'aria, e che smetta di rovinarsi gli occhi di fronte allo schermo della televisione.


"Salve, come posso esserti utile?" sorride la signora Legrand alla piccola dalla pelle abbronzata. Hidaya allunga la scatola che contiene la sua tanto amata Susy e "devo prendere questa" risponde con tono entusiasta.
Le viene riconsegnata la bambola dopo che sua madre l'ha pagata con soldi che hanno messo da parte unicamente per quel giorno speciale per Hidaya. Comprano anche un trenino in legno, per il compleanno del compagno di scuola di Hidaya.
"Jean, mi potresti andare a prendere del nastro per i regali nello stanzino? E' finito.."borbotta la signora Legrand. Jeanelle sbuffò. Si alza dalla sua sedia privata e posa il pacchetto di caramelle che stava mangiando una dietro l'altra senza che sua mamma la notasse. Appoggia la carta e il nastro da regalo di fianco alla cassa, ed osserva la bambina di fronte a sé che sbuffa notando sua madre intenta a parlare con la sua. Poi si allarma, quando nota che la ragazzina abbronzata si fa sempre più vicino a lei.


"Io sono Hidaya!"le sorride come se si aspettasse una presentazione di ritorno. Ricordati le buone maniere Jeanelle, si ammonisce da sola riferendo il suo nome alla bambina. Hidaya sorride e si sedie al suo fianco, "sei uguale a Susy!" esclama. Jeanelle non capisce chi sia Susy, poi nota la bambola, e annuisce non sapendo che altro dire.
"A te piacciono le bambole?" domanda. Jeanelle annuisce e "ne hai una con te?" chiede di nuovo Hidaya. Jeanelle pensa che quella bambina dovrebbe imparare a stare un po' più zitta, perché tutta quella voglia che ha di sorridere le fa venire il mal di testa. "Certo" le risponde recuperando la sua dolce Anne-Marie dalla borsa di sua madre.
Anne-Marie le è stata donata al suo settimo compleanno. E' una bambola bellissima, con lunghi capelli neri e gli occhi azzurri. Jeanelle non le ha mai cambiato il suo vestito originale; l'avrebbe rovinata.
"Sembra me!" afferma Hidaya, e "..beh, quasi" borbotta poi osservando meglio i suoi occhi e la sua pelle. "Avete i capelli uguali" le fa notare con un tono monotono Jeanelle. Hidaya sorridere e Jeanelle si sorprende di come possa trarre entusiasmo anche dalla poca voglia di parlare che ha lei, invece.
Le due trascorrono ancora dei minuti a parlare, senza nemmeno accorgersi che ora le loro madri le stanno guardando e non sono più intente a chiacchierare fra di loro.
"Forza Hidaya, andiamo ora" la richiama sua mamma. Lei sei volta e poi guarda Jeanelle, "possiamo vederci ancora domani?" sorride. E' la signora Legrand a rispondere; "certo! La troverai qui in negozio"
Così Jeanelle osserva inebetita sua madre, mentre Hidaya saltella fuori dal negozio con un sorriso stampato in faccia e la sua bambola bionda stretta in una mano.


Hidaya adora le bambole e quando la casa a tre piani rosa e bianca di Barbie le se presenta davanti agli occhi nella cameretta di Jeanelle, crede che le stia per venire un attacco di cuore. La esplora, ci ride sopra, monta e rimonta i mobili di plastica, gli cambia posizione e ci fa fare di tutto di più alle sue bambole, mentre Jeanelle la guarda annoiata.
"Non vuoi giocare?" le chiede innocente occhi castani, notandola sul punto di addormentarsi. Sospira e "non vuoi vedere la televisione?" risponde con una domanda. Hidaya accetta. Passano due ore a guardare a ripetizione svariati episodi di Winnie The Pooh o Miny Pony, che per la cronaca, Hidaya trova strazianti. "Giochiamo a palla?"interrompe il silenzio fra di loro con tono innocente. Jeanelle acconsente, annuendo.
Il punto è non troveranno mai un gioco che le accomuna, ma entrambe sono troppo educate per contraddire le proposte dell'altra. Hidaya lancia il pallone in alto, con un colpo impeccabile insegnatoli da suo papà. Jeanelle lascia che le cada di fianco in qualche rimbalzo, e poi la rilancia a malo modo con poca energia. "E se andassimo a fare una passeggiata?" una peggio dell'altra, pensa Jeanelle annuendo.
Marielle, la badante, prepara ad entrambe un panino alla marmellata da mangiare lungo la strada, e s'incamminano lungo il marciapiede. Viene bocciata l'idea di salire sullo scivolo del parco, ed anche di fare una sfida in corsa, ma Jeanelle non dispiace dondolarsi sull'altalena. L'altalena è il gioco perfetto per entrambe. Hidaya può fingere di volare senza paracadute sulle alte cime delle montagne, scuotendo le gambe o anche trovando un equilibrio perfetto reggendosi in piedi. E Jeanelle può stare seduta, godendosi dell'aria fresca, ma senza faticare troppo e senza muoversi più di tanto nel paese, che non ha mai sopportato.
"Ci vediamo ancora domani?" chiede Hidaya recuperando Susy, lasciata appoggiata al tronco che sosteneva le due altalene. "Okay" risponde Jeanelle e "al parco?" aggiunge, portando al petto e stringendo fra le braccia la piccola Anne-Marie, che aveva tenuto con sé per tutto il tempo. Hidaya annuisce.


E' il dodici agosto e Hidaya sta andando a casa di Jeanelle, per la sua festa di compleanno. Le è stato detto che ci saranno dei bambini che non conosce, ma per lei non è mai stato un problema socializzare. Jeanelle è quella che negli ultimi giorni sorride più di quanto abbia mai fatto in tutta la sua vita. E' anche quella che un giorno, si è presentata in cucina da sua madre e le ha chiesto il permesso di uscire in bicicletta con il nonno, lasciando la signora Legrand a bocca aperta.
"Auguri Jean!"sorride Hidaya abbracciandola così forte da probabilmente averle fatto mancare il respiro per qualche istante. Le da anche un bacio, proprio all'altezza dello zigomo sinistro e pi la lascia libera di scartare il regalo. Una bambola. I capelli neri, gli occhi scuri, un naso piccolo e delle labbra dipinte dal migliore dei pittori. La pelle ambrata, ed un tradizionale abito indiano. Jeanelle nota il pallino rosso sulla fronte, e sorride, perché lo adora. "Questa è uguale a me al cento per cento!"sorride Hidaya toccandosi il pallino rosso in testa.
E Jeanelle pensa di aver trovato la migliore delle amiche che le potesse capitare, ed anche la migliore delle bambole.
Amélie. Ecco come l'ha chiamata.


"Muoviti Hidy!"Jeanelle urla sghignazzando, mentre riprendere a correre per l'enorme distesa di prato verde smeraldo. Per avere dodici anni ritiene sia parecchio infantile, ma non le importa, si diverte quando gioca con Hidaya al parco. E' la prima a toccare il tronco dell'altalena, poi si volta e nota Hidaya raggiungerla con il fiato mozzo. Ridono a perdifiato-per quanto gliene rimane-e poi si siedono sulle loro altalene. Jeanelle su quella di sinistra, quella non le catene nuove di un mese. Hidaya su quella più vecchiotta di destra, quella con un taglio che lascia intravedere l'imbottitura sporca sotto.
Oggi è il venti aprile del 1991.
"Marielle ci ha dato dei biscotti per merenda.."afferma Jeanelle aprendo il suo zainetto. Allunga una scatola di biscotti a Hidaya e poi le da anche un succo alla pesca. Fanno entrambe merenda sedute sulle loro altalene, mentre Amélie e Susy le osservano, stese sul prato di fronte a loro. "Jean.."la chiama Hidaya con voce bassa. "Cosa?" risponde quella. "Mia mamma è incinta"sorride all'amica con la bocca spalancata. Ha voluto farle una sorpresa dicendoglielo senza preavviso. Si abbracciano e iniziano a fantasticare su come potrebbe essere il nuovo fratellino o sorellina di Hidaya. Nessuna delle due aveva un fratello. Erano entrambe figlie uniche, e non vedevano l'ora di crescere un nuovo membro nel loro duo inseparabile.
Entrambe prendono le bambole fra le loro braccia, e s'incamminano verso casa.
"Sarà maschio.."borbotta Jeanelle.
"Smettila, sarà una femmina" la ammonisce Hidaya, colpendola con Susy al braccio.


Hidaya suona la centesima volta al citofono di Jeanelle, e quando finalmente si decide a rispondere, le urla di correre immediatamente e raggiungerla al cancello. "Hanno rubato Susy" dice preoccupata. Iniziano a correre verso il parco, l'ultimo posto in cui sono state con le bambole. Già, hanno tredici e dodici anni, ma le bambole le divertono ancora. "Sei sicura di non averla persa?"le chiede Jean controllando nei dintorni delle altalene. "Sì..l'avevo lasciata sull'altalena e poi sono andata a salutare una mia amica all'entrata del parco, e quando sono tornata non c'era più!"Jeanelle sa quando sensibile sia Hidy, per questo quando le vede gli occhi essere sul punto di inumidirsi la rassicura dicendole che avrebbero risolto tutto quanto immediatamente.
Chi avrebbe mai potuto rubare una bambola come quella? Nel corso dei mesi ed anni, le bambine hanno consumato entrambe le loro bambole, portandole al parco, lanciandole sui rami più alti, pettinandole in modo talmente brutale da increspare loro i capelli e sporcando i loro abiti con fango e terra.
Non potevano prenderne un'altra. Nessuno vendeva più quel modello di bambola, e non sarebbe stata di certo la stessa Susy. Pensano che la soluzione migliore sia dirlo ai loro genitori, per questo corrono a casa di Jeanelle e avvertono la signora Legrand, che le aiuta a cercare la bambola al parco, credendo che nessuno avesse potuto rubarla. Non la trovano.
Trascorrono una manciata di minuti a setacciare ogni angolo del parco, ma nessuna traccia di Susy. Sconfitta, Hidaya torna a casa strisciando i piedi.
Alle ore 19:48 il telefono di casa di Jeanelle squilla. La ragazzina lo raggiunge e risponde, udendo la voce di Hidy dall'altra parte dell'apparecchio.
"L'ho trovata, Jean!" esclama entusiasta. Hidaya quel giorno era andata al parco con sua madre. Aveva giocato con Susy per tutto il tempo, ma quando aveva visto la sua amica Evangeline a pochi metri da lei le è corsa incontro per salutarla, e sua madre sapeva che si sarebbe scordata della bambola svampita com'era. L'aveva avvisata che se l'era messa in borsa e portata a casa, ma Hidaya le aveva detto un frettoloso "sì okay" per poter tornare a parlare con Evangeline.
"Sei un'idiota, Hidy" sghignazza Jeanelle. "E' colpa di mamma"sbotta Hidaya.


Jeanelle ha quindici anni. Hidaya ha quattordici anni.
Sono sul letto di Hidaya, a parlare del ragazzo che si è presentato al negozio della signora Legrand quella mattina, con la sorellina di sei anni mano nella mano.
Il piccolo Gunjan le fissava mentre giocava con i suoi giocattoli sul tappeto di pelo bianco. E' un bambino molto attivo, quasi più di Hidaya, oserebbe dire sua madre. Ha solamente tre anni, ma ha già capacità di uno di cinque.
"Troppo grande per noi.."sghignazzò la bionda, continuando a sfogliare una rivista a pancia in giù. Hidaya le lancia addosso un cuscino e "Che vorresti dire?" le domanda recitando alla perfezione la parte della ragazza offesa. Jeanelle sta al gioco e le ripete che in confronto a quello che probabilmente doveva essere un '75, loro erano due ragazze nate nel 1980 e 1981.
Nessuna delle due ha ancora trovato un ragazzo disposto a dichiararsi a loro. Eppure Hidaya e Jeanelle sono delle bellissime ragazze, diverse fra di loro, ma con una bellezza opposta e mozzafiato. "Siete troppo giovani"dice il padre di Hidaya, ma chi lo sta a sentire quello là. A quindici anni si pensa solo ai primi amori e loro volevano disperatamente trovare un ragazzo carino di cui innamorarsi in modo innocuo e da adolescenti.
"No Gunjan!"strilla Hidaya, strappandogli di mano Amélie. Il piccolo se la stava mordicchiando, lasciando della saliva da bambino sul suo abito rosso. Le ragazze ridono, recuperando dei fazzoletti di carta ed iniziando a pulire quella bambola con il naso arricciato e disgustate. "Un'altra macchia aggiunta alle nostre stronzate" ridacchia poi Jeanelle.


Oggi è il nove novembre del 1997. Oggi Hidaya compie diciotto anni e si è concessa un'uscita al suo ristorante preferito al fianco di Jeanelle. Si mangiano insieme una pizza ad un angolo del locale, ridendo e scherzando sul fatto che entrambe hanno la propria bambola nascosta in borsa. Si trovano ridicole, ma per loro Amélie e Susy sono diventate il simbolo più grande che possiedono della loro enorme amicizia. "Ieri mia mamma ha cercato di ficcare Susy in lavatrice"dice Hidaya addentando una fetta di pizza alle patatine fritte. "Spero che glielo abbia impedito!"esclama Jeanelle. Entrambe ridono quando Hidaya "Ovviamente!" esclama.
All'età di dieci e undici anni si erano fatte una promessa. Non potremo mai lavare le nostre bambole; dobbiamo tenerle il più possibile a lungo e rispecchiare ogni nostra avventura in ogni segno. Le loro madri credono che sia un miracolo il fatto che non si siano prese qualche strana malattia da tutti i batteri che ricoprono quei due giocattoli, ma a Jeanelle e Hidaya non importa.
Escono dal locale ed iniziano a incamminarsi mano nella mano.
Francis si era offeso quel giorno. Credeva che Hidaya avrebbe passato con lui il suo compleanno più importante, ma evidentemente non gli è ancora chiaro che qualsiasi sia il suo titolo, fidanzato o meno, Jeanelle sarà sempre al primo posto e sono più di tre anni che progettano la loro maggiore età insieme.
"Quanto credi che Francis sopporterà che io sia in mezzo a voi?"domanda Jeanelle, aiutando Hidaya a salire il muretto del parco. "Non sei in mezzo a noi" risponde quella.
Entrambe, una volta raggiunte le altalene, sfilano dalle loro borse Amélie e Susy. "Sei sicura?" balbetta Jean. "Al cento per cento" conferma Hidy.
"Ricordi quando da ragazzine ci scherzavano perché stavamo sempre insieme?" domanda Hidaya con un filo di voce. Jean china la testa, se lo ricorda bene. "..ci chiamavano lesbiche"dice poi, con tono afflitto. "Come se potessero piacere le donne dopo tutti quei pettegolezzi su tutti quei ragazzi!"sorride Hidaya divertita. Jeanelle la asseconda e il discorso procede con tono scherzoso. Pensano a quanto fossero idiote tutte quelle scritte che trovavano su fogliettini di carta a scuola, indirizzati a Hidaya. "Non saprei nemmeno cosa fare una donna!" ammette sempre sghignazzando Jean. "Sarebbe troppo strano dirti ti amo invece di ti voglio bene" arriccia il naso Hidaya. Entrambe sono d'accordo; non sarebbero mai potute essere lesbiche. Hidaya non appoggiava nemmeno che due persone dello stesso sesso potessero amarsi. Jeanelle li trovava indifferenti, ma di certo non credeva di poterlo essere.
Attimi di silenzio, mentre le ragazze dondolano piano piano sulle loro altalene. Strofinano la suola delle scarpe contro il terreno bagnato di pioggia e si scambiano sguardi silenziosi, quasi imbarazzati.
Hidaya si alza dall'altalena e prende il volto di Jean fra le mani. Una frazione di secondo, in cui le loro labbra si scontrano timidamente. Hidaya non si pente, mentre Jeanelle rimane immobile, quasi intimorita dalla sua migliore amica. Si guardano negli occhi solamente per un attimo, mentre la mora si copre la bocca con una mano e non osa spiaccicare parola.
Jeanelle si avventa di nuovo sulle sue labbra e la stringe saldamente, questa volta. Si scambiano uno di quei baci passionali e difficili da dimenticare. Non avrebbero mai creduto che le loro lingue sarebbero mai potute entrare in contatto in quella maniera.
Mani girovaganti che non sanno dove posarsi, occhi severamente chiusi e due bambole, posate a terra davanti alle altalene, che osservano le loro padrone baciarsi dopo tutti quegli anni fatti di desideri segreti.


Francis ha lasciato Hidaya. Le voci di corridoio dicono che abbia baciato una ragazza bionda, forse la sua migliore amica, al parco. Hidaya viene definita disgustosa da lui e da quasi tutti i suoi amici.


Jeanelle non spiaccica più parola con quasi nessuno. E' il dodici novembre, e non ha parlato nemmeno con i suoi genitori per le cose più banali. Hidaya nemmeno l'ha sentito per quei tre giorni, ed è l'azione più strana che avesse mai fatto in vita sua. Vorrebbe chiudere dentro un armadio quella stupida bambola indiana e piangere, ma dove trova la forza di sotterrare dieci anni di amicizia in fondo ad un cesto? A dire il vero, Jeanelle non ha trovato la forza di fare quasi niente nella sua vita, se non salire su quel cavallo con Hidaya, dare un pugno ad una stronzetta di dieci anni con Hidaya, confessare al ragazzo che le piaceva quanto fosse cotta di lui con Hidaya al suo fianco e baciare in quella maniera Hidaya. La risposta a tutto era lei; Hidaya.


Uno dicembre.
"Dobbiamo parlare" dice Hidaya, stretta nel suo cappotto, in piedi al fianco delle altalene. Jeanelle annuisce e le si avvicina, affondando i suoi stivali in mezzo metro di neve. Sarebbe stato molto più sensato incontrarsi in un bar, o a casa di una delle due, ma tutto era iniziato alle altalene e tutto doveva finire alle altalene. Parlano, e arrivano ad una conclusione.
"Non possiamo più vederci" dice Hidaya.
"Lo so" risponde Jeanelle.
"Perciò addio" la saluta Hidaya.
"Addio" la saluta Jeanelle.


"Ho trovato Amélie nella spazzatura, forse ce l'ha messa papà.."dice la signora Legrand posando la bambola sul letto della figlia. "L'ho gettata io" risponde Jeanelle "e non chiamarla per nome. Ho diciannove anni ed è stupido" sbotta senza nemmeno degnare la madre di uno sguardo.
La signora Legrand esce dalla camera della figlia, con sguardo triste. Raggiunge lo scantinato e posa la piccola bambola all'interno di uno scatolone di cartone. Sa che Jeanelle tornerà a cercarla.


"Sei sicura di volerla dare in beneficenza?" si assicura la madre di Hidaya guardandola mettere all'interno di un sacco nero Susy. "Certo" sbotta la mora tornando ad apparecchiare la tavola per la cena. "E' per quel che è successo con Jean?"domanda la mamma, con toni gentili. "No, perché è stupido avere una bambola alla mia età"
Gunjan, che ormai ha sei anni, apre il sacco e recupera la bambola, ma "tua sorella ha detto che non la vuole più" le dice sua madre. "Mentiva" risponde il piccolo.



Oggi è il dodici agosto del 2009. Oggi Jeanelle compie ventinove anni, e decide di festeggiarlo con suo marito Marco e sua figlia al migliore ristorante indiano del quartiere.
Marco è un amorevole uomo di trentadue anni, che Jeanelle ha conosciuto durante la sua vacanza in Italia anni fa. Sono sposati da tre anni.
"Mamma, vado in bagno" la piccola informa Jeanelle. Lei acconsente e le raccomanda di stare attenta, ma scatenata e testarda com'è quella bambina, di certo non l'avrà nemmeno sentita.
La piccola s'incammina lungo i ristorante e cerca la scritto 'Toilette', ma non la trova. Ignora il cartello 'Accesso libero solo al personale' e entra in quella che le sembra essere la cucina. Là i camerieri e i cuochi non la notano subito, ma a farlo è una bellissima bambina dalla pelle scura e i capelli corvini, che le dice che non può stare là dentro.
"Cerco il bagno" la informa. La piccola indiana le sorride e la accompagna. "Come ti chiami?" le chiede una volta raggiunto il bagno, "Susy" risponde la piccola dai boccoli d'oro e gli occhi chiari e "tu?" domanda. "Io sono Amélie. Sai che ti chiami come una mia bambola?" sorride. "E tu hai lo stesso nome della mia!" ricambia il sorriso Susy e "Devo dirlo a mia mamma, vieni!" esclama afferrando Amélie per il braccio e trascinandola al suo tavolo.
La mamma dalla chioma bionda sorride ad entrambe, e quando viene a sapere la scoperta delle bambine giura di potersi sentire le gambe molli. Crede che sia una coincidenza. Una di quelle talmente improbabili da farti credere che al mondo esista la magia.
Viene portata alla cassa, dove una cameriera dalla folta chioma nera le sorride, prima di perdere il sorriso e rimanere in silenzio.
"Hidaya?"chiede Jeanelle mimando un lieve sorriso. Hidaya annuisce e ricambia. "Non sei cambiata affatto"aggiunge la bionda e "beh? Non mi dici nulla?"domanda poi notando il silenzio della sua vecchia amica.


Hidaya è nata e cresciuta in Francia. Sua madre e suo padre sono entrambi nati in India, ma se ne sono andati, volendo una vita migliore per la figlia. Hidaya è una donna spenta. E' sempre taciturna, sola, costantemente triste e soprattutto facile da distinguere nel suo paese, date le caratteristiche da pelle olivastra ed ambrata e gli occhi castani talmente scuri da sembrare quasi neri, a volte.
Il suo motto è sempre stato; Niente di bello accadrà mai, se ne te stai con le mani in mano. E ve lo saprebbe dire in francese, inglese, tedesco ed anche con un pessimo accento nel suo dialetto di famiglia. Ora è cambiato; adesso crede che vivere sia quasi uno spreco di tempo. Studiava molto, alla sua scuola pubblica. Era una delle prime della classe. Poi si è finita a lavorare in un ristorante indiano, dove l'unica cosa che la spinge ancora a stampare conti e portare portate ai clienti, è sua figlia Amélie.


Jeanelle è nata e cresciuta in Francia. Sua madre e suo padre sono entrambi nati in Francia, ed abitano in quel paese da ormai decine di generazioni. Jeanelle è una donna solare e sorridente. Ha sempre abbastanza energie per portare avanti la sua famiglia e far sorridere sua figlia. Passa le giornate a lavorare duramente, come segretaria di una proprietaria di un'importante rivista francese.
E' considerata una bambola di ceramica; i suoi boccoli chiari e occhi verdi incantano chiunque le conceda uno sguardo. Non è mai esposta al sole. La sua pelle chiara e delicata si sciuperebbe in men che non si dica.
Da piccola non aveva motivazione per trovarsi un motto, e forse nemmeno ora ne ha uno be preciso. Non ha una buona cultura di base, perché la sua insegnate privata non aveva spina dorsale e lei detestava apprendere. Ora ha come scopo quello di dare una buona educazione e un'infanzia felice a sua figlia; Susy.



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Salve!
Allora; avevo un'idea ben precisa e diversa per questa one-shot, ma poi tutto si è tipo capovolto e ne è uscito qualosa di cui sono fiera, ma che allo stesso tempo è leggermente diverso da come avrei voluto stenderela.
Credo che queste parole siano piene di messaggi contraddittori, e credo anche che ognuno di voi abbia trovato quello che lo riguarda di più.
A dirla tutta, volevo accennare anche dei pregiudizi razzisti nei confronti di Hidaya, ma sarebbe stato troppo.
Spero vivamente che vi sia piaciuto questo mio racconto e che qualcuno di voi mi darà il suo vero parere qui sotto con una recensione!

Grazie per aver letto fino a qui,
vi amo,


Vanessa xx
  
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