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Autore: aida6395    14/06/2014    3 recensioni
La mano si Marcus rimase a mezz’aria mentre il suo petto si gonfiava della visione di lei, mentre il suo fiato si accorciava e la voglia di chiederle scusa, per la sua gelosia, gli balzava nel petto. Riaffioravano i sogni, i desideri, i sentimenti per quel piccolo demonio che aveva sotto gli occhi. Era la sua condanna a morte, e sarebbe andato fiero al patibolo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Lui doveva essere il male, ma in realtà non era nulla senza di lei. Lui doveva seguire i piani del padre, ma vedere quella stanza vuota, senza il suo odore, lo distruggeva, lo piegava in due. Sentiva la sua mancanza ogni istante di più, ma non sarebbe andato a chiederle scusa.
Orgoglio, nelle vene di Marcus pulsava l’orgoglio, misto a quella velenosa gelosia, gelosia per qualcosa che desideri e non puoi avere.
Marcus amava la sua Emily, ed era l’unica verità che vibrava nel suo petto.
 
Seduto sulla sua sedia non poteva far altro che immaginare ancora una volta i fianchi di lei contro i propri, sognava ad occhi aperti le labbra di lei sulle sue, ma senza di lei tutto poteva solo restare una storia nella sua immaginazione. Il suo corpo che lo tentava, quelle labbra peccaminose che sussurravano cose che le nobil donne sognavano di dire ai loro mariti. Quelle labbra che non potevano essere sue per sempre, quelle labbra che avrebbe dovuto smettere di baciare. Quelle labbra che avrebbe sognato anche la notte delle proprie nozze con la donna che suo padre avrebbe scelto.
Ricordava ancora il suo primo bacio, indelebile, meraviglioso. Ricordava come le ingenue labbra della sorellina, più piccola di lui di tre anni, si erano appoggiate alle sue e lui aveva passato le mani tra i capelli biondi. Il desiderio di lei gli aveva permesso di scioglierle le trecce che la balia le aveva sapientemente acconciato. Le guancia di ella erano rosee quando si erano staccati, senza parole per quel gesto avventato. Ma cosa doveva capire una signorina di 13 anni?
Desiderava quel corpo, desiderava sentire il suo profumo, voleva sentire ancora una volta le labbra della sorella che pronunciavano eccitate il suo nome. Voleva essere pregato di darle ancora quello che più amava, voleva sentire le sue mani toccarlo e farlo sentire davvero uomo. Voleva lei e niente altro.
Le mancava, come ai polmoni mancava l’aria quando si stava sotto l’oceano. Le mancava, ma l’aveva cacciata lui da casa. Ricordava ancora come non le aveva dato retta, come si era progressivamente allontanata da lui, quello che non sapeva era il motivo. Se ne era andata per proteggere se stessa da quei sentimenti sbagliati, da quella natura pericolosa, se ne era andata per innamorarsi di un altro uomo, se ne era andata per vivere. E lui sapeva che era la cosa più giusta, lo sapeva nell’esatto istante in cui le aveva urlato contro, nel momento esatto in cui le aveva preso i capelli nella mano destra e le aveva ordinato di farsi le valige. L’aveva vista baciare un uomo, l’aveva vista stringersi ad un altro, proprio come lui aveva fatto poco prima, proprio come lui aveva fatto molte volte per poter levare dalla propria anima quel peccato.
La sorella desiderava la felicità e lui, per egoismo, gliela negava. Quell’amore proibito sarebbe dovuto essere l’unico provato da lei. Lui di tutte, lei solo sua, una sua proprietà, un territorio che poteva possedere quando voleva, un territorio che sarebbe stato a disposizione della sua avidità.
Se solo ci fosse stata la possibilità di tornare a quel giorno.
 
Gli occhi di Marcus si chiudevano davanti il buio che era appena sceso, la notte era alle porte e il suo riposo non doveva tornare ad arrivare, ma Morfeo non lo voleva cullare quella notte. Le coperte erano finite sul pavimento mentre rigirava sul materasso per poter trovare una posizione, alla fine si era arreso. I piedi si erano mossi da soli, la direzione la sapeva il suo cuore e non il suo cervello. Diretto in camera della sorella, per stringere le sue lenzuola al proprio petto. Aveva appena chiuso gli occhi sul cuscino di Emily quando alla sua mente tornarono i pensieri delle mille notti passati l’uno sul petto dell’altra, pensieri che si erano modificati in incubi, la sua assenza voleva significare solo una cosa, lei stava con un altro uomo in quell’istante.
Si era deciso, doveva trovarla.
 
Il suo cuore era così deciso che era sceso nelle scuderie e aveva preso il suo cavallo, aveva corso. Tutta Londra dormiva e lui cercava la piccola, villana, testarda, testa bionda. Sapeva che non si sarebbe trovata in un hotel di lusso, era più probabile andarla e prendere per i capelli in un bordello di pessimo gusto.
Era questo quello che amava di lei, il suo atteggiamento da dura, atteggiamento acquisito dalla mancanza di una madre, atteggiamento forgiato dagli anni passati con un padre che la picchiava. L’amore nato tra i due non era un caso.  Tutto quello che avevano superato insieme li aveva portati a credere che loro ci sarebbero sempre stati l’uno per l’altra. Le notti passate ad asciugare le lacrime di quella piccola forte creatura li aveva resi due amanti unici, due amanti che si completavano, che raggiungevano il culmine dei propri sentimenti quando si univano. Due anime nate dalla stessa pena, due anime che per quanto fossero sbagliate si sarebbero sempre rincorse.
Quando l’aveva vista, non si era meravigliato del posto in cui stava. Una piccola taverna, circondava da uomini che le mettevano le mani ovunque, mani a cui ella non badava visto che era troppo intenta a finire il vino che aveva tra le mani.
Un leggero tocco della spalla e i loro occhi avevano creato quell’incanto, quell’innocenza, che li caratterizzava da quando erano bimbi. Un incontro di occhi e tutto il rancore, la rabbia, il dolore erano in mille pezzi. La mano di Marcus rimase a mezz’aria mentre il suo petto si gonfiava della visione di lei, mentre il suo fiato si accorciava e la voglia di chiederle scusa, per la sua gelosia, gli balzava nel petto. Riaffioravano i sogni, i desideri, i sentimenti per quel piccolo demonio che aveva sotto gli occhi. Era la sua condanna a morte, e sarebbe andato fiero al patibolo.
Non disse nulla.
Non pregava più che quel giorno non fosse mai venuto. Aspettava, sapeva che sarebbe arrivato, il momento in cui la sorella si sarebbe nascosta tra le sua braccia, e quando sarebbe arrivato, avrebbe trovato la pace.
Avrebbe venduto l’anima per quell’amore proibito.
  
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