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Autore: Rinkaku    14/06/2014    2 recensioni
Serafine, sola fin dalla nascita, imparerà presto quanto il mondo possa essere crudele e dolce, fra creature misteriose, leggende antiche ormai dimenticate da tempo e divinità.
Questo racconto partecipa al contest “La ragazza e..La spada”.
Genere: Azione, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel piccolo villaggio di Garien, famoso solo per gli immensi campi di fiori dove, di tanto in tanto, le figlie dell'Imperatore si recavano a raccoglierne o a giocare, nacque una bambina, il cui nome era Serafine.

I suoi occhi erano del colore del ghiaccio più puro, i pochi capelli che aveva in testa blu come la notte e la pelle bianca.

La piccola crebbe sempre di più ma senza, purtroppo, la compagnia dei genitori, morti a causa di una piccola battaglia ai confini del villaggio contro un gruppo di Kreil, creature immonde che vivevano solitamente alle pendici dei monti e mai si spostavano verso le città.

Il suo aspetto diventava sempre più bello, il viso era dolce, le labbra rosse erano sempre sorridenti, gli occhi grandi circondati da fitte ciglia scure e i capelli blu la rendevano ancora più bella di quanto già non fosse.

I ragazzi le stavano sempre attorno, facendole mille proposte che lei non sapeva come accettare, imbarazzata sempre più dalle loro attenzioni mentre le altre fanciulle del villaggio la guardavano invidiose.

All'età di dieci anni un uomo venne a farle visita, proponendole di andare a vivere con lui, dimostrandole, inoltre, che costui era suo zio, fratello della madre ed è proprio qui che tutte le vicende della vita della giovane ragazza ebbero inizio.

 

-Serafine? Serafine! Dove sei finita?- Gridò Kalis cercandola ovunque con lo sguardo ma la ragazza non dava alcuna risposta.

Improvvisamente il rumore di colpi d'acciaio che si infrangeva su ceppi di legno giunse alle sue orecchie, facendogli comprendere che la giovane era di nuovo nel retro della casa ad allenarsi.

-Insomma, vuoi piantarla? Quella vecchia spada arrugginita non comincerà di certo a tagliare gli oggetti solo perché lo desideri tu, sai?- La rimproverò l'uomo costringendola a girarsi.

Lo zio l'aveva sempre in qualche modo intimorita, nonostante la sua gentilezza nei modi di fare e di comportarsi.

Indossava sempre una lunga e pesante casacca di pelle color marrone scuro, degli stivali che gli arrivavano fino alle ginocchia e dei pantaloni da viandante tenuti in perfetto ordine.

I capelli neri lunghi fino alle orecchie e spettinati si intonavano alla perfezione con la leggera barba mattutina che tagliava solo quando aveva voglia ma la cosa che più le piaceva di lui erano gli occhi, stretti, scuri ma che mostravano la solidità del suo spirito e della sua determinazione.

Le giornate insieme a lui trascorrevano sempre nello stesso modo, tra lo studio e l'allenamento del corpo e della mente ma la cosa che la rendeva più fiera e felice era l'addestramento con la spada che lei stessa aveva deciso di cominciare a svolgere.

Ogni giorno si recava di nascosto nel retro della casa, dove la Foresta Centrale ne limitava l'estensione per addestrarsi a modo suo, con quell'arma arrugginita ed erosa dal tempo.

Più volte si era soffermata a guardarla, chiedendosi come mai si trovava in quello stato e chi ne fossero i precedenti utilizzatori, provando a domandarlo anche allo zio ma questo non rispondeva mai, evitando la domanda o semplicemente restando in silenzio.

Serafine si rese conto abbastanza in fretta che non era più una bambina, ormai e che meritava delle risposte alle sue domande, ai motivi dei suoi sentimenti ma questo restava solo un vago desiderio, celato nei meandri del suo cuore.

Solo la spada riusciva a darle un po' di sollievo, a farla sentire in pace con se stessa come se fosse una parte di lei, della sua vita e come se fosse destinata ad impugnarla, compiendo qualcosa di grande e memorabile.

Era brava a maneggiarla e lei ne era più che consapevole, la usava con estrema leggerezza ma, dal momento in cui non aveva avuto un maestro, la sua tecnica era grezza, basilare e limitata a semplici fendenti e affondi abbozzati.

Lo zio, però, le proibiva di usare quella vecchia e arrugginita arma, ma non per cattiveria, solo per preoccupazione. In cuor suo aveva paura che facesse la stessa fine del padre e che il troppo orgoglio e coraggio la portassero via, lasciandolo definitivamente solo al mondo.

Era, questo, un pensiero che quasi non lo faceva dormire la notte, facendolo riflettere a lungo su cosa fosse più giusto per la ragazza, lasciarla andare o tenerla in gabbia? Lui proprio non lo sapeva, la sua infanzia era stata basilare, non aveva mai viaggiato o fatto nulla di particolare, era un semplice bracciante che si impegnava per portare a casa qualche soldo, nonostante il suo aspetto fosse da avventuriero e molte delle ragazze del villaggio gli andassero dietro proprio per questo.

Quello era, però, un giorno speciale, l'uomo avrebbe festeggiato i trentacinque anni insieme alla nipote e la aspettava ormai da tanto alla tavola. Spazientito era corso fino al retro della casa dove sapeva che questa si allenava ogni giorno e la osservò con sguardo severo dopo averla rimproverata.

Nonostante lei avesse diciassette anni le espressioni sul suo volto parevano ancora quelle di una bambina, portando alla mente dell'uomo i ricordi di quando era andato a prenderla all'orfanotrofio.

Un sorriso dolce gli si dipinse sulle labbra, rallegrando anche Serafine.

-Scusami zio, ero troppo concentrata e non ti ho sentito.- Disse lei piano cominciando a muoversi verso di lui.

-Ho visto, stai migliorando molto, sai?- Decise di rispondere lui. Era ormai deciso a sostenerla, non poteva tenerla lì per sempre, pensò.

-Dici davvero? Non sei arrabbiato per il fatto che stessi usando la spada?- La giovane quasi sbiancò per lo stupore, gli occhi le si spalancarono e la bocca rimase aperta, allibita per la sorpresa di suo zio, mai avrebbe creduto di sentire una frase simile da lui, che ogni giorno cercava in ogni modo di allontanarla dal mondo della lotta ma nessuno poteva negarlo, ormai il suo corpo era stato temprato da tutti quegli allenamenti, seppure ancora delicato e quasi fragile alla vista.

Lei nascondeva un'anima assai forte, e il buon zio non poteva fare altro che lasciarle prendere le sue decisioni.

-Certo, stavo pensando, anzi, che potresti andare alla capitale, per allenarti e sviluppare la tua tecnica, cosa ne dici?- Le chiese lui con lo stesso pacifico e quasi paterno sorriso perché sì, lui era, per lei, il padre che non aveva mai conosciuto.

Con quella sola e semplice domanda aveva cambiato, inesorabilmente, la vita della giovane.

I suoi occhi si illuminarono di gioia, il sorriso si allargò e delle lacrime di felicità cominciarono a sgorgare lentamente.

Quel giorno, lo zio aveva appena reso sua nipote la ragazza più felice del mondo.

Nelle restanti ore i due festeggiarono in solitudine ma pieni di felicità e l'uomo la aiutò a preparare una borsa per il viaggio, dandole tutto ciò che le sarebbe potuto servire, visto che la capitale era molto lontana da dove vivevano loro.

Infine, i due si salutarono, il mattino seguente, con le lacrime agli occhi, sperando di potersi rivedere presto ma quella era, in realtà, una pura consapevolezza che aiutò i due ad avere meno malinconia l'uno verso l'altra.

 

Serafine partì di mattina presto, alle prime luci dell'alba e ben riposata, il viaggio che la aspettava sarebbe durato quasi una settimana e decise di organizzare da subito degli orari di sosta per mangiare e riposarsi.

Il suo equipaggiamento consisteva semplicemente in una borsa di cuoio a tracolla e la sua fidata spada che avrebbe fatto sistemare una volta arrivata alla capitale.

Indossava un gillet di pelle nero, le braccia coperte da para-braccia dello stesso colore che le coprivano le mani, senza estendersi fino alle dita, due teli che le coprivano l'avambraccio e la vita e i pantaloni le fasciavano perfettamente le gambe toniche e agili, scomparendo in un paio di stivali pesanti lunghi fino al ginocchio.

A vederla pareva una vera e propria guerriera esperta, pronta ad estrarre la spada al minimo rumore o ad uccidere una bestia della foresta in un solo fendente ma il suo aspetto nascondeva la paura che la turbava da quando non riusciva più a scorgere la casa di suo zio.

Cercando di ricacciare dentro di sé quei sentimenti si voltò verso il fitto bosco di fronte a lei e mosse i primi passi che avrebbero segnato l'inizio del suo viaggio, delineando un largo sorriso fiero sul suo volto e facendola sentire adulta per la prima volta.

La foresta appariva silenziosa e tranquilla, il che dava a Serafine un senso di pace ma anche inquietudine.

Le pareva troppo strano che il posto in cui gli abitanti del villaggio avevano combattuto, qualche anno prima, una furente battaglia contro un branco di Kreil, fosse ora così calmo e, soprattutto, senza nemmeno un piccolo animaletto o uccellino.

Dopo qualche ora di camminata l'ansia si fece sempre più forte, nella giovane.

Quel luogo la inquietava oltre ogni limite e attorno a lei regnava sempre quel silenzio che cominciava a maledire.

Aveva deciso di non fermarsi prima di uscire da lì ma la cosa che la riempiva di paura era il fatto di essere indifesa.

L'unica arma che aveva era la sua spada ma era arrugginita e, anche se sapeva usarla benissimo, non sarebbe certo bastata contro una sola di quelle orribile bestie, figurarsi contro un intero branco.

All'improvviso, un fruscio leggero raggiunse le sue orecchie.

Eccoli, pensò immediatamente.

Appoggiando la mano destra all'elsa della spada si guardò attorno, pronta a sfoderare l'arma e a provare a difendersi in qualunque modo da quegli esseri.

Sentì di nuovo un fruscio e un altro ancora, finché un'alta figura non uscì dai cespugli.

Indossava un lungo mantello color porpora che gli copriva il volto col cappuccio.

Sotto a questo si intravedevano gli ordinati vestiti, degni di un nobile della capitale e la cosa stupì Serafine, a tal punto da farla restare paralizzata sul posto, ancora con la mano sull'elsa.

L'uomo si calò il cappuccio, scoprendo il volto giovane e curato, con un piccolo accenno di barba solo sul mento, i capelli rossicci e lunghi fino alla base del cranio, leggermente spettinati e gli occhi sottili e dall'espressione attenta.

-Oh, che sorpresa! Mai avrei creduto di poter trovare qualcun altro, qui!- Disse l'uomo mostrandosi felice alla vista della ragazza che era sempre più allibita e senza parole.

-Ti ho spaventata? Non era nelle mie intenzioni, te lo assicuro, avrai pensato che fossi chissà quale creatura della foresta, eh? Tranquilla, non voglio nuocerti in alcun modo, sono solo di passaggio.- Cercò di rassicurarla accentuando sempre più il sottile sorriso che gli si era delineato sul volto.

-Non si preoccupi, mi rassicura il fatto che lei non sia ciò che pensavo.- Gli rispose finalmente la ragazza, ora rilassata e tranquilla.

-Oh, bene! In ogni caso il mio nome è Julien, il tuo?- Le domandò porgendole la mano.

-Io sono Serafine, sono diretta verso la capitale.- Rispose lei stringendogliela e cominciando a fidarsi del volto rassicurante dell'uomo.

-Oh, anche io! Beh faremo il viaggio insieme, allora!- Esultò lui prima di riprendere la strada insieme alla ragazza.

Durante il cammino Serafine notò che Julien teneva una piccola borsa nascosta sotto al mantello e che addosso aveva uno strano e forte odore, per lei indescrivibile ma che le piaceva, sembrava quasi dolce.

Quell'uomo le pareva sempre più strano e misterioso ad ogni minuto che passavano insieme. Naon avrebbe saputo dire, in quel momento, se le stava simpatico o le faceva paura, sapeva solo che la sua presenza lo rassicurava in quanto, se fossero stati attaccati, non avrebbe dovuto difendersi da sola.

 

La notte arrivò molto in fretta, costringendo i due a sostare in una piccola radura.

Serafine accese il fuoco, mentre Julien si allontanò, dicendole che sarebbe andato a cercare qualcosa da mangiare, dopotutto non potevano restare a pancia vuota in un luogo simile.

Non appena l'uomo scomparve nella fitta boscaglia, la ragazza sfoderò la spada e la osservò a lungo, quasi incantata, pensando all'intera giornata e a ciò che la aspettava ma una cosa, su tutte, ebbe il sopravvento.

Poteva fidarsi di Julien?

E' vero che era stato molto cordiale fin da quando le era apparso di fronte, ma aveva qualcosa di estremamente strano, qualcosa che la faceva sentire a disagio.

Improvvisamente un altro pensiero sopraggiunse.

Non aveva visto alcuna traccia di selvaggina nel bosco, fin da quando ci aveva messo piede, come poteva quell'uomo trovarne? E soprattutto a quell'ora.

Più ci rifletteva e meno si fidava di quell'uomo, finché non sentì un leggero sussurrio tra gli alberi.

D'istinto si avvicinò, rimanendo nascosta fra i cespugli cercando si ascoltare la conversazione e vedere chi fossero i due uomini.

Ciò che vide dissipò i suoi dubbi, Julien stava parlando con qualcun altro proprio lì, a pochi metri dall'accampamento che avevano improvvisato e cercò di vedere meglio chi fosse l'altro e, quando riuscì a vederlo, rimase impietrita.

Di fronte all'uomo si ergeva, su due zampe, una creatura immonda, ricoperta di peli rossicci arricciati e macchiati di sangue ormai secco.

Gli occhi erano infossati e completamente neri, senza pupille, profondi come un abisso senza fine, i denti affilati e macchiati luccicavano alla luce della luna.

Il volto era senza peli, rugoso e scavato, semi coperto da una folta chioma anch'essa rossiccia e, dalla sottile bocca, scivolava un rivolo di sangue ancora fresco.

L'immondo odore della bestia arrivava fin quasi alle narici di Serafine che fu costretta a coprirsi il naso con una mano, per riuscire a stare lì.

-Allora, Julien, sei riuscito a trovarla? Il Re è impaziente, ormai!- Quasi ruggì la creatura con rabbia.

-Sì, lei è con me, questa notte le servirò del sonnifero e poi la porterò alla caverna, non c'è nulla di cui preoccuparsi.- Rispose l'altro cercando di calmare il compagno.

I due si separarono in fretta, dirigendosi in direzioni diverse e Serafine, vedendo Julien venire verso l'accampamento, fuggì, cercando di non fare troppo rumore.

 

La giovane riuscì a trovare riparo all'interno di un grosso albero cavo e il mattino seguente si sveglio appena all'alba.

Il colore roseo del cielo la fece sorridere, facendole dimenticare per un attimo gli orrori della notte precedente.

Appena tornò con la mente a ciò che era successo, la foresta cambiò totalmente aspetto, per lei.

Il silenzio regnava ormai sovrano, gli alberi sembravano dei giganti, che dall'alto dei loro rami la fissavano mentre camminava, il buio in fondo alla radura un immenso pericolo e ad ogni passo aveva paura di sentire un fruscio sospetto.

Camminava con la mano sull'elsa della spada nonostante questa fosse del tutto inutile, contro bestie simili.

Quello della notte precedente era il primo Kreil che avesse mai visto, ne aveva solo sentito parlare nei libri di favole, dove i principi li sconfiggevano facilmente con un affondo diretto al cuore e il fatto di non poter combattere la rendeva ancora più impaurita e indifesa.

Ancora una volta ricacciò dentro sé quei pensieri e continuò a camminare lungo quella che sembrava una strada infinita, pregando perchè non le accadesse più nulla ma, purtroppo, così non fu.

Verso il tardo pomeriggio la fame cominciò a farsi sentire e il sole stava calando, ormai, verso l'orizzonte.

Diventava sempre più un facile bersaglio e quegli esseri la stavano cercando per chissà quale motivo a lei sconosciuto.

Ormai stremata si fermò a riposare per qualche minuto su una pietra al lato del sentiero quando, all'improvviso, qualcosa si alzò silenziosamente e lentamente alle sue spalle.

Una delle bestie teneva in mano una grossa mazza di legno, alzandola sempre più dietro alla ragazza e, con velocità disumana, la fece calare sulla sua testa, facendole perdere i sensi.

In quell'attimo improvviso tutto divenne buio, per Serafine ma il sentimento di cosa le stava per accadere le arrivò ancora prima della botta.

 

Era passata ormai qualche ora quando la ragazza si svegliò di soprassalto in quella che sembrava una gabbia di pietra scavata in un largo cunicolo roccioso.

-Dove mi trovo..?- Bisbigliò piano cercando di ricordare cosa le era successo e poi capì. I Kreil l'avevano rapita e portata nella loro tana ma per quale motivo ancora non lo sapeva.

Si guardò attorno, cercando le guardie della cella quando accidentalmente poggiò una mano al terreno.

Sotto di lei il pavimento era ricoperto di sangue, ossa e organi misti a pelle in decomposizione, il tutto proveniente dai precedenti prigionieri.

La giovane trattenne la nausea che diventava sempre più forte ad ogni secondo in cui stava lì.

-Oh! Guarda guarda, la ragazzina si è svegliata, finalmente! Allora, la stanza è di tuo gradimento?- Disse sogghignando una voce dal fondo del corridoio.

Serafine riconobbe comprese subito da chi proveniva e automaticamente si sfogò.

-Julien! Bastardo, cosa volte da me?! Non so nemmeno chi siete!- Gli urlò contro.

-Heheheh, bella sorpresa, eh? Ormai sai bene che sono anche io un Kreil, giusto? Beh, vogliamo solo la nostra vendetta contro la tua famiglia, niente di più, non hai nulla di cui preoccuparti, ci limiteremo a torturarti anche se è un dispiacere, hai un così bel corpicino.....Heheheheheh!- Disse Julien sorridendo allegramente, come se fosse la persona più felice del mondo in quel momento.

La ragazza non sapeva più cosa rispondere, voleva urlare, uscire da quella gabbia e eliminare tutte le bestie che vi si trovavano all'interno ma ciò non le era, purtroppo, possibile.

L'unica consolazione era la sua fidata spada arrugginita, che scoprì avere ancora al fianco.

Come per cercare di rassicurarsi appoggiò la lama alla testa, il metallo arrugginito le raffreddò la fronte, calmandole la mente e facendo fluire con più ordine i pensieri.

Si ricordò dei momenti in cui, a casa dello zio, lo faceva quando era arrabbiata con lui.

In quel periodo tutto era facile, pensò, ma non era quello in momento per fare i tragici, doveva trovare un modo per fuggire dalla prigionia ed arrivare alla capitale.

 

I giorni passarono, con estrema e interminabile lentezza.

Le uniche parole che udiva durante le giornate erano quelle di scherno pronunciate da Julien ogni volta che le portava il pranzo e la cena rancide che lei evitava di mangiare.

Quel luogo era diventato per lei pari all'inferno e la prigionia la stava uccidendo sia corporalmente che psicologicamente.

Era diventata magra, la sua pelle e i suoi vestiti erano sporchi dei resti umani in cui era quasi immersa, ma in qualche modo riusciva ancora a riflettere, a pensare e a mantenere il senno.

La sua spada era diventata l'unica cosa che la teneva attaccata ai ricordi e diventava sempre più speciale di giorno in giorno, talmente tanto che la teneva costantemente stretta a sé, cercando riparo dai Kreil.

Un mattino, senza alcun preavviso, Julien si diresse verso di lei, aprì la cella e la fece uscire. Legandole i polsi dietro la schiena la scortò per il corridoio, fino ad arrivare ad un'immensa sala.

Appena vi entrarono Serafine fu costretta a socchiudere gli occhi per la luce delle numerose candele che riempivano la grande stanza. Appena riuscì ad aprirli rimase ancora più inorridita.

Alle pareti vi erano appesi corpi di numerosi Kreil defunti e, sul fondo, un altro corpo, senza vita ma sistemato in modo da farlo sembrare in posizione da preghiera, fissava un altare in pietra, il quale, incredibilmente, non aveva sopra una sola macchia di sporco.

-Ottimo lavoro, Julien, lasciala pure a terra.- Irruppe una voce dal nulla.

Il Kreil, che ormai non aveva più le precedenti sembianze di un uomo, gettò la ragazza a terra, in balia del nuovo arrivato e si allontanò, sistemandosi insieme agli altri vicino all'entrata.

Tutti si prostrarono appena un leggero rumore di passi ed una alta figura, dall'aspetto umano, entrò con fare regale ed altezzoso entrò, sistemandosi sull'altare che si rivelò essere in realtà un trono.

L'uomo aveva dei lunghi capelli bianchi pettinati all'indietro, il fisico era atletico e statuario, pieno di emblemi e tatuaggi che quasi non lasciavano trasparire la scura pelle.

Indossava un abito scuro, che gli lasciava il petto scoperto.

-Finalmente sei qui, mia dolce Serafine. Era da molto che ti attendevo e scusami per l'orribile sistemazione che ti abbiamo dato, ma per organizzare una resurrezione ci vuole molto, sai?- Disse lui guardandola negli occhi e sorridendo.

-R...Resurr...Ezione..?- Mugolò lei con le ultime forze che aveva in corpo.

-Certo! Vedi, ti sono grato per aver portato qua la tua spada! I miei sudditi sono stati così ingenui da lasciartela addosso senza nemmeno chiedermi informazioni ma non fa nulla, perchè da oggi non ti servirà mai più, un vero peccato, visto quanto ne fossi legata. Sai, quella è un'arma potente e non posso lasciarla nelle mani di una ragazza così poco esperta nel suo uso, non credi?-

-Ta...Ci...- Le rispose lei con aria di sfida cercando di mettersi in una posizione più comoda.

-Uh, che maleducata che sei...! Beh poco importa, dopo oggi non esisterai più e probabilmente nemmeno il resto del mondo, visto che la spada ora è mia!-

-Scusi Signore, ma....A cosa serve esattamente quel pezzo di ruggine?- Domandò uno dei Kreil dal fondo della stanza alzando insolentemente la testa verso il suo Re.

-A cosa serve dici?! Idiota! Stai zitto! Questa spada porterà la distruzione nel mondo e farà regnare chi ne è in possesso! La mia resurrezione come grande Re dei Kreil è finalmente giunta!- Urlò l'uomo sollevando verso l'alto l'arma.

-Ho radunato tutto ciò che serviva per far sì che tutto si avverasse! Ora la spada si risveglierà!-

Dai Kreil partì un coro che, come un mantra, si diffuse rapidamente, riempiendo l'aria.

I sensi di Serafine si annebbiarono, ma non a causa della stanchezza, qualcosa aveva preso possesso di lei, qualcosa che non avrebbe saputo descrivere, in quel momento ma, finalmente, si sentiva in pace, dopo giorni di continua agonia.

Cullata da quel senso di calma gli occhi le si chiusero, riaprendosi poco dopo e lasciando spazio a qualcuno che non era lei o, almeno, non del tutto.

In quello stesso momento una forte luce riempì la stanza, la ruggine sulla spada cadde pezzo per pezzo, lasciando spazio a una lama lucida e argentata, con una lunga sagoma di drago che si estendeva al centro di essa.

La guardia era in oro puro, con un rubino brillante a segnare la base della lama.

La forte luce irradiava l'intera stanza sempre con più forza, rischiando di accecare i Kreil inginocchiati davanti all'entrata mentre il loro Re scoppiava in una fragorosa risata di gioia e malvagità.

Improvvisamente una mano si avvicinò all'arma che si staccò da quelle dell'uomo.

Il legame che univa la spada a Serafine li aveva riuniti, finalmente, del tutto e le cose per lei furono più chiare ora che la teneva fra le sue mani, nella sua vera e bellissima forma.

In tutti quegli anni era stata proprio la spada a guidarla, a farle comprendere quale fosse la sua strada, il suo destino e comprese anche, che l'uomo che le si parava di fronte era colui che aveva ucciso i suoi genitori.

Ora le numerose domande che per anni avevano tormentato la ragazza avevano trovato delle risposte, non temeva più quelle orribili creature ma, al contrario, ne provava pena, quasi pietà a tal punto che le venne difficile pensare alla vendetta.

Si sentiva piena, visto che i vuoti formatisi col tempo nella sua vita erano stati finalmente colmati.

Al solo pensiero di aver iniziato quel viaggio, durato, fin'ora, non più di una settimana, solo per riparare una vecchia spada arrugginita, sua compagna di avventure fin da quando era bambina e dirigersi verso la capitale per imparare le tecniche di scherma, un largo sorriso le si dipinse sul volto che si mostrò in tutta la sua dolcezza.

In quell'attimo in cui il tempo pareva essersi fermato per l'eternità si sentì veramente felice, come quando aveva visto per la prima volta suo zio.

Per lei non esisteva altro, ormai, se non quei sentimenti e la sua spada, così calda nelle sue mani e così rassicurante, sentimenti che, fino ad ora, poche volte aveva provato in quanto ad orfana dalla nascita.

Le urla del Re dei Kreil echeggiavano nella stanza sovrastando tutto, mentre cercava di avvicinarsi alla giovane per sottrarle la spada e ottenere i poteri che tanto desiderava.

-Muovetevi idioti! Prendetela! Uccidete quella maledetta ragazzina!- Urlava a squarciagola, quasi assatanato e posseduto solo dall'avaro desiderio di potere.

Serafine aprì lentamente gli occhi, la luce si diradò del tutto mentre quegli immondi esseri sporchi di sangue cercavano di raggiungerla impazziti.

-E' così difficile, per voi, raggiungere una ragazza come me?- Domandò, con estrema calma e freddezza, lasciandoli impietriti ai loro posti, allibiti dal tono della sua voce.

Come il più abile dei guerrieri la giovane scattò verso di loro, colpendoli tutti uno per uno, senza mostrare più pietà, come se tutto ciò che l'aveva investita di energia così pura fosse scomparso, lasciando al suo posto un demone assetato di vendetta per i suoi cari ormai defunti.

Con una velocità disumana saettò fra tutti loro e come in una danza mortale portò via le loro anime, mentre il loro Re osservava la raccapricciante scena a occhi sbarrati per la paura.

Possibile che tutto ciò che aveva fatto per guadagnare potere lo aveva solo rovinato?

Il destino era stato crudele con lui come lui lo era stato con le sue innumerevoli vittime, portandogli via prima i suoi fedeli sudditi e, subito dopo la sua stessa vita, senza preavviso e senza troppe cerimonie, solo con un rapido e netto taglio da parte della spada che tanto sognava di possedere.

-Il destino....E' fin troppo...Crudele..- Mormorò prima di cadere a terra senza vita.

Il suo potere era scomparso in un attimo, lasciando quella che sembrava una maestosa e terrificante tana solo una grotta sporca e faiscente.

Serafine rimase in piedi, la spada gocciolante di sangue ancora stretta nella mano destra.

Osservava quel corpo che ora pareva del tutto indifeso e ripensando al terrore che aveva provato vedendolo la prima volta.

E' questo che porta la morte?, pensò.

Senza pensarci troppo infoderò la spada e ripercorse il corridoio che le aveva fatto sembrare la vita un inferno qualche attimo prima.

 

Non appena fu fuori da lì, la prima cosa che fece fu recarsi ad una piccola cascata di acqua limpida non molto lontana da lì, spogliarsi di tutte le vesti e lavarsi.

La sensazione dell'acqua sul suo corpo le trascinò via ogni preoccupazione e timore sul suo futuro, ora che la sua spada si era “risvegliata” tutto le appariva sotto una nuova luce ed era pronta per ripartire, verso quello che pensava come un futuro pieno di grandi sorprese.

  
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