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Autore: King_Peter    14/06/2014    3 recensioni
{ Dean/Sam | Lime | Incest }
Sam era pesante.
Dean non riusciva a capire se fosse stato tutto quell'alcol ad aumentare il suo peso o il fatto che non ricordava più da quando non metteva una braccio intorno al collo di suo fratello e lo appoggiava a sé, conducendolo a casa.

Sam sapeva che era sempre stato lui quello più legato a Bobbie e aveva cercato di stargli vicino, come ogni fratello avrebbe fatto, ma la sete di vendetta che lo stava lentamente corrompendo non riusciva a spegnersi, a placarsi solo per due "coccole" fraterne.
No, una parte di lui gli diceva che Sam era molto di più di un fratello, qualcosa che alle sue orecchie suonava più come … amante.

“Torna a dormire, fratello.”
Si sentì quasi un traditore a pronunciare quella parola perché “fratello”, sostantivo maschile singolare, suonò più come “amante”, participio presente del verbo amare.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, Jo, John Winchester, Mary Winchester, Sam Winchester
Note: Lime | Avvertimenti: Incest | Contesto: Settima stagione
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Autore: King_Peter
Titolo: A day to remember
Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean, Sam, Bobbie Singer (accennato), John e Mary Winchester (accennati)
Pairing: Wincest
Avvertimenti: Lime, Incest
Rating: Giallo
Note:
Primo
Non sono pratico con le note autore, quindi non lapidatemi se vi annoio a morte o.o
Secondo.
Premetto che non ho mai scritto di relazioni tra uomini, ma il contest mi incuriosiva e allora … boh xD ecco cosa può nascere dalla mia mente malata mentre sembra che stia per partorire Atena :3
Terzo.
La storia partecipa a due contest, uno è “A brother is a friend given by nature” indetto da eamesie sul Contest Mania, e l’altro è “Shipwar: la guerra delle ship” indetto da Adamantina sul forum di Efp.
Quarto.
Siamo già al quarto punto? Wow *^* No, vabbé … prima di poter capire questo punto dovreste leggere la storia, ma io ve lo dico lo stesso: quando alla fine della OS ho scritto “amante”, io l’ho inteso come participio presente del verbo amare per dare una sfumatura più … ehm, romantica (?) (i ragazzi non ci sanno fare con il romanticismo e io sono un ragazzo xD) alla storia.
Ovviamente poteva essere o un aggettivo o un sostantivo maschile anch’esso u.u Ecco perché ci tenevo a precisarlo ewe
Quinto.
Beh, non mi resta che augurarvi buona lettura! :’)
 

 
 
 Sam era pesante.
Dean non riusciva a capire se fosse stato tutto quell'alcol ad aumentare il suo peso o il fatto che non ricordava più da quando non metteva una braccio intorno al collo di suo fratello e lo appoggiava a sé, conducendolo a casa.
Sam non era il tipo da prendersi una sbronza senza motivo, non era il tipo da afferrare una bottiglia appoggiata sul bancone di un bar, avvicinarla alle labbra e assaporare l'estasi di perdere il controllo del proprio corpo, bevendo per farsi più male di quanto già provasse e cominciare subito a dimenticare.
Lucifero.
Da quanto il re dell'inferno lo perseguitava con le sue visioni, Sam era diverso, distante: non riusciva più a pensare lucidamente, distinguendo il bene dal male, il bianco dal nero.
Non riusciva più a tenere in mano un coltello contro i demoni, a non farsi uccidere durante le loro battute di caccia, ma la cosa che faceva più paura a Dean era il fatto che suo fratello non lo guardava più nello stesso modo: i suoi occhi erano un unico cumulo di follia, urlando con tutta la loro forza in cerca di un aiuto sincero, concreto e di qualcuno che potesse aiutarli a liberarsi da quelle visioni, quei frammenti di quotidianità che stavano lentamente portando Sam sulla strada della pazzia.
Dean sorrise quando vide delle serie di lampioni susseguirsi lungo la strada che continuavano a respingere le ombre della notte, proprio come loro avevano più volte impedito lo scatenarsi dell'Apocalisse senza che il mondo sapesse nulla, come se loro stessi fossero solo lampioni luminosi lungo una stradina solitaria del male di una città semideserta e in preda ad ogni sorta di male possibile.
Frustrazione.
I loro passi, discordi, risuonavano nella solitudine della città dove si erano fermati per la notte, spezzando il silenzio monotono e costante che li avvolgeva, costringendo Dean a continuare a guardarsi intorno, circospetto, una mano stretta sulla spalla di Sam, l'altra sull'elsa del coltello che portava in tasca, affilato come il suo sguardo che continuava a penetrare le tenebre della notte in cerca di demoni o vampiri.
Una frase continuava ad occupare la mente di Dean, facendogli formicolare le dita delle mani come se si avvicinasse ad una fonte di energia radioattiva : il custode di mio fratello.
Dean si fermò di scatto, osservando un punto preciso nelle tenebre in cui qualcosa si era mosso, mentre Sam sillabava frasi senza senso alle sue orecchie, col il tono dolce e sognante tipico di un bambino.
Un gatto, era solo un gatto.
Dean ricacciò il coltello nella sua tasca, riprendendo a camminare, osservando suo fratello con aria interrogativa, confusa, quasi preoccupata per tutti i pensieri che stavano cominciando ad affollare la sua testa: aveva sempre vigilato su di lui, nel bene e nel male ed era sempre stato lì quando lui ne aveva avuto bisogno.
A volte aveva avuto voglia di rompergli il naso o prenderlo a pugni solo perché non era d'accordo con lui su come tendere una trappola ad un mostro o su come agire in altre occasioni, ma si era sempre fermato perché lui era pur sempre suo fratello.
Si, suo fratello.
Quanti pensieri racchiusi in una parola di appena otto lettere!
I ricordi stavano cominciando ad affollare la sua memoria, passando davanti ai suoi occhi come le scene di un film, un film che solo lui e Sam conoscevano: era stato più di un fratello per Sam, quasi un padre che per loro era sempre stato assente, che si era sempre scontrato con Sam per le sue idee e che lui, invece, aveva sempre ammirato come il proprio idolo, come il suo "Big Daddy", qualcuno di cui andare veramente fieri, di cui potersi vantare a scuola con gli amici e che lui non aveva mai potuto fare perché aveva dovuto crescere troppo in fretta, scontrarsi con cruda e dura realtà.
Anche se lui e Sam erano diversi come l'acqua e il fuoco, si completavano a vicenda e Dean lo sapeva bene: quando era morto, divorato dai cerberi infernali, la cosa che forse gli faceva più male non erano le ferite profonde sul suo corpo, i denti dei cerberi che affondavano violentemente nella sua carne, quanto il fatto di doversi separare da suo fratello, consapevole di lasciarlo solo, alla mercé della vita.
Dean non voleva sembrare sentimentale, Sam era sempre stato quello più pragmatico in fatto di delicatezza e tatto, ma allora perché sentiva un peso stretto sul cuore, adesso?
Sentiva di dover ricordare qualcosa, qualcosa di importante che adesso sfuggiva al suo controllo e non riusciva ad inquadrare bene.
Bobbie.
Come aveva fatto Dean a dimenticarlo? O anche a pensare solamente di esserselo dimenticato quando Bobbie era stato il suo, il loro, unico punto di riferimento dopo che John era morto, ucciso per mano di quegli stessi demoni che aveva cacciato per tutta la sua vita?
Dean sentiva ancora adesso che qualcosa dentro di lui si era rotto: aveva avvertito un rumore sordo, tagliente e un filo, un filo di cui nemmeno lui era a conoscenza, veniva reciso da un paio di dita insanguinate, disposte a mo di forbice.
Sam sapeva che era sempre stato lui quello più legato a Bobbie e aveva cercato di stargli vicino, come ogni fratello avrebbe fatto, ma la sete di vendetta che lo stava lentamente corrompendo non riusciva a spegnersi, a placarsi solo per due "coccole" fraterne.
No, una parte di lui gli diceva che Sam era molto di più di un fratello, qualcosa che alle sue orecchie suonava più come … amante.
Dean strinse i denti, mordendosi il labbro inferiore fino a farlo sanguinare per quello a cui aveva pensato, guardando sofferente il volto di suo fratello Sam: avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, persino vendere la sua anima al diavolo se necessario, ma non poteva più sopportare la vista di Sam in quello stato.
Era la ragione che dettava le sue azioni o il suo cuore?
Ora era lui quello da consolare, era lui quello da aiutare e Dean sembrava incapace di farlo, impotente, chiedendosi se fosse solamente lo spettro di sé stesso, chiedendosi se un unico sentimento non stesse mettendo a repentaglio tutto ciò in cui credeva, tutto ciò che aveva faticosamente costruito in tutta la sua vita e che ora sembrava incrinarsi sotto il suo stesso peso.
Si fermò a contemplare il silenzio della quiete notturna, appena davanti alla porta della camera del motel dove avevano deciso di alloggiare per quella sera: sembrava che qualcuno stesse cercando di dirgli qualcosa, ma lui era troppo sordo per sentire e troppo cieco per accorgersi veramente di ciò che gli stava accadendo intorno, delle voci che frullavano debolmente dentro di lui, cercando di uscire e urlare la loro frustrazione al mondo, il contrasto interiore che continuava a bruciare dentro sé stesso.
Sam sospirò, chiedendo ad un pubblico ideale il perché intorno a lui continuasse a girare tutto, appoggiandosi stancamente a suo fratello e reprimendo il senso costante di vomito che gli saliva lungo la gola.
Dean lo guardò senza fiatare, indeciso se dirgli qualcosa o metterlo solamente a letto, mentre dentro di lui sembrava che un mare in tempesta continuasse ad attaccarlo su tutti i suoi fronti, senza risparmiargli colpi bassi e trabocchetti: un angolo della sua testa gli stava sussurrando parole di miele, spingendolo sempre più verso Sam, l’altra tirava le briglie invisibili del suo corpo, ottenendo l'effetto contrario.
Aprì la porta della loro camera, immergendosi nella cruda e fredda quotidianità tipica di tutte quelle camere di motel che avevano passato e che ormai sembravano tutte uguali.
Fece sdraiare Sam sul letto, scorrendo un dito sul suo volto con fare lento, mentre lui respirava, costante.
Si avvicinò alla sua bocca, spinto da un ordine muto del suo subconscio, in preda alla furia di tutte le cellule del suo corpo che urlavano il loro disappunto per ciò che stava facendo: le sue labbra sapevano di alcol notò Dean mentre si allontanava, rimanendo seduto accanto a lui ed osservando i tratti del suo viso alla luce della piccola lampada sul comodino.
Sam aprì gli occhi, trovando quelli di Dean intenti a scrutarlo.
“Che stai facendo?” gli chiese, la voce sconnessa dalla forte sbronza che aveva preso.
Dean scosse la testa.
“Torna a dormire, fratello.”
Si sentì quasi un traditore a pronunciare quella parola perché “fratello”, sostantivo maschile singolare, suonò più come “amante”, participio presente del verbo amare.



 
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Storia partecipante al contest Shipwar: la guerra delle ship di Adamantina sul forum di Efp }
 
 

 
  
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