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Autore: Arancino Spietato    14/06/2014    7 recensioni
ATTENZIONE: per chi fosse interessato il seguito è nella sezione "Altro - anime/manga horror/thriller"
[Creepypasta]
Un ragazzo così docile e calmo come Oliver White, può nascondere un'indole violenta che lo porterà a compiere sacrifici umani per il suo "vero padre"?
Dal testo:
“Perché me ne sto a guardare così? Perché non vado a chiamare aiuto per mia sorella e ad avvertire i miei genitori?... Ah già...”
Nella sua agonia, Victoria fu sicura di vedere Oliver che si avvicinava e di sentire la sua voce:
“Tu non sei mia sorella”
Vide i suoi occhi scintillare di giallo, e il suo sguardo gli fece capire che stava sorridendo.
“Loro non sono i miei genitori”
Lui si abbassò al suo livello, dato che lei era sdraiata a terra, e le accarezzò la guancia.
“Voi non siete la mia famiglia”
Le afferrò il mento.
“Non vi siete svegliati in tempo. Questo è il vostro destino”
“Oli-ver... Perché?” disse lei in fin di vita tra le lacrime
“Ma ti prego, almeno all'Inferno...”
Le afferrò più forte il mento
“SVEGLIATI” [...]
Genere: Angst, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Mouthless Oliver


In un giorno nuvoloso e ventoso, ad Ottawa, una madre in travaglio era molto felice della nascita del suo primo bambino, ma non perché avrebbe potuto finalmente tenere, allattare e crescere il suo tanto agognato bimbo: l'unica cosa che quella donna avesse mai amato, era il Diavolo.
Era solo per quello che era rimasta incinta, per poter donare il suo nascituro come sacrificio a Lui e magari, chissà, con suo immenso orgoglio sarebbe potuto persino diventare un Suo discepolo.
Guardava dalla finestra della sua camera da letto, in attesa del bambino, che sarebbe arrivato da un momento all'altro.
Nonostante fosse stata malata di cuore decise di partorire naturalmente, e da sola, come era sempre stata per via della sua religione.
Voleva morire il prima possibile, per stare vicino a Lui nell'Inferno. Era certa che ci sarebbe finita: aveva commesso molti peccati, tra cui omicidio e prostituzione, e in uno di quei innumerevoli rapporti era stato concepito il bimbo.
Dopo tutto, però, con un po' di umanità, decise di dare un nome al nascituro, che chiamò Oliver.
Il tempo del parto venne, il piccolo nacque, gli mise un bigliettino col suo nome al polso, per fare in modo che se fosse sopravvissuto avrebbero potuto identificarlo, e la donna, in fin di vita, recitò con in mano il suo rosario satanico una preghiera satanica, donando il piccolo al Diavolo. La donna morì, ma la sua richiesta fu accettata: Lui non lo uccise, ma lo marchiò, facendolo diventare un demone mezzosangue.
Oliver venne trovato qualche minuto dopo, dai vicini, che avevano sentito le urla della donna che partoriva.
Non sapendo che farsene, decisero di darlo in adozione.
Molte famiglie all'inizio volevano adottarlo, ma scoprendo di chi era figlio, cambiavano subito idea.
Fin quando non arrivò una coppia insieme alla sua bambina di 4 anni, Victoria, che non appena vide quel fagottino di un mese nella culla con i capelli castano chiaro e con degli enormi occhi verde splendente che la guardavano come per dire “Portami via! Non ci voglio stare qui!” se ne innamorò, e i suoi genitori accettarono di adottare Oliver, fregandosene del suo passato.
Oliver crebbe e diventò un bambino intelligente, serio e molto timido.
A scuola ebbe molti problemi: tutti quanti a scuola lo insultavano e lo evitavano a causa delle sue origini. Non riusciva a difendersi da solo, e a volte veniva anche picchiato.
Oliver, inoltre, aveva un segreto, che nascondeva a tutti, persino a sua sorella, che era la sua migliore amica: aveva il potere di creare e manipolare il fuoco e e quando si arrabbiava veramente (cioè di rado) riusciva ad intimidire chiunque e qualunque animale con un semplice sguardo.
Soprattutto sua sorella notò che il ragazzino di 13 anni non stava molto bene mentalmente. Si sospettava il DOC, che poi infatti venne diagnosticato, ed anche molto grave.
Gli condizionava la vita: si isolava sempre di più perché aveva paura di essere perseguitato e giudicato dalle persone; aveva una grande paura dei germi e una mania per l'ordine, e così decise di non dormire più nella stessa stanza della sorella; aveva pochissima fiducia in se stesso e stava la maggior parte della giornata a deprimersi.
E poi era da mesi che continuava a fare lo stesso sogno: c'era lui, in un mondo completamente fatto a scacchi neri e rossi, dove col più piccolo rumore si creava un enorme eco. Si guardava sempre intorno, e dopo un po' riusciva a vedere in lontananza una torre. La raggiungeva correndo, e quando arrivava, vedeva che questa torre era molto alta e molto semplice, con nessun tipo di decorazione, fatta soltanto da pietre. Sopra questa torre, c'era un uomo in smoking, con la pelle chiara ma non troppo, le corna, la coda, le ali, e lunghi capelli biondi, probabilmente il Diavolo, ed era sempre girato.
Oliver gli gridava sempre: “Chi sei?! Fatti vedere!”
Lui gli rispondeva soltanto: “È giunto il momento. Svegliati, e rendimi fiero”
E allora Oliver si svegliava. Si chiedeva sempre che cosa voleva dire quella frase che quell'uomo continuava a ripetere ogni notte. Forse, pensava, era a causa della sua malattia, dato che era un tipo molto scettico nelle questioni magiche e religiose.
Gli prescrissero degli anti-depressivi, ma non aiutarono molto.
Sua sorella inoltre lo beccò a tagliarsi le vene col coltello da cucina in camera sua:
“Oliver! Ma che diavolo stai facendo?!”
“Vai via!”
“Oh no, ti prego Oliver, non fare così” Tentò di abbracciarlo ma lui la respinse
“Voglio stare da solo”
“Oliver, noi tutti ti vogliamo aiutare, noi ci preoccupiamo per te! Sono tua sorella e non voglio che tu ti faccia del mal-”
“TU NON SEI MIA SORELLA!!! SE DAVVERO MI VUOI BENE, VATTENE!!”
“Io...” Sull'orlo del pianto lei se ne andò sbattendo la porta.
Solo allora si rese conto di quello che aveva fatto, ed ogni volta che si convinceva di dover cambiare, sprofondava sempre di più nella straziante spirale della depressione.
Un giorno a scuola organizzarono una gita in montagna, e la madre, pensando che fosse una buona occasione per imparare a divertirsi e ad integrarsi, lo mandò a forza.
Le cose con i suoi compagni andarono di male in peggio e per lui quella camminata in cima alla collina risultò massacrante, e alla sosta non si fece vedere ed andò in una zona vietata.
Era un dirupo, ma c'era uno splendido panorama: si vedeva tutta la città.
C'era un sole di mezzogiorno che spaccava le pietre, ma dato il suo potere, amava e riusciva a sopportare le alte temperature e riusciva persino a guardare senza problemi il sole, perciò si distese e si godette i suoi caldi raggi, fino a quando non sentì delle voci, che purtroppo conosceva, infatti lo raggiunsero un gruppo di ragazzine, che lo insultavano sempre.
Lui si alzò, e appena quelle ragazze lo videro, lanciarono un gridolino.
“Oddio!! Ragazze!! Andiamocene! Il figlio del Diavolo!!” gridò una
“Aspettate! Ehi tu!! Diavolo!” disse un'altra rivolta ad Oliver
“Andatevene” disse lui freddo senza guardarle
“È vero che vieni dall'Inferno? Com'è la vita là sotto? Il Diavolo è davvero crudele o è solo un ragazzaccio? È figo o è brutto?” continuò lei mettendosi davanti a lui con aria curiosa
“Valery! Non lo capisci?! Se gli chiediamo qualcosa ci ipnotizza e ci costringe a vendere l'anima!” disse un'altra raggiungendola e così la raggiunse tutto il gruppo
“Allora andate via!”
“Senti, ma perché invece di rompere le palle non te ne torni da quel buco del culo da cui sei venuto?!”
“ANDATE VIA!!!”
Gli occhi di Oliver scintillarono di giallo e la sua voce divenne mostruosa.
Le ragazze indietreggiarono, spaventate, ma caddero nel dirupo.
Oliver si allontanò, sconvolto, mentre le urla delle ragazze si affievolivano sempre di più.
Tornò dal gruppo e fece come se non fosse successo nulla.
Ovviamente poco dopo tutti si accorsero che le ragazze erano sparite e tutti diedero la colpa ad Oliver, soprattutto dei ragazzacci, i loro fidanzati, che affermavano di averlo visto buttarle da un dirupo.
Si arrabbiarono moltissimo e lo picchiarono.
Nessuno fece niente, anzi, tutti li incitavano ad ucciderlo con frasi come: “Fatelo tornare all'Inferno!” “Muori lurido mostro!” “Uccidetelo senza pietà!”
Neanche la professoressa disse niente, fece solo delle smorfie di disgusto.
Dopo averlo picchiato gli misero gli zaini e le borse sulle spalle e lo obbligavano a camminare a calci.
Oliver non sapeva cosa lo avesse bloccato dal bruciarli vivi seduta stante.
Al ritorno dalla gita era pieno di graffi e lividi.
Il pullman aveva fatto presto, e perciò i ragazzi erano a scuola e i genitori sarebbero dovuti arrivare tra una mezz'ora.
La casa di Oliver era lontana mezz'ora, perciò decise di restare ad aspettare.
Quando credette finalmente che i bulli si fossero calmati, gli vennero dei brividi di rabbia e paura quando li vide accanto con delle bottiglie di alcolici in mano. Ecco perché le loro borse pesavano tanto.
Loro si avvicinarono minacciosi e uno, col suo fetente alito, gli disse: “Non abbiamo ancora finito con te”
Uno, il più grosso, gli sferrò un potente pugno in faccia e lo fece cadere di testa a terra. Il colpo fu talmente forte che svenne.
Quando si svegliò, si ritrovò legato ad una grossa quercia. Gli salì il panico. Cercò di liberarsi ma la corda era troppo stretta.
“Ma perché” si chiedeva frustrato “non riesco a bruciarla?! Perché?!”
Era sicuro di saper sprigionare delle forti fiamme, ma allora perché in quei momenti non era riuscito ad usarle?!
“Non ti sei svegliato”
Quella risposta gli rimbombò come un tuono nelle orecchie, e quella voce era la stessa della persona nel sogno.
“Ma che vuol dire?! Come faccio a svegliarmi?!”
“Lo scoprirai presto”
“Ehi -hic- guardate! Parla -hic- da solo il -hic- figlio di puttana -hic-” disse il più grosso tra di loro visibilmente ubriaco.
“Che volete ancora da me?!”
Quello di prima prese il verricello della loro presunta macchina e disse:
“Lo vedi questo gancio? -hic- Te lo ficcheremo nel culo!”
“In bocca! Coglione!” lo corresse il bullo che stava in macchina
“In bocca, sì vabbeh è uguale...”
Il terrore lo investì non appena capì qual erano le loro vere intenzioni.
Il bullo si avvicinò ad Oliver e cercò di aprirgli la bocca, che lui tentava disperatamente di tenere chiusa, ma pochi secondi dopo, gli aprì la bocca, e con un colpo secco gli infilò il gancio del verricello nella lingua e sotto la lingua e lo fece uscire dalla pancia anteriore del mento*.
Oliver cacciò un urlo di dolore mentre il sangue gli riempiva la bocca e sgorgava e schizzava fuori dalla ferita sopra il collo, macchiando anche il bullo. Dopo aver smosso un po' il gancio per vedere se era messo bene, il ragazzo disse all'altro in macchina:
“John! -hic- Parti!”
La macchina si mise in moto e cominciò ad avanzare, tendendo la corda del verricello, facendo vedere le stelle al povero Oliver, che invano tentò di urlare disperato.
La pelle si stirava sempre di più, poi a tratti si lacerò, così come i legamenti e le ossa della mandibola si lussarono, causando dei rumori molto poco piacevoli. Si strappò anche la pelle del collo subito sopra il pomo d'Adamo.  Dato che era stata infilzata anche la lingua, anche quella cominciò a tirare.
La macchina poi fece un'accelerazione improvvisa, dandogli il colpo di grazia: la sua mandibola si staccò e saltò letteralmente in aria, per poi cadere a terra. Il sangue scorreva a fiumi, e aveva parte della trachea a penzoloni, così come anche lembi di pelle: la mandibola e la parte di collo subito prima del pomo d'Adamo era stata strappata via.
Per lo shock, Oliver svenne quasi sul colpo.
Fece lo stesso sogno, solo che alla fine l'uomo gli disse: “Non puoi morire ora, non ora che stai per svegliarti”
Si risvegliò poi in una stanza d'ospedale, e anche se stordito, sentiva quasi tutto: le infermiere che passavano nei corridoi, il bip del battito cardiaco del monitor, e una conversazione al di fuori della sua stanza:
“Ma l'hai sentito che cosa è successo a quel ragazzino che entrato qualche settimana fa e che ora è in coma farmacologico?” disse un'infermiera, che sembrava giovane dalla voce
“No, ma dicono che è grave. Che cosa è successo?” le chiese l'altra infermiera, che sembrava un po' più anziana
“Lo hanno trovato legato ad un albero con la mandibola staccata!” esclamò lei quasi incredula a quello che lei stessa diceva
“OH MIO DIO! Quale mostro avrebbe mai potuto fare un atto del genere?! Oh, povero ragazzo... Ma è sopravvissuto?! Impossibile!”
“Eppure è ancora in vita! E le sue condizioni si stanno stabilizzando. Questo dev'essere un miracolo!”
“Aspetta un attimo...” pensò lui “... Ma stanno parlando di me!”
Strabuzzò gli occhi e cercò di alzarsi.
Doveva prendere uno specchio, doveva vedersi.
Si guardò intorno, e vide una porta, con su scritto “WC” ed entrò.
Si guardò allo specchio, si tolse le bende e non poteva credere a quello che stava vedendo: le sua pelle era guarita, parte della trachea era stata asportata per non rimanere a penzoloni, anche se era ancora in bella vista, e con quella parte della trachea erano state asportate anche le sue corde vocali, rimanendo completamente muto. Era stata asportata anche la pelle del labbro superiore, forse perché era infetta.
Era rimasto scioccato.
Era diventato un mostro.
Qualche lacrima gli sfuggì per lo shock e sempre per esso cominciò a tremare. Avrebbe urlato se avesse potuto.
“Signorino!-... Oh no...”
Un'infermiera entrò nel bagno e si portò una mano alla bocca. Non sapeva cosa dire.
“Mi dispiace tanto... Vedrai faremo il possibile-”
Oliver non la degnò di uno sguardo e cadde in ginocchia afferrandosi la testa. Voleva urlare, ma non riuscì ad emettere neanche un suono.
L'infermiera gli si avvicinò e lo consolò abbracciandolo e dandogli qualche affettuosa carezza sulla testa, dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Dopo che Oliver si fu calmato, l'infermiera lo fece uscire e chiamò il dottore e la sua famiglia.
Quando arrivarono i suoi parenti, la madre urlò e abbracciò il figlio, così come il padre e Victoria.
Erano tutti sconvolti ma dopo che si calmarono fecero alcune discussioni con il dottore, poi alla fine:
“E come farà a mangiare o a bere?” chiese il padre
“Dovrà seguire una dieta specifica per il resto della vita, che quando uscirete vi darò”
“E come farà ad andare in giro così?” chiese Victoria
“Beh, purtroppo l'unica cosa che possiamo fare per migliorare il suo aspetto, è una protesi”
“E per parlare?” chiese la madre
“Dovrà imparare il linguaggio dei gesti oppure può scrivere” continuò a dire il dottore con assoluta freddezza.
“Hm...”
“Non vi abbattete così. Basti pensare che è un miracolo che sia sopravvissuto”
“Ok, ma quindi adesso può lasciare l'ospedale?” chiese Victoria
“Sì, ecco, tenete”
Il dottore diede ai genitori la dieta che avrebbe dovuto seguire Oliver e poi montò la protesi in plastica dura, di cui la parte che copriva la bocca era retrattile, per poter bere o mangiare.
Nel tragitto di ritorno nessuno disse una parola e l'aria era tesa.
Il pranzo e la cena di Oliver furono delle sbobbe calde semi-liquide.
Quando giunse il momento di andare a letto, si diedero la buona notte, e Oliver, dimenticando di non avere più la parte inferiore della bocca, cercò di dare un bacio nella guancia a sua sorella, ma appena sentì che solo i suoi denti toccarono le sue gote, si ricordò, e se ne andò in camera sua sbattendo la porta, frustrato.
Si cambiò, si mise a letto e spense la luce, tanto non ne aveva bisogno: sapeva anche vedere al buio.
Solo allora sentì la rabbia e la frustrazione inondarlo come degli tsunami.
Perché non aveva reagito? Perché aveva permesso che tutto questo fosse accaduto? Tutta questa faccenda era in qualche modo collegata a quel sogno che si ripeteva da mesi?
Tutte le domande che si faceva vennero seguiti da paranoia, allucinazioni di pochi secondi ed anche deliri, se avesse potuto parlare.
Cercò di dormire, ma il suo sonno fu tempestato da incubi, dove c'era lui uccidere in tanti modi stravaganti la sua famiglia.
Sua sorella, che stava leggendo, riuscì a sentire chiaramente dalla stanza accanto, ovvero quella di suo fratello, dei mobili che sbattevano contro il muro e che cadevano a terra, così decise di andare a controllare.
Aprì la porta, e trovò Oliver con la faccia nascosta tra le ginocchia, al centro della stanza, che era quasi completamente distrutta: i mobili erano ribaltati ed alcuni distrutti e le tende e la carta da parati erano strappati.
Notò che sulle sue dita non c'erano unghia, ma veri e propri artigli, poi Oliver girò lentamente la testa verso di lei, e dallo sguardo si capiva che stava sorridendo.
Victoria si spaventò e chiamò i suoi genitori.
Con degli abbracci e carezze cercarono di farlo calmare, e lui si addormentò tra le braccia della madre.
Fece ancora lo stesso sogno, ma con quell'uomo che gli diceva: “Ora che ti sei risvegliato, non negare la tua natura”
La sua famiglia il giorno dopo lo portarono dallo psichiatra, il quale, dopo aver esaminato la situazione, esordì che il motivo era il DOC, il quale era così grave, che con tutte le sue paranoie, Oliver si autodistrusse la sua stessa sanità mentale, sfociando nella schizofrenia e psicosi.
Rimasero tutti scioccati, ma il dottore disse che sarebbe bastato qualche farmaco per tenere tutto sotto controllo.
Tornato a casa, Oliver se ne andò sconsolato in camera sua, dove ci rimase tutto il giorno, nonostante le suppliche della sorella.
“Perché stava succedendo tutto questo? Che cosa ne sarà di me? Diventerò un folle omicida? Finirò con la camicia di forza in una cella d'isolamento? La mia famiglia avrà paura di me? Anche Victoria? Mi abbandoneranno?”
Si poneva queste domande, confuso ed iracondo.
Voleva urlare, voleva sfogarsi, ma non avrebbe mai più potuto.
Si sentiva la testa scoppiare, ed era andato in iperventilazione.
Pieno di furore, batté un piede a terra, e tutta la sua rabbia divenne energia, creando un'onda d'urto infuocata attorno a sé.
Il fuoco si diffondeva veloce, dal tappeto al pavimento, dal pavimento ai mobili, dai mobili alle pareti.
Oliver cercò di fare qualcosa, ma più cercava di fermare il fuoco, più lo alimentava.
Era nel panico, e decise di far evacuare la casa.
Si fiondò nella camera della sorella.
“Oliver che c'è?!”
Dato che non riusciva a parlare andò ancor di più nel panico, e quando si appoggiò con la mano alla parete, questa prese subito fuoco.
“AHH!! Oh mio Dio!!”
Sconvolta, Victoria prese la mano di Oliver, guardandola
“Ma che è successo?! Come hai fatto?!”
Lui scosse la testa, e cercando di portarla via prendendola per il braccio, glielo bruciò, e anche in questo caso, il fuoco si diffuse velocemente, bruciandola viva.
“AAAHHH!!! AIUTO!!!”
Oliver si allontanò, poiché sapeva che se l'avesse toccata avrebbe solo peggiorato le cose.
Se ne stava lì, a vedere sua sorella che stava bruciando viva per colpa sua, paralizzato dal dolore ed impotente.
“Perché me ne sto a guardare così? Perché non vado a chiamare aiuto per mia sorella e ad avvertire i miei genitori?... Ah già...”
Nella sua agonia, Victoria fu sicura di vedere Oliver che si avvicinava e di sentire la sua voce:
“Tu non sei mia sorella”
Vide i suoi occhi scintillare di giallo, e il suo sguardo gli fece capire che stava sorridendo.
“Loro non sono i miei genitori”
Lui si abbassò al suo livello, dato che lei era sdraiata a terra, e le accarezzò la guancia.
“Voi non siete la mia famiglia”
Le afferrò il mento.
“Non vi siete svegliati in tempo. Questo è il vostro destino”
“Oli-ver... Perché?” disse lei in fin di vita tra le lacrime
“Ma ti prego, almeno all'Inferno...”
Le afferrò più forte il mento
“SVEGLIATI”
Le strappò con un colpo secco la mandibola, mettendo fine alla sua agonia, davanti ai genitori che nel frattempo erano arrivati.
Erano rimasti a bocca aperta, inorriditi, la madre non riuscì nemmeno ad urlare dallo shock, e quasi svenne.
Lui si girò calmo verso di loro, e con lo stesso modo con cui parlò con Victoria, ovvero con la telepatia, disse:
“Non fate così, l'ho fatto per il suo bene”
Loro lo guardarono come se avesse detto che voleva distruggere il mondo
“Chi non si sveglia non può raggiungere la pace con se stesso, ed è destinato ad essere calpestato o a soffrire. Come un incubo da cui non si ci riesce a svegliare. E guardate me! Dopo questo terribile incubo durato 13 anni, finalmente sono riuscito a svegliarmi! La gente non sarebbe così: le persone non sarebbero cattive e non soffrirebbero se si svegliassero. Ed anche la morte di chi non si sveglia non è bella: così dolorosa, così piena di rimorsi. Non è difficile svegliarsi! Basta soffrire un po'!”
“TU SEI SOLO UN MOSTRO!!!” gli urlò la madre
“Purtroppo però gran parte della gente nega la sua natura. Mi dispiace, è troppo tardi adesso”
“C-cosa?!”
“Addio”
“N-NO!!!”
Oliver lanciò una palla di fuoco, che colpì in pieno tutti e due.
L'odore di carne bruciata lo estasiava, e gli fece venire anche un certo appetito, così decise di “festeggiare” con un banchetto il suo risveglio: con gli artigli aprì e sventrò i corpi, infilando gli organi direttamente nel suo esofago.
Dopo, con tutta calma, uscì dalla porta sul retro e cercò una foresta dove nascondersi.
La trovò presto, e gli piaceva molto: c'erano alberi molto alti, ed era buio, e l'oscurità era sua amica.
Tirava un leggero venticello fresco; la sua maglia era stata bruciata, rimanendo a petto nudo, ma lui era molto resistente al freddo.
Ad un tratto però si sentì molto debole e dovette appoggiarsi ad un albero per non cadere. Forse usare la telepatia aveva consumato molte energie.
Mentre era ancora appoggiato all'albero, ansimante, sentì dei passi dietro di lui.
Si girò, e vide un uomo, alto circa tre metri, con lo smoking, aveva la pelle bianca, ma ciò che lo aveva lasciato più stupito, era che quella cosa non aveva la faccia.
Lo guardò, e non sapeva cosa fare, non sapeva se era amico o nemico.
Quella cosa gli diede la risposta quando fece uscire dei tentacoli dalla schiena per attaccarlo.
Con uno scatto fulmineo Oliver li schivò e gli lanciò una palla di fuoco.
Quell'attacco inaspettato bruciò i suoi tentacoli, dopodiché si fermò.
“Ragazzo”
Lui si chiese come diavolo aveva fatto a parlare se non aveva la faccia.
“Dimmi il tuo nome”
Lui abbassò lo sguardo
“Parla”
Lui continuò a tenere lo sguardo basso, così quella cosa gli alzò la testa con un tentacolo e gli abbassò la maschera.
Oliver se lo levò e si allontanò un po'.
“Mmmh... Capisco. Sai, saresti molto utile. Seguimi”
Lui, anche se diffidente, lo seguì per qualche centinaia di metri, ma poi quello gli fece un attacco a sorpresa attaccandolo con dei tentacoli, che Oliver riuscì a schivare facilmente.
“Bene. Non hai abbassato la guardia. Sei abile, ragazzo, non voglio lasciarti scappare. Con un po' di allenamento sarai perfetto. Vieni con me, ti porterò dagli altri. Puoi chiamarmi Slenderman. So che sei confuso, ma ti spiegherò tutto a casa."
Così lo Slenderman lo portò dagli altri proxy, dove lo marchiò e gli diede una specie di fascia per la fronte in metallo, con un occhio rosso anch'esso di metallo al centro, che gli permetteva di parlare.
E adesso caro lettore, ti do un consiglio: se non ti sei ancora svegliato,

 

Fallo al più presto

 

Note dell'arancino autrice:

Helloooo! :D
Spero che la Creepypasta vi sia piaciuta e che non sia troppo surreale XD

Questo disegno qua sotto l'ho fatto solo per farvi vedere com'è Oliver, e non è una cosa su cui ho lavorato molto U_U


Beh... ci vediamo quando farò il seguito ;)

Ciao!!!
P.S. Per chi non lo sappia il DOC è un disturbo mentale, così come la schizofrenia e la psicosi, se non li conoscete cercateli su Wikipedia.
*La traduzione letterale del termine scientifico inglese “Anterior belly of digastricus”

 

   
 
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