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Autore: Blood Candy    15/06/2014    3 recensioni
"Quel ragazzo era in quella sala d'ospedale da tanto, troppo tempo"
Genere: Drammatico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Billie J. Armstrong
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wake me up when september ends

 
 

 "Le storie senza lieto fine sono le peggiori, sono le più vuote, sono le storie prive di speranza, le storie di chi ha smesso di sognare. "




Il ragazzo era in quella sala d'ospedale ormai da alcune ore, seduto su quella sediolina accanto alla porta, davanti a quella porta.

Attendeva solo che uscisse qualcuno per dirgli cosa stava succedendo.
Sentì la stanchezza persuaderlo, sentì le palpebre farsi pesanti e gli arti rilassarsi.
Chiuse le palpebre per un attimo, non poteva dormire: doveva sapere tutto.
Quando riaprì gli occhi vide un medico uscire dalla porta: il momento era arrivato.

L'anziano uomo dai capelli grigi alzò lo sguardo: una maldestra creatura, che pareva fosse stata vomitata dall’Inferno stesso, lo fissò dritto negli occhi.

Si sentì scrutare ogni millimetro delle sue interiora.
C’era silenzio in quel momento. Nessuno osava graffiare quella flebile atmosfera di solitudine e nostalgia. Il ragazzo rimase a scrutare quell'imponente demone. Si lasciò cadere. E forse per pietà, forse per meditata cattiveria, fu inondato soavemente da un calore innaturale, che raccolse i suo mali come un dimenticato abbraccio paterno.
Quell'essere se ne andò lasciando il ragazzo dagli occhi verdi solo.
Una sensazione strana riempì il ragazzo.
Gli girava la testa, ogni cosa in quella stanza vorticava freneticamente. Vomitò. Senti la gola bruciare e le guance scaldarsi di lacrime spudoratamente incoerenti. Quella stanza era simile a una gabbia, un’inquietante prigione medioevale. Si alzò lentamente, facendo assaporare al suo corpo ogni nota dolente, ogni singolo spasmo. Dopo tutto, era ancora vivo. Incubi o no, qualcosa era successo. Qualcuno lo aveva preso. Davanti ai suo occhi, chiari e spaesati, si snodava un corridoio buio. Terribilmente stretto. Le pareti era sporche di sangue nero e secco.
“Perfetto” pensò;”Una tipica e banale ambientazione horror”.

Poi sul suo volto segnato, apparse un sorriso spettrale, di quelli amari come la morte.

Trascinò il suo corpo pesante e stanco per tutto il corridoio, mentre qualcosa nella sua testa, forse un timido ricordo sopravvissuto, pulsava incontrollabile, divorando ogni pensiero razionale che, eroicamente, persistevano aldilà delle figure inconsistenti che il ragazzo vide materializzarsi lungo il suo cammino insensato.

Tutto era insensato. A partire dai suoi piedi che ingestibili, percorrevano quel corridoio tanto familiare, consapevoli che quello scempio, prima o poi, li avrebbe portati alla paralisi più cronica. Poi quelle masse dense simili a corpi deformi.. Poteva sentire le loro membra sfiorarlo leggermente, toccare i suoi capelli umidi ed arruffati, stringere i suoi polsi freddi. Volevano forse impedirgli di raggiungere l’uscita? C’era almeno, l’uscita?

Un’immagine sbiadita di quel sadico demone attraversò la sua mente rarefatta, e si sentì mancare l’aria. E se quello fosse solo il principio? Cosa lo aspettava alla fine di quel tunnel sporco e nauseante?


Dalla vita non aveva mai ottenuto niente. Anche se ogni suo ricordo era stato vistosamente rimosso. Perché queste cose te le senti, ti trascini addosso un vuoto primordiale, tremendamente greve e contorto. Lo senti inglobarsi ogni parte di te, e incontrollabile, ti sputa tutta la tristezza di questo incompatibile mondo, e ti resta attaccata sulla pelle, come cicatrici di guerre cento volte perse e nemmeno affrontate.

Una piccola porta gli si presentò davanti. Non vide nessuna maniglia, così provò a spingere. Non accadde nulla. Niente si mosse. Si alzò solo un’infinità di polvere.


Un inesorabile senso di delusione e angoscia lo pervase tumultuosamente e l’unica cosa che riuscì a fare, fu ridere istericamente. Le grida acute e disperate si estesero lungo tutto il corridoio e l’eco tornò lentamente, lasciandosi odiare. Si sedette a terra con ipocrita e folle noncuranza, puntando lo sguardo verso il soffitto.

Era avvilito.

Non si notava nessun soffitto, solo ombra nera come la pece. Adesso si udivano solo sibili e leggeri sussurri lontani.


Si spogliò e rimase nudo. Appallottolò gli indumenti e si costruì un lurido cuscino. Si sdraiò rabbrividendo a causa del pavimento gelido e poggiò la testa su quell’improvvisato capezzale. Fece mente locale, e realizzò che nulla gli era rimasto. Provò a sognare, ma intorno era sempre tutto lercio, umido e indecorosamente lascivo. Non era qui che voleva svegliarsi. Non era tra queste asfissianti mura che voleva riaprire gli occhi.
Tentò ancora una volta di aprirla, senza un vero scopo

In fondo, a cosa gli serviva? Avrebbe continuato a camminare fino alla fine.

Ormai anche l'ultimo lume di speranza era spento,ed era stato Lui a soffiare sulla fiamma.
In realtà non sapeva bene chi fosse Lui...un demone? Un allucinazione? Bhè, poco importava: la vita del ragazzo aveva perso un senso e chi l'avesse smarrito poco importava.
"Alla fine" pensava "Questo non ha cambiato molto la mia esistenza: presto la vita finirà ma alla fine quella che ho avuto sarebbe stato meglio non viverla. "
Smise di urlare.
Non aveva più senso.
Impiegò tutte le sue forze per aprire la porta, e ce la fece.
Con quel briciolo di forza che gli rimaneva continuò a camminare. Ogni passo si avvicinava di più alla morte e lui lo sapeva.
Non aveva paura,camminava e un sorriso sadico gli caratterizzava il volto, stava bene.
Avrebbe finito di soffrire, avrebbe finito di piangere.
Oramai era sicuro della sua scelta
Così, prese una scheggia appuntita dal suolo e si incise un profondo taglio lungo l’avambraccio sinistro.

Il sangue scorreva via dal suo corpo assieme a tutto il dolore che aveva subito.
Vide il sangue colare fino alla mano e lo assaggiò. Il sapore acre lo colpì al ventre come un pugno ferrato e sentì il bisogno di mangiare. Di bere. Ma non era importante. Con le dita della mano sinistra ormai totalmente ricoperta di sangue iniziò a scrivere sul muro. “Io sono” e si bloccò.

Le fitte al braccio erano insostenibili e si sentì mancare.

Svenne.
Quando si riprese, il sangue era secco e incrostato. Non riusciva a muovere il braccio e si maledì gloriosamente. Poi vide la scritta sul muro e lasciò che la sua testa picchiasse su quelle lettere scritte particolarmente male.
Lui era.
Il sangue continuava a scorrere sul suo braccio ma non ne prese altro.
Lasciò la scritta incompleta;perché in fondo a nessuno interessava chi fosse.
Era solo.
Si strappò la manica con la quale fasciò la ferita.
Lentamente si impregnò anche quella di sangue, cancellando anche l'ultimo lembo di stoffa.
Stava ancora camminando, non sapeva da quanto,ma non sentiva la stanchezza, camminava imperterrito.

Mi accorsi che osservava un punto preciso , un puntino di luce all'interno di quel corridoio .
Cos'era quella luce?
Camminò e camminò, quella luce bianca rimaneva lì e non accennava ad avvicinarsi. C'era silenzio, solo il suo respiro leggermente affannato e i suoi passi leggeri. Un suono nuovo si era aggiunto: le sue lacrime. Quelle goccioline salate che scorrevano lente sulle guance del ragazzo e producevano un monotono ticchettio quando toccavano quel lurido pavimento.
"VIENI FUORI! VIENI FUORI LURIDO BASTARDO! NON TI BASTAVA CIÒ CHE AVEVI FATTO VERO!?" urlò.
"PERCHÉ!? PERCHÉ PROPRIO IO!? HO SEMPRE FATTO CIÒ CHE DOVEVO, ASCOLTATO E UBBIDITO. COME MAI PROPRIO ME!? PERCHÉ IO!?" continuava a ripetere piangendo.
Era esasperato.
Era confuso, arrabbiato, triste.
Stette un attimo in silenzio per prendere fiato poi continuò:" VIENI FUORI! FORZA!? SMETTILA DI GIOCARE CON ME! VIENI A DARMI IL COLPO DI GRAZIA! VIENI...ti prego vieni.." Cadde sulle ginocchia, portò le sporche mani al viso e cominciò a piangere.
Pianse come non mai.
Un pianto colmo di dolore e rabbia, con singhiozzi e urla. Pianse sperando che con le lacrime uscisse tutto da lui. Lui non voleva davvero morire, lui voleva solo essere felice, e pensava che dando fine a tutto avrebbe smesso anche di soffrire. I sui pianti si trasformarono in una risata, una risata isterica, malata. Era impazzito. Alla fine Lui ce l'aveva fatta, aveva vinto. Il grande demone aveva vinto su quel bambino, quel piccolo bambino dagli occhi verdissimi e i capelli ricci. Quel bambino che aveva sofferto troppo per la sua breve vita, e che ora sarebbe dovuto diventare adulto.
Non ce la faceva, non aveva coraggio. Era spaventato, temeva che il suo piccolo corpicino non non avrebbe retto tanto, non voleva rischiare. Si rotolò a terra un po' di volte, ridendo, piangendo.
Poi...silenzio.
Se n'era andato.
Quel piccolo bambino non c'era più, c'era solo il suo corpo, steso lì a terra.
I suoi occhi non si non trasmettevano più niente, quegli occhioni verde smeraldo che erano stati pieni di ogni emozione ora erano vuoti.
Vidi la luce avvicinarsi.
Quella stessa luce che aveva portato alla morte il ragazzo; quel fottutissimo sorriso.
Il sorriso del male, quello da cui io sono nato.
Io sono l'ombra di quel piccolo corpicino, sono colui che non ha mai perso la speranza, poiché non ne ho mai posseduta.
Sono colui che ora deve uscire dal tunnel.
Io ora ho un nome: Billie Joe; non sono più solo "l'ombra di Billie Joe", quella che non è mai uscita perché quel piccolo bambino era rimasto sempre nel buio, non sono più quello che hanno sempre cercato di nascondere, perché io sono il male, io sono l'oscurità.

Però io sono sopravvissuto e ora nulla mi impedirà di vivere.


 


 

“Billie? Ehy! Billie Joe svegliati...ti..noi ti dobbiamo parlare...” sentii uno scossone percuotermi e aprii gli occhi.

Ero ancora là, davanti a quella porta, sulla mia sedia, ma nel corpo di Billie.

Del bambino Billie.

“Io..io stavo dormendo, che è successo?” chiesi strofinandomi l'occhio gonfio con la mano.

Il medico dai capelli grigi, tenendo la testa bassa mi disse “Signorino Armstrong, suo padre Andrew è deceduto oggi, 16 settembre 1982, le facciamo condoglianze”

Alzò gli occhi, sentii lo stesso brivido corrermi lungo la schiena indolenzita e gli occhi bruciare, nonostante le apparenze umane, quell'uomo per era un mostro e nulla avrebbe mutato le mie idee.

Mi alzai dalla sedia e corsi via.

Arrivai a casa seguito da mia madre;non le volevo parlare.

Mi chiusi in camera piangere. Basta.

“Svegliatemi quando settembre è finito!”(Wake Me Up When September Ends)



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Salve a tutti, so che questa storia l'avevo già pubblicata e nulla, l'ho ripubblicata migliorandone la forma, lo stile, e quant'altro.
Se volete recensite e se no magnema(?) 
Detto questo chiudo
With rage n love
@disagiathy su twitter
BrainStew_Athy qua lol

   
 
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