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Autore: anqis    15/06/2014    2 recensioni
Un anno dopo la partenza, Louis Tomlinson torna in città.
«Mi sei mancata» sussurra Louis e la distanza svanisce secondo dopo secondo, veloce, troppo veloce, ma Bethan vede tutto a rallentatore. Ci sono pensieri che gridano, i ricordi di Louis prima della partenza e quelli nuovi di Zayn, i suoi baci sul collo, la barba ruvida e quel “tranquilla, vai alla festa, non preoccuparti di me” che le ha sussurrato al telefono dopo vari “se vuoi rimango a casa”.
Mi fido di te, Beth.
One shot sequel della minilong 96 hours.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '96 hours.'
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And if he feels my traces in your hair,
I’m sorry, love, but I don’t really care.
 
 
 
 
«Dannazione, Leslie, che ci fa lui qui?»
Bethan quasi grida, i capelli ramati e crespi raccolti in uno chignon che di artistico hanno solo la forma azzardata e fortunata. Ha un il labbro inferiore stretto tra i denti che quasi le fa male, le guance accaldate perché la festa è cominciata due ore fa e perché a causa del nervoso ha mandato giù il primo bicchiere di alcool che la sua mano ha incontrato per caso. Osserva la causa del suo isterismo assolutamente non da lei – bugia: prima delle verifiche è sempre agitata – e sposta nuovamente lo sguardo sulla sua migliore amica quando lui muove qualche passo nella stanza dove si trovano pure loro, a qualche metro e persone di distanza. Non abbastanza per tranquillizzare Bethan che implora spiegazioni all’amica, e magari anche una soluzione.
La castana però si stringe le spalle, la fronte già calda e la testa che scivola un po’ a destra a sinistra. «Beth, è pur sempre mio fratello» borbotta aggrottando le sopracciglia e sventolando la mano come per scacciare un moscerino invisibile. «E comunque non l’ho invitato io: deve averci sentito parlare e non ha perso l’occasione di rovinarci la festa. Nel vero senso della parola.»
Bethan scuote forte la testa, ma poi si ferma e sospira forte, afflitta e arresa perché Leslie deve aver ragione e infondo non può farci davvero nulla. Si copre le guance con entrambe le mani e chiude gli occhi convincendosi che non è un problema, lei è abbastanza matura da non finire nei guai e sicuramente lui non è venuto qui con cattive intenzioni, se non quella di bere qualcosa e magari appartarsi con qualcuno nello sgabuzzino dove lo aveva scovato alla sua prima festa da primina. Corruccia la fronte e «sì, beh, fantastico: proprio ora devo pensarci?» si rimprovera da sola.
«Non ti preoccupare» Leslie, nonostante la sbronza, è abbastanza lucida da accorgersi del disagio della sua migliore amica. Le cinge le spalle e le carezza un braccio. «Cerca di evitare di trovarti nella stessa stanza con lui e se succede inventati una scusa» le consiglia sorridendole. «Sai quante volte sono scappata dalle grinfie di Niall con la scusa della pipì?»
Bethan ride ad alta voce sporgendosi in avanti e ringraziando di avere un’amica così idiota e disinibita. Le rivolge un sorriso che si fa ancora più ampio quando nota una figura alle sue spalle.
«Quindi non era vero?» domanda Niall Horan, i capelli biondi devastati e gli occhi azzurri sgranati dallo stupore e dalla delusione. «Era per evitarmi?» continua colmando le distanze e investendo quasi di peso Leslie che cerca – inutilmente – di frenarlo con le mani in avanti. «Leslie, perché mi hai mentito?»
Bethan ride. Tutti conoscono le sei fasi di Niall Horan: barzellette scadenti, ridarella convulsiva, bisogno di coccole, pianto insensato, ballo irlandese sul primo malcapitato tavolo e infine sonno profondo. E sfortunatamente, Leslie sta avendo a che fare con la fase che meno sopporta: le lacrime facili, e si sa che la giovane di casa Tomlinson non sia un asso a consolare, se non un vero disastro contando anche la poca pazienza che la caratterizza. La osserva scuotere la testa, cincischiare nelle parole che le scivolano fuori senza controllo, mentre Niall già tira su con il naso.
Decide allora di lasciarli soli, sia perché Niall che piange è una tortura e perché finiranno con il sbaciucchiarsi da qualche parte dopo aver litigato e lei non ha voglia di fare il terzo incomodo.
Si fa strada tra la gente che riempie il grande salotto di casa Styles e raggiunge la cucina dove però trova Ethel seduta sul bancone di marmo, con Harry tra le sue gambe che le sorride a pochi centimetri dal naso. Pessima idea, pensa subito, ma non può neanche arretrare che sbatte contro qualcuno.
«Scusa!» squittisce con voce così acuta che fa una smorfia. Una smorfia che si tramuta in stupore quando i suoi occhi trovano quelli azzurri, no, blu scuro di Louis ad aspettarla. La osservano intensamente e Bethan è costretta a deviare lo sguardo per non mostrargli tutto lo sgomento che la sua presenza le ha provocato. Si allontana di qualche passo ed è più facile respirare lontano da lui e il suo profumo di fresco e sole – come fa a ricordarle l’odore del sole?
«Beth» è Ethel che le ha appoggiato una mano sulla spalla. Si volta verso la sua amica e la ringrazia con lo sguardo per esserle venuta in soccorso. «Louis» aggiunge poi la bionda abbozzando ad un sorriso di convenienza in forte contrasto con l’occhiata con cui lo trapassa da parte a parte.
«Louis!» questo è invece Harry che dopo il dispiacere iniziale per l’atmosfera ormai rovinata, li raggiunge, stringe l’amico in un abbraccio forte e amichevole che fa ridere quest’ultimo. «Amico, ce ne hai messo di tempo!»
Louis sorride contro la spalla alta – decisamente alta – del suo migliore amico domandandosi come possa quel moccioso con le fossette e la pancia averlo superato di ben dieci centimetri in neanche un anno. «Dannata pubertà» impreca ridendo. «Mi consolo con il pensiero che intellettualmente parlando non è cambiato nulla.»
«Come?» Harry Styles si allontana inclinando la testa a destra, i riccioli che scivolano sulla fronte bianca e costellata da uno o due brufoletti adolescenziali.
Louis nega, gli disordina i riccioli già arruffati e sorride, quasi intenerito. «Niente» risponde, «Piuttosto scusa per il ritardo. Mia madre ha preso l’auto e sono dovuto venire a piedi.»
«Capisco. L’importante è che tu sia qui.»
Bethan vorrebbe sprofondare quando sente quella frase. Ethel lo nota con un’occhiata sola. Inarca un sopracciglio in direzione del suo ragazzo che se ne accorge e «Quindi sei stato tu ad invitarlo?» domanda atona.
Harry aggrotta le sopracciglia scure, confuse. Tentenna prima di rispondere, si mette una mano nella tasca dei jeans che ora indossa stretti e sposta il peso da una gamba all’altra. «Sì» dice alla fine, sincero come solo lui sa essere.
Ethel lo osserva in silenzio. Bethan assiste a quello scambio di sguardi in silenzio, preoccupata di aver innescato una possibile bomba e pregando che non comincino a discutere, perché significherebbe rimanere da sola con Louis. E lo sente benissimo, lo sguardo del ragazzo, seguire ogni suo singolo movimento tanto che è da qualche minuto che non si muove, perché a disagio. Si sente così stupida, pensa, spostandosi subito una ciocca di capelli dietro l’orecchio per cercare di smorzare quella rigidità che si è costretta a vestire. Se ne pente quando lo sente sospirare. Solleva lo sguardo e come prima gli occhi di Louis sono lì che aspettano solo di incrociare i suoi, caldi di un desiderio che fa arrossire Bethan fino alla radice dei capelli.
Ethel non ha ancora parlato e Harry continua a guardarla, in attesa, le spalle larghe rigide e la mascella appena tesa. Ma poi la bionda sospira piano e «Sei uno stupido» dice, affermazione addolcita dal sorriso con cui posa lo sguardo a terra.
Harry – Bethan ama guardarli – sembra quasi percosso da un fremito. Mostra una fossetta che reprime non appena compie il primo passo. Non dà il tempo a Ethel di sussultare, a Bethan quello di imprecare – vi prego, rimanete! – né a Louis di sorridere, che le stringe un polso e la trascina via, su per le scale alla ricerca di un angolo dove non ci siano parole, ma solo loro e le loro mani che si toccano.
Scompaiono nel buio del corridoio del secondo piano, Bethan li segue con gli occhi e vorrebbe fare altrettanto fisicamente, ma non è il caso. Diversamente da Niall e Leslie, Ethel e Harry non la fanno sentire un terzo incomodo: ma invisibile, tanto sono presi l’uno dall’altro.
Trascorrono i secondi, cadono nel lavandino cinque gocce prima che Louis azzardi un passo nella sua direzione e Bethan, che lo sente, verso la porta.
«Devo andare in bagno!» sbotta tutto d’un tratto senza il coraggio di guardarlo, i pugni chiusi sui fianchi. «H-ho la vescica che straripa!»si ritrova a dire senza neanche rendersene conto. Maledice Leslie per averle messa in testa quelle parole e scappa via, dalla cucina dove Louis la osserva perdersi nella folla, un braccio teso nella sua direzione che ricade al suo fianco.
 
 
Sono le dodici passate.
Bethan è seduta sulle scale del retro. Tiene le braccia scoperte strette alle gambe per ripararsi dal vento primaverile troppo fresco per il leggero vestito che ha indossato per l’occasione. Ha ancora i capelli legati, ma delle ciocche sono sfuggite ai fermagli ed ora le carezzano le spalle nude. Affonda la testa tra le braccia.
«Stupida, stupida, stupida» mormora contro se stessa. Stupida per essersi lasciata sconvolgere così tanto per la presenza di Louis, stupida per essersi imbattuta in lui nonostante i buoni propositi di evitarlo, ma soprattutto per come è scappata e per le parole imbarazzanti che ha vomitato per la fretta. Stringe forte le dita attorno al braccio.
«Smettila.»
Stupida perché si è fatta beccare ad auto-commiserarsi dall’ultima persona che vuole vedere questa sera. Ancora più forte, stringe la carne. Stupida, stupida, stupida.
Una mano si posa sulla sua. Bethan si irrigidisce. «Smettila, ho detto» ripete, le carezza piano il dorso e le dita allentano la presa. «Così.»
Bethan ubbidisce, lascia cadere la mano sul ginocchio e si rimprovera perché credeva di essere riuscita a controllare quel vizio che l’assale quando è nervosa. Solleva lo sguardo e le iridi di Louis l’accolgono, appena socchiusi che mettono in evidenza le sottili rughe ai lati, e sorridenti.
«Non sei cambiata per niente» le dice.
«Mi hai vista due giorni fa, Louis.»
Il ragazzo sospira, appoggia i palmi delle mani sul pavimento di legno e guarda il cielo scuro. «Sai cosa intendo, An» dice senza guardarla e Bethan lo ringrazia dentro di sè, perché sentire di nuovo quel soprannome pronunciato dalla sua voce è più difficile di quanto potesse immaginare.
«Lo so» si arrende e si approfitta di quel momento per osservare il profilo di Louis illuminato dalle candele che hanno acceso e poggiato sulla ringhiera di legno della casa. Osserva la linea del mento e quell’accenno di barba che l’ha subito colpita quando l’ha rivisto dopo tutto quel tempo, che gli dà quest’aria così seria che le mette un po’ di malinconia, perché Louis era il ragazzino che di crescere non aveva assolutamente la voglia. Le labbra morbide e rilassate, il naso sottile e le ciglia corte che carezzano di tanto le guance più scavate. Si perde a guardare la lunghezza dei capelli che più lunghi e meno curati gli scivolano di tanto in tanto sulla fronte ampia coprendo a volte anche gli occhi. Occhi che ora la cercano e la trovano, lo stesso desiderio di prima impresso nelle iridi.
«Mi sei mancata» sussurra Louis e la distanza svanisce secondo dopo secondo, veloce, troppo veloce, ma Bethan vede tutto a rallentatore. Ci sono pensieri che gridano, i ricordi di Louis prima della partenza e quelli nuovi di Zayn, i suoi baci sul collo, la barba ruvida e quel “tranquilla, vai alla festa, non preoccuparti di me” che le ha sussurrato al telefono dopo vari “se vuoi rimango a casa”.
Mi fido di te, Beth.
«No, Louis» sussurra a pochi centimetri dalle sue labbra, il respiro affannato, la bocca che trema e freme, ma le parole decise e determinate che sono riuscite a fermarlo.
Louis non si muove, chiude gli occhi e Bethan sente le sue ciglia carezzare quasi le sue per quanto sono vicini. Le respira piano contro la bocca e lei sa che la sta provocando, che le sta dando il tempo per riflettere. Ma Bethan ha già scelto, devia le sue labbra e lo bacia sulla guancia, dove la barba incolta è più ruvida.
Scusa.
Louis apre gli occhi, sorride amaro e torna alla posizione di prima. «Non sai cambiato affatto, An» ripete stringendosi nelle spalle magre.
Silenzio.
«Sono felice» continua perché lei non sa e non dice niente. «Felice che tu sia rimasta la stessa. Perché felice, a dir il vero, non lo sono neanche se mi venissero a dire in questo momento che ho firmato il contratto con una casa discografica per diventare uno degli artisti più in voga del momento» ride. «Magari in una boyband, con quei cinque idioti che ho per amici sarebbe il massimo.»
Ride e ride forte, le spalle e le mani che tremano. Bethan stringe gli occhi, fa male, fa molto male, lo sa, allora intreccia le dita alle sue e «Scusa» mormora e lo ripete, lo ripete fino a quando Louis smette di ridere fino ad ammutolirsi.
La osserva con una mano chiusa all’altezza del cuore e l’altra stretta alla sua, le palpebre abbassate e la frangia che si è fatta e che le dona da morire e che lui vorrebbe scostare. Lo fa,  stringe tra l’indice e il pollice una ciocca di capelli e delicatamente gliela sposta dietro l’orecchio come ha desiderato fare da prima.
«Non importa» le sussurra baciandole la fronte fredda. Affonda il naso nei capelli ramati della ragazza a cui non dovrebbe volere così bene, ispira e espira forte. «Mi accontenterò della consapevolezza che quando Zayn stanotte ti stringerà, sentirà il mio odore tra i tuoi capelli.»
Bethan si irrigidisce. «Louis» lo rimprovera.
«Mi spiace, amore, ma proprio non mi importa.»
.. ma sorride, perché Louis, anche con la barba non fatta è sempre lo stesso.
 

 
 
 
Dopo quattro mesi dalla fine di 96 hours, ecco il ritorno e la rivincita (se possiamo chiamarla così) del nostro Louis Tomlinson! Come al solito vi ho fatto penare fin troppo tempo e magari vi siete dimenticate della triste storia d’amore mai iniziata di Bethan e Louis, ma non importa: questa one shot non poteva continuare a prendere polvere nella cartelletta della chiavetta, quindi ecco a voi.
Spero abbiate apprezzato e soprattutto non mi odiate per questo ennesimo finale: mi dispiace, ma sono team Zayn (che avete visto? alla fine è riuscito, nonostante tutto e la figura importante di Louis nella vita di Bethan, a conquistare il cuore della fanciulla tanto amata çç) e Louis, il suo destino è stato quello sin dall’inizio e questo rimarrà. Tranquille, Zayn è perfetto per Bethan, è esattamente ciò di cui ha bisogno per guarire dalla ferita inflitta dall’allontanamento di Louis, e quest’ultimo si riprenderà: Londra è la città perfetta per ricominciare, deve solo volerlo lui.
Sto fangirlando sui miei stessi personaggi? Sì, imbarazzante.
Spero anche che vi siano piaciuti gli scorci delle altre due coppie principali Leslie/Niall (quanto è adorabile sbronzo?  ahah) e Ethel/Harry (come al solito non li commento, sono troppo per me).
 
Per chiunque abbia letto solo la one shot e sia piaciuta, allego il link della mini-long da cui è tratta:
96 hours.
 
Grazie per aver letto, spero di poter leggere qualche vostro parere a riguardo,
 
Anqi.
   
 
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