I
personaggi di cui scrivo non mi appartengono e non ho contatti con loro. Non
pretendo di descriverli come sono in realtà, né di descrivere situazioni
realmente vissute da loro.
Quanto
scrivo non è a scopo di lucro.
Le
mie sono opere di fantasia e rivendico i miei diritti su esse solo in quanto
sono state partorite dalla mia immaginazione.
Dedicata
a Guren (Suzuki per la precisione, ma per me è solo Guren),
la
mia nipotina prediletta, dalla prima all’ultima parola,
perché
se mi è venuta voglia di scriverla,
è
solo merito della sua Fated 'Raison d'être'
che
se non si è capito, adoro quasi
quanto chi l’ha scritta.
Legenda:
«…»
dialoghi
corsivo = pensieri
corsivo di questo colore = flash-backs
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
= separatore dei PoV dei capitoli
Il
Dio Della Pioggia
1
Seth
La calma è la virtù dei forti.
Se lo stava ripetendo da non sapeva quanti anni.
Di norma funzionava, perché aveva una scorta di pazienza e calma da far invidia ad un allenatore
di lumache da corsa… ma.
Ma Mana riduceva la sua pazienza e
la sua calma in poltiglia.
Sin dai tempi della scuola.
Era l’unico a far andare fuori dai gangheri il secchione dall’ironia
tagliente come una lama.
«Temo di non aver afferrato la cosa nel suo insieme» disse K con la
compostezza di una sfinge.
«Da domani avremo nel gruppo una tastierista» ripeté Mana. «Quale parte
non è chiara?»
Ecco perché in fondo lo preferisco
quando sta zitto.
«Questo l’ho capito» ribatté
K, confermandosi distillato di calma di un metro e ottantasei centimetri. «Ma
non hai detto altro, Mana. Chi è, da quale gruppo proviene… se proviene da un
gruppo, parteciperà solo all’album o anche al tour… devo continuare?»
Mana sbuffò sollevando gli occhi al cielo. «Al momento non lo so. Non
proviene da nessun gruppo, è il suo… esordio. Mi sono
rotto le palle di passare le nottate a sintetizzare le tastiere e a fare
programmazioni quindi…»
«… ha trovato qualcuno che ci passerà le nottate al posto suo» concluse
lui. «Chi meglio di una donna? Dai K, anche te…»
aggiunse prima di contare fino a tre.
K gli lanciò un’occhiata di traverso, un sorriso divertito.
Mana lo posizionò al centro del mirino del suo sguardo. «Ah,
dimenticavo» aggiunse pacato «farà da contro voce a te.»
Non riuscì a trattenere una risatina.
Fermo restando che era pronto a giurare che fosse Kaede ad essersi
rotta le palle di quelle nottate passate a sintetizzare, Mana comandava, non ce n’era. Per quanto ufficiali, lui e K avevano un peso
relativo nelle decisioni. I Moi Dix Mois erano
Mana.
«Va bene» fu la sua divertita risposta. «Come si chiama?»
«Potete chiamarla Mystery.»
«Quanti anni ha?» chiese K.
«Non potete saperlo.»
«Dove è nata?» provò lui.
«Non saprete niente di lei.»
Silenzio.
«In altre parole…» riprese K cauto, «so il
tuo vero nome e quello di Seth ma non saprò il suo, ho capito bene?»
Mana sorrise, sembrava quasi orgoglioso. «Hai capito benissimo. Sei una soddisfazione, K.»
«Stai scherzando, vero?» gli uscì di bocca, come al solito, prima di
pensarla.
Mana si concentrò su di lui, l’espressione di una mamma abituata a
sopportare il pargolo turbolento. «No Seth, sono serissimo. Solo io so chi è.»
«Ma come pretendi che possiamo lavorare con una che non conosciamo?»
«Lavori con Hayato e Sugiya, cosa sai di loro? Mi sembra che non ci
siano problemi.»
«Sei cascato male, amico mio: in questi mesi ho saputo moltissime cose
della nostra sezione ritmica, ci vediamo anche al di fuori delle prove.»
Mana lo fissò per qualche secondo, poi riprese come se non avesse emesso
fiato, «E’ una creatura estremamente collaborativa, riuscirà a sopportare anche
te senza problemi. Stai tranquillo.»
Decisamente, lo preferisco quando sta
zitto.
Se solo i fans avessero immaginato cosa poteva uscire da quella bocca,
non sarebbero stati così ansiosi di sentirlo parlare.
Aprì bocca per ribattere ma K lo prese per un polso.
Quell’uomo aveva imparato subito a riconoscere una potenziale rissa fra
lui e Mana.
E non stava alludendo a mere botte… oh no, troppo facile.
Davano fondo al rispettivo arsenale di conoscenza l’uno dell’altro
condito con ironia e a volte cattiveria vera e propria.
Entrambi sapevano dove colpire l’altro e quando la pazienza (virtù dei
forti) cominciava a scendere sotto i livelli di guardia arrivavano a sferrare
colpi veramente bassi per averla vinta sull’altro.
«Mana, la prendiamo per buona perché lo dici tu, ma capirai che questa
è teoria, la pratica potrebbe essere ben diversa.»
«Sono pronto a riconoscerlo, K. Dimenticate che è una donna, valutatela
per il suo talento e mi ringrazierete. Bene, adesso devo andare o è la volta
buona che Kaede mi molla. Ci vediamo domani mattina, alle 8.00 qui. Avvisate
voi Hayato e Sugiya? Del fatto di Mystery, intendo.»
Uscì dalla stanza senza lasciargli il tempo di emettere fiato.
«Quindi ci ha fatto venire qui di domenica mattina solo per dirci questo?» chiese incredulo a K… l’unico
paio di padiglioni auricolari presenti oltre ai suoi.
K sospirò, «Sembra proprio di sì… e adesso io e te dobbiamo avvertire
anche…»
La testa di Mana ricomparve improvvisamente nella stanza, «Quasi
dimenticavo: scusatemi se vi ho fatto venire qui di domenica mattina, ma ci
tenevo a dirvelo subito. Tengo moltissimo che questa cosa vada liscia come
l’olio. A domani. Facciamo alle 10.00, per farmi perdonare definitivamente.»
Scomparve di nuovo.
Lui e K staccarono in sincrono lo sguardo dalla soglia e rimasero a
fissarsi basiti per una manciata di secondi, poi scoppiarono a ridere.
«E’ encomiabile!» sancì K.
«Avrei in mente ben altri aggettivi,
ma prendiamo per buono questo! Adesso che facciamo? Sono le 10.30. Buttiamo giù
dal letto quegli altri disperati?»
«Seth, sei un rompiballe da manuale.»
«L’alternativa è anticipare comunque l’appuntamento di domani alle 9.00
per parlargli prima dell’arrivo di Mana…»
K ci pensò meno di un secondo, «Io chiamo il batterista.»
«Bene, mi tocca il bassista.»
Ovviamente riuscirono ad organizzare una gara a chi prendeva prima il
cellulare e faceva partire la chiamata.
Che altrettanto ovviamente, vinse lui.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
K
Perché era sempre lui l’eletto
che si trovava da solo con quei due?
Eh, perché gli elementi ufficiali del gruppo erano loro, e Mana aveva
voluto avvisare lui e Seth in separata sede, faccia a faccia.
Avrebbe dovuto fargli piacere, la cosa… e sicuramente l’apprezzava, ma
aveva la sensazione che Mana avesse lasciato qualcosa nel suo cilindro magico… che non avesse detto tutto, tanto per cambiare.
Quell’uomo adorava i segreti ed era quantomeno recalcitrante a
separarsene.
«Pronto?» rispose Hayato dopo cinque o sei squilli.
«Buona domenica mattina, Sugiya, ti ho svegliato per caso??» esordì
solare Seth accanto a lui.
Sorrise, «Perdona l’orario, essendo domenica mattina» cominciò, «ma io
e Seth siamo già in sala prove e abbiamo saputo una novità che dovete sapere
anche voi…»
«… io e K dobbiamo dare una notizia alla nostra sezione ritmica
preferita che va affrontata faccia a faccia. Pranziamo insieme?» stava dicendo
intanto Seth.
Ottima idea Seth.
«… quindi ci chiedevamo se ti andava di pranzare insieme» riprese sulla
scia del solista. «Se ce la caviamo oggi, l’appuntamento è per le 10.00 domani
mattina, altrimenti occorre trovarci qui prima dell’arrivo di Mana.»
«K se non ci fossi ti inventerei. Dove e quando?»
Si voltò verso Seth per girargli la domanda e…
«Sugiya, credimi: andavi prodotto in serie. K è al telefono con Hayato
ovviamente. Proposte per il posto?» Rimase ad ascoltare in silenzio, poi si
voltò verso di lui, «K, se infestassimo il tuo impeccabile appartamento? Prendiamo
qualcosa di pronto, ovviamente.»
Sorrise, «Lo sapevo. Hayato, da me fra un paio d’ore? Al pranzo ci
pensiamo io e Seth.»
Seth sorrise e tornò a parlare con Sugiya.
«Tanto lo sai che ti tocca, sei l’unico ad avere l’appartamento
presentabile in qualsiasi momento!» commentò il batterista ridendo.
«E voi siete i soli in grado di farmi pentire di questo!» ribatté
scherzosamente risentito.
«Senza contare il terrore di Sugiya per i serpenti! A dopo chitarrista!
Mi metto d’accordo con il bassista per portare da bere!!»
E abbiamo trovato il modo di farci
serata…
Riattaccarono praticamente in sincrono.
Si guardarono e sorrisero, sembrava impossibile passare una giornata
senza vedersi.
«Hai un ottimo deterrente per Sugiya» informò il solista.
Seth sbuffò, «Il mio bimbo è dolcissimo.»
Sorrise scuotendo la testa, «Resta sempre un pitone di qualche metro.»
«Tre metri e ottanta centimetri. Su questo non si discute.» Lo vide
recuperare il cappotto e indossarlo con un fluido movimento, «Ma Sugiya bada
troppo alle apparenze.»
Fra le labbra di Seth comparve una sigaretta e sotto il suo naso il
resto del pacchetto, accettò con un mugolio di ringraziamento.
Sicuramente, di tutte le line ups che i Moi Dix Mois avevano
sperimentato, dal suo personale punto di vista, con quella avevano raggiunto il
karma… professionalmente e a livello personale.
Speriamo di non mandare a puttane questo
equilibrio domani.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Sugiya
Il suono del suo cellulare lo strappò violentemente al silenzio e al
cuscino.
Doveva assolutamente decidersi a spegnere il cellulare quando aveva un
giorno libero.
«Pronto chi è??»
«Buona domenica
mattina, Sugiya, ti ho svegliato per caso??» esordì gioiosa la voce di Seth.
Gli venne da ridere. «Ti è venuto davvero il sospetto?» s’informò
stropicciandosi gli occhi.
«Amico mio, è un’emergenza. Prima che ti venga l’idea di incazzarti, ti
informo che sono le 10.35, io e K siamo già in sala prove da un’ora e che dobbiamo
dare una notizia alla nostra sezione ritmica preferita che va affrontata faccia
a faccia. Pranziamo insieme?»
«Seth, sai perfettamente che neanche se rinasco riuscirò ad incazzarmi
davvero con te… tant’è che te ne approfitti in
maniera direi vergognosa… vedi la belva che ti tieni
in casa…»
La risatina del vocalist lo fece sorridere, ma non riuscì ad evitare il
brivido lungo la schiena al pensiero del pitone che viveva con quell’uomo.
Aveva sfiorato l’infarto multiplo quando se lo era trovato ai piedi la
prima volta. E ultima, K lo doveva
prendere in collo per entrare in quella casa, anche quando era chiuso nella teca.
«Sugiya, credimi: andavi prodotto in serie. K è al telefono con Hayato
ovviamente. Proposte per il posto?»
«Opterei per qualcosa che ci permetta lo travaccamento più totale, non
ho voglia di truccarmi e mettermi in tiro…» … e neanche di passare il pomeriggio in
collo a quel povero cristo di K, anche dentro quella teca, resta un pitone che
sfiora i quattro metri…
Breve silenzio, poi la voce di Seth suonò un po’ più distante dal
microfono, «K, se infestassimo il tuo impeccabile appartamento? Prendiamo qualcosa
di pronto, ovviamente.»
Scoppiò a ridere.
Aveva capito alla perfezione!!!
«A posto. Fra un paio d’ore da K» concluse Seth dopo l’ok del
chitarrista.
«A dopo!»
Riattaccò e si catapultò giù dal letto perfettamente sveglio.
Il cellulare sarebbe rimasto ancora acceso nei futuri giorni liberi…
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Hayato
Uscì dalla doccia completamente sveglio.
Gli faceva piacere quando si organizzavano quelle riunioni extra.
Specie se a casa di K.
Non era neanche in ansia per la novità che dovevano dargli.
Mana, per parlare con K e Seth, li aveva fatti andare in sala prove… ma
K e Seth erano molto meno formali.
Adocchiò il cellulare sul letto e lo prese, facendo partire la chiamata
al bassista.
«Sentivo la tua mancanza!» esordì Sugiya «Passi a prendermi e facciamo
un raid nel negozio che ben sai prima di andare da K?»
«Ovviamente. Fra… diciamo massimo quaranta minuti se organizzo un
miracolo sono da te, ok?»
«Ok, fammi uno squillo sul cellulare quando sei qui sotto che scendo!»
Riattaccò sorridendo.
No, non era in ansia.
Lui aveva un’arma segreta.
Quando gli era stata data la possibilità di suonare con Mana aveva
accettato ancora prima che il chitarrista arrivasse al punto interrogativo
della frase, ma sapeva che i membri dei Moi Dix Mois avevano vita breve nel
gruppo.
Mana era un genio e come tutti i geni aveva più contro che pro.
Occorreva essere disposti a dire sempre di sì, anche se lì per lì
sembrava una follia.
L’arma segreta? Seth.
Era il contro bilanciere perfetto per Mana, semplicemente perché era
uno dei pochi esseri viventi che poteva vantare di conoscere l’uomo, prima
dell’artista.
Sapeva come prendere Mana, come calmarlo, farlo ragionare. E farlo
andare in bestia, ovviamente.
Qualsiasi cosa li avesse portati in sala prove di domenica mattina,
problema o no, erano in quattro ad affrontarla.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Mana
Rientrò in casa appena appena in tempo per non essere scaricato dalla
compagna.
«Sono a casa!» annunciò come al solito.
Posò il mazzo di rose sul tavolo dell’ingresso per togliersi il
cappotto e lo riprese il più velocemente possibile per nasconderlo dietro la
schiena.
Kaede comparve nell’ingresso. «Ah, per una volta le mie minacce hanno
avuto effetto…»
«Le tue minacce hanno sempre
effetto.» Le si avvicinò per baciarla e tirò fuori il mazzo, «Questa volta
in realtà mi hai proprio spaventato.»
Kaede rimase immobile a fissare i fiori, poi un sorriso le piegò le
labbra. «Grazie amore… sono bellissime…»
E anche stavolta mi è andata bene…
Le aveva promesso quella giornata esclusivamente per loro, poi l’aver
convinto giusto la sera prima Rain a prendere parte al suo piano lavorativo
aveva rivoluzionato quello privato.
Kaede gli aveva concesso due ore fuori da quella casa prima di fare le
valige.
Era la seconda volta che arrivava a minacciarlo a quei livelli… la prima lo aveva salvato dal post tracollo dei Malice
Mizer.
«Mi cambio e sono tutto tuo.»
La sua compagna prese i fiori e gli stampò un altro bacio in bocca, «Ok.
Se anche avessi tardato ti saresti fatto perdonare con queste» lo informò poi.
Si diresse verso la camera con un sorriso.
«Ah, a proposito…» la voce di Kaede lo
raggiunse «come hai deciso di nascondere l’identità di Rain a Seth?»
Senza volere storse la bocca in una smorfia di puro disappunto, «Lo ritengo
il mio più plateale scivolone nell’ovvio» rispose alzando un po’ la voce.
«Per quanto può valere la mia opinione in questo ambito» la voce di
Kaede suonò vicina, bastò un’occhiata oltre le sue spalle per vedere che lo
aveva seguito, «non ha senso che lei semplicemente passi le notti a
sintetizzare al posto tuo. Tu vuoi che loro si incontrino, no?»
Non riuscì a trattenere uno sbuffo, «Già. Senza contare che ho
realizzato improvvisamente che se Seth venisse a sapere dell’esistenza di una
donna che lavora di notte ai sintetizzatori al posto mio, sarebbe capacissimo
di organizzare vere imboscate per incontrarla. E non escludo che K gli darebbe
man forte… anzi, forse sarebbe proprio lui ad
elaborare un piano per intercettarla. In ultima analisi, voglio che si
incontrino, certo. Non ho trovato altra soluzione se non coprirle il viso con una
maschera.»
«Sei sicuro che funzioni?»
«Esattamente la stessa cosa che mi ha chiesto Rain. Faccio molto
affidamento nel fatto che Seth tutto si aspetta, tranne che di incontrare lei e
quindici anni sono tanti. Io so quanto sono rimasto sorpreso nel trovarmela
davanti per la strada.»
«Manabu, gli Dei soli sanno se sono a conoscenza della tua avversione
alle soluzioni facili… ma semplicemente mettergli
davanti Rain? Hanno leticato e non me lo hai detto?»
La sua avversione alle soluzioni facili era ampiamente bilanciata da
quel concentrato di praticità della sua compagna.
Scosse la testa, «Per come la vedo io, sono pazzi l’uno dell’altra da quando
si sono incontrati. L’hai vista no? Ti ho raccontato dei loro battibecchi. Il
punto è che non sono sicuro che, dopo quindici anni che non si vedono, siano
finalmente disposti a riconoscerlo. Senza contare che qui stiamo producendo un
album e se Seth mi si distrae, anche se si tratta della potenziale donna della
sua vita, beh… non ho già abbastanza problemi?»
Al silenzio della sua compagna si voltò verso di lei e incontrò un’occhiata
che gli disse chiaramente che aveva appena pronunciato qualcosa che gli si
sarebbe ritorta contro per i prossimi vent’anni, almeno.
«Se davvero la pensassi così, dovresti mettere Rain in aspettativa fino alla fine della
produzione.»
«Vero» riconobbe senza problemi. «Ma ti ricordo che tu mi hai ricattato
e che, professionalmente parlando, non sono propenso a fidarmi di nessuno
tranne che di me stesso. K si è guadagnato voce in capitolo dopo un bel po’, Sugiya
e Hayato al momento sono parte del gruppo, ma non li lascerei mai da soli a
fare il lavoro al posto mio. Seth… Seiji» usò il vero
nome dell’amico per non lasciar dubbi a Kaede riguardo il fatto che stesse
parlando dell’uomo oltre che dell’artista, e Kaede annuì impercettibilmente «in
questo album ha una libertà pari alla mia… anche se
sto attento che non se ne accorga, ma Seiji lo conosco da metà della mia vita e
lui conosce me, sa cosa voglio e come lo voglio. Ho bisogno di qualcuno come
lui, in quella posizione, per inserirlo adesso nella lavorazione e Rain è una
musicista come non ne ho mai incontrate, è un’amica. Non ci vediamo da quindici
anni, ma abbiamo naturalmente ripreso il discorso interrotto come se ci fossimo
lasciati ieri sera dopo cena. Non può essere un caso Kaede: mi ricatti perché sei
stanca che passi le notti fuori casa e incontro lei, che ha le esatte conoscenze che mi servono. Velocizzerò in
maniera esponenziale la lavorazione dell’album, con i sintetizzatori e le tastiere
che avanzano in contemporanea con il resto degli strumenti.»
Kaede annuiva lentamente, «Bene, quindi accetta per una volta la più
semplice delle soluzioni e non lamentarti. Conoscendoti, minimo troverai anche
il modo di usare quella maschera a tuo vantaggio…
tipo disegnarne di apposite per ogni vestito di quella donna.»
Sparì dalla soglia come per magia.
Si trovò a sospirare profondamente.
Per forza, che altre alternative ho?
Bella l’idea delle maschere coordinate…
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Seth
Una fermata a casa
per controllare il bimbo ci voleva.
Lo lasciava libero solo
se era in casa, e tre giorni dopo il pasto. Sugiya per poco ci era rimasto la
prima volta che se lo era trovato ai piedi. Per lui era talmente naturale avere
serpenti in casa che non aveva pensato di avvisare le nuove entrate nella sua
vita.
Hayato invece lo
aveva preso molto sportivamente. Come anche K.
Per il fatto di Sugiya
però Mana lo aveva preso per il culo per una settimana.
Si chiuse la porta
alle spalle e si diresse verso la teca che lo ospitava.
Gli aveva dato da mangiare
giusto la sera prima e non pensava di restare fuori casa quel giorno. Per come
si erano organizzati, prevedeva che avrebbero fatto nottata da K e, complice
anche la giornata fuori casa e le prove dell’indomani, due giorni dei tre nei quali era sconsigliato qualsiasi tipo di manipolazione che
avrebbe potuto far sentire il pitone minacciato portandolo a rigurgitare la
preda considerandola una sorta di zavorra, sarebbero passati.
«Ma buongiorno
piccolo…» lo apostrofò.
Era un
pitone albino, per la precisione. Ci erano voluti quasi dieci anni perché
avesse abbastanza esperienza per poterlo prendere.
Il
suo contatto di fiducia, Junnosuke, un uomo che quando era da solo in negozio
lasciava liberi anche quelli velenosi, lo aveva istruito fino a ritenerlo
capace di prendersene cura.
Lo
aveva sempre desiderato e quando quasi dodici anni prima si era presentato in
negozio chiedendolo, si era visto rispondere alla richiesta con una sonora
risata in faccia. Vuoi un pitone albino,
ragazzo? Ne hai di strada da fare.
Lo stesso uomo al
quale consegnava le chiavi di casa sua e che se ne occupava quando lui era in
tour.
Gli albini erano più
aggressivi e più delicati della specie originale, l’esemplare che era toccato a
lui sembrava finto da quanto era bendisposto verso il prossimo.
Non faceva storie
davanti alle prede morte, quando lui iniziava a sistemare le cose per uscire di
casa tornava nella teca buono buono, era educato con gli ospiti, restava a debita
distanza da Sugiya, si appallottolava tranquillamente ai suoi piedi quando
leggeva o guardava la tv o realizzava uno dei suoi lavoretti in casa.
Davanti
a quest’ultima cosa, Junnosuke stesso era rimasto basito: gli aveva spiegato
che si appallottolano quando erano spaventati.
Era
rimasto con lui qualche pomeriggio mentre finiva di risistemare le maniglie
delle porte e non aveva riscontrato alcun sintomo di stress o paura nel pitone,
anche se era magistralmente raggomitolato in bella vista.
Aveva
ipotizzato che, animale domestico da tre generazioni, forse ormai lo aveva nel sangue… ma non gli era sembrato convinto.
Al
suo commento che l’alternativa era che gli fosse toccato un pitone con
l’istinto del gattino, Junnosuke aveva preferito attenersi alla propria teoria.
In
quel momento se ne stava tranquillamente nella sua teca a ronfare, il
rigonfiamento della preda ben visibile.
Sorrise.
Molto
bene.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
k
Casa infestata
aveva un significato ben definito, nella sua vita.
E lo aveva materializzato
davanti agli occhi in quel preciso momento.
Avevano da mangiare
per un reggimento e da bere in proporzione.
«Come sta il bimbo?»
chiese Hayato mentre si portava una lattina alle labbra.
«Benissimo!» rispose
Seth «Ha mangiato ieri sera!»
Sugiya rabbrividì.
Sorrise senza
poterselo impedire.
Seth parlava più che
volentieri del pitone, al quale non aveva dato un nome ma che ormai più o meno
tutti individuavano come il bimbo, e la sua curiosità era stata ampiamente
saziata. Sapeva benissimo che mangiava ogni dieci giorni, prede morte, e che
per tre giorni Seth non lo toccava per timore che il serpente rigettasse la
preda considerandola un peso non utile alla propria difesa.
Seth teneva moltissimo
a quell’essere strisciante, non si vergognava ad ammettere di essere stato
talmente male quando quello che aveva prima era morto che aveva pianto.
«Portiamo la
conversazione verso lindi più sicuri per il nostro bassista?» propose.
Sugiya lo avvolse con
un’occhiata colma di gratitudine. Sbattimento di ciglia incluso.
«Ok…»
concesse magnanimo il solista. «Da domani ci sarà una tastierista in sala prove
e non ho usato il femminile per caso.»
Per poco ingoiò anche
la lattina.
E non fu il solo.
Seth aveva un tatto
da testa d’ariete!
«Coooosa??» chiese Hayato incredulo.
Si trovò ad annuire e
riportò cosa aveva detto loro Mana, con cautela. Tutta quella che Seth aveva
scordato in pancia a mamma.
La sezione ritmica
assimilò la notizia in silenzio.
«Ma…
è caduta dal cielo?» chiese cauto Hayato.
Seth scosse le
spalle, «Ne so esattamente quanto voi.»
«Le cose cambieranno
completamente» disse ancora più cauto Sugiya. «Non avremo a che fare con un
computer, ma con una persona.»
«Potrebbe anche
durare solo due giorni» fece presente Seth.
Si trovò di nuovo ad
annuire.
«Capisco cosa vuoi
dire» disse Hayato, «ma… accidenti, deve essere
proprio brava per averlo convinto… cioè, non ci ha
accennato niente, ha sempre fatto tutto da solo…»
Tutti conoscevano la
scarsissima propensione di Mana alla democrazia, quando si trattava della sua
musica. L’aggiunta di un ulteriore cervello, provvisto o meno di tette, era
comunque un’altra voce da accordare con quella di Mana.
Anche Seth stava
annuendo. «Calcola che potrebbe essere stata Kaede a dargli un ultimatum.»
Kaede. La storica,
stoica ed evanescente compagna di Mana. Stavano insieme da metà della loro vita
e aveva avuto la conferma che Seth la conosceva da altrettanto tempo.
Una sera che erano
tutti lì da lui, rispondendo al telefono si era trovato a parlare con lei.
Quando le aveva detto che Mana si era addormentato e che lo avrebbe svegliato,
Kaede gli aveva chiesto di non farlo e di passarle Seiji, era lo stesso.
Aveva avuto la conferma del vero nome del solista.
Non era permesso
nominarla in pubblico.
Sugiya stava annuendo
con un’espressione sbalordita, «Non l’ho mai vista.»
Seth sorrise, ma non
aggiunse niente. In quella stanza era lui l’unico a poter dare un volto a
quella donna.
Al di là delle
mazzate verbali che si tiravano portava un rispetto assoluto a Mana e le sue
volontà erano legge.
Quei due avevano i
loro segreti, non ce n’era.
Si era fatto un’idea
precisa del legame fra Mana e Seth quando, un giorno qualsiasi, Mana, nel bel
mezzo di uno dei loro battibecchi aveva iniziato a muovere le mani, prontamente
imitato da Seth. Ci aveva messo qualche secondo a realizzare che stavano comunicando e avevano deciso di
tagliarlo fuori.
Aveva chiesto a Seth
come facevano a conoscere il linguaggio dei sordomuti e Seth aveva risposto con
un secco Non è il linguaggio dei
sordomuti, se usassimo quel linguaggio, i sordi e i muti potrebbero capire cosa
ci diciamo.
Non riusciva mai a
trattenere un sorriso quando ci ripensava.
Aveva chiesto a Seth
se quindi era un linguaggio segreto che capivano solo loro due e, per un
attimo, aveva visto quell’espressione tetra dallo scontro con Mana, raddolcirsi
all’improvviso. No, in realtà c’è una
terza persona che lo comprende… ma non la sento da
anni.
«Quindi
l’appuntamento per domani è alle 10.00» riprese Hayato.
«Mh mh, Mana ha pensato di lavarsi la coscienza così» fu la
risposta di Seth.
In realtà poteva
esserci ben altro dietro. Del tipo che l’avrebbero trovata lì con Mana,
apparecchiatura già montata… ma preferì tenersi
quella considerazione per sé.
«Mystery» ripeté
Sugiya. «Mana non si smentisce mai.»
«Puoi scriverlo sui
muri» fu il commento di Seth.
Soffocò una risatina.
«Beh, se volete saperlo, io sono curioso di conoscerla.»
Seth gli rivolse uno
dei suoi mezzi sorrisi intrisi di ironia, «Se c’è una cosa che ho capito di te,
a parte che suoni la chitarra e sei un fan di Marylin Manson, è che sei curioso.»
La sezione ritmica
sbarellò quasi in terra.
Si unì alle risate,
era inderogabilmente vero.
~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~~
NOTE:
Li chiamano blocchi.
Non sono blocchi, chi li
definisce così magnanimamente non ne ha mai subito uno. Sono montagne, che improvvisamente ti ritrovi
davanti e lì per lì non sai come scalare.
Se c’è qualcosa che ho imparato in questi anni è che le montagne vanno scalate,
non aggirate.
Ma spesso non hai la forza di scalarle, allora rimandi e organizzi un
camping di fortuna alla base della montagna.
Poi ti svegli una mattina e la montagna, puff,
è sparita.
Prendete questa ff. Ci lavoro da
anni, alcuni dei files sono stati creati
all’ottobre del 2010, e da altrettanti manca poco è ferma.
Vuoi il lungo periodo di alti e bassi, vuoi che assolutamente per me
scrivere non deve essere un impegno ma un momento in cui mi rilasso…
ho dei tempi da esaurimento nervoso (e parlo dei nervi di chi mi segue,
ovviamente). Spero di farmi perdonare.
Se qualcuno se lo stesse chiedendo, no, non è un caso che la pubblichi
adesso. Ho saputo della morte di K e… sì, lo scrivere
è il modo che meglio conosco per incanalare le mie sensazioni. Non sono pronta
a lasciarlo andare, non ancora.
Già nel vecchio profilo parlavo di star scrivendo qualcosa di
completamente nuovo, è anche di questa ff che stavo parlando.
Ho delle ff in corso e non le mollo, devo solo ritrovare quella
predisposizione di animo che mi permetta di non avvelenarle con le mie
sensazioni negative.
Se sto usando questa ff come purificatore?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Avrei voluto iniziare a pubblicarla il 19, che è il giorno del mio
compleanno. Una sorta di regalo a me stessa. Poi ho improvvisamente realizzato
che è il primo mesiversario della morte di K.
Fanculo. Che è solo una parola, ma abbonda di significati.
Passiamo alla ff
… niente giapponese qui. Avete letto bene.
Il font usato per il titolo è RainDanceSSK,
quello per i nomi dei PoV Agatha.
Kaede = devo dirvelo che è il nome inventato per la compagna di Mana?
Questi sono i “miei” Moi Dix Mois.
Chi mi segue già sa che tendo ad “appropriarmi” dei personaggi e riproporli
secondo il mio istinto. Spero di non far troppi danni anche stavolta.
Avverto le fans di Mana & Company che sono la regina delle licenze
poetiche. Dovrete avere pazienza. Tanta.
Anche quella che non credete di avere. Altro che allenatore di lumache da
corsa…
Prendete i loro nomi che spaccio come reali. Lo sono? Boh!
Avete presente la frase “avrei potuto stupirvi con effetti speciali che
voi umani non avete mai visto”? Beh, ho preferito semplificarmi la vita.
Beccatevi una banalissima maschera tipo carnevale.
La buona notizia è che è già praticamente finita, mancano “solo” le
revisioni che chi mi segue ha imparato ad odiare quanto me, quindi gli
aggiornamenti saranno miracolosamente regolari…
In base a come accoglierete questo primo capitolo, deciderò l’intervallo
degli aggiornamenti.
Ho cercato di concentrare in meno capitoli possibile (e di mantenere
ogni capitolo entro le 15 pagine di word che per me è un’impresa titanica), in
omaggio alla Regina Delle 100 Parole… che, al
di là del fatto che la ff è dedicata a lei, sa che la prendo in giro perché
riesce in qualcosa che mi è totalmente precluso.
Grazie a chi è arrivata fin qui.
Al prossimo capitolo.