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Autore: I Fiori del Male    15/06/2014    4 recensioni
AVVISO: Il titolo sarà familiare a molti di voi (quasi a tutti) visto che è lo stesso di uno dei film di Inuyasha. Quel che racconterò però non avrà niente a che vedere con il film, è solo che il titolo centra perfettamente l'intera storia, almeno per me.
Vivo a Tokyo da quando ho memoria; nonostante questo non sono sicuro di appartenervi, ho la sensazione che lo scorrere del mio tempo sia differente da quello di questa città, forse addirittura di questo intero mondo. Sono in qualche modo consapevole di provenire da qualcosa come un’altra epoca e non ho la più pallida idea di come io possa esser capitato proprio qui.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo, Kagome/Sesshoumaru, Kagura/Sesshoumaru, Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III
-Sentimenti e imprevisti... o sentimenti imprevisti?–
 

Detesto le ragazze stupide. E poi, stavo solo cercando di rendermi utile.

Pensando a questo mi ritrovo di nuovo accanto all’albero sacro e sento la mia mente finire nuovamente preda di quella pacifica sensazione di familiarità. Ci giro attorno, rendendomi conto solo ora di quanto sia massiccio. Un albero secolare.

E’ autunno, anche se fa ancora piuttosto caldo, così qualche foglia cade nel momento in cui la chioma viene scossa un po’ troppo forte dal vento. Una mi sfiora il viso, andandosi a posare a pochi centimetri dai miei piedi. Decido di sedermi sotto la sua ombra, dal lato opposto della casa di Kagome, e chiudo gli occhi.

Passo qualche minuto così, senza far nulla, completamente immerso nel fruscio delle fronde, un po’ di sole sul viso. Altre foglie mi sfiorano come carezze, quelle della madre di cui non ho memoria.
Solo quando le tre stupide amiche di Kagome escono di casa chiacchierando, interrompendo quel suono rilassante, mi rendo conto di quanto tempo io abbia passato qui in realtà: il sole sta tramontando.

Tendo le orecchie e mi nascondo meglio. Cosa penserebbero nel vedermi ancora qui e quanti altri commenti stupidi dovrei ancora sentire?

- Inuyasha! – esclama qualcuno, proprio quando penso di averla scampata, e sobbalzo, sporgendomi lentamente da dietro il tronco dell’albero e ritrovandomi davanti non le tre stupide ragazzine, ma Kagome.
 
 
- Allora non è stata solo un’impressione... mi pareva di aver visto i tuoi capelli. – osservo a voce bassa, poi guardo verso la scalinata che le mie amiche stanno scendendo proprio ora. Non è il caso che mi sentano. Ma perché è rimasto?
Comunque non dice nulla, si limita a guardarmi come fossi un qualche strano animale uscito fuori dal nulla.

- Ehi, c’è qualcuno? – chiedo avvicinandomi e sventolandogli una mano davanti al viso. – Perché te ne sei andato a quel modo? –

- Non ti saresti dovuta alzare dal letto con la caviglia in quello stato. –  si limita a osservare, come se non gli avessi fatto alcuna domanda. La cosa mi irrita molto.

- Cosa c’entra questo? Rispondi! – esclamo impaziente. Mi sto stancando. Prima è  un bullo di prima categoria, poi scopro delle cose su di lui che mai mi sarei immaginata e diventa talmente gentile da portarmi in braccio in infermeria e venirmi a trovare, e adesso questo: è tornato freddo come una statua di marmo. Perché fa così? 

L’impazienza mi mette in uno stato di agitazione tale da farmi venire da piangere. La caviglia fa male, sto sentendo freddo e lui mi ignora e non mi piace essere ignorata. Sento una lacrima sfiorarmi piano la guancia prima che io possa fermarla. Dapprima me ne vergogno ma poi decido che non ne vale la pena e la lascio fare, singhiozzando piano. Resto così per un minuto che mi pare eterno, poi inizia a piovere. Fantastico, ci mancava soltanto questo!

Crollo in ginocchio mentre i singhiozzi aumentano e in qualche secondo la pioggia ha preso a tamburellarmi sulla schiena.
 
 
 
Non so che cosa fare. Tendo una mano titubante verso la sua schiena scossa dai singhiozzi.
 
- E adesso perché piangi? – chiedo.
 
- STA ZITTO! – urla. – Sei solo un cretino. – sussurra poi. – Ti avevo detto di dirmi quando avessi avuto bisogno di me. Eri a disagio e te ne sei andato senza dirmi niente! Non sai che vuol dire, fare una promessa a qualcuno? – chiede.
 
E io so che è stupido sentirsi in colpa per una cosa del genere, ma vedere lei così mi ci fa sentire e la colpa è una cosa nuova per me, che mi stringe lo stomaco in una morsa quasi dolorosa.
 
Kaede, quando ero triste per qualche motivo, soprattutto quando tornavo a casa da scuola ed ero stato messo per l’ennesima volta in punizione, mi stringeva sempre in un abbraccio, senza dire nulla. Sapeva che avevo bisogno di aiuto e quello era il suo modo di darmene. Io stretto tra le sue braccia non piangevo quasi mai, ma l’orgoglio era una mia caratteristica.
 
Quasi senza rendermene conto stringo Kagome tra le mie braccia.
 
 
 
Fa così caldo qui, tra le braccia di Inuyasha. Sono così vicina da poter sentire che la sua pelle sa di foresta. Una cosa molto strana per chi vive in città. Forse è la sua natura, una delle prove del fatto che non appartiene a questo posto, e mi piace.
Prima di rendermene conto sento la faccia andarmi a fuoco per l’imbarazzo.
 
- Va bene... mantengo la promessa e rispondo alla tua domanda. – lo sento dire. – Me ne sono andato perché... –
 
CRACK!
 
Entrambi sussultiamo e alziamo il viso a guardare verso la scalinata. Il suono del legno che si spezza. Solo in questo momento mi rendo conto che sta piovendo forte e siamo bagnati fradici.
 
- Sembra provenire dal pozzo... – sussurro, poi mi alzo e zoppico proprio in quella direzione. Inuyasha mi raggiunge proprio mentre apro la porta e scendo le scale che portano al pozzo sigillato. Mi fermo sull’ultimo gradino, incredula: c’è una crepa sul pesante coperchio in legno e attraverso essa sgorga una luce che illumina un poco la stanzetta.
 
- Che roba è questa? – chiede Inuyasha, indicando il pozzo.
 
- Mio nonno lo ha sempre chiamato “Pozzo mangiaossa”, perché un tempo lo si usava per sbarazzarsi delle carcasse dei demoni che infestavano particolarmente questa regione nell’epoca... Sengoku. – snocciolo a memoria, per una volta grata a mio nonno di avermi raccontato la storia di questo posto.
 
- Anche l’albero sotto il quale stavamo prima risale a quei tempi, si chiama Goshimboku. – aggiungo.  – Senti, immagino non sia un problema per te spostare questo coperchio. – gli dico.
 
 
 
Ovviamente con la forza che mi ritrovo è un giochetto da ragazzi, e infatti ci metto un secondo, ma quel che trovo al di sotto di quel coperchio quasi me lo fa cadere di mano:  sotto il mio sguardo sottili nuvole bianche attraversano un inequivocabile cielo azzurro, spinte dal vento, che sembra riversarsi fuori dall’apertura e circondarmi, risucchiandomi all’interno del pozzo.  Resto ad osservare quella scena per un po’, con Kagome accanto a me, ugualmente impressionata.
 
All’improvviso, qualcosa mi passa fra le gambe. Sobbalzo sorpreso e, nel tentativo di spostarmi, spingo Kagome nel pozzo.

- Aaaaaah! –
 
Le prendo la mano al volo e la sto tirando su, ma il vento si fa improvvisamente più forte e vengo risucchiato anche io.
 
Lo spazio che ci circonda ha qualcosa di simile al cielo notturno. Sembra di essere immersi nelle stelle. Sento la mano di Kagome stringersi nella mia. La guardo e sul suo viso scorgo dipinta la paura. Ha ancora le guance rosse e le labbra turgide per il pianto, ma qualcosa di lei è sorprendentemente bello anche così.
 
Scuoto la testa: che diamine vado a pensare? Ma le stringo più forte la mano, per farle capire che ci sono. E’ stato sufficiente vederla piangere una volta, per oggi.
 
All’improvviso sento il terreno sotto i piedi. Atterro senza problemi, aiutando Kagome che si trova poco sopra di me perché non cada, viste le condizioni della sua caviglia. Guardo in alto e vedo lo stesso identico cielo che si vedeva dall’imboccatura nel pozzo. Non è molto in alto l’uscita, posso portarci entrambi lassù.
 
- Sali. – le dico, indicandomi la schiena. – A me ci vuole un attimo, e la tua caviglia non è ancora guarita. –
 
Annuisce, poi fa del suo meglio per arrampicarsi sulla mia schiena senza farsi male e la aiuto. Spicco un solo balzo, sentendo le sue mani attorno al mio collo, ed è sufficiente per uscire fuori.
 
Mi sfugge spontaneamente un: - Wow! –
 
Mi guardo intorno. Un prato si estende a perdita d’occhio da ogni lato, per poi inoltrarsi più avanti in un fitto bosco. Il vento mi rinfresca il viso e lo sento immediatamente più leggero e fresco di quello della città.
 
Non credo di essermi mai sentito tanto a mio agio in un posto.
 
 
 
Guardo Inuyasha osservare affascinato il paesaggio che ci circonda. Mi ha già detto di aver sempre avuto l’impressione di non appartenere al nostro mondo, a Tokyo. Di non essere fatto per il traffico, per la vita frenetica, per il grigiore dei palazzi, e infatti vedo i suoi occhi ambra brillare molto più del solito, estasiati da questo trionfo della natura. Anche io sento la differenza con la città, c’è qualcosa di magico nel silenzio e nella purezza di questo posto, come se il tempo all’improvviso si fosse fermato.

- Ehi... – gli dico. Lui si volta di scatto, come colto a fare qualcosa che non avrebbe dovuto.
 
- Ti piace questo posto, eh? – domando divertita. Lui mi osserva per un momento senza parlare, poi annuisce.
 
- Mi sembra addirittura familiare. – risponde, sorpreso forse dai suoi stessi pensieri. – Come se io fossi già stato qui ma non me lo ricordassi con esattezza per qualche ragione. –
 
- Be... magari è uno dei ricordi che hai perso. – suggerisco. – Potrebbe addirittura essere il luogo da cui provieni davvero. – ipotizzo. Non mi risponde.
 
- E se andassimo a farci un giro? – mi propone, eccitato come un bambino alle prese con le giostre al Luna Park. E’ un’immagine che mi fa un po’ ridere e mi fa tenerezza, e vorrei farlo contento, ma ho paura.
 
- Non so... forse sarebbe meglio tornare indietro e organizzarci. Che so... una tenda per esempio, qualche provvista... –  ribatto, sperando di riuscire a convincerlo. Con mio grande sollievo annuisce e con un altro balzo riscende nel pozzo. Mi preparo mentalmente alla sensazione di non avere peso provata poco fa, ma non arriva. Inuyasha poggia i piedi sul fondo del pozzo, incredulo.
 
- Ma cosa...? – si chiede, ad alta voce. Comincia a pestare i piedi sul terreno, senza successo.
 
- Inuyasha... non mi dirai che ora non possiamo più tornare a casa? – gli chiedo, tremante. Mi aggrappo alla giacca della sua divisa tentando disperatamente di non entrare nel panico. Come faremo ora?
 
- Mi sa tanto di si. – risponde, perplesso, continuando a battere i piedi a terra. Eppure potrei giurare di aver visto un piccolo sorriso incurvargli le labbra.

 



Angolo autrice 

Ciao :)  Come ormai sono abituata a fare, mi scuso per l'enorme ritardo. Ne sono consapevole, ma sono i soliti impegni a tenermi lontana dalla tastiera :) Comunque come vedete prima o poi riesco a pubblicare, perciò se la storia vi sta piacendo abbiate fede, i capitoli nuovi arriveranno :) 

Detto questo, che ne pensate? Come credete che si evolverà la storia? :) Fatemelo sapere :) 

Un bacio, e grazie per aver letto questo capitolo :) 

 
 
 
   
 
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