Libri > Shadowhunters
Ricorda la storia  |      
Autore: Misaki Ayuzawa    15/06/2014    7 recensioni
"Con la sua teatralità, così simile a quella del padre, Tessa temeva che avrebbe potuto cominciare a girare per l’Istituto con pipa e berretto uguale a quello dell’ormai famoso detective londinese."
Un pezzetto di vita quotidiana all'Istituto di Londra.
Spero vi piaccia!
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gabriel Lightwood, James Herondale, Theresa Gray, William Herondale
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

La pericolosa curiosità di Lucie Herondale

L’Istituto era finalmente tornato silenzioso, dopo che Lucie Herondale, per un intero pomeriggio, aveva scorrazzato di qua e di là per i corridoi alla folle ricerca del padre.
Tessa era in biblioteca con James, entrambi seduti all’estremità di uno dei massicci tavoli di legno, impegnati a leggere a turno ad alta voce “Uno studio in rosso” di Arthur Conan Doyle. Il romanzo era stato pubblicato per la prima volta dieci anni prima, quando Lucie era appena nata e James aveva un anno, ma solo quel giorno Tessa aveva deciso di consegnare il volume a James. La donna, però, aveva raccomandato al figlio di non dare per nessuna ragione il libro a Lucie. Con la sua teatralità, così simile a quella del padre, Tessa temeva che avrebbe potuto cominciare a girare per l’Istituto con pipa e berretto uguale a quello dell’ormai famoso detective londinese.

Quando Tessa aveva sentito le acute grida di Lucie, era uscita dalla biblioteca, seguita a ruota da James.
Lucie stava correndo come un treno nella sua direzione, ed era stato solo per poco, se non aveva travolto madre e fratello.
“Lucie, che succede?”
“Cerco papà!” Aveva risposto con la sua squillante voce infantile.
“Tesoro,” Tessa si era inginocchiata, in modo tale che i suoi occhi e quelli della bambina fossero alla stessa altezza “papà è andato alla riunione del Consiglio. Ma tornerà tra poco.” Aveva aggiunto, lanciando un’occhiata all’orologio a pendolo del corridoio.
“Cosa gli devi dire di così importante?”
In tutti quegli anni, Tessa era rimasta uguale non solo nell’aspetto, ma anche, e soprattutto, nel suo piccolo vizio di interrogare qualsiasi essere vivente. Will spesso la rimproverava bonariamente, invitandola a smettere di infastidire Church a proposito del pesce scomparso. Il persiano non avrebbe mai risposto.
Lucie aveva scosso la testa. Non avrebbe parlato con nessuno se non con suo padre. Tessa non si era stupita più di tanto; Lucie era fatta così, nutriva un’enorme ammirazione per il padre e, a volte, soltanto questi riusciva a farla ragionare (tranne per quella volta in cui Tessa era entrata in sala da pranzo e aveva trovato la figlia legata alla sedia e Will che le teneva la bocca spalancata con una mano, mentre con l’altra le infilava in gola,  non troppo delicatamente, degli spinaci).

Mentre Tessa se ne stava in cucina ad aiutare Bridget, il tonfo del portone dell’Istituto avvisò tutti i presenti che William Herondale, direttore dell’Istituto di Londra da dodici anni, era tornato.
Quello che un tempo era stato il ragazzo solitario, sarcastico e talvolta rude, tra quelle stesse mura, ora era diventato un padre di famiglia responsabile, con la risposta pronta e l’umorismo arguto, non troppo diverso rispetto a quando aveva diciassette anni.
Tessa accolse quell’evento con più gioia del solito, dato che Bridget aveva preso a cantare la storia d’amore tra una ragazza promessa in sposa ad un nobile e un marinaio, che però aveva dovuto salpare. Neanche a dirlo, la storia si concludeva con la morte della ragazza e il suddetto marinaio che piangeva sul suo corpo esamine.

La strega era in cima alle scale, quando notò che Lucie l’aveva battuta sul tempo, stringendo con entrambe le mani la manica della giacca di Will e trascinandolo verso la scalinata.
“Papà, ti devo far vedere assolutamente una cosa!” Will sorrise, gli occhi pieni dell’amore che si può riservare soltanto ai propri figli.
“Di cosa si tratta?” Domandò Will, mentre si toglieva il capotto e posava il cappello su un tavolino in mogano lì accanto.
Lucie si guardò intorno circospetta. Stava per parlare, ma poi il suo sguardo si fermò sulla madre.
“Non te lo posso dire se c’è mamma.”
Tessa sospirò sconsolata.
Mandò con la mano un baciò a Will e ritornò da dove era venuta, non prima, però, di vedere il marito fingere di afferrare il bacio e portarselo a sua volta alle labbra. A quel punto gli occhi azzurri di Lucie vagavano dalla madre al padre; li trovava così romantici! Nella sua immaginazione, Lucie sovrapponeva il volti dei genitori a quello di Mr Tinley e Catherine de “L’Abbazia di Northanger”.
“Non mi dovevi dire qualcosa?” La sollecitò Will.
Lucie si riscosse. “Certamente, però devi venire in camera mia.”
Will seguì pazientemente la figlia fino alla stanza di questa. Qui, venne fatto sedere di fronte alla scrivania e gli venne aperto un libro di demonologia sotto il naso.
Con fare imperioso, Lucie indicò un paragrafo in particolare; un paragrafo che Will conosceva bene perché, a quindici anni, era stato quel paragrafo a renderlo talmente fissato a proposito della …
“Sifilide demoniaca!” Proruppe Lucie. “Che cosa significa? Sono incappata in questa pagina mentre leggevo della creazione dei Nascosti.”
Will prese a tremare, sudori freddi gli attraversavano la schiena.
Si schiarì la voce. Lucie aveva preso a fissarlo intensamente, in attesa di una risposta.
“Ehm, ecco … come posso spiegarti?”
In un altro contesto, Will sarebbe stato felice di parlare della sifilide demoniaca, ma non era sicuro di voler affrontare l’argomento con la figlia. Poi, un’illuminazione!
“Sifilide demoniaca, oh sifilide demoniaca,” si alzò in piedi, la filastrocca che aveva inventato anni addietro, improvvisamente gli era tornata in mente, più chiara che mai. Con un gran sorriso, continuò a cantare, ricordandosi anche il motivetto che aveva improvvisato “ma com’è che si prende? Bisogna andare nella parte malfamata della città finchè la stanchezza non ci stende.”
Lucie aveva cominciato a ridere, dopo uno stupore iniziale: amava quando suo padre recitava le proprie poesie, anche se erano orrende. “Sifilide demoniaca, oh sifilide demoniaca, io la conosco bene. No, non la sifilide, zucconi, ma questa canzone … Perché voi avevate torto, e io ragione!”
“E quindi come si prende?”
La baldanza di Will scomparve, repentina com’era arrivata. Alla fine, si limitò a dire: “E’ una malattia che si prende quando un Mondano, o un Cacciatore, sta molto a contatto con un demone.”
Lucie parve soddisfatta e Will tirò un sospiro di sollievo.
“Meno male, avevo paura che la mamma la avesse!”
Will strabuzzò gli occhi. “Assolutamente no, Lucie!”
Le paure di Lucie, pensò successivamente Will, potevano essere fondate. Entrambi i figli erano perfettamente consapevoli delle origini della madre.

“Quel Devrak pensava che sarebbe bastato inchiodarmi a terra, per mettermi fuori gioco!” Gabriel Lightwood concluse il racconto della sua caccia e tornò a dedicarsi al suo arrosto, mangiando con gusto, dopo una giornata estenuante.
“I miei complimenti, Lightworm. Farò menzione all’Enclave di dedicarti una statua d’oro zecchino, in onore dell’impresa.” Ghignò Will, sorseggiando il suo vino rosso.
Gabriel gli riservò una delle migliori occhiatacce del suo repetrorio; Will, purtroppo, non la notò, o, se la notò, non se ne curò.
“Basta, bambini.” Li rimproverò scherzosamente Cecily.
William sapeva quanto Gabriel, in tutto quel tempo, si fosse dimostrato uno degli uomini migliori dell’Enclave, e sapeva anche che Cecily non poteva essere più felice della loro vita coniugale, nonostante tutto, però, non poteva trattenersi, di tanto in tanto, di fargli qualche frecciatina in memoria del tempi andati.
“Zio Gabriel …” Cominciò Lucie, una nota sospetta nella voce. “Hai detto, per caso, che il demone ti è salito addosso?”
Gabriel cominciò a pavoneggiarsi di fronte alla nipote, sostenendo che sì, quel demone si era proprio appiccicato al suo petto!
La bambina si portò una mano di fronte alla bocca spalancata.
“Ma è terribile! Papà, lo zio si è preso la sifilide demoniaca?”
A Gabriel andò di traverso l’arrosto, mentre Will emise la sua caratteristica risata cristallina. Per un attimo, Tessa si perse nella bellezza del suono, ma poi …
“Lucie? Cosa ne sai tu, della sifilide demoniaca?”
Will avvertì il pericolo nella voce della moglie.
“Quello che mi ha detto papà! Bisogna andare nella parte malfamata della città, finchè la stanchezza non ci stende!” Recitò Lucie.
“Will! Hai insegnato a nostra figlia quella filastrocca?!”
“Poi la insegni anche a me, papà?” Si intromise James.
“Non ti preoccupare, papà, la insegno io a James!” Intervenne Lucie.
Pochi momenti, e i due bambini Herondale avevano contagiato anche i figli dei Lightwood.
Tessa appoggiò la fronte sulle mani.
“Che razza di genitori siamo?”
Will le poggiò, rassicurante, una mano sulla spalla.
“Tessa, proprio tu non dovresti essere così moralista. Tanto lo so che hai letto “Il Monaco” a dodici anni.”
Le guance di Tessa si fecero paonazze.

NdA: Il Monaco è un’opera letteraria del primo Ottocento giudicata sconveniente per la presenza di svariate scene “hot”, per quanto una scena scritta nell’Ottocento per le signore possa essere, oggigiorno, considerata hot.

  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Shadowhunters / Vai alla pagina dell'autore: Misaki Ayuzawa