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Autore: I Fiori del Male    16/06/2014    8 recensioni
Alcuni credono che il nostro mondo sia governato da un’entità superiore, che traccia un percorso prestabilito per ciascuno di noi. Altri preferiscono pensare che caos e caso regnino sovrani. Nessuna di queste ipotesi è valida per Panem, dove la vita di ognuno si regge sulle scelte e sul coraggio che si deve avere per compierle, sull’abilità di governare le fiamme, notoriamente volubili, ma capaci di grandi cose, se utilizzate con abilità e saggezza.
- Io e Haymitch ci guardiamo, non appena lui raggiunge il palco, e senza che Effie lo dica ci stringiamo la mano con gli occhi fissi l’una nell’altro. Un accordo ci unisce. - [Capitolo I]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- 15 –

[Katniss’ POV]

 
N.B. Dato che continuo a riscontrare alcuni problemi nella formattazione del testo, che viene fuori pubblicato tutto in corsivo malgrado le mie distinzioni tra questo e il testo normale per necessità espressiva, questa volta e forse anche le successive noterete del testo di colore differente. In questo caso ci tengo a precisare, per evitare che non si comprenda, che il testo in verde che troverete in questo capitolo è il racconto di un sogno.
Grazie mille per l'attenzione e buona lettura :) 
 

Corro. Inciampo su una radice e cado a terra sbattendo forte il mento. I denti stridono, un brivido passa lungo la colonna vertebrale e sento sapore di terra e sangue in bocca, ma mi rialzo in fretta affondando le unghie nel terreno, e lei è ancora lì.

- PRIM! – urlo, senza curarmi del fatto che qualcuno possa sentirmi, scoprire dove sono e uccidermi all’istante. Vedo il sollievo sul suo volto quando infine riesce a vedermi, ma è pallida e sta piangendo.  Che cosa succede? Lei non dovrebbe essere qui. Il suo posto è nel salotto al villaggio dei vincitori, accoccolata contro nostra madre sul divano, Ranuncolo a fare la guardia, acciambellato sulle sue ginocchia.

Sento Haymitch urlare, ma non capisco cosa dice, né m’interessa. Tendo una mano, ora Prim è a pochi passi da me.

Un forte calore e una luce accecante, poi qualcosa mi spinge violentemente all’indietro. Sbatto la schiena contro il tronco di un albero e mi accascio a terra. Tossisco, metto una mano davanti alla bocca e la ritraggo macchiata di sangue. Più che vederlo, ne sento l’odore.

- Katniss! – alzo lo sguardo. E’ Peeta, deve essere lui. Voglio che sia lui. Capelli biondi e occhi azzurri...  no. E’ Haymitch, e dietro di lui, dove fino a un attimo prima c’era Prim, solo la fitta oscurità.

- Aiutami a stenderla Haymitch! – sento Finnick esclamare.  – Ma cos’è stato? –

- Il campo di forza. – risponde lui. Me ne sono accorto troppo tardi, quella non era Prim, solo un ologramma. –

Il volto di Finnick compare nel mio campo visivo. Lo riconosco a malapena, ho la vista annebbiata.

- Katniss, mi senti? Va tutto bene. Chiudi gli occhi e rilassati. Hai sentito? Quella non era davvero tua sorella. -

Annuisco debolmente, mentre l’oscurità pare avvolgermi in un abbraccio stretto; fin quando l’ultima cosa che vedo sono gli occhi di Finnick, e poi neanche quelli.
 

- Katniss! –

Una voce sussurra il mio nome, ma non riesco a capire da dove venga. Sono seduta nell’erba alta del cortile della scuola, un dente di leone stretto tra le dita.
Non c’è nessuno qui. La scuola è in rovina, quasi tutte le colonne del portico sono attraversate da crepe più o meno profonde. Nell’aria c’è una forte puzza di bruciato, eppure non ho alcuna intenzione di alzarmi per vedere da dove venga. In qualche modo sento di sapere cos’è accaduto, e di non saperlo al tempo stesso. Forse l’ho dimenticato... magari intenzionalmente. Le mie gambe non vogliono muoversi. Distolgo lo sguardo dal portico per un attimo, osservando il fiore. E’ di un giallo quasi accecante, a confronto col grigio della polvere di carbone che sembra essersi posato anche su ogni singolo stelo d’erba.

Forse è per questo che non riesco a staccargli gli occhi di dosso, e questo mi ricorda qualcosa. Scavo nella mia memoria, per avvicinarmi a quella sensazione, e proprio quando sto per capire ogni cosa e distolgo lo sguardo dal fiore lo vedo lì, nascosto per metà dietro a una delle colonne: Peeta.

Lui guarda me ed io lo osservo di rimando, mentre ogni cosa attorno perde consistenza e si trasforma in una confusa macchia grigia attorno all’azzurro vivido dei suoi occhi. Mi sembra di osservare una pianta nata da una crepa nel cemento, ogni volta che incrocio il suo sguardo, provo la stessa sensazione di sorpresa e ammirazione. E’ un po’ come guardare Prim e la mamma, che in tutto questo grigiore e questa povertà sono tanto belle da sembrare fuori posto. Anche per lui è così, non posso fare a meno di chiedermi se in realtà non appartenga a tutt’altro posto e si trovi qui solo per caso.

Scaccio il pensiero che il destino possa aver designato Peeta a questo luogo solo per la sottoscritta. E’ un pensiero così egoista... eppure mi ci trovo bene. Io sono egoista. Ho accettato i baci di Peeta perché IO potessi star bene, e gli ho salvato la vita perché IO non dovessi avere rimorsi di coscienza, tornando a casa e guardando negli occhi i suoi genitori e i suoi fratelli. Anche Gale ha subito lo stesso trattamento. Accettare le sue attenzioni ha distrutto lui e gratificato me soltanto.

Eppure Peeta continua a stare lì. Non posso fingere di non sapere il perché, conosco bene i suoi sentimenti perché li posso trovare sempre riflessi sul suo volto quando mi osserva. Il fatto che io cerchi di non vedere quello che prova non cambia le cose.
­
- Katniss... –

Sento i suoi passi non proprio leggeri sull’erba. Mi sfugge un sorriso inadeguato al ricordo che segue, un Peeta goffo e rumoroso in una foresta che puzza di sangue. Due ragazzi scaraventati in un incubo ed etichettati come innamorati. No, solo io sono stata etichettata, ma è stato più come ricevere un marchio permanente sulla pelle e poi sul cuore. Perciò io sono innamorata di Peeta, ora. Nel mio modo strano e inconcludente ed egoista, ma lo sono comunque.  Me lo ricordo solo adesso.
Mi volto verso di lui quando mi arriva vicino.       

- Ciao, Peeta. –

E sorrido. Mi sono chiesta tante volte perché guardarlo o anche solo pensarlo mi facesse sorridere, ora non ho più bisogno di farmi questa domanda.

Lui si siede accanto a me. Vedo la sua bocca storcersi in una smorfia quando la protesi non vuole saperne di fare il suo lavoro, e ho una fitta al cuore perché se non fosse stato per i miei metodi sconclusionati, forse oggi avrebbe ancora la sua gamba. Già lo sento dire che, se non fosse stato per quegli stessi metodi, sarebbe morto dissanguato. Sorrido di nuovo.
- Cos’è successo? – gli chiedo d’istinto e so che mi riferisco alle condizioni del nostro distretto. C’è qualcosa in questa calma piatta che non va. E poi, quest’odore di bruciato... ma c’è qualcosa di strano anche nella mia domanda.

- Il distretto dodici è stato... attaccato. –

Capitol city. Snow. Non devo esser stata molto convincente nella mia recita di innamorata.

- E Prim? Gale? La mamma? I tuoi...? – Perché glielo sto domandando? In fondo io...

- Tutti morti. – risponde. La sua voce si è fatta così cupa che sembra provenire dall’oltretomba. Io assorbo la notizia e non urlo, ne piango. Mi sento come se in realtà lo sapessi già. Come fosse accaduto anni orsono e gli avessi solo chiesto di ricordarmelo.

- Ah, già... – rispondo, infatti. Poso di nuovo lo sguardo sul dente di leone e sento Peeta avvicinarsi, ma non lo guardo. Probabilmente vuole baciarmi in un vano tentativo di consolazione ed io lo lascerò fare perché ho bisogno di quelle labbra. Mi volto giusto in tempo per vedere il suo sguardo furioso, i denti digrignati. Sento le sue mani attorno al collo mentre mi schiaccia contro l’erba secca e polverosa.

- Come hai potuto farci questo? –

E’ vero, sono stata io, e anche questa è una notizia vecchia, e tutto questo è perfettamente naturale. Poso lo sguardo sulla mia mano sinistra, tra le dita c’è ancora quel fiore. La mia vista è offuscata dalle lacrime prima e dalla mancanza di ossigeno poi, ma inchiodo lì il mio sguardo. Voglio avere il mio ricordo personale di Peeta, non questa rabbia e sofferenza, ma l’amore che mi ha donato, la speranza che mi ha regalato quel lontano giorno fuori da casa sua. Per questo lascio che i miei occhi assorbano questo giallo vivido, fin quando tutto non sembra spegnersi attorno a esso ed è come stare nel buio a osservare la fiamma di una candela, fin quando anche quella si spegne.
 



Le mie palpebre sono sorprendentemente pesanti. Così capisco che i miei occhi devono esser stati chiusi parecchio più del solito.

- Si è svegliata! – E’ Finnick. Allungo una mano verso la sua figura un po’ sfocata mentre la mia vista si ristabilizza e riesco a vedere la piccola figura di Mags proprio accanto a lui, un sorriso stampato in volto.

- Era ora! – esclama Haymitch, da qualche parte alla mia destra, ma non riesco a voltarmi. Poi è lui stesso a entrare nel mio raggio visivo.

- Siamo quasi alla fine del tuo secondo giorno di sonno, dolcezza. Mi chiedevo per quanto avresti dormito ancora. –

- Ho dormito due giorni? – Il panico mi assale al pensiero di essere stata inerte per due giorni interi all’interno di quest’arena,  in mano a tre persone, due delle quali praticamente sconosciute.

- Sì, due giorni interi. Cominciavamo a pensare che qualcosa non andasse... ma per fortuna stai bene. –

- Possa la fortuna sempre essere a vostro favore, eh? –  rispondo spontaneamente e, mio malgrado, mi sfugge un sorriso.

- Come ti senti? –

- Pesante. – rispondo subito, e Finnick mi assicura che si tratta di una sensazione assolutamente normale, dopo esser stata sdraiata immobile due giorni. Eppure c’è qualcos’altro che non va in me, qualcosa cui, per quanto mi sforzi, non riesco a imporre un nome.

Una sorta di vuoto.

Mags continua a fissarmi e il sorriso sul suo volto è svanito, come se si fosse appena accorta di qualcosa di sbagliato. Che senta quello che sento io?
Finnick mi aiuta ad appoggiare la schiena contro il tronco di un albero, quando gli dico che mi fa male la schiena, e quando raggiungo la posizione seduta, lo stesso vuoto sembra intensificarsi. Mi viene da piangere e non so perché. E’ come se avessi perduto qualcosa di molto caro.  Che sia per il sogno che ho fatto? Provo a ripercorrerne il ricordo con la mente, e riconosco la stessa sensazione di vuoto nell’istante in cui ho deciso di lasciare che Peeta mi togliesse la vita, ma allo stesso tempo, in qualche modo, non è la stessa cosa. Decido di relegare quella sensazione in un angolo della mente. Non posso permettermi altre distrazioni.

- Quindi era un ologramma.... – sussurro. Haymitch mi ha appena raccontato cos’è accaduto due notti fa, vista la confusione nei miei ultimi ricordi.  A quanto pare, ho lasciato che le mie emozioni prendessero il sopravvento e sono finita dritta in trappola, rischiando di morire.

- Un bello scherzetto, già. – commenta Haymitch. – Senti... riesci ad alzarti? Siamo fermi nello stesso posto da troppo tempo. –

Punto le mani al suolo e con un po’ di fatica mi alzo. Mi gira leggermente la testa e il vuoto che sento si riaffaccia alla mente, attirandomi di nuovo verso terra.  Però riesco a camminare. Così raccogliamo in fretta le nostre cose e ci dirigiamo verso il lago.

Per diverso tempo, non si sente nulla a parte il fruscio dei nostri piedi e i versi di qualche uccello notturno. La sete comincia a farsi sentire per tutti, specie per Finnick che porta anche Mags sulla schiena, ma tiriamo avanti. La notte è il momento migliore per muoversi, e in una sola nottata potremmo coprire la distanza che ci separa dall’unica fonte d’acqua di questa maledetta arena.

Persa in questi pensieri, non mi accorgo subito di quel che ci sta accadendo attorno, ma poi li vedo: sembrano scoiattoli. I loro occhi, gialli come quelli dei gatti alla luce della luna, ci fissano da ogni angolo.

Riesco solo a gridare: - Attenti! – prima che, tutti insieme, ci saltino addosso.

Sono ovunque. Mi tirano i capelli, mi graffiano il viso, si aggrappano ai miei vestiti. Sento Haymitch urlare e anche un flebile grido da parte di Mags. Finnick impreca. Poi accade.
I denti di uno scoiattolo affondano nella carne della mia spalla e, come se il tempo fosse improvvisamente rallentato, sento la pelle venire strappata fibra dopo fibra, ne sento quasi il rumore.
Il dolore è insopportabile. Li sento fare versi di piacere, come quando ho inzuppato per la prima volta il pane nel cioccolato caldo, e capisco che questi mostri si nutrono di carne umana.

Corro. Non so nemmeno io dove voglio andare. Corro e mi agito e sbatto la schiena e le spalle contro i tronchi degli alberi nel tentativo di stordirli. A volte ci riesco, ma ne tornano sempre di nuovi a strappare minuscoli pezzi di carne. Sento il sangue scorrere caldo dappertutto, incespico su qualcosa e guardandomi indietro mi accorgo di essere caduta su Haymitch. Vedo due scoiattoli sulla sua schiena e glieli strappo di dosso. Si alza e corre via urlando, ma cade a terra dopo pochi passi. La vista della sua carne martoriata mi mette la nausea, così mi accascio contro un albero e, mentre ancora sento i denti affondarmi nelle gambe e nelle braccia, non riesco a trattenermi dal vomitare.

Me lo sento, sto per perdere i sensi. Proprio quando comincio a pensare che sia meglio arrendersi e lasciare che la vita vada avanti per qualcun altro, sento qualcosa martellarmi il cervello. E’ un suono familiare, acuto e ripetuto.

Ci metto un po’ per capire che si tratta di un dono da parte degli sponsor, l’aiuto prezioso di Peeta; e ne sono del tutto sicura solo quando vedo il piccolo paracadute atterrare davanti ai miei occhi.

Mi faccio forza e strappo via gli scoiattoli dalle mie braccia urlando. Apro il barattolo, lungo e stretto, e ne tiro fuori un cilindro rosso. A fatica riesco a leggere il biglietto.

Svitalo

Eseguo le istruzioni, e dal cilindro fuoriesce del fumo violaceo e denso che si spande in fretta. Sento gli scoiattoli cadere dalle mie spalle, dalla schiena e dalle gambe, e immagino che agli altri stia accadendo lo stesso. Quando, dopo pochi minuti, il fumo si dirada, lo spettacolo che mi si presenta davanti è terrificante:

Scoiattoli morti giacciono a terra ovunque, e ora posso vederne le zanne lunghe e affilate, ricoperte del nostro sangue.
C’è sangue dappertutto, alcune macchie portano dritto a Haymitch, a faccia in giù sul suolo poco più avanti, gli abiti strappati e la carne viva esposta all’aria e al mio sguardo. Vedo la sua schiena alzarsi e abbassarsi lentamente, segno che è ancora in vita. Mi volto e dietro di me c’è Finnick, riverso su Mags, che grazie a lui ha solo qualche ferita sulle braccia. Anche lui sembra essere ancora vivo.

Lottando contro la nausea e il dolore, li trascino uno per volta fino allo stesso punto, sotto i rami lunghi, sottili e pendenti fino al suolo di un albero che non ho mai visto.

Che cosa posso fare ora? Per evitare che le ferite s’infettino dovrei medicarle in fretta, questo è ciò che anni passati a osservare mia madre nel suo lavoro mi suggeriscono. Mi guardo attorno, alla ricerca di qualche pianta medica. Fortuna vuole che, a pochi passi da noi, ci sia un cespuglio a me fin troppo familiare. Il ricordo di Rue intenta a curare le mie punture di Ago Inseguitore affiora vivido nella mia mente, e sento le lacrime salirmi agli occhi, ma non le lascio uscire.

- Resta qui. – dico a Mags, l’unica abbastanza cosciente da capirmi, - Vado a prendere quelle foglie, serviranno per le ferite. – le dico, indicando il cespuglio, e lei annuisce.

Ne prendo un bel po’, perché le ferite sembrano essere tante, poi mi tolgo la giacca leggera e la maglia, restando in canottiera. Con la maglia, usando il coltello, faccio delle strisce di stoffa. Curo prima Mags, applicando le foglie sulle sue ferite e fasciando le braccia, perché ho bisogno che mi aiuti con gli altri prima che il disgusto prevalga, e così fa. Insieme, medichiamo come possibile le ferite di Haymitch e Finnick, poi lei si occupa delle mie e solo in quel momento ricordo il dolore, che avevo dimenticato nella fretta di curare gli altri, ma me lo dimentico di nuovo quando sento il cannone per ben due volte. Atterrita, controllo che sia Haymitch sia Finnick respirino ancora.

- Mags... nei due giorni in cui ho dormito, quanti sono morti? –

Lei alza dieci dita. Dieci persone già morte, due proprio ora. Dodici in meno in quattro soli giorni. La maggior parte sarà sicuramente morta nel raggiungere la cornucopia, lontana com’era. I favoriti saranno certamente ancora vivi, poi ci siamo io, Mags, Finnick e Haymitch. Probabilmente anche Johanna Mason è ancora viva. Al momento la mia mente non riesce a ragionare abbastanza da fare il punto della situazione, così mi guardo attorno. Di certo quel che rimane della notte non lo passerò a dormire, non su questo terreno intriso del nostro sangue e ricoperto di piccoli cadaveri.
 
Il mio sguardo intercetta il barattolo scarlatto che ci ha salvato la vita. Sospiro pensando all’impegno che Peeta sicuramente avrà messo nel procurarcelo e proprio in quel momento sento di nuovo il bip di un altro paracadute che, con precisione estrema, atterra appena fuori dalla tenda di rami sotto cui ci troviamo.
 
Striscio fin lì, lasciandomi sfuggire qualche smorfia di dolore. Questa volta il barattolo è più piccolo, piatto e argentato. Ne svito il coperchio, trovandovi dentro una strana crema arancione.
Sorrido. Questa è certamente per le ferite. Ne spalmo un pochino sul braccio tanto per verificare, e il sollievo si sente quasi subito.
 
- Grazie, Peeta! – Sussurro, e non riesco a fare a meno di sorridere. Non m’importa che gli sponsor possano offendersi, che loro facciano qualcosa o no io prima o poi morirò qui dentro, Snow non mi lascerà uscire. Con questo pensiero torno sotto l’albero. Mags osserva curiosa il barattolo che ho tra le mani. Le mostro la ferita sul braccio che già si sta richiudendo e sorride, porgendomi le sue braccia.
 
Srotolo le bende e tolgo le foglie ormai inutili, per poi spalmare con cura la crema. Mags sospira di sollievo, mi guarda e sorride. Ci occupiamo prima di Haymitch, e quando finalmente riusciamo a curare tutte le sue ferite, comincia a svegliarsi. Mentre lui riprende coscienza ed io gli racconto cos’è accaduto, Mags si prende cura di Finnick, ed anche lui si sveglia dopo poco.
 
Passate un paio d’ore, si riprendono perfettamente, lasciandomi pensare che quella crema serva ad altro oltre che alla sola cura delle ferite, però restiamo dove siamo. Il lago è ormai vicino e possiamo permetterci di attendere almeno il sorgere del sole.

Mags si sta occupando delle ultime ferite di Finnick sulle braccia, quando comincia a cantare, a bassa voce.  E’ solo una melodia, senza alcuna parola che la accompagni, forse tipica del distretto quattro.
 
La notte pare rischiararsi al suono della sua voce, ma poi realizzo che siamo alle prime luci dell’alba. E’ come se fosse la sua canzone, come una magia, a invogliare il sole nella sua ascesa e, anche se solo per un attimo, dimentico la natura del posto in cui mi trovo.

Non c’è dolore, non c’è paura, ci siamo solo noi, la canzone di Mags e il sole che sorge.

Poi quel dolce suono all’improvviso s’interrompe ed io, che stavo osservando i rami ondeggianti al vento, mi volto di scatto. Uno stormo di uccelli vola rumorosamente via dalle fronde di un albero vicino e i nostri occhi restano tutti puntati sul dardo che sbuca, ricoperto di sangue, dal cranio di Mags.




*Angolo Autrice*

Ciao a tutti :) Grazie per aver letto il capitolo 15 di "what if". Lo so, ho impiegato tanto per pubblicarlo. La causa è sempre la solita e ormai mi sono arresa all'idea di non poter avere nemmeno un po' di pace in tal senso... spero comunque di non avervi delusi. Non ho alcuna intenzione di interrompere la storia, perciò, per quanto i tempi siano non proprio veloci, sappiate che comunque ogni volta il capitolo successivo arriverà. Credetemi, se potessi li farei uscire più in fretta, ma proprio non posso. 

Come al solito, vi invito a dirmi quel che volete con una recensione :) Voglio sentire il vostro parere, anzi ne ho assoluto bisogno! :D 

Un bacio enorme e... passate a leggere la nuova Flashfic di MatitaGialla, la mia super Beta Reader ;)  

 
 
 
 
 
 
 
   
 
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