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Autore: Fujikofran    16/06/2014    1 recensioni
La storia è lo sviluppo, adrenalinico e da leggere tutto d'un fiato, della già edita su EFP "Episodio 0.0", ideata da Monicasuke e scritta da Fujkofran. La storia ora pubblicata è invece stata interamente scritta da Monicasuke, con parziale editing di Fujikofran. L'autrice ne ha autorizzato la pubblicazione.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ideata e scritta da Monicasuke. Editing parziale di Fujikofran

- Parla, sporco traditore!!!... Per chi lavori?... -        
- Io.... n... non so di... cosa.....-            
- A si, eh?... -      
-Calma, Fred!... Allora, Damien.... Sei un ragazzo ragionevole e intelligente, vero? Sai che non vale la pena morire per nascondere nemici della "famiglia", non in questo modo, amico mio! Sono sicuro che in questo istante preferiresti un bel colpo secco di pistola, magari in fronte! Ti dirò di più: mi dispiace perdere un elemento come te, eri il mio preferito, ma sei stata una tremenda delusione. Allora, ricominciamo... Con chi ti sei alleato? Magari la paga è migliore o cosa? -        
- Io... n.. non so di ch... che parli.......Lasciatemi… per  f- favore!.. -. 
Un uomo corpulento ben vestito fece cenno a Fred di continuare mentre impassibilmente, si accendeva un sigaro osservando la scena:  un uomo legato per i polsi appeso ad un gancio, seminudo, che pendeva dal soffitto, terribilmente pestato a sangue, sfinito, e naturalmente, Fred che continuava a picchiare duro, infischiandosene dei suoi lamenti, munito di tirapugni e non solo. Un altro uomo si avvicinò ai due, accompagnato da una bellissima ragazza bionda.             
- Bene bene... Vedo che avete iniziato! Come va, caro Damien? Ti piace il nostro trattamento? Questa è la lezione che merita un traditore come te!!-   disse con un ghigno, guardando negli occhi l'uomo        
- Io… n… non sono un tradi-tore... T..tu e quella.... p..puttana!!!... Me la p... - non finì la frase che venne colpito con tale rabbia e violenza da lasciarlo senza respiro. Per la prima volta in vita sua non aveva mai desiderato la morte come in quel momento, Fred ci sapeva fare in quel genere di cose, usando svariati mezzi di tortura. Aveva sempre avuto una gran sopportazione al dolore, ma stavolta era troppo, anche per uno come lui. Decisero di fare una pausa, non per pietà ovviamente    
- Pensatela, amico! Ci vediamo più tardi! -      
Rimase da solo. I polsi gli dolevano tanto da non riuscire più a resistere, il corpo martoriato dalle botte e quella ferita alla spalla che lo faceva impazzire, per di più, provocata dalla la sua stessa pistola: una Smith & Wesson modello 19 Combat Magnum calibro 357. Un rumore appena percettibile. Cercò di alzare la testa per rendersi conto di cosa o chi fosse ma non riusciva, tanto era debole e sfinito. Improvvisamente un tonfo: lui che cascava sul pavimento. Non riuscì neanche ad urlare di dolore. Si sentì trascinare da qualcuno, ma non riuscì a vedere o riconoscere la sua faccia. Il dolore che si faceva sentire sempre di più. Degli spari, poi più nulla.
Si svegliò nel cuore della notte agitato e sconvolto, quell'incubo era diventato oramai ricorrente. Si mise a sedere sul letto e prese una sigaretta accendendola, sperando che lo rilassasse. Istintivamente, si portò una mano sulla spalla destra. Quella cicatrice orribile lo riportò alla realtà di circa tre anni prima, una realtà che sperava di dimenticare, di cancellare definitivamente dalla sua memoria. Invece no; quei momenti erano sempre nitidi nella sua mente, attimo per attimo. Riusciva a ricordarsi anche il dolore fisico delle torture subite, la sua donna nelle braccia di un uomo che credeva un amico e quella revolverata che per poco non gli fece perdere di l'uso del braccio. Fortunatamente, era soltanto un brutto ricordo, era vivo per merito di qualcuno che neanche sapeva neanche chi fosse; era vivo e questo contava, poi, il resto, era tutto da dimenticare. Era solo questione di tempo: la sua vita, il suo passato e il suo nome, Damien Jones. Si alzò e andò a sciacquarsi il viso con acqua fredda, si guardò allo specchio, cercando di riconoscersi come un uomo nuovo. Qualche cicatrice sul volto era ancora visibile, ma impercettibile, la più vistosa era nascosta da una folta barba, che aveva fatto crescere, un po’ per camuffare quella cicatrice e un po’ per cambiare il suo aspetto.
- Ciao, Sonny!-   
- Ciao! Non puoi sorridere ogni tanto, invece di entrare con quella solita espressione da funerale? -   
- Dammi il solito!- 
Sonny sospirò, prendendo una bottiglia di bourbon e gliela porse  
- Scusa, non ti dispiace servirti da te, vero? E' un tale manicomio qui ed io devo fare tutto da solo! ARRIVO! E UN MOMENTO! -  
Fece un impercettibile gesto col capo, si versò il whiskey bourbon e ne bevve un sorso per poi girare e rigirare il bicchiere in mano, con lo sguardo perso in quel liquido ambrato. Buttò giù tutto d'un fiato il rimanente whisky e posò il bicchiere sul bancone. 
- Scusami, amico.... ma qui è così...dovrei decidermi ad assumere qualcuno se non voglio finire in manicomio! -     - Non preoccuparti, Sonny! -  disse a bassa voce senza alzare lo sguardo   
- Ehi, Jigen! Ma perchè non ti trovi una ragazza?-    
- Lo sai che non me la cercherei mai una donna, neanche se me la raccomandasse il Padreterno! -     
- Fa’ come ti pare! Ma non fare mai di tutta l'erba un fascio! - 
Pagò la sua consumazione e uscì. 
Sonny Keller era l'unico suo amico fidato. Fu come un padre per lui, dato che lo vide crescere, prendendosene cura quando lui aveva soltanto quattro anni, tirandolo fuori, poi, da un orfanotrofio. C'era sempre stato, Sonny, anche se disapprovava in pieno lo stile di vita che Jigen aveva imbroccato. Non l'avrebbe mai abbandonato neanche in quella circostanza, dandogli un posto sicuro dove rifugiarsi da quando era scappato dalla sua "vita" passata. Gli era stato in particolar modo vicino quando,"qualcuno", lo portò in ospedale in condizioni pietose con contusioni varie, qualche costola rotta e parecchie lesioni al volto, tanto da subire un intervento ricostruttivo alla mascella e uno alla spalla, tutto causato da un violento pestaggio. Era preoccupato e non poco, lo vedeva sempre chiuso in se stesso, taciturno e dissociato da tutto. Non doveva essere stata una bella esperienza, quella. Era provato e si vedeva. Chiunque lo sarebbe stato, persino un uomo del suo calibro.
Entrò come al solito al K-Bar, il locale di Sonny, e si avvicinò al bancone  
- Ciao, Sonny, mi dai il solito? -    
- C…come?.... scusi?... - alzò il viso di scatto incuriosito da quella timida voce femminile rimanendo ad osservarla, rimanendo particolarmente colpito dalla bellezza del suo volto ed i suoi occhi verdi e intensi  
- Ehm…cosa devo darle, signore? -    
- Ah... Ehm... un bourbon... un whisky bourbon...doppio, per favore!-    
- Ecco... - rispose timidamente la ragazza cercando di nascondere l'imbarazzo ma con scarsissimi risultati.
Infatti, non poté fare a meno di arrossire, mentre versava il whisky in un bicchiere per poi porgerglielo.             - Sei nuova, da queste parti? Non mi sembra di averti mai vista! - disse l'uomo con un tono basso e pacato           - Sono italiana, è da poco che mi sono trasferita da queste parti! -              
- Ah... e... Sonny ti ha assunto... qui?... -     
- Si, ho iniziato stasera! - rispose la ragazza abbozzando un sorriso. 
Jigen sorseggiò il bourbon, non riuscendo a scollare lo sguardo da quella ragazza dall'aria timida e gentile 
- Ti troverai bene qui: Sonny è una brava persona! - disse accendendosi una sigaretta tirandone una boccata per poi espellere una nuvola di fumo. 
La spense subito vedendo la ragazza tossicchiare e si scusò.  
- Grazie, lei è molto gentile! -           
- Di niente - disse pagando. Abbozzò a malapena un sorriso e uscì.    
Sonny lo aveva osservato tutto il tempo, per la prima volta lo vide dialogare con qualcuno e per di più una ragazza, era un buon segno. Anche la ragazza sembrava incuriosita, l'aveva osservato tutto il tempo, forse attratta dal suo impeccabile look in giacca e cravatta o dal cappello nero calato perennemente sugli occhi, tanto da dargli quell'aria affascinante e misteriosa allo stesso tempo. Ritornò a casa dopo aver fatto una passeggiata, si sedette sul divano fumandosi un'ultima sigaretta prima di andare a dormire lasciandosi andare, buttando all'indietro la testa socchiudendo gli occhi. Aveva ancora in mente il volto di quella ragazza dal'aria fresca e pulita. Ne fu incuriosito, o meglio, attratto, e non poté negare a se stesso una forte voglia di rivederla.
-Eva, li servi tu quei signori al tavolo? Io vado a prendere un po’ di cose dal magazzino! -         
- Si certo, non preoccuparti, Sonny! - rispose la ragazza prendendo il vassoio pronta per dirigersi ai tavoli. 
Sentì il tintinnio della porta: un altro cliente che entrava.   
- Buonasera!-  
Si voltò di scatto riconoscendo quella voce roca dal tono basso. Si bloccò. Sentì di nuovo salire quella sensazione di imbarazzo appena lo vide, tanto che inciampò in una sedia sbattendo rumorosamente a terra   
- Ehi! Ti sei fatta male? - disse preoccupato precipitandosi per soccorrerla.    
-La... caviglia!... AHI! -    
- Appoggiati a me! - 
La ragazza si aggrappò a lui, lamentandosi per il forte dolore  
- Siediti qui - si chinò davanti a lei, dopo averla fatta sedere 
- Devi stare attenta, ragazzina, con quei trampoli, rischi di romperti l'osso del collo! Vorrei tanto sapere che diavolo ci trovate in questi tacchi così vertiginosi, per di più devono essere pure scomodissimi! - le disse con  un duro tono di rimprovero, iniziando a slacciare delicatamente la fibbia del sandalo, pronto ad ispezionare la caviglia per assicurarsi che non ci fosse nulla di rotto  
- No... no... mi fa male!!... Ahia... La prego...non... - piagnucolò lei       
- Sta’ zitta e soprattutto, sta’ ferma!!-  
La ragazza iniziò a rilassarsi, mentre le sue mani iniziarono a muoversi sicure ma delicate sulla sua esile caviglia, rimanendo ad osservarlo.    
- Va meglio, ora?-  le chiese, accennando appena un sorriso  
- Si…si... un pochino... grazie! - rispose arrossendo leggermente di fronte quello sguardo severo oscurato dalla tesa del cappello.   
- Cos'è successo? Ho sentito un botto e... -  irruppe Sonny preoccupato   
- E' caduta.... ma niente di grave, non preoccuparti! Fortunatamente, il suo bel vassoio era vuoto, altrimenti coi bicchieri si sarebbe fatta male sul serio! -    
- Va’ a casa, riposati! Non puoi lavorare così! -    
- Ma… io sto... -    
- No, cara… non preoccuparti di nulla, penserò a tutto io! Jigen, l'accompagneresti a casa? Io non posso lasciare i clienti da soli, capisci? -     
Jigen rimase perplesso guardando l'amico.        
- Prendi le chiavi, la mia macchina è lì fuori! -     
- Cosa?.... Io... non... - farfugliò la ragazza. 
- Non preoccuparti!... Sembra così, ma è un bravo ragazzo, fidati!! Lo conosco da quando era un mocciosetto alto così... ehehhe! -    
- Sembro così?!... Cosa sembro?-    
- Uno scorbuticone arcigno!-                    
- Ma... ma.. non sono così! -    
- Siiii, come no… sei un gran simpaticone, sempre con la battuta pronta e il sorriso stampato sulla faccia!-     lo prese in giro Sonny. Non rispose per rispetto della ragazza che sorrideva sotto i baffi, ma irrigidì a quella battuta.               
- Ok!Ce la fai a camminare? -     
- Non... non lo so, posso provar... -     
- Va bene, ci penso io! - 
La interruppe Jigen prendendola in braccio senza neanche farle finire la frase. La ragazza istintivamente s'aggrappò a lui mettendogli le braccia intorno al collo. Non le dispiacque, in fondo. Sentì sfiorarsi il braccio dai suoi folti capelli scuri lunghi sulle spalle e l'essenza della sua colonia dal profumo piacevolmente fresco e deciso.  - Sonny, ti sarei grato se mi aprissi la porta-    
- Si, certo... Aspetta! –
La fece sedere in macchina, chiuse lo sportello e si diresse al lato guida.   
- Dovresti deciderti a cambiarla questa vecchia carretta! Magari con una bella fuoriserie! - disse parlando della vecchia fiat 128 verdone dell'amico. Sonny sorrise. Era tanto tempo che non gli sentiva fare una battuta. La ragazza lo osservava mentre guidava, incuriosita da quell'aria severa e cupa  
- Beh? Che c'è? ti faccio paura?-          
- N…no niente...No… no, perchè dovrebbe?- rispose imbarazzata.   
- No no... era solo… così per dire, una domanda sciocca, tutto qui!- rispose sorridendo.
Quella domanda gli venne spontanea, in fondo era stato sempre guardato come uno che incuteva solo timore e basta. Addirittura, una volta si sentì chiamare "uomo nero" da una madre i cui bambini si erano avvicinati a lui curiosamente, allontanandoli. Non aveva mai dato una buona impressione di sè, eppure non aveva mai osato fare del male a nessuno, figuriamoci a dei bambini.
- Come ti chiami, ragazzina? -    
- Io? -   
- E certo! Non mi sembra ci sia nessun altro, no? -    
- Eva... Mi chiamo Eva!... E…lei? -    
- Oddio! Ancora! Non darmi del "lei", ti scongiuro! Jigen, Daisuke Jigen. O semplicemente Jigen, per gli amici -     rispose con un mezzo sorriso, cercando di essere il più confidenziale e cortese possibile per metterla a suo agio. Prese una sigaretta dalla tasca interna della giacca ma non l'accese, ricordandosi improvvisamente che lei non sopportava il fumo.        
- Dove abiti? -              
- A due isolati da qui!-  
- Mmh, bene! -   
- Non mi va proprio di chiudermi in casa! Da sola mi annoierei a morte! -   
- Cosa? -    
- N..no niente... io... non... - farfugliò imbarazzata, rendendosi conto di aver pensato ad alta voce. 
Jigen non poté trattenere una risata, sebbene contenuta.           
- Certo che sei strana, Eva! Se vuoi fare un giro per me va bene! - 
Sterzò improvvisamente, prendendo una stradina scoscesa. La ragazza gli lanciò un'occhiataccia
- Non guardarmi così! Non  sono un maniaco, fidati di me! -   
- Cosa?... Ma se neanche la... cioè, volevo dire, ti conosco! No! -                    
- Bene! -            
- Bene cosa?-    
- Ecco... Siamo arrivati!... Ti piace? Che te ne pare? -  
Rimase ad ammirare quello spettacolo mozzafiato: una piccola baia dove si poteva ammirare il mare illuminato dalle luci di Manhattan. Un sorta di piccolo paradiso terrestre.  
- E'... favoloso! -         
- Vero?-    
- Di’ la verità: le porti tutte qui le ragazze che vuoi conquistare? -   
- Ma che vai a pensare? A dire la verità, tu sei la prima... Questo posto è una specie di… segreto! Vengo qui quando ho bisogno di starmene da solo!-         
- Non sei il tipo a cui piace la compagnia, o sbaglio? -    
- No, infatti, non ti sbagli - rispose tirando una boccata dalla sigaretta che teneva tra le labbra, ma invano.            - Ma che...diamine… -  
- E' spenta! La tua sigaretta è spenta!-  disse ridendo divertita la ragazza.   
- Ah! Ehm... me lo ero completamente scordato! -   
Posò la sigaretta nel portacenere.   
- Allora, Eva... Hai detto che sei italiana, se non ricordo male... -       
- Si! Sono venuta in America per realizzarmi! Ho tanti di quei sogni nel cassetto!- 
"Coraggiosa, la ragazza", pensò lui mentre rimase a guardarla, affascinato dal suo sorriso.  
- Ma tu… non lo togli mai il cappello? Posso? - chiese improvvisamente lei sorridendo.   
- C-cosa?.. Io?-   
Rimase immobile, mentre la ragazza allungò titubante una mano e lentamente glielo tolse adagiandolo sul sedile posteriore. Finalmente poté guardarlo negli occhi, fino a che una ciocca di capelli non gli cascò sul viso coprendoli parzialmente. Jigen sentì una forte sensazione di improvviso imbarazzo, come se i loro ruoli si fossero invertiti. Rimase a guardarla fisso negli occhi e lei lo ricambiò perdendosi in quello sguardo intenso e magnetico, rimanendo in silenzio entrambi. Istintivamente, avvicinò il suo viso a quello della ragazza. Rimase qualche secondo fermo a pochi millimetri fino a che, incoraggiato dal fatto che lei non si tirò indietro, incominciò a sfiorarle le labbra. La ragazza le dischiuse timidamente corrispondendo quel gesto, e a lui parse strano il fatto che una ragazza dall'aspetto dolce e timido come lei, si lasciasse andare con un tipo come lui. Sapeva ancora di whisky, mescolato al forte sapore di nicotina, e quel suo sapore le piacque (nonostante non sopportasse il fumo), trovandolo piacevolmente eccitante, provocandole un brivido lungo la schiena. Dapprima, fu un bacio dolce, tenero, per poi trasformarsi pian piano in un bacio più passionale. L'abbracciò stringendola a se, provando un forte desiderio. Lei si abbandonò, lasciandosi andare alle sensazioni che la invasero non pensando più a nulla, fino a che lui si rese conto di andare troppo oltre e improvvisamente la respinse. Ritornò ad essere chiuso, asociale. Scese dall'auto senza dire nulla e si accese una sigaretta per rilassarsi chiudendo gli occhi per cercare di calmare quell'improvvisa sensazione che lo invase facendogli perdere quasi il controllo di se stesso. Lei rimase ad osservarlo, non capendo cosa fosse successo, il perché di quella improvvisa reazione, come se qualcosa l'avesse bloccato improvvisamente, e si pentì di essersi lasciata andare in quel modo, con uno che in fondo, non conosceva affatto. Jigen rientrò in auto e mise in moto rimanendo in silenzio, teso in volto e nervoso.   - Cosa c'è? - azzardò a chiedere lei.                          
- Niente! - rispose secco e distaccato, mentre si riprendeva il cappello conficcandoselo nervosamente sul capo    - Ho fatto o detto qualcosa che... -            
- Ti ho detto che non è successo niente! E adesso finiscila con le domande, ti porto a casa! -  
Ci rimase male, domandandosi perché si fosse innervosito in quel modo. L'accompagnò a casa, aiutandola a scendere dalla macchina e se ne andò via, senza neanche scomporsi per salutarla.  
Posteggiò l'auto, Sonny lo vide entrare.                  
- Bene! Tutto a posto, Jig... -    
- No! Tieni le chiavi e buonanotte! -  
- Ma che ti succede? -   
- Niente! Solo che non mi va che tu mi combini gli appuntamenti galanti! Non ci provare più!- disse nervosamente andandosene via e sbattendo la porta, noncurante dei clienti del locale, che rimasero a guardarlo con una strana curiosità. Sonny rimase a guardarlo perplesso.             
- Ma che diavolo gli prende? -
Rientrò a casa, tolse giacca e cappello e si sedette sul divano, non prima di aver preso una bottiglia di whiskey ed un bicchiere. Si tolse la pistola dalla cintura, la rigirò un po’ fra le mani, giocherellandoci, e la posò sul tavolino, rilassandosi e allentandosi la cravatta. Si versò del whiskey che buttò giù tutto d'un fiato e si accese l'ennesima sigaretta ripensando continuamente a quella ragazza.    
- Che cazzo mi salta in mente? E' mai possibile che dopo tanto tempo che non tocco una donna mi butti così a capofitto su una mocciosa? Mi devo essere rincoglionito parecchio ultimamente! Bah!-.   
Finì tutta la bottiglia, buttò indietro la testa e si addormentò dimenticandosi totalmente della sigaretta accesa che teneva in mano finendo così per bruciarsi.  
-PORCA MISERIA! - urlò a denti stretti scuotendo via il mozzicone che gli cadde addosso bucando il pantalone. Si alzò in piedi barcollando, tenendosi la testa che sentiva pulsare dal dolore e decise di fare una doccia per far passare la sbornia provocata dal whiskey. Iniziò a spogliarsi, facendo una gran fatica a reggersi in piedi e si diresse nudo in bagno. Aprì l'acqua della doccia, aspettando che si riscaldasse e si guardò allo specchio.     
- Che aspetto orribile che hai, Jigen! Proprio brutto... -  disse a se stesso notando i suoi occhi stanchi e arrossati per via della sbronza e la barba incolta che iniziava a farsi vedere su collo e baffi, costatandone con il dorso della mano la lunghezza. Si spalmò della schiuma da barba sul volto ed iniziò radersi collo e baffi.   
- AHI! Dovrò decidermi a frequentare un barbiere! -   
Si guardò allo specchio dopo aver finito, per vedere se aveva fatto un buon lavoro; di certo, si era tagliato più volte prima di arrivare a conclusione. Si spuntò il pizzetto e si diede un'ultima occhiata prima di andare sotto la doccia. Un altro urlo accompagnato da imprecazioni varie: si dimenticò di miscelare il getto dell'acqua, finendo così per scottarsi. Lo regolò e si rilassò finalmente sotto l'acqua a temperatura giusta. Andò a letto addormentandosi subito. 
   
 
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