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Autore: Mushroom    17/06/2014    12 recensioni
Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'After the fire'
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Titolo: After the fire (I'll be with you)
Fandom: Supernatural
Pairing: Dean/Castiel
Words: 2819/30k+ 
Genere: Generale, Romantico
Rating: PG-13
Warnings: AU, fluff, (sorta, diciamo che di tanto in tanto degenera in) (credo) monologo interiore, mentions of past codependency, mentions of drugs abuse, rescue of kittens, cliché, un numero esorbitante di riferimenti al canone più o meno palesi e un numero esorbitante di richiami a Mistery Spot più o meno palesi, ooc-ismi, Dean Winchester è una ragazzina, Dean Winchester ha sul serio lavorato su se stesso, maltrattamento di fiori

Prompt: Dean è un vigile del fuoco e salva la vita a Castiel. Niente di strano, salvare le persone è il suo lavoro. Eccetto per la parte in cui si risveglia in ospedale, Castiel dorme nella poltroncina a fianco al suo letto e non è più chiaro se sia stato Dean a salvare Castiel, o Castiel a salvare Dean. (Lasciato dalla bellissima Noruwei)
Chapter: 1/?

Note: Oneshot che inizialmente doveva essere di 4k, poi è arrivata a 20k e adesso boh, sto solo continuando a scriverla XD Tecnicamente è quasi finita, praticamente sono assorbita dalla maturità e non ho il tempo di finirla. Data la lunghezza, la sto pubblicando a capitoli. Cose che dovrei dire in merito: idealmente la AU prende un contesto basato sulla ottava stagione, quindi su Dean che ha lavorato su se stesso *indica i warning sopra* sul serio, e idealmente inizia a lavorare come vigile del fuoco dopo eventi speculari a quelli della quarta stagione. Ma è una AU con riferimenti al canone, quindi divertitevi a trovarli

Il titolo e gli avvertimenti sono a caso

Partecipa all'iniziativa Chapters Challenge @fiumidiparole 

 

 

 

Poiché ognuno deve essere salato col fuoco, e ogni sacrificio deve essere salato col sale

Marco 9:49

 

Dean odia gli ospedali.

In una certa misura, potrebbe essere un controsenso. Anche prima di iniziare a lavorare – perché insomma, i viaggi all'ospedale sono un po' la controindicazione del suo mestiere, quella piccola clausola alla fine del foglietto illustrativo che potrebbe non presentarsi ma che puntualmente arriva, come la dannata sonnolenza dopo un analgesico – non gli ha mai tollerati. Ma non è come se non ci fosse già finito abbastanza volte da completare la tessera punti fedeltà, quindi può accettare di aprire gli occhi nella stanza asettica di un pronto soccorso qualsiasi.

Bobby lo ucciderà. Decisamente. Non vede l'ora di subirsi i suoi sguardi da quanto sei stato irresponsabile e il suo discorso se lo fai di nuovo ti licenzio. Sono grandi classici. Non se ne stuferà mai.

Prende un piccolo respiro, sbattendo le palpebre, il suono di qualcosa – Dean non è attaccato a un macchinario e non si tratta di un macchinario, grazie a Dio, però è qualcosa – nell'orecchio. Ci mette un po' a capire che quel qualcosa è un respiro. Che il respiro appartiene a un tizio. Che c'è un tizio – uno sporco di fuliggine e di polvere – che dorme nella poltroncina dell'ospedale. Un tizio che non ha mai visto.

Ecco. Questo è strano.

Dean non sì è mai risvegliato per trovare qualcuno al suo fianco. Certo, c'era stato Sam, tanto tempo prima, quando erano ancora fratelli e per merda come quella si sarebbe precipitato di corsa lì per lui, urlando come la ragazzina che era e rompendogli le palle perché Sam doveva avere un dannato dottorato nel rompere le palle o robe del genere. Chiude gli occhi. La maggior parte dei giorni preferisce non pensare a stronzate simili.

Poi il tizio si muove, e il respiro diventa uno sbuffo. Dio, deve essere uno scherzo. Il tizio apre gli occhi (Blu. Molto blu) come se per un attimo non fosse certo di capire dove sia o chi sia Dean, e increspa la fronte.

«Chi diavolo sei?» Dean parla impastando le parole e con uno strano sapore sapore in bocca.

Il tizio invece lo guarda dritto negli occhi, senza emettere suono. Ha un taglio sulla guancia, le labbra strette in una linea sottile. Per qualche motivo, lo mette a disagio. Come se non fosse solo strano. Come se fosse sbagliato.

«Sono quello che ti ha afferrato e salvato»

La parola strano, in quel momento, raggiunge nuovi picchi di significato.

(«Castiel. Il mio nome è Castiel»)

__

 

Castiel, come ogni buon stalker che si rispetti, continua a tornare. Dean non ha ancora capito esattamente chi cazzo sia, o che cosa voglia da lui.

Il medico dice che rimarrà in osservazione per qualche giorno, che ha preso una botta alla testa e che Dean deve stare a riposo. La cosa potrebbe farlo impazzire in tempi brevi, anche perché non ha molto da fare a parte gironzolare per il corridoio trascinandosi dietro l'asta della flebo e lamentarsi di quanto faccia schifo la roba delle macchinette.

«Credo che lei sia una persona fortunata, sa?» gli dice l'infermiera il giorno dopo, e Dean non ha la più pallida idea di che cosa intenda «È rimasto qui tutta la notte» continua, come se spiegasse tutto e Dean sapesse perfettamente di cosa sta parlando.

«Chi?»

L'infermiera fa un sorriso: «Il ragazzo in trench coat» dice, intendendo qualcosa che Dean decide di ignorare perché a) è inquietante, b) non conosce quel Castiel e c) è inquietante.

Apparentemente spiegare che un tizio sbucato dal nulla è rimasto tutta la notte in pronto soccorso per un altro tizio di cui non sa nulla risulta difficile, quindi decide di non dire niente. Dean non è bravo in queste cose. Rotea gli occhi e finge di non vedere il sorriso che l'infermiera gli lancia quando esce dalla stanza.

Castiel ritorna nell'orario visite.

Questa volta ha il trench coat pulito, gli occhi meno stanchi e niente fuliggine sui cappelli. Sembra diverso dalla notte prima, ma Dean non saprebbe dire in che modo, a parte l'essersi apparentemente rasato e fatto una doccia. È la seconda volta che lo guarda in faccia. La prima senza che qualche cazzo di medicinale comprometta le sue già non brillanti facoltà mentali.

In ogni caso, non si fida. Non si fida di uno così, uno strano che veste un trench coat e ti ho afferrato e salvato un grande cazzo, okay? Dean è un dannato vigile del fuoco. Salvare le persone è il suo lavoro; e in ogni caso, non ha bisogno di essere salvato da qualcuno. In più il trench coat è inquietante, e glielo dice.

«Tecnicamente è un overcoat» Castiel strizza un poco gli occhi, ed è l'unica espressione che gli abbia mai visto fare. Rimane lì, fermo ai piedi del suo letto, e per un attimo Dean si chiede per qualche motivo sia tornato. A meno che non stia sviluppando davvero un qualche tipo di ossessione per lui ma hey, va bene, sa di essere carino ma non così carino, è inutile che lo guardi in quel modo.

Castiel stringe una mano, Dean coglie il movimento con la coda dell'occhio senza neanche sapere perché (e il perché è che forse è incuriosito da questo tizio che non muove un muscolo e rimane tutta la notte – continua a pensare non sia normale – e lo guarda strano), poi gli alza di nuovo sul suo viso.

«Grazie» sillaba lentamente, sporgendo un po' il viso in avanti, con una serietà che lo farebbe ridere se si trattasse di una persona diversa. Invece Dean apre e chiude la bocca e oddio «Davvero, amico. Chi diavolo sei?»

Sbatte le palpebre «Castiel»

«No – no» Dean si umetta le labbra, poi le stringe «Quello l'ho afferrato. Voglio solo capire cosa sei»

Sembra perplesso. Grazie al cazzo, Dean. Non puoi andare in giro a chiedere alla gente cosa è; però puoi sempre chiedere che diamine vogliano da te, e va bene comunque.

Ma Castiel sembra capire, in qualche modo. Scrolla le spalle «Mi hai salvato. L'incendio di due giorni fa» prende un respiro «Sei tornato dentro per cercarmi e sei finito qui per farlo»

Dean deglutisce. Improvvisamente la stanza diventa più piccola e ha un tuffo allo stomaco, qualcosa che gli fa mancare il respiro.

«Quando sei stato colpito, ti ho afferrato prima che cadessi. E portato fuori»

Rimane un attimo in silenzio, valutando l'opzione di ridere. Ma non lo fa. Fissarsi sembra essere il loro nuovo sport preferito. Potrebbero vincere qualche medaglia, se solo esistesse la competizione appropriata. Castiel piega la testa, quasi aspettando che Dean parli, adesso, quando in realtà non ha proprio niente da dire.

Lieto che il tizio che ha salvato (o da cui è stato salvato) sia andato a trovarlo. Urrà per loro, lancio di coriandoli e fine della parata «Potevi semplicemente mandare dei fiori» sbotta, e grazie a Dio l'orario di visita finisce.

__

Il giorno dopo, Castiel è di nuovo lì.

Questa volta Dean è addormentato, e Castiel non è ai piedi del letto. Sta seduto nella poltroncina, un completo nero sgualcito e una cravatta blu storta che Dean si ritrova a fissare senza nessun motivo.

«Ti piace veramente tanto spiare le persone mentre dormono, vero?»

Castiel lo guarda.

Dean sbuffa «Stamboide» tra i denti, e sa che per una cosa del genere Sam gli avrebbe dato una gomitata e l'avrebbe guardato male, perché urg, Dean, un po' di educazione. Ma Sam non è lì e lui può fare quel cazzo che gli pare comunque, quindi amen.

Fa una smorfia, sistemandosi contro lo schienale rialzato del letto.

«Non volevo disturbare» dice alla fine, le mani in grembo e il busto in avanti, come se potesse essere capace di aspettare un'altra notte pur di non disturbare. Per quel poco che sa di lui sarebbe anche possibile, e Dean non vuole scomettere sul'ostinazione del tizio in trench coat. «Hai il sonno agitato» aggiunge, ed è un po' come se fosse incerto se dirlo o meno. Fantastico. Ora si interessa anche di come dorme. Sempre più assurdo. Senza parlare dei fiori sul comodino.

Fiori sul comodino.

«Perché cazzo ci sono dei fiori sul mio comodino?»

Castiel continua a guardarlo, alzando le sopracciglia come per dire sul serio? «Perché li hai richiesti»

Dean non riesce a trattenere il sorriso che viene dopo, anche se non vorrebbe, anche se vorrebbe continuare ad essere tutto difensivo e sulla ora te ne puoi anche andare, perché le persone che tira fuori dalle case in fiamme non sono sempre lì per dire grazie, per guardarlo strano o guardarlo strano mentre dorme. A dire la verità, le persone che tira fuori dalle case in fiamme tendono ad avere un crollare e urlare e poi sparire, ma non se ne fa un dramma. Non ricorda neanche i loro volti, in effetti. E poi c'è questo qui. Questo di cui sa solo il nome e niente cognome, che gli porta dei fiori perché forse non è in grado di riconoscere uno scherzo. Il mondo è strano.

«Per dire grazie» specifica Dean allora, passandosi una mano sulla faccia «Generalmente le persone mandano un biglietto, o dei fiori, o entrambi»

Castiel sembra pensarci. Per un attimo rimane in contemplazione della cosa, alzando gli occhi e aggrottando la fronte, come se il pensiero fosse particolarmente ostico da elaborare «Le persone sono strane» decide infine, con solennità «E i fiori stupidi»

«Ci puoi giurare»

__

 

Dopo di questa, Castiel non si fa vedere per un paio di giorni.

Da un lato, Dean è quasi felice che sia andata così. È liberatorio, ecco. Non vuole che qualcuno sprechi il suo tempo solo perché si sente in debito verso di lui. Sempre che Castiel si senta in debito; sempre che non sia Dean quello a doversi sentire in debito, o qualcosa del genere. Dall'altro lato, non ricordava che l'ospedale fosse così noioso, o che le macchinette avessero roba così schifosa. L'infermiera – che si chiama Lory ed a cui Dean non ha ancora dato il suo numero – chiede di Castiel. Sembra dispiaciuta. Dean sbuffa, perché col diavolo che ne vuole sapere qualcosa.

I fiori nel frattempo appassiscono. Non è un gran dramma.

Charlie scopre che è in ospedale solo dopo che Castiel smette di venire. Lo chiama al telefono da Topeka, si lagna su come Dean sia un idiota, su come prima o poi si farà ammazzare e sulla nuova edizione limitata delle riproduzioni del Signore Degli Anelli «Sono un furto» borbotta «Ma almeno amazon ha la spedizione veloce»

Dal lavoro non ha notizie. Immagina che ci siano state questioni burocratiche da sbrigare (Bobby ne sarà stato dannatamente entusiasta) e qualche incendio domestico. Niente di più. In effetti, Benny e quel coglione di Ash vanno a trovarlo, gli fanno delle battute che avrebbe preferito non sentire e «Ma poi che fine ha fatto il tizio che ti ha portato fuori?»

Questo è Ash. Fa sempre le domande più strane. Probabilmente da dove viene lui i bambini vengono educati male.

Dean mugugna un «Perché dovrei saperlo?» e la questione non viene più tirata fuori.

Quando se ne vanno, Lory porta via i fiori.

__

Castiel arriva a dieci minuti dalla fine dell'orario di visite, di sera. Il corridoio è semideserto, Dean sta pensando di dormire finché non riuscirà ad uscire da quel posto di merda, perché o quello o si suididerà dalla noia.

E Castiel lo guarda. Dean lo guarda di rimando. Si guardano a vicenda.

«Sei in ridardo» dice infine, sembrando un po' offeso. Come se avesse un motivo per esserlo. Come se gli importasse. Però quelle poche volte che Castiel era andato a trovarlo sembrava farlo. Sembrava importargli. Dean si ucciderebbe prima di pensarlo, prima solo di osare considerare una cazzata del genere.

«Ho portato altri fiori» suona come una giustificazione, anche se non ne ha bisogno.

Si guardano, ancora. Dean sogghigna «Se hai intenzione di comprare il mio amore, i fiori non sono la strada giusta»

Castiel alza gli occhi al cielo. Dean sorride, ma di nascosto. Pensa di raccontarlo a Sam. Anche se l'avrebbe preso in giro a vita perché fiori, andiamo, anche Dean l'avrebbe preso in giro a vita, ma per un attimo l'idea di far ridere Sam lo fa ridere a sua volta, almeno finché non si rende conto di non ricordarsi più com'è far ridere suo fratello o ridere con suo fratello. Stringe le labbra. Castiel è a un respiro di distanza.

«Oh, porc – cristo, amico, comprati una campanella»

__

Il giorno dopo, Dean viene dimesso. Castiel è di nuovo lì.

Inizia a pensare che non si libererà mai di lui «Che ci fai qui?»

Castiel ha le chiavi di una macchina in mano, e lo guarda come se Dean fosse incapace di intendere e di volere. Idiota. Non lo conosce neanche. «Non avevi un numero di emergenza»

Dean alza entrambe le sopracciglia.

«Ho solo pensato che ti servisse un passaggio»

E in effetti, per quanto gli roda ammetterlo, a Dean serve un passaggio. Ha ancora addosso il pigiama dell'ospedale, un urgente bisogno di una doccia e nessuna idea su come arrivare a casa. Accettare non può essere la fine del mondo. Però invece dice: «Sei venuto fin qui solo perché non avevo nessuno da chiamare?» e se ne pente immediatamente. Poteva farla semplice, un sì o un no. Ma nella sua vita le cose non sono mai state semplici, c'è un motivo per cui non ha un numero di emergenza, per cui quando gli succede qualcosa non c'è nessun recapito da informare.

In più Castiel aveva smesso di venire. Si erano chiariti. Grazie e addio.

E vederlo fuori dall'ospedale, per quanto stupido possa sembrare, lo rende immediatamente reale. Castiel, in quel momento, con il sole sui capelli e le labbra tirate, sembra vero.

«Sei incredibile» soffia Castiel, e il mezzo sorriso che segue – no, si corregge, il sogghigno, sta sogghignando – riesce a infastidirlo.

Dean deglutisce. 'Fanculo. «Solo per questa volta»

Un'altra volta però non ci sarà mai, non vuole che ci sia. Il pericolo, quando continui a vedere le persone, è che queste finiscono per piacerti. Tutto normale finché sono Benny o Charlie o persone che possono essere amiche. Ma ha paura di farsi piacere questo Castiel, anche se di lui sa solo il nome e che guida una macchina di un colore merdosissimo.

Durante il tragitto, cala il silenzio. Di tanto in tanto Dean indica dove svoltare, ma niente di più, e Castiel esegue, meccanicamente, mentre Dean osserva le sue dita scorrere sul volante alla svolta successiva, i polpastrelli sullo sterzo mentre si rimette in carreggiata.

Castiel – Dean non lo sta pensando, non davvero, non ha neanche pensato di poterlo pensare – ha delle belle mani. Alza gli occhi, si schiarisce la voce. «Perché sei tornato?» guarda da un'altra parte, fuori dal finestrino, possibilmente, sentendo qualcosa formicolare dietro la nuca che lo spinge a passarci sopra una mano.

Attende finché Castiel non sbuffa. Qualcosa che può significare un credevo che ci fossimo passati sopra ma anche un davvero? che fa chiedere a Dean quando abbia iniziato ad interpretare in questo modo cose come uno sbuffo. Oppure era solo incazzato. Castiel aveva l'aria di uno incazzoso.

La voce di Castiel si abbassa «Sembrava ne avessi bisogno» scrolla lievemente le spalle, guardando dritto in avanti, e Dean ha un brivido.

«Le persone non fanno le cose solo perché altre ne hanno bisogno»

Silenzio. Castiel svolta a sinistra. Sono quasi a casa.

«Se volevi solo ringraziarmi o, non so, fare qualche cazzata come sdebitarti, sappi che ci sei ampiamente riuscito»

Quando la macchina accosta sul vialetto nessuno dei due ha più aggiunto niente. Castiel ha continuato a guardare la strada, Dean ha finto con se stesso di non starlo assolutamente fissando e di non star assolutamente facendo pensieri su quelle mani. Cristo Iddio.

Per qualche motivo rimangono qualche secondo in silenzio, la macchina in folle e il motore spento. Dean vorrebbe scendere e dire addio, è stato bello. Addio, finalmente. E che i fiori erano brutti. Perchè rosa, poi? Chi è che compra fiori rosa a un altro uomo? Castiel, apparentemente, che stringe le nocche sul volante e non guarda Dean, come se fosse troppo intento a pensare ad altro per dire addio, ma se gli addii non sono reciproci allora non funzionano, allora non mettono mai fine a un cavolo.

«No, Dean» infine, Castiel parla. Lentamente, evidenziando il suo nome. Lo dice strano, quel Dean. Qualche volta Castiel parla semplicemente strano, più del solito, come se scegliesse le parole. Come se cercasse di esprimere qualcosa senza saper bene come fare «L'ho fatto perché volevo farlo. Ti sono grato ma questo è... » si ferma e ora lo guarda, dritto negli occhi, e a Dean manca un po' il respiro «Non è sdebitarsi, capisci? Credevo solo che fosse giusto»

Dean vorrebbe ridere. Giusto. Questo qui fa qualcosa perché gli sembra giusto. Scuote la testa e sogghigna «Ci stai provando con me, per caso?» sbuffa, ma la risposta non la vuole. Si slaccia la cintura di sicurezza e apre lo sportello.

«Grazie» dice «Di tutto. Di avermi afferrato e quelle stronzate lì» e poi «Addio, Cas»

Castiel gli fa un cenno con la mano, guardandolo dal basso verso l'altro.

La macchina riparte.

Ed è tutto.

   
 
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