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Autore: Vals Fanwriter    18/06/2014    1 recensioni
Clarence/Hunter | Fluff, Commedia, Slice of Life, Missing Moment | OS
Dal testo: "Tuttavia, ad un’occhiata più attenta, il piccolo si rende conto che non sono due orecchie lunghe e sottili, quelle che il batuffolo bianco ha sulla testa. Sono a triangolo, sono le orecchie di un gatto, leggermente nascoste dalla peluria folta e arruffata.
Si ritrovano l’uno di fronte all’altro, lui ed Hunter. Il gattino si ferma e lo scruta sospettoso. Hunter si ferma e lo guarda estasiato, costringendo sua madre a fermarsi con lui.
"
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Piccola premessa: So… A qualcuno avevo promesso questa cosa, non ricordo quanto tempo fa, e stamattina mi sono svegliata e ho deciso di scriverla per due motivi: primo, perché… beh, leggete la dedica; secondo, per una certa frase che, se sarete attenti, saprete riconoscere, nonostante sia tradotta in italiano. Me l’hanno proprio imboccata col cucchiaino questa shot! E quindi, buona lettura, gente. Enjoy. **
 

 
A Nym e ad Artù.
Sì, anche ad Artù.
Buon compleanno, padrona.
 

mih
 



La luce aranciata del sole bagna le strade di Westernville, come fosse un velo dorato caduto dal cielo e accompagnato dal vento, a posarsi sull’asfalto. Hunter vi cammina sopra e tiene la testa bassa, osservando il modo in cui la sua ombra si allunga dinanzi a lui, come una proiezione distorta di se stesso. Sua madre gli stringe la mano, ma non troppo forte, perché, in fondo, sa che Hunter è un bambino a modo, cresciuto con un’attenta educazione, e che non oserà allontanarsi dai suoi genitori. Suo padre lo rimprovererebbe e Hunter ha imparato che stare al proprio posto è molto meglio che vedere suo padre privarlo dei suoi giocattoli preferiti.

Tuttavia, quella sera, Hunter è stanco e annoiato, più di quanto non lo sia di solito, quando, insieme ai suoi genitori, si reca alla villa ora di quel collega, ora di quell’altro. Gli è stato detto che sarebbe stata una visita di pochi minuti, che avrebbe potuto far compagnia ai figli del signor Thompson, ma nessuno dei due dettagli si è rivelato veritiero. Suo padre ha perso ore e ore a discutere di argomenti che lui, in quanto bambino di sei anni, non ha nemmeno trovato il coraggio di provare a capire. Oltretutto, non ha trovato degli amici con cui passare il tempo, nei figli del signor Thompson. Il più piccolo aveva almeno due anni più di lui e non si è preso nemmeno la briga di accompagnarlo nella cameretta dei giochi. È stato costretto a rimanere seduto sulla sua sedia per tutto il tempo, provando a combattere la noia osservando il giardino fuori dalla finestra e il cielo che cambiava colore man mano. Le lamentele non erano ammesse nella famiglia Clarington; se suo padre aveva da discutere di affari importanti, lui doveva stare buono, in silenzio e al suo posto. Hunter ha avuto l’impulso di piangere, più volte, ma la consapevolezza che sarebbe servito soltanto a far arrabbiare suo padre lo ha convinto a rimanere in silenzio.

Finalmente, ora, stanno percorrendo la strada verso casa e Hunter ne sarebbe felicissimo, se non fosse che la discussione non si è ancora conclusa. Sua madre sta dicendo la sua, in proposito, e l’unica cosa che Hunter ha la possibilità di fare è sbuffare lievemente e sperare che casa loro non sia oltremodo distante. Se non che qualcosa di fugace e bianco rompe la sua noia e lo costringe a sollevare lo sguardo e a seguire la sagoma simile ad un batuffolo, che zampetta e saltella lungo la strada. In un primo momento, Hunter è tentato dall’afferrare la camicetta della mamma, tirarla e dire: “Mamma, c’è il coniglietto bianco di Alice.” Il coniglietto bianco che porta in un posto dove non ci si annoia mai, in un posto pieno di fiori colorati che parlano, di bruchi sapienti e di gatti che appaiono e scompaiono. Forse, se lasciasse la mano di sua madre e lo rincorresse, si ritroverebbe proprio in quel mondo e non dovrebbe più preoccuparsi delle riunioni di lavoro di suo padre. Potrebbe divertirsi ogni giorno.

Il batuffolo fa dietro front. Sembra confuso, come se avesse perso la strada. Hunter ragiona su quel particolare, mentre le voci dei genitori fanno da sottofondo ai suoi pensieri. Magari, non si ricorda dove ha scavato la sua buca e non riesce più a tornare nel Paese delle Meraviglie, pensa. Ma intanto lui avanza e la nuvoletta bianca – appena un po’ sporca di terra, ma comunque bianca – gli va incontro. Le sopracciglia di Hunter sono inarcate e quasi raggiungono l’attaccatura dei capelli per lo stupore. Lo sentirà parlare tra poco, gli chiederà indicazioni, gli chiederà se per caso ha visto la sua buca. Tuttavia, ad un’occhiata più attenta, il piccolo si rende conto che non sono due orecchie lunghe e sottili, quelle che il batuffolo bianco ha sulla testa. Sono a triangolo, sono le orecchie di un gatto, leggermente nascoste dalla peluria folta e arruffata.

Si ritrovano l’uno di fronte all’altro, lui ed Hunter. Il gattino si ferma e lo scruta sospettoso. Hunter si ferma e lo guarda estasiato, costringendo sua madre a fermarsi con lui.

‹‹Miao~››

‹‹Hunter, tesoro, perché ti sei fermato?››

Anche la voce di suo padre è scemata, lasciando il posto solo alla domanda di sua madre. Hunter non solleva lo sguardo dal micio bianco, ma comunque solleva il braccio destro, rimasto immobile lungo il suo fianco fino a poco prima. Indica il gattino, ma non risponde.

‹‹Mi- Miaooo~››

Ad ogni miagolio basso, le labbra del bambino si incurvano di più in un piccolo sorriso, la nuvoletta bianca che mette una zampetta avanti all’altra per avvicinarsi a lui. Hunter cerca di chinarsi e di raggiungerlo per lasciare una carezza su quel pelo che sembra così soffice alla vista, ma sua madre gli tira la mano costringendolo a raddrizzarsi.

‹‹Hunter. Potrebbe avere le pulci.››

E quello fa più male ad Hunter dell’aver passato un intero pomeriggio ad attendere che il tempo passasse, senza che nessuno lo considerasse. Finalmente alza lo sguardo e getta un’occhiata delusa e triste, prima a sua madre, poi a suo padre.

‹‹Ma è piccolo. E ha fame. Secondo me, ha fame.››

Implora suo padre con lo sguardo, perché, in fondo, lo sa che è lui il vero scoglio. Se suo padre dirà di no, non potrà opporsi, ma se dirà di sì, forse potrà stare insieme a quella nuvoletta bianca anche per sempre.

Lo vede sospirare e passarsi una mano sugli occhi, quando Hunter tira leggermente fuori il labbro inferiore. Lui sa che il bambino non è solito fare capricci, non gli è permesso farne, perciò, probabilmente, quell’espressione che ha in volto è sincera. Rimane in silenzio ad alternare lo sguardo tra suo figlio e il gattino, che ora si sta grattando un orecchio, stringe le labbra, pensieroso e serio, ma, alla fine, fa un passo in avanti e si abbassa sulle ginocchia a prendere la bestiola in braccio – gli sta in una mano, a dirla tutta, tanto è piccolo.

‹‹Gli faremo un bagno prima, poi potrai accarezzarlo quanto vuoi e dargli da mangiare.››

Hunter si trattiene con tutte le sue forze dal saltellare dalla gioia e, quanto più composto riesce ad essere, dice: ‹‹Grazie, papà!››

Sua madre, però, non è ancora convinta del tutto.

‹‹Sei sicuro, caro?›› domanda.

L’uomo scrolla leggermente le spalle e osserva il batuffolo spelacchiato che ha tra le mani.

‹‹È solo un gatto. Non potrà dare poi tanto fastidio.››
 

 
***
 

 
‹‹Clarence. Vieni subito qui, Clarence.››

Il gatto persiano dal pelo candido e vaporoso avanza sinuosamente sulla moquette e si ferma dinanzi ad Hunter, come se avesse percepito distintamente il suono del suo nome e si fosse sentito realmente chiamato in causa. Osserva il suo padrone dal basso all’alto e così fa anche l’altro, le mani posate sui fianchi con fare severo e autoritario.

‹‹Spiegami›› dice, come se il gatto potesse farlo davvero, e solleva un braccio per indicare il libro a terra, capovolto, con qualche pagina strappata sparsa intorno. ‹‹Mi serviva quello, sai?››

‹‹Miiih~›› pigola con dolcezza e innocenza la nuvola di peli bianchi.

‹‹Non puoi che essere stato tu, dolcezza, quindi è inutile che fai la gatta morta con me.››

‹‹Miaaoo~››

Clarence fa qualche passo avanti, credendosi furbo forse, ma Hunter conosce le sue tattiche. Di sicuro, cercherà di farsi perdonare reclamando carezze e facendo le fusa contro la sua gamba, un po’ come un bambino che fa una marachella e poi tira fuori l’aureola, ma il ragazzo è più furbo di lui e così fa un passo indietro, per rimettere un po’ di distanza tra lui e la bestiola, e il gatto difatti si immobilizza, come comprendendo che la situazione ormai si sia fatta critica.

‹‹No, signorino, sono davvero arrabbiato con te stavolta. L’hai fatta grossa.››

‹‹Fuuuuuhhh~››

‹‹Niente salmone per te, stasera.››

‹‹Fuuuuuuuuuuuuuuuuhhh~››

Clarence pare indignato, quando si volta e sgattaiola via da lui, con la coda dritta dritta per la stizza. Il ragazzo allora sospira, rilassa le spalle, rimaste rigide per i nervi tesi, e borbotta tra sé e sé, scuotendo la testa:

‹‹Più cresco e più continuo a parlare con gli animali come se fossero persone vere e proprie.››
 




 

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