Fanfic su attori > Robert Downey Jr
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Autore: MrsSomerhalder    18/06/2014    1 recensioni
Durante il soggiorno per la prèmiere del film Sherlock Holmes, Miley Sullivan incontrerà l'attore Robert Downey Jr. La parte problematica di quell'uomo quasi perfetto porterà subito la ragazza a legarsi a lui, ma l'amore impossibile che sboccerà tra i due cambierà le vite di entrambi.
"Che ruolo stai interpretando, Robert? L'attore famoso infatuato della cameriera?" dissi, facendo per andarmene e lui mi trattene per il polso.
"Se mi proponessero una parte del genere, non l'accetterei." rispose con la sua solita ironia pungente, "Solo che adesso non sto recitando." concluse serio e con gli occhi lucidi.
"Non complicarti la vita con me."
"Le complicazioni sono il mio forte." sorrise, tirandomi a sè.
"Sarai la mia rovina, Robert Downey Jr."
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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"Jordan, amore di mamma, vieni quì." "Io arrivo." sorrise, correndomi incontro. Gli misi il cappellino e lo presi in braccio, per poi uscire dal nostro vecchio appartamento nella periferia di Detroit con la valigia alla mano. Portai poco e niente di quel che restava della mia vecchia vita. Decisi che avrei dimenticato il passato e dato un futuro felice al mio splendido bambino di quattro anni. Ero rimasta incinta a soli diciannove anni. Suo padre era scappato via qualche giorno dopo e i miei genitori mi avevano sbattuta fuori di casa nonappena li informai della gravidanza. Ero una vergogna per loro e lo ripeterono costantemente, mentre mi facevano uscire dalla porta principale. Sola e senza un soldo, andai a vivere da mia cugina finchè, un paio di mesi dopo il parto, non trovai un lavoro e potermi guadagnare da vivere. Dovetti far fronte ad una vita piena di sacrifici e rinunce, ma guardando lo splendido viso dell'angioletto che mi dormiva accanto, riuscì a sopportare tutta la sofferenza per il suo bene e non fargli scontare il prezzo dei miei errori. "Vedrai che ti piacerà la nuova casa." promisi senza fondamenti, con un pò di preoccupazione. Dopo esser stata licenziata, fui costretta a trasferirmi a New York e lasciarmi alle spalle quel niente che avevo della mia conclusa adolescenza. Fu proprio mia cugina a trovarmi il posto di lavoro come cameriera presso l'hotel Palace e non potei rifiutare, dopo tutto quello che aveva fatto per me. Avrei condiviso un piccolo appartemento con una collega, Kate. Non conoscevo lei nè tanto meno l'abitazione, ma avevo poco da obiettare. Sarebbe andato bene così com'era, fino al giorno in cui avrei avuto la possibilità di offrire a mio figlio una vita migliore. "Io posso una camera per me?" domandò con gli occhi che brillavano e fu uno schiaffo in piena guancia dovergli dire di no. "Non ancora, ma ti prometto che l'avrai molto presto. Ti amo più della mia vita, lo sai vero?" "Mamma anche amo io." disse, sbadigliando per il sonno. Erano le sei di mattina, il volo con destinazione New York sarebbe giunto di lì a due ore circa. Fuori dall'appartamento ci aspettava il taxi, il quale ci portò dritti all'aeroporto. La creatura angelica dai capelli dorati e gli occhi color acquamarina si era addormentata dolcemente fra le mie braccia. Non avevo visto mai niente di più perfetto. Nonostante, tranne la tonalità delle iride, fosse identico a suo padre lo sentivo esclusivamente mio. Era la parte migliore di me e mi aveva sconvolto l'esistenza, nel bene e nel male. Comprai un caffè forte e un cornetto alla marmellata, per poi sedermi in attesa che chiamassero il volo ND4691T delle otto in punto. Assaporai ogni singolo boccone di quella delizia che non potevo più permettermi da tempo, ma per quella circostanza feci uno strappo costoso alla regola. Mentre sorseggiavo l'aroma amaro di quel caffè, mi soffermai a pensare alla mia famiglia. Da quando Jordan era venuto alla luce, ci avevano fatto visita una sola volta e anche in quell'occasione mi riservarono solo ingiurie e rimproveri. Durante tutti i nove mesi della gravidanza mai una volta mi avevano chiamata per chiedermi come stavo. Mi ritrovai appena diciannovenne a tenermi da solo tutto il peso sulle spalle e la responsabilità di un neonato. Mia cugina, allora ventiquatrenne, faceva quel che poteva per minimizzare i miei sforzi per mandare avanti la baracca, ma duró ben poco quell'oasi di tranquillità che avevamo creato. Le difficoltà si fecero rapidamente sentire e il desiderio di una vita propria si fece largo nel cuore di Jane, tanto che fui costretta nuovamente a dover provvedere da sola ad entrambi. Dovetti fare da madre a me e a Jordan. Non trascorse mai una notte in cui al pianto del bebè non si unisse il mio. A stento riuscii a raccimulare i soldi per comprare latte e pannolini, evitando spesse volte di mangiare. L'idea di una possibile vita sentimentale l'avevo del tutto abbandonata. Jordan e il lavoro mi portavano via le forze e quel poco tempo che potevo avere a disposizione. Pregai che il lavoro a New York mi avrebbe permesso di mantenere uno stile di vita più consono ad un bambino e ad una giovane madre single. Riponevo tutte le mie speranze nella città dove i sogni si avveravano. "I passeggeri per il volo diretto al Fitzgerald International Airport..." incominciò una voce dall'altoparlante. "Gate 8." ripetei distrattamente, riprendendomi dalla tranche. Arrivando all'entrata del gate, porsi i due biglietti alla donna di fronte a me e mi addentrai faticosamente nel tunnel che mi portò fuori dall'edificio, fin davanti l'aereo. Feci per trasportare il bagaglio a mano sulle scalette, sempre con Jordan in braccio, quando un ragazzo dal volto gentile mi offrì aiuto. "Posso aiutarti a portare la valigia?" sorrise prontamente, guardando mio figlio dormire beato. "Grazie mille, davvero." Lessi ancora una volta sulla carta d'imbarco dove dovessimo sederci e infine trovai i posti. Erano centrali nella fila di sinistra, accanto al finestrino. "I nostri posti sono quì, grazie ancora per il tuo aiuto." dissi mettendo a sedere Jordan. "Che combinazione, anch'io siedo quà." "Oh! Bene." sorrisi sorpresa. "Io sono Michael, piacere." mi porse la mano, aspettando che la stringessi. "Miley." ricambiai la stretta. Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che ebbi a che fare con le avanche dell'altro sesso e probabilmente ero arruginita, ma sembrava che quel ragazzo moro dagli occhi magnetici ci stesse provando con me. Feci sedere Jordan tra noi due e, tenendogli la testa, incanalai in una piacevole conversazione con Michael. "Viaggio di piacere?" domandai infine, dopo avergli raccontato qualche particolare della mia vita. "Si e no. Diciamo che il mio lavoro mi procura anche viaggi di piacere." "E che lavoro fai?" domandai perplessa e incuriosita al tempo stesso dalla sua risposta. "Scrivo per un giornale di critica cinematografica." "Ah però, molto interessante." "Si, è un lavoro che mi piace molto. Adesso mi occupo del seguito di 'Sherlock Holmes' e devo prendere parte alla convention con gli attori principali." "Quindi puoi incontrare sempre le stelle di Hollywood, che fortuna!" ammisi con un pò di invidia. Io neanche lontanamente avrei potuto sognare di incontrare un divo del cinema mondiale. Il massimo che avrei potuto ottenere era guardare la replica del film che avrebbero trasmesso in televisione, anni dopo l'uscita al cinema. "Ti piacerebbe assistere ad una convention?" "Scherzi? Sarebbe il massimo." risposi retorica, spiazzata dal semplice fatto che lo avesse anche pensato. 'Ovvio che mi piacerebbe, che domande!' pensai fra me e me. "Magari potresti venire con me, non mi sarebbe difficile ottenere un pass." Rimasi a bocca aperta dalla sua proposta. Ora ero fermamente convinta che ci stesse provando. "Parli come se fossi un pezzo grosso, ma a vederti sembri solo un ragazzo. Hai fatto carriera in fretta, eh?" sorrisi schernendolo. Ipotizzai anche che mi stesse solo prendendo per i fondelli. "Lavoro per mio padre, quindi è naturale che abbia avuto un pò più di 'fortuna'." "Ora mi spiego tutto. Il massimo che mio padre ha fatto per me è stato buttarmi fuori casa." azzardai, pentendomene un attimo dopo. Non avrei avuto intenzione di parlare del mio privato con uno sconosciuto e quell'affermazione mi sarebbe costata molto cara. Fortunatamente lui non fece altre domande. "Allora, vuoi venire?" replicò caparbiamente. "Mi piacerebbe, davvero, ma domani comincerò dei turni sfiancanti e nel poco tempo libero a disposizione dovrò occuparmi di Jordan." feci spallucce, rassegnata ad una completa vita di rinunce. Sarebbe stato un sogno prendere parte a quell'evento e vedere dal vivo gli attori del sequel di Sherlock Holmes. Così, almeno per una volta, avrei potuto avere una vita diversa. Normale.
  
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