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Autore: CinziaBella1987    18/06/2014    2 recensioni
Giulia e Jacopo e la fine di un amore. Dieci anni insieme e poi ognuno per la sua strada, senza rimpianti, solo con un post-it giallo attaccato sul frigo. Ma può un amore forte concludersi chiudendo tutto negli scatoloni per il trasloco?
DAL TESTO:
"Giulia era zenzero e cannella, un metro e sessanta di riccioli scuri con un sorriso disarmante e un’allegria innata; era riuscita a grattare la superficie del muro che copriva Jacopo e ne aveva scoperto l’essenza. Per la prima volta, lui aveva sentito di potersi lasciare andare, riuscendo persino a ballare con lei al centro della pista, in discoteca. Giulia gli era entrata dentro come un uragano e aveva scombussolato tutto, proprio come fa il vero amore, che arriva e ti travolge senza lasciarti il tempo di considerare ciò che è giusto e sbagliato."
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Zenzero e cannella

Jacopo non avrebbe mai pensato che sarebbe finita così: quindici scatoloni ben impacchettati e tutta la sua vita degli ultimi dieci anni poteva dirsi accantonata. Si era messo di buona lena dalle sette di mattina, aveva disfatto cassetti, svuotato la parte dell’armadio a lui riservata e tolto tutti i suoi cd dalla mensola in salotto.
Tutto era stato accuratamente riposto negli scatoloni, anche il suo cuore e i suoi progetti per il futuro.
Giulia se ne era andata due giorni prima, approfittando del ponte del due Giugno per partire per la Grecia con le amiche e lasciando a lui soltanto un post-it sul frigo: “Ho lasciato la mia copia delle chiavi al portiere. Chiudi tutto tu. –G.”
Era così che finiva la loro storia, con un biglietto giallo scritto con la grafia disordinata di Giulia, nemmeno il tempo di dirsi un ultimo addio, che magari poteva ancora essere un arrivederci.
D’altronde, secondo lei, non avevano più niente da dirsi: se già avevano condiviso tutto, se già si erano appartenuti, cosa poteva ancora succedere?
Il loro amore si era consumato, bruciato, vissuto e, secondo Giulia, non c’era altro da aggiungere.
Eppure, Jacopo se li ricordava bene gli occhi innamorati di Giulia, dieci anni prima:

- Voglio stare sempre con te – Gli aveva detto.Sempre era durato soltanto dieci anni, un tempo in cui lei avrebbe voluto costruire qualcosa di più, magari sposarsi e coronare quel sogno dell’arrivo all’altare con l’abito bianco ma Jacopo aveva continuato a rimandare, perché “per sempre” è un sacco di tempo, che bisogno c’era di fare tutto di fretta?
E allora Giulia aveva dovuto accontentarsi di andare a convivere: un appartamento in centro, in una città in cui di notte le insegne luminose dei bar aperti sembrano astronavi era tutto ciò che di rassicurante poteva garantire Jacopo, come se la convivenza fosse poi così diversa dal matrimonio.
A conti fatti, forse era stato meglio così.
Un ultimo giro in casa, per vedere se aveva dimenticato qualcosa ed eccola lì, la foto che inesorabilmente diede il via allo sciabordare dei ricordi: avevano vent’anni ed era la loro prima vacanza insieme, in Grecia, e mentre Giulia si stringeva forte a lui su quella moto che tanto le metteva paura, un isolano scattava loro quella Polaroid, reperto archeologico di un passato che ormai li dipingeva lontani e quasi sconosciuti.
Jacopo non avrebbe mai dimenticato la prima volta che vide Giulia: era fuori dal suo liceo, lui aveva fatto sega con Davide ed erano andati ad aspettare la fidanzata di quest’ultimo fuori dal Giulio Cesare.
Lì i loro occhi si fusero per la prima volta; avevano diciotto anni e uno zaino carico di sogni e voglia di vivere. Si innamorarono per caso, giocando a scoprirsi, ritrovandosi nei testi di tutte le canzoni e accorgendosi di aver sempre più bisogno l’uno dell’altra.
Giulia era zenzero e cannella, un metro e sessanta di riccioli scuri con un sorriso disarmante e un’allegria innata; era riuscita a grattare la superficie del muro che copriva Jacopo e ne aveva scoperto l’essenza. Per la prima volta, lui aveva sentito di potersi lasciare andare, riuscendo persino a ballare con lei al centro della pista, in discoteca. Giulia gli era entrata dentro come un uragano e aveva scombussolato tutto, proprio come fa il vero amore, che arriva e ti travolge senza lasciarti il tempo di considerare ciò che è giusto e sbagliato.
C’era stata la festa dei diciott’anni di lei, piena di fighetti imbellettati della Roma bene che guardavano storto quel ragazzo bruno e col broncio che non c’entrava niente con loro e che non smetteva ti tenere gli occhi fissi su Giulia, che si beava di quelle carezze a distanza e ne approfittava per civettare ancor di più, sapendo di indispettire Jacopo, provocandolo.
La prima volta che fecero l’amore erano in campagna, a casa dei nonni di lui: avevano appena festeggiato la fine degli esami di maturità e Giulia non la smetteva di parlare; era nervosa perché sapeva che sarebbe successo qualcosa di importante, eppure si lasciò spogliare e si concesse a lui regalandogli anche l’anima, perché era consapevole che donandogli il suo corpo, gli avrebbe messo in mano anche la sua anima e il suo cuore e Jacopo non era di quelli che le avrebbero fatto male.
Si erano mischiati la pelle fino a non riconoscerne i confini, Giulia era Jacopo e Jacopo era Giulia e la loro storia d’amore era destinata a diventare immortale.
Dopo due anni, già si erano promessi di non lasciarsi mai, una fedina d’oro bianco a suggellare il patto; a cinque decisero di andare a vivere insieme, sebbene Jacopo mostrasse qualche tentennamento: si sentiva troppo giovane per un passo così importante.
Si amarono sempre e nonostante tutto: la sera in cui il padre di Giulia si sentì male e il giorno del funerale e anche quando lei passò quel brutto periodo in cui non voleva più mangiare; quando Jacopo perse il lavoro e per diversi mesi dovettero pagare l’affitto con i soldi delle ripetizioni di lei; quando i genitori di Jacopo si stavano separando e la madre ingombrante si piazzò a casa loro per più di due mesi.
Erano disposti a tutto, se ne fregavano delle difficoltà perché erano insieme e qualsiasi cosa fosse successa l’avrebbero affrontata, piccoli eroi coraggiosi protetti dallo scudo dell’amore.
Felici, avevano superato anche il settimo anno, facendosi beffe della crisi che, dicevano, colpiva le coppie arrivati a quella meta, sfasciandole definitivamente. Loro, di tutta risposta, festeggiarono quella sopravvivenza con una vacanza on the road negli Stati Uniti, comprando un albero di Natale tutto loro, restituendo così quello vecchio e logoro preso in prestito dalla madre di Giulia e iniziando a progettare di fare un figlio, nonostante avessero da poco passato i venticinque anni. Jacopo sognava un maschietto con le fossette di Giulia e i suoi grandi occhi verdi mentre lei preferiva una femminuccia, con la stessa intelligenza del padre e le stesse labbra morbide.
Giulia era diventata il punto fermo di Jacopo, l’unica che era riuscita a regalargli una stabilità che gli era mancata per tutta la vita; soltanto nelle sue braccia Jacopo si sentiva veramente a casa, parte di qualcosa di più grande che non si poteva spiegare. Se la teoria delle anime gemelle fosse stata vera, lui era certo di sapere quale fosse la sua, gli bastava allungare un piede nel letto per incontrarla: Giulia era lì e gli dormiva accanto, respirando leggera e sognando chissà quali mondi.
Si cercavano in ogni momento, Jacopo la chiamava quando era in coda in Tangenziale e Giulia anche quando era in pausa pranzo. Non si poteva cercarne uno, senza trovare anche l’altro: due pianeti che si gravitavano attorno senza stabilire gerarchie d’importanza, erano la coppia più bella fra tutti i loro amici.
La stabilità di un matrimonio, la sicurezza di voler suggellare un amore così forte con uno scambio di anelli non era ancora arrivata e questo aveva provocato ansie e incomprensioni e allora tutto era precipitato: nell’ultimo anno non facevano che litigare, lei troppo presa da manie di progetto, dalla voglia di smettere di pagare l’affitto e iniziare a pagare un mutuo per una casa che fosse tutta loro, magari fuori Roma e quel desiderio, sempre più ingombrante di diventare una famiglia, anche legalmente; lui dal canto suo non aveva alcuna intenzione di cambiare le cose: era stanco dei soliti discorsi di Giulia, sembrava un disco rotto e bastava una scintilla – una risposta data per esasperazione – che l’armonia veniva spezzata e la coppia felice diventava un’immagine sempre più sbiadita.
Nell’ultimo mese poi, si erano visti davvero poco: Giulia impegnata in un progetto, aveva fatto la spola tra Roma e Milano, restando spesso a casa dei suoi a dormire perché più vicina alla stazione; troppe volte Jacopo aveva digitato “mi manchi” sulla tastiera del suo palmare ma quel messaggio era rimasto non inviato. Per orgoglio. Per paura. Perché doveva andare così. 
Nei rari momenti in cui tutti e due erano a casa, le liti erano all’ordine del giorno:
- Un matrimonio, soldi da buttare, stabilità. E’ questo che vuoi? E’ questo che vuoi, Giulia? – Gridava lui, mentre lei sbatteva la porta del bagno e ci rimaneva chiusa per ore, a piangere nella vasca.
Seguivano giorni di silenzio, in cui Giulia non sorrideva mai, parlava solo per rispondere a monosillabi e non proponeva più serate al cinema, cene da organizzare, viaggi da programmare e amici da invitare.
Non era più la sua Giulia.
Niente più zenzero e cannella.
La colpa forse era davvero solo la sua; sarebbe bastato accontentarla, dirle che avrebbero potuto fissare una data e andare a cercare la chiesa ma non sarebbe bastato. Le loro strade si stavano separando e nessuno dei due avrebbe potuto porvi rimedio.
Un ultimo scatolone da caricare sul furgone che Davide gli aveva prestato dalla sua ditta di noleggio; l’ultima rampa di scale prima di chiudere la porta con tre mandate e riconsegnare le chiavi al portiere anche lui, come aveva fatto Giulia qualche giorno prima.
Era tutto finito, anche il trasloco.
In un attimo, la mano scese nella tasca dei jeans, afferrò il cellulare e, veloce come non era mai stato in quegli ultimi trenta giorni, digitò un messaggio.
Ho portato via tutto ma non sono riuscito a portare via te dalla mia vita. Chiamami quando torni, magari abbiamo ancora qualcosa da dirci.”

______
Salve.
Lo so, avevo detto che mi sarei fermata e invece sto sempre qua a rompervi, per la serie: "avere le idee chiare".
Che dire, questa OS è nata per caso, anzi a dirla tutta è nata per colpa di Cesare Cremonini, che ha scritto una canzone bellissima da cui ho tratto ispirazione per questa storia. La canzone si chiama "Io e Anna" ed è nel nuovo album "Logico", se vi va, ascoltatela che è bellissima.
E' una storia triste, questa di Jacopo e Giulia, un amore importante che si credeva immortale invece si è spento per incapacità di gestione. E' la storia comune di ognuno di noi: tutti prima o poi facciamo i conti con la fine di qualcosa che credevamo potesse durare in eterno.
Così ho buttato giù i pensieri di Jacopo che, tuttavia, pur essendo consapevole che forse lui e Giulia non hanno davvero più niente da dirsi, non si arrende al destino e a ciò che ha in serbo per loro.
Chissà, magari fa bene. Magari Giulia prima o poi gli risponde.
Spero che vi sia piaciuta, spero di sapere cosa ne pensate al riguardo e spero anche che smetta di piovere perché sono stufa di questo tempaccio.
Ora torno a lavorare, che è meglio.
Un abbraccio a chiunque transiterà qui e un grazie speciale a chi c'è sempre.

-Cin-
 
  
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