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Autore: Quasar93    19/06/2014    3 recensioni
What if.. ambientata subito dopo gli eventi di X-men Days of future past. Cosa sarebbe successo se Trask avesse nascosto un'altra sentinella al fine di rapire i mutanti presenti alla casa bianca? E se questa sentinella fosse riuscita a portare via Erik?
Genere: Angst, Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alexander Summers/Havok, Charles Xavier/Professor X, Dottor Henry 'Hank' McCoy/Bestia, Erik Lehnsherr/Magneto, Pietro Maximoff/Quicksilver
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Questa è una what if su days of future past, scritta nell'ambito di una feels war per le mie carissime amiche del vagone a cui la dedico. E' anche particolarmente angst e, se vi può far star meglio, ho sofferto anche io scrivendola. Enjoy e se vi va ditemi cosa ne pensate (si potete anche minacciarmi di morte, sono abituata)

Prologo – Giorno 0
 
Giardino della Casa Bianca – Washington DC

 
Mistica aveva appena lasciato cadere la pistola con cui aveva prontamente fermato Erik dall’uccidere quel gruppo di politici americani, nel folle tentativo di dare una dimostrazione di forza della razza mutante, e si era avvicinata all’uomo che era stato il suo secondo mentore.
Gli sfilò l’elmetto, lasciando via libera a Charles, ancora imprigionato sotto le macerie, affinchè potesse entrare nella sua mente e liberarsi.
Fu proprio in quel momento, quando tutto sembrava finalmente volgere per il meglio, che avvenne qualcosa che nessuno dei presenti si sarebbe mai aspettato.
Dai sotterranei della casa bianca si levò in volo una sentinella, diversa da quelle di cui Erik aveva preso il controllo, nascosta lì da Trask, probabilmente con l’aiuto di Stryker, proprio per un momento come quello.
Mistica si voltò di scatto e vide Trask manovrare il robot con un piccolo telecomando portatile e indirizzarlo verso di loro.
Charles!
Pensò con tutta se stessa, sperando che il telepate riuscisse a controllare Bolivar Trask e quindi a fermare la sentinella, ma ormai era troppo tardi.
Charles riuscì quasi subito ad entrare nella mente del nano salvo poi uscirne immediatamente.
Raven è inutile. Trask ha attivato un programma totalmente automatizzato, anche controllandolo non posso fermare la sentinella.
Mi dispiace.

Da quel momento fu una questione di secondi.
La sentinella si diresse dapprima verso Mistica, ma proprio in quell’attimo Hank, che era rimasto nascosto fino ad allora, saltò fuori da un cumulo di macerie e iniettò a mistica tutto il siero per controllare le mutazioni che gli era rimasto, memore di quanto gli aveva detto Logan.
Se Trask avesse avuto Raven, tutto quello che avevano fatto fino a quel momento sarebbe stato vano.
In brevissimo tempo Mistica si trasformò in una normale ragazza bionda e la sentinella, persa la traccia genetica che stava seguendo, cambiò obbiettivo dirigendosi verso Erik, che giaceva incosciente sul prato di quello che rimaneva del giardino della casa bianca e lo prese senza difficoltà.
Fece poi per dirigersi anche verso Charles, ma questi, concentrando le sue ultime forze riuscì a mascherare la sua traccia genetica mutante, scampando alla sentinella la quale, raccolto anche Trask si alzò in volo verso dio solo sapeva dove.
Del potente gruppo di mutanti che si erano presentati a Washington quel giorno non era rimasto che un ragazzo magrolino con gli occhiali, una ragazza bionda e un telepate stanco e paralizzato. 
Nessuno di loro sarebbe stato in grado di fermare quel robot enorme, che presto sparì dalla vista portandosi dietro Erik.
Raven e Hank unirono le forze per cercare di liberare Charles dall’impalcatura e dopo qualche tentativo riuscirono a tirare fuori il loro amico.
-Ha preso Erik- disse Mistica, il viso contratto in una smorfia di preoccupazione.
-lo so- disse Charles –sto seguendo la sua mente per scoprire dove lo stanno portando, ma senza Cerebra non ci riuscirò ancora per molto- si portò le dita alla tempia per concentrarsi meglio, poi si lasciò cadere il braccio lungo il fianco.
-Andato- disse solo, guardando Raven con i suoi grandi occhi blu pieni di dolore e risentimento per tutto quello che era accaduto quel giorno.
E’ vero, Erik ora era più un nemico che un amico, per tutti loro, ma mai e poi mai avrebbe augurato a qualcuno di finire nelle mani di Trask.
-Cosa facciamo adesso?- chiese Hank
-Lo andiamo a prendere- rispose Charles, senza una sola ombra di dubbio nella voce ora risoluta, facendo cenno a Hank di aiutarlo ad alzarsi.
-Raven, tu cosa farai?-
La ragazza rimase un attimo interdetta, niente era andato secondo i suoi piani e non aveva la più pallida idea di cosa fare adesso. Ovviamente nemmeno lei voleva che Erik venisse torturato e ucciso da Trask, aveva già visto troppi mutanti morti per causa sua, ma temeva che se avesse cercato di salvarlo quel destino sarebbe toccato a lei.
-Charles, io..- cercò di spiegare, poi si accorse che il telepate le stava chiedendo il permesso di leggerle i pensieri.
Lei acconsentì e dopo un breve attimo Charles comprese cosa turbava la giovane mutaforma.
-Puoi restare con noi, se vuoi. Posso nasconderti, finchè non avremo neutralizzato Trask-
-Non posso tornare a casa, Charles, lo sai. Devo andarmene per la mia strada, devo cavarmela da sola. Mi fermerai?-
-No- disse amaramente, per poi guardare sua sorella andarsene via, per l’ennesima volta, dalla sua vita.
-La lasci andare così?- chiese Hank
-Si Hank, non posso trattenerla. L’ho trattenuta per troppo tempo, e guarda dove siamo arrivati- disse mentre si incamminavano verso il jet, gli occhi lucidi e il sorriso amaro.
-Torniamo a casa-
 
***
 
Non era riuscito nel suo intento e nemmeno il piano B era andato come sperava. Avrebbe voluto portar via con la sentinella ausiliaria la mutaforma, il telepate e il manipolatore di metalli e invece si ritrovava solo con quest’ultimo e solo perché era incosciente quando l’aveva prelevato.
Forse però in fondo anche lui sarebbe stato utile per i suoi scopi.
Perché se c’era una cosa che Bolivar Trask aveva appreso da quell’avventura era che non importava quanto forti fossero le sue sentinelle, se non avesse imparato a controllare il potere dei mutanti e a bloccarlo avrebbe continuato a collezionare sconfitte.
E quale soggetto migliore per sviluppare un inibitore di poteri che non uno dei mutanti più potenti in circolazione?
Guardò il corpo ancora incosciente di Erik Lehnsherr mentre a bordo della sua sentinella volava lontano, in una base così segreta che nessuno sarebbe mai riuscito a trovare. O almeno così credeva.
 
 
Giorno 1
 
Westchester – Xavier’s school for gifted youngster

 
Dopo gli eventi del giorno prima di Logan si era persa ogni traccia, probabilmente il Logan che era stato con loro in quei giorni se n’era andato e, d’altro canto, il Logan di quegli anni ancora non conosceva nessuno di loro, quindi non si era sentito in obbligo di farsi vivo.
Ma da soli Charles e Hank non ce l’avrebbero mai fatta contro Trask e i suoi uomini, avevano bisogno di aiuto.
Fu quindi così che, la mattina dopo, erano quattro i mutanti che si riunirono nei sotterranei della villa di Charles per decidere come agire.
Quattro erano ancora pochi, ma sempre meglio di due.
Del resto, in una notte, era il meglio che erano stati in grado di fare.
-Quindi cosa facciamo? Eh? Cosa facciamo?- iniziò a chiedere uno di loro, muovendosi velocemente tra Charles e Hank.
-Cosa facciamo? Qual è il piano?-
-Dobbiamo ancora deciderlo, il piano. E’ per questo che siamo qui Pietro-
-Questo posto comunque è una figata. Cioè ho già fatto il giro tre volte mentre parliamo, è grandissimo e mi sembra super tecnologico!-
Hank e Charles sospirarono all’unisono, pregando che chiamare di nuovo Pietro Maximoff fosse stata una buona scelta.
-Ma dove l’avete trovato questo?- disse sghignazzando Alex.
-Non chiedere, Alex, non chiedere- rispose Hank, per poi fermarsi quando raggiunsero la stanza di Cerebra.
-Il piano è questo- iniziò Charles, mentre Pietro continuava a spostarsi velocemente da una parte all’altra della stanza.
-Pietro! Puoi stare fermo un attimo, per piacere?-
-Si!- disse subito il ragazzo coi capelli argentati, iniziando a dondolarsi sui talloni.
-Bene, dicevo. Il piano a grandi linee è questo. Io userò Cerebra per trovare la posizione di Erik, poi ci dirigeremo il più vicino possibile usando il jet, ma non troppo vicino per evitare eventuali Radar. Non appena atterriamo Pietro farà un giro di ricognizione dell’esterno della base e individuerà le guardie e i punti deboli. Successivamente torneremo tutti insieme e recuperiamo Erik come al Pentagono. Facile. Abbiamo un solo problema, la sentinella di Trask. Havoc, pensi di riuscire a farla saltare in aria coi tuoi poteri?-
-Non dovrebbe essere un problema Charles- disse annuendo il giovane mutante.
-Hank, puoi disturbare il segnale del radar della sentinella per farci avvicinare il più possibile senza essere scoperti?-
-farò del mio meglio-
-bene, allora abbiamo un piano. Dovremo agire in fretta prima che Trask inizi… inizi i suoi esperimenti su Erik. Non possiamo permetterci che impari a replicare il suo potere.- disse Charles, anche se non era solo per questo che voleva portarlo via da li il più presto possibile.
Nonostante tutto voleva ancora bene al suo vecchio amico, e mai e poi mai avrebbe lasciato che lo trasformassero in una cavia da laboratorio. Inoltre sapeva che genere di ambiente era quello in cui operava Trask, e per Erik sarebbe stato come tornare in un campo di concentramento.
Per un attimo i suoi occhi blu tornarono ad essere lucidi mentre la voce metallica di Cerebra lo salutava e lui entrava nella stanza sferica, lasciando i suoi maleassortiti compagni a discutere all’esterno.
 
***
 
Da qualche parte in una base segreta
 
Erik si svegliò e aprì gli occhi.
Dove sono?
Niente di quel posto gli era familiare, inoltre non riusciva a sentire il familiare ronzio del metallo attorno a lui.
Gli ci volle meno di un attimo per capire che era stato rinchiuso in una cella totalmente di plastica.
Ma perché era li?
-Oh, vedo che sei sveglio- disse qualcuno da fuori.
Cercò di metterlo a fuoco, ma si era appena svegliato e ogni cosa in quella stanza era di un bianco accecante.
-Chi, chi parla? - urlò – perché sono qui?-
-Sono io, Bolivar Trask. E perché sei qui lo scoprirai molto presto- disse sorridendo.
-Se vuoi intanto puoi chiedere a loro- aggiunse, accendendo con un telecomando le luci di tutto l’ambiente.
Comparvero alla vista di Erik altre celle come la sua, i mutanti all’interno d’altro canto erano ridotti molto peggio del manipolatore di metalli.
Erano cavie da laboratorio, soggetti su cui fare i più crudeli esperimenti.
Erik dovette trattenere un conato di vomito nel vedere i suoi compagni in quelle condizioni.
-Sei un mostro, Trask! Ma non pensare di cavartela! Hai rapito il mutante sbagliato!- urlò Erik, mentre sentiva una rabbia che non provava da tanto tempo pervadergli ogni fibra del corpo.
-E’ inutile che ti arrabbi, non c’è nulla li dentro che tu possa controllare. Neanche il più piccolo frammento metallico. A presto, Lehnsherr, a presto- disse Trask, spegnendo tutte le luci e andandosene, lasciando Erik solo con le sue grida e la sua rabbia.
 
 
Giorno 2
 
Jet di Charles

 
-Charles sei sicuro della meta?-
-Il segnale di Cerebra era confuso, ma quella era sicuramente la mente di Erik. Forse sono ancora un po’.. fuori fase-
-Eri strafatto fino all’altro giorno, non mi stupisco per niente-
-Tu a tacere non ce la fai proprio eh?- disse Alex, rivolto a Pietro.
Lo conosceva da neanche due giorni e già non lo sopportava più.
-E’ che questo aereo è cosììììì lentoooooo- sbuffò il ragazzo coi capelli grigi per poi accomodarsi meglio sul sedile.
-Pietro…- lo riprese Charles, poi tornò a parlare con Hank, erano ancora lontani dalla meta ma non dovevano distrarsi e programmare tutto nei minimi dettagli.
Non potevano permettersi errori. Dovevano portare via Erik il prima possibile e, soprattutto, evitare di essere a loro volta catturati da Trask.
 
 
Qualche più tardi atterrarono vicino a un lago, nel nord degli stati uniti, e qualche secondo dopo Pietro aveva già individuato la base ed effettuato la ricognizione.
-Fiorellini – disse a Charles, alludendo all’orrenda camicia che indossava – secondo me hai sbagliato posto. Non c’è nessuno qui. Neanche una guardia piccola piccola. Nessuno nessuno. Nessunissimo. Neanche…-
-Si Pietro, penso di aver capito il concetto- lo interruppe Charles.
-Ma come può essere?- chiese, più rivolto ad Hank che ai ragazzi.
Ma neanche la Bestia sapeva dare una risposta all’assenza di sorveglianza.
-Che sia una trappola?- intervenne Havoc
Charles si portò le dita alla tempia e si concentrò.
-Non c’è dubbio, è la mente di Erik che sento in quel posto. Dobbiamo controllare, anche se fosse una trappola-
Fu così che i quattro mutanti si diressero alla base, guidati da Pietro che continuava a fare avanti e indietro lamentandosi di quanto fossero lenti tutti quanti.
Dopo poco raggiunsero un vecchio capannone abbandonato, ed effettivamente non c’era nessuno di guardia all’esterno.
-Senti ancora la mente di Erik?-
-Sempre più forte- disse Charles – ma non mi lascia entrare.. Anche se non sembra lui quello che mi blocca. Havoc- disse poi  rivolto al ragazzo – la porta-
Alex fece un mezzo giro su se stesso e un raggio di luce rossa distrusse immediatamente la porta.
Mentre il fumo si diradava i quattro si misero in posizione, pronti a qualsiasi offensiva, ma dal capannone non uscì nulla.
-Erik!- urlò Charles –Erik! Lasciami entrare!-
Nessuna risposta. Ne telepatica ne vocale.
Charles si concentrò nuovamente, la mente di Erik era scomparsa. Com’era possibile? Era più che sicuro che fino a un momento prima fosse li.
-Dannazione!-urlò e il suo grido risuonò nel capannone.
Decisero comunque di entrare, ma Pietro li fermò subito, stranamente serio.
-Non entrate. E’ terribile. Penso che qui dentro, fino a pochi secondi fa stessero.. stessero facendo esperimenti sui mutanti. E’ orribile, scusate- si interruppe per bloccare un conato di vomito che si risolse in una tosse nervosa.
–Vi prego, il vostro amico non c’è, andiamocene da qui.-
-Com’è possibile che fino a poco prima fossero qui e ora non ci sia nessuno?- chiese Hank.
-Per quanto ne sappiamo possono avere un teleporter. O avere copiato il potere di uno di loro.- il suo pensiero corse ad Azazel, ricordando che Erik ne aveva fatto cenno quando parlava dei loro simili caduti nelle mani di Trask.
-Andiamo via, non c’è più niente che possiamo fare qui. Inoltre l’assenza di sorveglianza mi fa pensare solo a una cosa: Trask ci ha teso una trappola, probabilmente voleva prenderci una volta che fossimo entrarti nel capannone per controllare. Dobbiamo andare via subito prima che si accorga che non siamo caduti nel suo tranello. - sentenziò cupo Charles.
I quattro mutanti stavano per lasciare la zona quando un rumore metallico attirò la loro attenzione. Si voltarono di scatto verso il capannone vuoto solo per vedere due occhi arancioni lampeggiare nel buio e dirigersi verso di loro.
Pietro provò subito a scappare di li il più velocemente possibile, salvo poi rendersi conto che non poteva.
-Charles! Non posso usare i miei poteri!- urlò disperato.
Anche Havoc provò ad attaccare, senza successo.
-Non male per essere un prototipo…- disse la voce di Trask, resa meccanica dal trasmettitore della sentinella. – e ci sto lavorando solo da ieri sera-
La sentinella modificata riuscì in breve tempo a catturare Pietro, reso inerme dall’inibizione, Charles e Hank, mentre Alex tentava ancora di lanciare un attacco.
-Povero, povero piccolo Havoc. Cosa pensi di fare così impotente?-
Ma Trask aveva fatto male i conti con Alex Summers e la sua rabbia.
Vedere i suoi compagni presi l’uno dopo l’altro aveva fatto infuriare il mutante a tal punto che il suo potere divenne troppo forte per il prototipo dello scienziato e il giovane Havoc riuscì a lanciare una scarica di raggi rossi contro la sentinella colpendola al braccio con il quale teneva Hank e staccandoglielo dal corpo.
Un verso di rabbia partì dall’alto parlante, mentre la sentinella batteva in ritirata. Era salvo, e aveva recuperato anche Hank, ma Pietro e Charles erano stati presi, e con il telepate anche l’ultima possibilità di recuperare Erik.
-Dannazione!- urlò Havoc colpendo il terreno con un pugno, più e più volte fino a farsi sanguinare la mano.
-Dannazione!-
 
***
 
Da qualche parte, in un’altra base segreta

 
-mhpf..- ansimò Erik quando uno degli aiutanti di Trask lo risbattè nella sua cella di plastica.
Cadde in ginocchio e ci mise più di un tentativo per rialzarsi in piedi. E comunque le sue gambe non smisero un secondo di tremare.
Non sapeva cosa gli avessero dato, ma aveva passato la mattinata sotto l’effetto di qualche droga e l’unica cosa che ricordava erano aghi e dolore.
-Ciao, “Magneto”- disse con tono canzonatorio Trask, avvicinandosi alla cella di Erik. –In realtà presto non ci sarà nemmeno bisogno di questa cella di plastica, dato che non riuscirai a controllare nemmeno un nichelino!-
-Cosa vai blaterando, Trask?-
-Non senti un pizzicore sul collo? Li proprio li- aggiunse mentre Erik si tastava la base del collo.
-Stiamo testando un inibitore di potenza e chi, meglio del grande Magneto, può spaventare i mutanti di tutto il mondo dimostrando che può essere domato come un agnellino? Ah e fossi in te non proverei a toglierlo, è collegato al tuo cervello e non vorrei ritrovarmelo sparso sul pavimento.-
-Toglimi questa roba Trask! E poi non penserai che basti questo a controllarmi!-
poteva sentire la rabbia crescere dentro con sempre maggior veemenza.
-Ah no? Guarda qui-
Schioccò le dita e portò davanti a lui quello che rimaneva di Emma Frost. Erik guardò prima lei, con pietà e poi Trask con un’espressione che trasudava un odio e un disprezzo così profondi da spaventare per un attimo quell’insulso omino, anche dietro la spessa barriera di plastica che li divideva.
Si riprese quasi subito, iniziando la sua dimostrazione.
-Come vedi, anche questa mutante..-
-Emma!- urlò Erik, correggendolo.
 -..Emma, ha il tuo stesso sensore. Emma, diventa diamante.- ordinò poi.
La ragazza si rifiutò e Trask le diede un calcio all’altezza dello stomaco che la fece piegare in due dal dolore.
Nonostante Trask fosse un nano, stava troppo male per controbattere.
-Diventa diamante- ordinò di nuovo ed Emma eseguì. Poi Trask premette un pulsante sul suo telecomando e immediatamente la ragazza tornò ad essere se stessa.
-Visto? Suggestivo eh? Portatela via.- disse a due dei suoi uomini, che iniziarono a fare commenti estremamente fuori luogo sulla ragazza. Erik pregò mentalmente per lei, sapendo che per una ragazza quel luogo poteva essere ancora peggio che per lui.
-Quanto pensi che mi ci vorrà a progettarne uno abbastanza potente da controllare te… Completamente?-
Erik stava per rispondere quando le porte del capannone si aprirono e quattro uomini entrarono trasportando i corpi incoscienti di Pietro e Charles.
-Metteteli li- disse Trask, indicando la cella difronte a quella di Erik – E fategli riprendere i sensi, devo parlare con loro-
-Charles! Pietro! Trask, lasciali andare oppure io..-
-Oppure tu cosa, Lehnsherr? Quando avrò finito i miei esperimenti di domani non avrai nemmeno più la forza di reggerti in piedi. Non ho paura di te, non ho paura di nessuno di voi, mosrti!- disse, per poi andarsene mentre i suoi uomini eseguivano la loro particolare tecnica di rianimazione sui due mutanti appena arrivati davanti agli occhi di Erik che non potè far altro che assistere impotente.
Trask aveva raggiunto il limite, non avrebbe mai dovuto prendere Charles, ne tantomeno Pietro.
L’avrebbe pagata cara, parola di Erik Lehnsherr, anzi, parola di Magneto.
 
 
Giorno 10 – base segreta di Trask
 
Un urlo lacerò l’ambiente.
Era stato Erik a gridare quando l’ennesimo coltello gli aveva sfiorato il torace lasciandosi dietro una lunga striscia rossa.
-Allora mutante? Non riesci a controllarlo?- disse sghignazzando uno degli uomini di Trask.
Erik emise un gemito di dolore, rassegnato a non cedere. Spingerlo al limite, era questa la loro strategia. Molti mutanti riuscivano a sviluppare il massimo dei loro poteri solo quando erano in condizioni estreme, ed era quel potere in particolare che Trask voleva controllare.
Incidenti come quello con Alex Summers non dovevano più capitare.
Un altro coltello seguì il primo, passando più in profondità nella pelle di Eirk, che urlò di nuovo.
Non poteva fare altro che sopportare il più possibile, fingere che non riuscisse a controllare quei coltelli in modo da avere una minima possibilità di mantenere anche solo l’1 percento dei suoi poteri, se voleva avere una chance di sopravvivere.
Anche se, legato com’era a quella struttura che lo teneva forzatamente in piedi e chiuso in una stanza con solo un braccio meccanico a torturarlo anche quell’un percento gli sarebbe servito a poco.
-Forza Lehnsherr, ieri hai fermato il coltello a questa profondità, non ci credo che le modifiche fatte all’inibitore ti abbiano davvero fermato.-
Erik non si degnò di rispondere.
Il suo corpo ormai era cosparso di cicatrici e ferite sanguinanti, per non parlare dei lividi per le botte che gli scagnozzi di Trask non gli risparmiavano mai.
Erano antimutanti convinti e qualsiasi occasione era buona per picchiare uno di quei tanto odiati mostri.
I primi giorni era stato più facile sopportare, finchè non avevano iniziato a fare esperimenti su Charles il telepate lo aiutava come poteva a tener sotto controllo il dolore, ma da quando avevano iniziato con lui non riusciva a badare più nemmeno a se stesso.
 
Il coltello passò per la terza volta sul corpo di Erik, sempre più in profondità e ancora lui si rifiutò di fermarlo. Non era nemmeno così sicuro che ci sarebbe riuscito, ma non voleva dare a Trask ulteriori dati per amplificare la portata del suo dispositivo.
-Secondo me non sei abbastanza motivato, Lehnsherr- ghignò uno dei due che stavano conducendo lesperimento.
Guardò l’altro che annuì e portò subito li il ragazzo.
-Pietro!- urlò subito Erik, non appena vide quello che restava del ragazzo.
Era quello messo peggio di tutti, non riusciva nemmeno a reggersi sulle sue gambe senza che uno dei due energumeni lo sostenesse.
Si spostò i capelli grigi dagli occhi e cercò di fare un sorriso all’altro uomo legato nella cabina di plastica.
-Cosa credi, che siamo idioti? Sappiamo che questo insolente è tuo figlio!- urlò uno dei due a Erik, tirando fuori un coltello dalla tasca.
-Erik, qualsiasi cosa mi facciano questi idioti..- non riuscì a finire la frase che uno dei due gli assestò un pugno all’altezza della bocca dello stomaco.
Sarebbe caduto a terra se l’altro non l’avesse sostenuto per le braccia, ma questo non gli impedì di sputare sangue.
-Se questo qui non fosse così insolente avrebbe preso meno botte e saltato meno pasti. E magari si reggerebbe in piedi. Ma anche così può essere utile.-
Era la prima volta da quando li avevano portati li che Erik era riuscito a rivedere Pietro. Era vero che non l’aveva conosciuto che pochi giorni prima quando l’aveva fatto evadere dal pentagono, ma aveva capito subito chi fosse realmente.
Era suo figlio, sangue del suo sangue, e ora stava morendo davanti ai suoi occhi, occhi che divennero lucidi nonostante Magneto cercasse di darsi un contegno.
Una lacrima sfuggì al suo controllo e gli scivolò lungo la guancia.
Pietro cercò di rialzarsi tremante, ma non ci riuscì prima del terzo tentativo.
Quello che stavano sperimentando su di lui non era un dispositivo fisso come quello di Erik, era un fluido da usare al bisogno, eventualmente sparandolo contro i mutanti che si volevano sconfiggere.
L’unico problema era che, avendolo ideato partendo dal DNA di Pietro l’unico su cui funzionava al momento era lui.
E ovviamente gliene davano troppo, per evitare che facesse qualche giochetto.
-Erik.. ho visto Charles..- provò poi a dire il ragazzo, le lacrime agli occhi, prima di essere picchiato di nuovo dal suo aguzzino.
-Allora Lehnsherr, proviamo a fermare questo coltello o no?- disse poi, puntando una lama al collo di Pietro, mentre sul viso di Erik si dipingeva un’ombra di terrore.
 
 
Dall’altra parte del laboratorio Trask si stava occupando personalmente di Charles.
Voleva sapere ogni segreto del potere del telepate, di gran lunga più potente di quello di Emma Frost, sulla quale aveva condotto fin troppi esperimenti, lasciandola a solo un’ombra della donna che era un tempo.
Con lui le cose erano più semplici, tramite una serie di elettrodi inseriti sulla sua testa, ma soprattutto dentro la sua testa stava cercando di mappare ogni singola connessione sinaptica del professore al fine di ricreare il suo cervello nella rete neurale artificiale di una sentinella.
Le regole per il telepate erano semplici. Se provava a fare qualunque cosa che non fosse un ordine di Trask gli elettrodi se ne accorgevano e una scarica elettrica veniva mandata in una specifica area del cervello, dove il dolore era massimo ma con una tensione che non producesse nessun danno cerebrale.
Per i primi giorni Charles era riuscito a mantenersi in contatto con Erik e Pietro e perfino a portargli via parte del loro dolore, ma poi Trask l’aveva scoperto e ora qualsiasi tentativo di ricollegarsi coi due mutanti era punito con la scarica elettrica più potente applicabile da Trask.
Inoltre, nei momenti in cui non era necessario per gli esperimenti, veniva lasciato in coma farmacologico per evitare qualsiasi forma di resistenza. Niente era più subdolo del potere di un telepate, Trask lo sapeva bene e non voleva correre rischi.
Solo una volta, poco prima di svenire sotto l’effetto dei farmaci, Charles era riuscito a connettersi per un secondo ad Erik, e il dolore che vide, l’immagine del figlio ridotto uno straccio, le ferite e i lividi, causarono una sofferenza tale al telepate che, nonostante un secondo dopo fosse scivolato nel coma, le lacrime non avevano potuto fare a meno di scendere sulle sue guance.
 
Giorno 15 – base di Trask
 
Trask ormai era certo di avere il totale controllo sui poteri di Erik.
Nemmeno le minacce e le ferite inferte a Pietro riuscivano a fargli controllare le armi di metallo, non riusciva a spostare nemmeno una moneta.
Erik dal canto suo si sentiva svuotato, senza più nemmeno un briciolo di potere dentro di lui era come se fosse morto.
Era peggio delle ferite, peggio di qualsiasi cosa. Quella sensazione aveva sempre, sempre fatto parte di lui.
L’unica cosa che lo faceva stare peggio di sapere di essere diventato poco più che un inutile umano era vedere suo figlio lottare anche solo per respirare.
Era troppo giovane per sopportare tutto quello che gli stava succedendo, e gli stavano dando troppa di quella droga antimutante, il suo fisico stava iniziando a cedere.
Di Charles invece non sapeva nulla, non l’aveva più rivisto e non aveva più sentito la sua presenza nella sua mente da così tanto che pensava il peggio.
Il telepate invece era ancora vivo, anche se al limite delle forze, e cercava di nascondere con le ultime energie rimaste quel briciolo di connessione psichica che era riuscito faticosamente a formare evitando tutti gli elettrodi negli utlimi 15 giorni.
Non aveva più molto tempo però, Trask aveva quasi finito di tracciare la sua mente completamente e una volta concluso l’avrebbe eliminato, in quanto inutile e pericoloso.
 
 
Fu quella sera, se ancora qualcuno in quella struttura era in grado di discriminare la sera dalla mattina, che qualcosa cambiò.
Trask aveva finito quella che reputava l’ultima sessione con Charles, e aveva ordinato ai suoi uomini di indurlo in un coma un po più profondo del solito, dal quale, sospettava Charles, non si sarebbe mai risvegliato.
Era il momento di agire.
La connessione che aveva faticosamente costruito si attivò, mandando un unico segnale, un’unica parola ad un unico mutante.
Aiuto.
Fu tutto quello che Hank sentì.
Aiuto.
Charles non poteva sapere se la sua comunicazione fosse giunta a destinazione e se Hank sarebbe poi riuscito a tracciarla, ma aveva fiducia in lui e sapeva che avrebbe fatto il possibile.
Provò ad inviarla una terza volta ma due uomini vennero a prenderlo per iniziare la sequenza di farmaci che lo avrebbero messo in coma profondo.
L’unica cosa che gli era rimasta da fare era pregare che Hank li trovasse, e che fosse un medico migliore di loro, un medico capace di portarlo indietro.
Quello che Charles non sapeva era che Hank nel frattempo non se ne era stato con le mani in mano e aveva cercato di attivare da solo Cerebra, con una rete neurale artificiale creata da lui.
Un’altra cosa che non sapeva era che era arrivato davvero vicino al luogo della base segreta, insieme ad Havoc e che tutto quello che aspettavano era un segnale come quello per localizzarli precisamente.
Salirono sulla macchina più veloci della luce e con il ricevitore portatile di Hank, settato sulle coordinate che aveva percepito da Charles, e in meno di un’ora erano sul posto.
Purtroppo giunti a destinazione si resero conto che la sorveglianza era numerosa e che perfino la sentinella inibitrice era schierata davanti al portone della base.
Era un lavoro troppo grosso per loro due, sarebbe stata una missione suicida.
E probabilmente lo sarebbe stata davvero se il destino quel giorno non avesse deciso di aiutare i mutanti.
Mentre Bestia e Havoc decidevano di provare comunque a salvare i loro compagni, all’interno della struttura accadde una cosa.
 
Erik stava rannicchiato in un angolo della sua cella di plastica quando improvvisamente la porta si aprì e uno degli aguzzini di Trask gli lanciò addosso qualcosa, anzi qualcuno.
-Mph, dopotutto il marmocchio non ce l’ha fatta. Davvero un peccato- disse sghignazzando e chiudendo Magneto dentro con il corpo si suo figlio tra le braccia.
-E-erik.. –riuscì solo a dire –mi.. mi dispiace- sorrise, mentre il manipolatore di metalli lo stringeva a se come mai aveva stretto qualcuno prima. Gli spostò i capelli dal viso, per riuscire a guardarlo negli occhi.
-Pietro taci, risparmia il fiato e le forze, almeno stavolta.- lo sentiva tremare tra le sue braccia, era davvero al limite.
-T-tieni- sorrise di nuovo mentre gli metteva tra le mani una cosa.
Era una moneta. L’unica cosa metallica che era riuscito a prendere da quegli uomini.
-Scappa, anche per noi. Scappa Er.. p-papà.- disse Pietro, per poi chiudere gli occhi e lasciarsi andare tra le braccia di Erik.
Se il piano dello scagnozzo di Trask era spingerlo al limite, poteva ritenersi più che soddisfatto.
La rabbia e la disperazione che il mutante poteva sentire dentro di se erano così potenti come non mai, avevano superato perfino quel momento di tanti anni fa, quando Shaw uccise sua madre nel campo di concentramento. E, ironia della sorte, l’oggetto che più di tutti contava era di nuovo una stupida moneta.
Iniziò ad urlare con tutto se stesso, tutto il suo dolore e l’odio per quegli esseri umani iniziarono lentamente a riempire il vuoto lasciato dall’assenza del suo potere e la moneta che aveva tra le mani iniziò a vibrare, prima piano poi sempre più forte finchè non si alzò dal palmo di Erik e si deformò assumendo la forma di una piccola sfera che, veloce come un proiettile distrusse in un attimo la stanza di plastica dove il mutante era rinchiuso.
Mai Trask avrebbe potuto prevedere un dolore così grande, una rabbia così grande e un potere così tremendo.
Tutti gli oggetti metallici della struttura iniziarono a vibrare e a esplodere, mentre il campo magnetico generato da Erik mandava in tilt i macchinari e i sensori di inibizione di tutti i mutanti.
Nonostante lo sforzo gli costasse una fatica enorme Erik continuò e si alzò in piedi, levitando all’interno della stanza e uccidendo gli  uomini di Trask che incontrava, uno per uno con quell’unica, piccola moneta, resa di nuovo tale, nello stesso modo in cui aveva ucciso Shaw dieci anni prima.
 
Nel frattempo Havoc e Hank avevano iniziato la loro offensiva all’esterno, facilitati dall’improvviso crollo della sentinella, dovuto al fatto che Erik aveva distrutto il macchinario che la controllava all’interno dell’edificio, cosa che i due mutanti non sapevano ma per la quale furono eternamente grati.
Tra Erik all’interno e Hank e Alex all’esterno non ci volle molto perché Trask si arrendesse e, da codardo qual’era, scappasse col dispositivo di teleporting che aveva usato anche l’altra volta, ma concentrando tutta l’energia solo su se stesso.
 
Quando finalmente Erik raggiunse l’esterno, stremato e dolorante sia nel corpo che nell’anima si lasciò cadere a terra, raggiunto immediatamente dagli altri due.
-Erik! Allora sei stato tu a fare tuto questo?- disse Hank aiutandolo a stendersi a terra e mettendogli qualcosa sotto la testa.
-Tu hai bisogno di cure mediche! Dove sono Charles e Pietro?-
Erik sorrise amaramente, una lacrima gli scivolò sulla guancia.
-Non vedo Charles da due settimane e Pietro è..-
Non riuscì a finire la frase, Hank e Alex rimasero in silenzio, un’espressione di dolore dipinta sui loro volti.
-Alex rimani con lui, vado dentro.-
 
Non ci volle molto perché Hank finisse di fare il giro, liberando tutti i mutanti presenti e portando in braccio quelli che non riuscivano a camminare da soli. In tutto i superstiti erano una ventina, ma non sapeva quanti di loro si sarebbero davvero ripresi.
Per ultimi portò fuori Charles e Pietro e li distese di fianco a Erik.
-Charles è in coma profondo, ma sembra non aver subito danni cerebrali. Dovrei riuscire a risvegliarlo, anche se ci vorrà tempo. Pietro…-
Erik allungò una mano tremante per accarezzare i capelli di suo figlio, ormai senza vita, sdraiato accanto a lui.
Aveva perso così tante cose, e così tante persone.. e ora anche lui.
Con uno sforzo che gli provocò dolore in ogni parte del corpo si alzò a sedere e prese Pietro tra le braccia, voleva abbracciarlo ancora un ultima volta. Per così tanto tempo erano stati separati e, non appena l’aveva ritrovato, glielo avevano portato via nel modo più crudele possibile.
Lo strinse a se e pianse, come non faceva da anni.
Nessuno osò parlargli, ne Hank, ne Havoc.
Del resto nessuna parola e nessun gesto avrebbero mai potuto riempire il vuoto che Erik provava in quel momento, la sofferenza profonda che lo divorava dentro, portandosi via parti di lui e sprofondandole in una voragine così tetra e così profonda da togliergli il respiro.
Quando si riprese l’unica cosa che era in grado di provare era odio, odio per quegli esseri umani che gli avevano portato via tutto ciò che aveva mai amato.
Non importava cosa avrebbe pensato Charles, o se avesse dovuto sfidarlo di nuovo e per sempre, era ora di una soluzione definitiva.
Avrebbe dichiarato guerra agli umani e proclamato la supremazia mutante, affinchè ogni singolo homo sapiens si pentisse del giorno in cui avevano osato sfidare Magneto.
  
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