Titolo:
Waiting for the sun to rise
Fandom:
Maleficent (2014)
Personaggi/Pairing(s):
Malefica/Aurora, (shipper!)Fosco.
Warning:
flashfic, femslash (è inutile negare l'evidenza del subtext,
in
questo film), fluff, banalità diffuse. Non scrivo da una
vita, e si
vede. Mi dispiace.
Accadeva
spesso che Malefica soffiasse polvere di magia sul viso di Aurora per
farla addormentare di colpo.
Le
veniva istintivo quando la fanciulla si trovava in pericolo o, ancor di
più, quando temeva che i segreti riguardo al maleficio
potessero riemergere in superficie.
Non
era pronta per confessarle la verità.
(Forse
non lo sarebbe mai stata.)
Così,
sotto lo sguardo ironico ma indulgente di Fosco, spegneva la risata
cristallina di Aurora ancor prima che questa potesse lasciare le sue
labbra.
A
Malefica non piaceva farlo, comunque, per una serie di motivi
che non avrebbe mai voluto ammettere.
Le
ci era voluto poco per realizzare cosa le mancasse nel suo errare
silenzioso nella Brughiera – chi
le mancasse durante le
notti, ad essere esatti.
Lo
splendore dell'innocenza di Aurora, la sua (così stupida)
imprudenza, l'entusiasmo appassionato, la scintilla inconsapevole con
cui trasformava in meraviglia ogni cosa su cui posava lo sguardo e la
punta delle dita, e quel modo che aveva di prendere Malefica per mano
e attirarla a sé, senza nemmeno dover chiedere un permesso
che, in ogni caso, la fata le aveva già segretamente concesso
– tutto
questo infondeva un calore incantevole, che profumava di
felicità
dimenticata.
(Assurdo,
inaudito!, come l'assenza di tali, ridicole inezie potessero turbarla
tanto.)
Al
contempo però, Malefica non permetteva a se stessa di
indugiare su
quel sentimento: non voleva lasciarsi andare, temendo il dolore di un
abbandono o di un tradimento che, lo sapeva, non sarebbe riuscita a
sopportare una seconda volta.
“Dormi,
adesso.”
E
mentre Aurora dormiva, cullata da quell'ordine scandito con ipnotica
e involontaria dolcezza, Malefica non faceva altro che osservarla,
con una preoccupazione che le scorreva nel sangue e cresceva di giorno
in giorno, come una febbre.
L'immobilità
della giovane, nel sonno, era totale e spaventosa.
Pareva
che quasi non respirasse e Malefica sapeva che quello sarebbe stato
il suo aspetto, una volta che la maledizione si fosse compiuta.
(“Un
sonno simile alla morte.”)
Le
sue stesse parole le riecheggiavano beffarde nella mente e gli occhi
della fata si facevano assenti, gelidi e distanti.
Come
sempre accadeva, Fosco indovinava i pensieri della sua padrona e non
esitava a farglielo capire.
“È
così bella... eppure non sembra neanche viva.” La
voce umana del
corvo era come velluto, soffusa e screziata di
malinconia.
Malefica
non commentava, inarcando appena un sopracciglio e fingendo che la
cosa non la toccasse minimamente, o che tutt'al più fosse
infastidita da vaghe accuse non ben pronunciate a parole.
Accennava un ghigno sarcastico e con un gesto pigro della mano
diventava un'ombra tra le tante, odiando
la capacità di Fosco di vedere attraverso il (suo) buio.
Insieme
attendevano l'alba, il momento in cui le ciglia di Aurora fremevano
lievi e la sua bocca rosea si schiudeva, accarezzata dall'aria fresca
del mattino.
Allora,
e soltanto allora, Malefica scompariva per davvero, lasciando che
fossero Giuggiola, Fiorina e Verdelia a dare il buon giorno alla
principessa.
Si
sentiva immeritevole della luce di quell'attimo, di quell'Aurora,
ma non era disposta a rinunciarvi per sempre - ormai conscia che,
per quanto ci avesse provato, non avrebbe potuto vivere di sola
tenebra.