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Autore: RedRaven    20/06/2014    1 recensioni
Ci sono due modi di vivere a Summus [...] Io vivo nel terzo modo.
Qualche volta la gente mi aiuta, mi offre la loro casa per qualche notte e il loro cibo. Sanno che io sono pronta a combattere le ingiustizie, le loro battaglie, e credo mi compatiscano. Le favole sono per bambini, e qui anche i bambini stessi hanno smesso di credere nelle favole. Io so bene che potrei morire da un giorno all’altro, perché vivo in questa merda.
Perché il resto di noi ormai sono solo io.

AGGIORNAMENTI SOSPESI A TEMPO INDETERMINATO
Genere: Avventura, Azione, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ellie, Joel, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Capitolo 1 -
 


- Merda – esclamai.
Correvo verso quello che noi definiamo “villepark”; è un nome puramente ironico, visto che da queste parti non ci sono né ville, né parchi. Ormai il nostro mondo è allo sfascio, e non c’è più nessuno in grado di poter salvare la situazione.
 
Mi chiamo Ellie. Ellie e basta.
Vivo in questa cazzo di America, USA credo si chiamasse un tempo: per me è solo un cumulo di rifiuti e roba distrutta. Adesso la chiamano “Big Roof”, guarda che originalità. Eppure quasi nessuno ha un tetto sulla testa, tranne loro.
Siamo governati dal Consilium, anzi, il termine giusto sarebbe sottomessi. Non c’è più alcuna libertà, alcun diritto, solo una serie di squallidi delinquenti pronti a tutto pur di far rispettare la loro legge.

Ci sono due modi di vivere a Summus (qualcuno, qui, la chiama ancora Boston): ti unisci a loro, contribuisci a rendere impossibile la vita dei cittadini e a far regnare l’ingiustizia. Vai alle loro scuole private, ti ficchi le loro idee in testa, e diventi un grande stronzo.
Oppure te ne stai lì buono, a frequentare le scuole pubbliche finché non sarai pronto a trasferirti nelle loro. Non fiatare, non esprimere la tua, fatti vedere solo se necessario e mantieni un profilo basso. Non contestare le ingiustizie subite da te o dai tuoi amici, e vedrai che potrai cercare almeno di sopravvivere.

Io vivo nel terzo modo.

Armati fino ai denti, pronti a discutere su ogni cosa ci riguardi e, una volta guadagnato il loro odio, in fuga perenne. Viviamo di ciò che ci basta per andare avanti, cambiamo vestiti ogni quanto basta per non farci riconoscere, ammazziamo senza scrupoli chi ci ostacola e gli stronzi.
Joel mi trovò quando avevo poco più di 13 anni. Avevo finito le scuole medie alla scuola pubblica, perché mia madre era una cacasotto e non aveva il coraggio di ribellarsi. 
L’ultimo giorno di scuola quelle brutte merde entrarono alla cerimonia, fingendo di essere davvero interessati all’evento; io sapevo che non lo erano. Lì c’era il padre di Riley: il figlio era il primo della classe, forse l’unico che sognava davvero di concludere qualcosa in questo schifo; mentre il padre era un rivoluzionario, l’icona di coloro che volevano un cambiamento: si era messo in mostra nella protesta del giorno prima. Un po’ troppo in mostra.
Gli uomini gli chiesero di salire sul palco, e di elencare i motivi per cui il loro “governo”, a parere suo, necessitava un cambiamento. Lui iniziò
- B-beh ecco… le vostre regole sono insulse e… e non danno alcun diritto per noi cittadini – continuò – Uccidete senza pietà, incutete timore ai nostri figli e non gli garantite un futuro solido –
- C’è qualcos’altro? – chiese il capo del gruppo
- Sì. C’è… c’è molto altro. Voi non meritate quel posto, nessuno di voi ci protegge davvero. Meritereste di morire,  brutti figli di –
Uno sparo e finì a terra.
- Ecco cosa ce ne facciamo noi dei vostri consigli. Ora… o la smettete di lamentarvi, o non avremo timore nel farlo ancora, e ancora, e ancora –
Uscirono dalla scuola ridendo e sparando in aria, come se la catapecchia non fosse rovinata di suo. La gente si gettò a piangere sul corpo del defunto, i bambini corsero spaventati dalle loro madri, tutti tranne me.
Restai imperterrita a guardare il cadavere, con disprezzo e odio. Molto più di quanto un bambino dovrebbe averne in corpo. Non volevo vivere in quel posto, non volevo fare silenzio di fronte a quelle ingiustizie.

Ne parlai con mia madre, e l’unica risposta che ricevetti fu
– Devi stare zitta. Altrimenti farai la sua stessa fine. E’ chiaro? –
- No, non mi va bene. Perché dovrei farlo? Loro hanno le armi, ok, ma sono dei brutti bastardi. Questo non gli dà alcun diritto di – mia madre mi interruppe urlando
- Chi dà a te il diritto di parlare di loro in quel modo, signorina. A loro dobbiamo tutta la nostra protezione. Loro si occupano di noi e – e bla bla bla.
Smisi di ascoltarla. Quella era l’ennesima discussione che avevamo al riguardo, ed io ero stanca di tutte quelle menzogne.
Salì in camera, misi le mie cose in uno zaino e presi la pistola di papà.
- Ho smesso di credere alle tue menzogne dalla sua morte – furono le ultime parole che le dissi.
 
Ero sola. Completamente sola. Fu solo alla fine dell’estate che lo conobbi.
A quel tempo la vecchia casa in cima a Black Hill era diventata la mia dimora fissa. Qualche muro cadeva a pezzi, e l’unica luce era il lampione a 10 metri da essa, però non era male, ci si poteva fare l’abitudine.
Joel entrò nascondendosi dietro ad un divano, restando a scrutare l’esterno. Sentimmo delle voci, ero sicura fossero quei bastardi, e poi più nulla. Era riuscito a seminarli. Rimasi affascinata da quell’uomo, forse la persona che ho sempre sognato di essere. Ma dovevo prestare attenzione: in questo mondo non c’era più da fidarsi, ognuno agiva per sé ed era senza scrupoli. Un attimo di disattenzione e potevi finire per essere la cena di una famiglia, o la nuova vittima del governo. Gli puntai la pistola contro e dissi
- Fuori dalle palle –
Rimase sorpreso della mia espressione, un po’ meno dell’avermi trovata lì. Probabilmente mi aveva già visto una volta entrato. Si prese gioco di me, quasi come tutto il resto del mondo da quando sono nata, ma io restai con lo sguardo fisso su di lui, le braccia tese e la pistola pronta.
Il suo sguardo si fece più duro. Si avvicinò a me, come se sapesse che non gli avrei mai fatto del male, come se io potessi percepire le sue intenzioni e capirle.
- Hai le braccia troppo tese. Se spari in questo modo, perdi l’equilibrio durante il rinculo dell’arma, sempre che non ti sfugga dalle mani. Comunque non dovresti andare in giro da sola. E’ pericoloso –
- Certo, è pericoloso e cazzi vari, cosa dovrei fare allora? Unirmi a quei sacchi di merda? Scusami ma non ci penso proprio. Preferisco morire essendo rimasta me stessa, piuttosto che far morire la giustizia. Tu fatti i cazzi tuoi, e vedi di non farti beccare quando esci –
Lo interruppi subito, senza dargli il tempo di finire la frase. Sembrava restio nelle sue intenzioni, come se volesse dirmi qualcosa o agire in un certo modo, ma qualcosa lo bloccava. Mi chiese se poteva restare lì un altro po’, almeno finché la zona non sarebbe diventata sicura.
 
La seconda volta che ci incontrammo fu proprio qui, a Villepark. Avevo rubato per mangiare, con il governo alle calcagna e una mira non proprio ottima. Joel mi salvò la vita.

Da quel momento diventammo io e lui, pronti a sfidare chiunque ci si parasse davanti. Eravamo due fuggiaschi nella lista nera del governo che lottavano per la libertà. Uccidemmo molti di loro, per esempio quando fecero irruzione nel nostro covo e non gli lasciammo via di fuga. Oppure ancora quando ci inseguirono per quella stupida faccenda del rispetto. Joel controllava un giro di contrabbando di armi, quindi eravamo sempre ben forniti. Inutile dire che molti iniziarono a temerci ed a darci un po’ di tregua.
 
Due mesi fa gli hanno ficcato una pallottola in testa. Quei brutti figli di puttana.
 
Non passa giorno che io sogni vendetta contro di loro. Adesso ho 14 anni e agli occhi dei civili sono una spietata assassina. Eppure ciò che è successo a me loro non possono immaginarlo.

Nessuno può capirmi

Sono l’unica che va in giro con fucili e pistole, l’unica che ha le palle di far fuori quei bastardi. Quella che tira avanti i progetti di Joel, quella che continua a contrabbandare armi per vivere. Qualche volta la gente mi aiuta, mi offre la loro casa per qualche notte e il loro cibo. Sanno che io sono pronta a combattere le ingiustizie, le loro battaglie, e credo mi compatiscano. C’è chi fa qualche domande su Joel, chi mi chiede dei miei genitori, o anche chi mi dice che dovrei smetterla.
Io non rispondo mai. Anche se mi costituissi, non servirebbe, mi ucciderebbero solo nel vedermi passare davanti al Tribunale; mia madre ormai non fa più parte di me. E nessuno merita che io parli di Joel.
 
Oggi Octo mi sta seguendo per la prima volta. Quando quei cani sguinzagliano il loro peggior scagnozzo, credo proprio siano cazzi. Da loro vige una regola, una serie di azioni che, se commesse, ti rendono il più temuto. Perché incutere paura è tutto.
Queste sono dieci, un po’ come i comandamenti. Ed ogni volta che ne infrangi una, ti viene inciso sul braccio un segno a numero romano. Il numero romano che hai inciso sul braccio, insomma, indica quante regola hai infranto. La verità? E’ solo un concetto di paura, non importa il numero. Solo l’I è passabile. Dopo il II, potresti avere anche X ma tutti ti temerebbero allo stesso modo. Persino quelli del tribunale hanno paura di Octo, l’unico che porta un vistoso VIII sul braccio destro. Dopotutto, l’hanno incaricato di fare le incisioni, quindi credo sia un pezzo grosso fra di loro.
E adesso l’hanno sguinzagliato per me. Io sono convinta che sia uno come gli altri, forse solo più spavaldo e più cattivo, ma a quanto pare al Tribunale farmi fuori conta davvero tanto. Credo che sia qui solo per incutermi timore, darmi un ultimatum oppure spararmi a vista.
 
Non mi importa di lui. Non mi importa dei cacasotto o del Tribunale. Le favole sono per bambini, e qui anche i bambini stessi hanno smesso di credere nelle favole. Io so bene che potrei morire da un giorno all’altro, perché vivo in questa merda. Ma ci ha vissuto anche lui, ed è stato sopraffatto da quei bastardi. Io non ho intenzione di inchinarmi a loro dandogli modo di vedere il mio corpo inerme e senza forze implorare pietà. Io andrò avanti grazie al desiderio di vendetta che scorre nel mie vene, insieme al mio sangue. Io andrò avanti finché non avrò ucciso quella gente.
Perché il resto di noi ormai sono solo io.




Angolo dell'autrice: 
Vi sembrerà strano, ma tutto ciò è partito da un sogno (forse sono un po' pazza?). 
Ellie è, ovviamente, la protagonista, che alla morte di Joel ha reagito chiudendosi nella violenza e nell'odio. Forse perché è la seconda figura paterna che perde nella sua vita, e non riesce più a vivere in quel posto pieno di menzogne che le vengono raccontate sin da quando è nata.
In un paesaggio post-apocalittico, che ricorda molto un'incrocio fra gli ambienti di The Last of Us e la violenza di Fallout, ecco che nasce
The Last of Us: Me.

 
  
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