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Autore: Cloud394    21/06/2014    7 recensioni
Durante i meravigliosi anni '60, Eleanor è sola come tanti giovani ragazzi di quell'epoca, vuole essere indipendente, cerca la libertà così dalla romantica Parigi migra a Londra in cerca di libertà, uguaglianza ma soprattutto di sé stessa.
**Avviso**
La storia non è originale, ho fatto un errore. Questa è una fanfiction sui Beatles, spero che non mi segnaliate la storia e spero anche che se c'è qualche fan dei Beatles potesse leggerla. Grazie mille
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Paris  1963
Jaqueline è mia sorella gemella, ama ballare. Io odio ballare. Durante i suoi saggi di danza classica rimango folgorata dalla sua eleganza sopraffina, a suo confronto sono un sacco di patate che si muove tenebroso in una spoglia radura. Ho sempre pensato che ballare fosse meraviglioso; ma quando ho provato io mi sono sentita ridicola, tutte le ragazze ridevano, Jaqueline no. Lei mi ha sempre incoraggiata a non rinunciare.
Dopo qualche tempo  ho scoperto che amo disegnare. Da quando avevamo 10 anni io la disegno mentre balla e lei mi dedica ogni Natale un piccolo balletto. Oggi è 8 Ottobre, Jaqueline è uscita dal teatro di Parigi, aveva un saggio importante, ballando, facendo quello che amava, è andata via. Aveva problemi cardiaci da tempo, i nostri genitori le hanno sempre vietato di ballare, ma lei andava di nascosto. Nemmeno oggi mamma e papà lo sapevano. Io l'avevo scoperto, ma quando mi aveva sorpresa a fumare ci siamo promesse di non dire niente dell'altra ai nostri genitori, così abbiamo fatto questo patto. In qualche modo ci univa ancora di più, eravamo inseparabili. Io conosco tutto di lei e lei di me. Oggi però il letto di ospedale, la sua carnagione rosea e i capelli biondissimi ricadono sul materasso, le ciglia bionde sono chiuse e lei ha l'espressione angelica e serena,sorride.
Mia madre piange, mio padre la stringe e la consola, ma anche lui si lascia scivolare una lacrima. Io sono seduta sulla sedia di fronte a lei, la guardo, lei è la prediletta di casa, ci si aspettava il meglio. Io sono stata la ribelle, la ragazza scapestrata che odia le regole..in parole povere mi odiano; nonostante Jaqueline sia mia sorella siamo completamente diverse: io ho i capelli bruni e gli occhi verdi, testarda, non sopporto le ingiustizie. Sono la tragedia della famiglia, ma lotto per una buona causa...cosa che i miei non capiscono . Non riesco a guardarla così, esco e accendo una sigaretta. Cammino per  Champs-Élysées e mi guardo attorno, non ha senso più nulla..mi siedo su una panchina di marmo in piazza Charles De Gaulle, mi guardo attorno e piego la testa all'indietro tirando l'ultima boccata di fumo e soffiando contro il vento. Torno a casa.                           
-Ameliè, non ti preoccupare, non tentare di convincermi...ormai ho deciso. Londra è il mio futuro...No la rivoluzione ci sarà anche qui Ameliè, un giorno saremo veramente liberi! Adieu mon amie!- 
Chiudo la telefonata con Amelié.Preparo il grande borsone, ho già comprato il biglietto. -Tu non vai da nessuna parte.- mia madre parla, parla sempre, qualsiasi cosa faccia lei mi giudica -Devi Sposare Robert,per proseguire il posto di tuo padre nell'azienda di famiglia.-dice lei                                                        
-A Louis non piace fare quel lavoro?-rispondo 
-Louis ha un lavoro dignitoso- ribatte mia madre -Jaqueline doveva fare la stessa cosa allora?- dico -Anche per tua sorella avevamo previsto un lavoro privilegiato.-giustifica lei                                   
-Secondo te lei l'avrebbe fatto? Scommetto proprio che quello che hai previsto per lei lo prevedi ora per me, senti non facciamo tante storie: devo andare via, statemi bene addio.-dico freddamente -Eleanor!Eleanor! NON PARTIRAI, TE LO IMPEDISCO! NON PARTIRAI! - urla mia madre. Buttava tutto a terra, ha i capelli disordinati, in contrasto con il suo abbigliamento e comportamento sempre adeguato e perfetto, è davanti alla porta. -Spostati- dico                                                       
-Per l'amor di Dio tu non parti-mi urla                  
-Smettila di nominarlo! Sempre il tuo Dio, devi capire che non esiste nessun supereroe..- urlo a mia volta      
-Non bestemmiare! Brucerai all'inferno! Tu fai quello che dico io- lei mi tira uno schiaffo forte, ha la faccia rossa e i capelli bruni, come i miei, sul viso. I suoi occhi neri sono colmi di rabbia. Non ci vedo più, la mia di rabbia invece mi trascina in ciò che mi sembra giusto fare                                                        
-Mamma, spostati. ADESSO- urlo in preda alla rabbia                                                                
-Mai!- ribadisce lei, prendo  forte i polsi di mia madre e la sposto di peso urlando -IO FACCIO QUELLO CHE VOGLIO,NON DECIDI TU PER ME!- la sposto dalla porta, lei fa opposizione ma tiro ancora più forte fino a spingerla spalla a spalla. Riesco ad aprire la porta e scappo via veloce. Sono a Saint Denis, ho preso la metrò senza pagare il biglietto, anche se io soldi li ho..mi fermo ad un negozio di elettronica delle televisioni, trasmettono un programma, rimango incantata.                                              
-Carte Garçons anglais  John, Paul, George et Ringo : The Beatles, ils  chantent la nouvelle "Love me Do"-                                                                     
Resto fino alla fine della canzone, mi piace, mi piacciono come sono loro: Rivoluzionari. Mai visti cantanti maschi con i capelli così. Stanno fuggendo anche loro da qualcosa? Da qualcuno? Perché lo fanno? Forse sono come me, stanchi di questa oppressione, di questa perfezione. Se sono come me vogliono mostrare qualcosa al mondo? Anch'io voglio mostrare qualcosa al mondo: il coraggio e la libertà, e quest'ultima non esiste, se una persona di colore deve essere giudicata per il colore della pelle, oppure se un ragazzo sceglie cosa vuole farne della sua vita, degli stessi diritti; a casa, come a scuola, come nella vita. La mia camicetta azzurra è nei jeans a vita alta, guardo l'orologio sul mio polso. sono le 08.30 il mio aereo parte tra un ora, chiamo un taxi:                           
-Dove la porto?-mi chiede il tassista             
-Aeroporto  per favore-dico.
Salgo sull'aereo, sono seduta affianco ad un grasso uomo calvo che legge un giornale; ha un cappello da baseball che gli va stretto, due grossi porri all'angolo della bocca, porta una canottiera macchiata d'olio e i peli che spuntano dalla canottiera e da sotto il grosso braccio, io sono vicina al finestrino, è la quarta volta che salgo su un aereo...la prima volta che ci sono salita è stato mozzafiato, ero io sola con papà; Jaqueline stava male e Louis studiava per entrare all'università, mamma era rimasta a casa a prendersi cura di mia sorella, io ci tenevo tanto ad andarci così papà aveva deciso di portarmi con lui -Eleanor, siamo su un aereo, adesso voliamo sopra Parigi e andiamo a Londra - mi disse -Quindi vedremo casa da su, e salutiamo mamma?- dissi emozionata -Certamente- mi rispose 
-Visto che andiamo in cielo posso vedere la nonna?- gli chiesi 
-No..la nonna è più in alto! Ma quando passiamo tra le nuvole, farai una preghiera forte forte! Lei ti ascolterà- mi disse tenendomi per mano . Quando l'aereo partì in volo è stato panico, ma fu la sensazione più bella che avessi provato, papà mi teneva per mano. Arrivati ad alta quota il panorama era bellissimo, l'esagono che è la Francia mi sembrava minuscolo e verde, salimmo sù, nelle nuvole...pensai a mia nonna in quell'angolo di cielo e quelle nuvole candide e soffici, siamo stati lì per la maggior parte del viaggio, non staccavo gli occhi dal finestrino, nemmeno per accettare dall'hostess le mie caramelle preferite, scendemmo di nuovo e riuscii a vedere un enorme canale azzurro che ci divideva da quell'isola dalla forma allungata chiamata "Gran Bretagna" . Adesso però sono sola, persa in quell'angolo di cielo, così misterioso, così malinconico. Questa volta accetto le caramelle, ne mangio tre alla volta per nervosismo, lasciandole sciogliere sulla mia lingua. Il loro gusto forte pizzica sulla mia lingua, le mastico e le ingoio senza staccare gli occhi dal finestrino.
  
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