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Autore: AlexEinfall    21/06/2014    5 recensioni
Quando un eroe diviene il peggior nemico dell'umanità, quando ogni indizio conduce allo smantellamento di una maschera di bontà, quando è il cacciatore a divenire preda, chi potrà essere ancora dalla sua parte? Se Spencer Reid, un giorno qualunque, si risvegliasse con le mani sporche di sangue, chi potrebbe salvarlo dall'oblio? Tra lo spettro della dipendenza e qualcosa di molto diverso e più oscuro, la strada per la soluzione dell'enigma non potrà essere percorsa in solitudine.
Dal testo
Sangue. Nella nebbia della droga si era chiesto, tre o forse quattro anni prima, che odore potesse avere il sangue di un'altra persona sulla sua pelle. Possibile, si era chiesto, che le molecole odorose di qualcun altro, mischiate alle mie, possano dare come risultato un buon aroma? Soprattutto lo incuriosiva il pensiero che la morte, a contatto con la sua pelle, forse avrebbe avuto l'odore della vita.
Genere: Angst, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Morgan, Spencer Reid, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Introduzione: quando un eroe diviene il peggior nemico dell'umanità, quando ogni indizio conduce allo smantellamento di una maschera di bontà, quando è il cacciatore a divenire preda, chi potrà essere ancora dalla sua parte? Se Spencer Reid, un giorno qualunque, si risvegliasse con le mani sporche di sangue, chi potrebbe salvarlo dall'oblio?  Tra lo spettro della dipendenza e qualcosa di molto diverso e più oscuro, la strada per la soluzione dell'enigma non potrà essere percorsa in solitudine.

Note: Questa fic era nel mio cassetto elettronico da troppo tempo. Ci ho messo un bel po' d'anima, di fatica e di divertimento per partorirla e poi ho deciso di rinchiuderla. Credo sia arrivato il momento di rischiare, di condividerla e di liberarla. Le storie non sono fatte per ammuffire in un angolo!
Questa long non è molto long: appena 11 capitoli. Spero che piaccia e magari emozioni, ma, come sempre, senza pretese.
Buona lettura!
Ax.





The strange case of dr. Reid and mr. Outside


1
Sangue

                                    
Non c'è uomo più sperduto di chi ha smarrito la via
nell'intrico della propria mente,
dove nessuno può raggiungerlo e nessuno può aiutarlo.
Non c'è uomo più disperato di chi non riesce a ricordare.
Isaac Asimov



   Sangue. Nella nebbia della droga si era chiesto, tre o forse quattro anni prima, che odore potesse avere il sangue di un'altra persona sulla sua pelle. Possibile, si era chiesto, che le molecole odorose di qualcun altro, mischiate alle mie, possano dare come risultato un buon aroma? Soprattutto lo incuriosiva il pensiero che la morte, a contatto con la sua pelle, forse avrebbe avuto l'odore della vita.
 
  I minuti scorrono in modo irregolare: a volte in sessanta secondi, altre sembrano impiegarci meno di un istante. Ma il tempo non può piegarsi su se stesso, saltellendo impazzito come una rana; almeno non in questo universo e non in una mente sana. Questo il dottor Spencer Reid lo sa bene e potrebbe snocciolare in meno di tre minuti, ora reale si intende, nozioni ben precise sul tempo. Eppure le certezze accumulate nel cervello sembrano sgretolarsi davanti allo specchio, che gli rimanda l'immagine di un sé sporco, stanco, irreale. Da quando ha aperto occhio nulla gli è sembrato vero.
  Si stringe nelle spalle, mentre un brivido percorre ogni centimetro del corpo, fissandosi nelle ossa. Sente freddo, nudo nel suo bagno, di fronte a quello specchio. Trema, ma non riesce a muoversi.
  Nel lavandino giace una maglia color panna, intrisa di un rosso che diventa sempre più marrone. Non sa da dove venga, ma è con quella maglia indosso che si è svegliato nel suo appartamento meno di un'ora fa. Tutta la parte centrale del tessuto è occupata da un lungo getto di sangue, che si è espanso nel tempo- ha calcolato che ci siano volute almeno otto ore. Ha voluto credere non fosse vero, ma usando la sua scorta di luminol su quel maglione, non ha avuto più dubbi: nel giro di tre minuti, nel buio ermetico del bagno, è apparsa la luminescenza rivelatrice.
  Si guarda le mani: tra le falangi si è depositato del liquido, che ora è diventato una pasta marrone. Sembra essergli penetrato nella carne. Preso da un'impeto di disgusto, afferra il flacone di candegina e sta per versarla sul maglione, ma ci ripensa. Dall'armadietto prende un paio di forbici e ricava una striscia di tessuto, che infila in un sacchetto ben chiuso. Questo semplice gesto ha il potere di tranquillizzarlo: porterà il campione in un laboratorio e lo farà analizzare. Ma la prospettiva di quello che potrebbe accadere lo getta nello sconforto. Si abbandona al muro, si lascia scivolare a terra e resta immobile a fissare il soffitto.

Possibile che io abbia ucciso?

 
 Vorrebbe dire di aver passato una serena notte nel suo letto, di aver letto fino ad addormentarsi con un volume aperto sul torace che si sollevava ed abbassava, mentre le fasi del sonno scivolavano via fino al prodigioso mattino pieno di luce e normalità. La verità  è che se qualcuno gli facesse la famosa e tormentosa domanda: «Dov'era ieri notte dalle nove a...bhe, al mattino?» Spencer Reid potrebbe solo rispondere, tra affannose ricerche: «Non ne ho idea.»

  Lui è quasi certo di aver lasciato gli uffici del BAU verso le otto di sera. Ha discusso con Rossi, circa la responsabilità morale e intellettuale di condannare una persona che non abbia memoria dei suoi crimini.
  L'ironia della vita.
  Ha preso la metro per tornare a casa, ma non è sicuro di aver varcato la soglia. La sua vita nello spazio temporale compreso tra le nove della sera prima e il momento attuale è un pericoloso buco nero, che risucchia nell'oblio anche i ricordi più fermi. Forse si è fermato in un bar, dove ha bevuto frettolosamente un cognac, oppure questo è accaduto la sera prima: le immagini nella mente sono deboli e offuscate. Quando dubiti della tua memoria, nulla è più certo.  

Non ricordare, per Spencer, è come non vivere.

  La testa gli esplode. Fino al quel momento, non avrebbe potuto credere che una frase così imprecisa e comune potesse essere la descrizione più fedele di un dolore fisico. Se fisico si può chiamare quel pesante macigno che gli comprime il cervello. Gli sembra che il liquor cerebrospinale si stia condensando, premendo sulle pareti fragili della sua mente. Riconosce come la paranoia lo stia inquinando, ma non riesce a liberarsene.

  Il telefono prende a squillare sul lavvabo, diffondendo il suono suono acuto attraverso la porcellana. Si alza così in fretta che per un attimo tutto diventa nero. Si preme i pugni sugli occhi e pian piano la vista torna nitida.
  Morgan.
  «Sì?»
  «Hei, ragazzino. Quanto ti ci vuole per prepararti?»
  Spencer aggrotta le sopracciglia. Forse ha dimenticato di avere un appuntamento, forse non sa neanche che ora sia. «Scusa?»
  «Sto passando a prenderti» dice, ma poi si accorge dal silenzio che l'altro è disorientato. «Hotch mi ha chiamato, abbiamo un caso.»
  Spencer vorrebbe controllare l'orologio da polso, ma non sembra essere nei paraggi. In realtà, non ricorda di averlo tolto mentre si spogliava. «Ok, bene.» risponde frettoloso e riaggancia bruscamente.
  Rimane inebetito con il telefono nel palmo della mano sporca. Poi si riscuote e apre il rubinetto della doccia. Sentire la voce di Morgan, così reale e familiare, lo ha riportato nel mondo in cui lui non ha mai commesso alcun crimine, dov'è il piccolo genio di una squadra formidabile che da' la caccia a persone realmente colpevoli. Più tardi darà uno sguardo ai notiziari: forse c'è stato un incidente e lui non lo ricorda, per via dello shock.
  E se...
  Un dubbio gli fulmina la mente. L'altroce sensazione di aver commesso un errore, così vecchio e così sporco, lo sconvolge. Sotto l'acqua calda controlla l'incavo del gomito. Le vene gonfiate dall'agitazione e dalla temperatura sono l'unico segno che vi trova. Controlla anche le caviglie: niente punture. Sospira, mentre un pensiero macabro e ironico lo colpisce: avrò anche ucciso, ma almeno non sono ricaduto nel vizio della droga.

  Venti minuti dopo è in piedi sul marciapiede, stretto nel cappotto, la tracolla sulla spalla che gli pesa più del solito, quando vede il SUV frenare e Morgan sorridergli dalla cornice del finestrino. Sembra quasi tutto normale, ma sul dorso delle mani sente ancora la sensazione del sangue, come uno strato appiccicoso di miele che non va via.

  «Tutto bene?»
  Spencer si risistema sul sedile, a disagio. «Sì, certo.»
  «Hai una brutta cera. Sicuro di aver fatto riposare quel super-cervello?»
  Gli angoli della bocca vengono tirati in un sorriso stanco e forzato, poi il ragazzino scuote la testa. «Più o meno.»
  L'altro si fa più serio. «Ancora mal di testa?»
  Spencer vede un'occasione di fuga da quell'indagine scomoda. «Sì, non ho dormito bene. Ma ora va meglio.»  
  «Sicuro? Guarda che puoi tornare a casa e riposare, parlerò io con Hotch. Sono sicuro che lui-»
  «No» quasi urla Spencer. Si schiarisce la voce. «Non è necessario. Sto meglio, davvero. Preferisco lavorare.»
  Morgan è perplesso, ma capisce che è meglio non insistere. «Come vuoi.»
   Involontariamente, il suo istinto si attiva e, mentre il dottore fissa oltre il finestrino, lui ne approfitta per scrutarlo. Non gli sfugge il rossore degli occhi e il torturarsi incessante delle mani, che sembrano volersi nascondere a vicenda.
  C'è un certo alone che circonda il ragazzo e a Morgan ricorda un periodo ben più nero, quando Spencer si sentiva in colpa per il suo segreto, per quell'ago che gli perforava la vena, sicuramente all'altezza della caviglia dove nessuno avrebbe cercato. Nessuno a parte Morgan.
   Si da uno schiaffo mentale. Non essere stupido, quella è storia vecchia. Perché Spencer non potrebbe mai essere così stupido, non due volte. Questo farebbe di lui un idiota. Mentre si ripete queste rassicuranti teorie, Derek sa che l'intelligenza non ha nulla a che vedere con la capacità di sconfiggere i propri demoni.
  Decide quasi automaticamente di tenere d'occhio Spencer, a costo di stargli col fiato sul collo.


Da qualche parte nel cielo tra Washington e Georgia.

  Ad Atlanta una donna è stata strangolata con una cinghia di cuoio, il corpo scaricato in un vicolo. Non c'è sangue in quelle foto, nemmeno una goccia, ma le mani di Spencer non riescono a non avere un lieve tremito. In un angolo del jet, seduto lontano dai finestrini, dovrebbe meditare sul caso presentatogli poco più di un'ora prima, ma la sua mente scivola ostinata verso altri pianeti. Si massaggia le tempie, abbandonando il fascicolo sulle ginocchia, e cerca di pensare lucidamente.
  Forse è solo suggestione, si dice. Essere un profiler e vedere, a volte subire, tanta violenza rende paranoici.
  Vorrebbe davvero crederci, ma qualcosa sembra spingere dentro di lui per buttarlo in un'altra direzione, faccia a terra. Cerca di rassicurarsi: prima di partire ha lasciato il campione di sangue ad un laboratorio fidato e discreto. Ma questo non diminuisce la sua ansia, perché la mente comincia automaticamente a congetturare: a quest'ora avranno già un riscontro positivo per il sangue umano e al ritorno sarà pronto il profilo del DNA, e allora...
  «Reid? Ci sei?»
  Alza di scatto lo sguardo e incontra gli occhi di JJ, che attende la risposta a una domanda che il dottore non ha neance percepito. Tutti lo stanno fissando e tutti tornano ai loro fascicoli, quando Spencer riesce a tirare fuori qualche parola convincente e ipotesi improvvisate. Tutti attribuiscono quella temporanea assenza alle bizzarrie del dottore, tutti tranne Morgan, che ascolta e osserva in silenzio, mentre i pezzi di un puzzle comportamentale vagano nella sua mente, senza riuscire a incastrarsi.
   Forse è solo suggestione, pensa. Essere un profiler e vedere tanta violenza rende sensibili, ti fa sviluppare un sesto senso per il pericolo. Eppure...
Morgan sospira, mentre una rabbia stanca gli monta in petto. Potrà anche trattarsi di paranoia, ma la paura che sente è reale e gli dice che Spencer si è cacciato di nuovo nei guai.







  
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