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Autore: paoletta76    22/06/2014    3 recensioni
piccola raccolta di one-shots sulla vita quotidiana da midgardiano del principe Loki, alle prese.. col più temibile dei nemici: la curiosità di sua figlia :) (altro pazzoide esperimento/seguito di A Million Other Things)
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'A Million Other Stories'
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La luna appariva malinconica, nel cielo terso sopra New York.
 
Oh, luna.. se solo tu potessi parlare..
Un sospiro, prima di appoggiarsi allo schienale della poltrona e lasciarsi andare, il naso all'aria ed un desiderio immenso ed inspiegabile di non essere ora, di non essere qui.
Di non essere mai esistito.
 
Poi, quella voce. La voce minuscola e viva che lo riportava indietro, lasciandogli ricacciare indietro le lacrime insieme ai pensieri negativi.
Papà..?
 
- Sono qui, cucciola.
 
Katie aspettava che la voce scura del padre le desse il segnale, ed allora avanzava, piano piano, fino a raggiungere quel posto che sapeva un po' di magico, ai suoi occhi di bambina.
La poltrona. Quella fatta a sdraio e morbida, imbottita di tessuto rosso. Quella che la zia Pepper aveva regalato alla mamma per il matrimonio, e che lei adorava mentre papà bofonchiava che sarebbe stata più stylish in verde.
La mamma rideva, raccontando della faccia di papà mentre pronunciava la parola stylish. E poi gli faceva l'imitazione, lasciandola ridere mentre lui sbuffava guardando in su.
Poi le raccontava di quante volte l'aveva usata, quando aveva da calmarle il male al pancino o anche solo darle il latte quando era piccola, piccola così. E lei l'ascoltava affascinata, come le avesse parlato di un luogo incantato.
 
E la poltrona rossa lo era, un luogo incantato. Lo era davvero. Era l'oasi pacifica fra gli incubi, la luce amica della luna. Era l'abbraccio forte di papà, il suo respiro sotto il viso.
 
Un attimo lunghissimo, ad osservarla. La poltrona e papà. Adesso era al sicuro.
 
- Hai di nuovo fatto un brutto sogno? - Loki si spostò appena, tendendo la mano.
Rispose facendo appena cenno di sì con la testa.
- Me lo vuoi raccontare?
- C'è un mostro..- lei esitò ancora, intrecciando le dita e stringendole fra loro.
- Più brutto di papà quand'era cattivo?
 
Di nuovo un sì.
- Il mostro rosso, che se gli tagli una testa ne crescono tre..
 
Loki aggrottò le sopracciglia. No, questo non ricordava proprio d'averlo, nel curriculum. Con tutto rispetto parlando. Chitauri, Nani, Elfi. Thanos. Ma non ricordava di nessun nemico o alleato del passato che fosse rosso o dotato di quella caratteristica.
- Era.. ricordi altro?
La bambina avanzò, leggera. Piedi nudi, capelli spettinati. Un sospiro, prima di chinarsi a raccoglierla contro il proprio petto, come ormai stava accadendo sempre più spesso in quelle notti di primavera.
 
- Non era il mio sogno..- mormorò quella vocina, stretta alla sua maglietta - era il sogno dello zio Steve..
- Co.. come? - Loki si scostò appena, andando ad indagare negli occhi impauriti della figlia - tu.. tu hai visto un sogno di..?
Quella testolina scura fece ancora cenno di sì.
- Adesso sei al sicuro, cucciola. Se c'era qualcosa, in quel sogno, che ti ha spaventato, adesso non c'è più. Non può più farti del male, ok?
- Distruggerà tutto..- mormorò quella voce, ridotta ad un filo.
 
Non l'avrebbe mai immaginato, quanto potente fosse la dote di sua figlia.
Lungo le notti che seguirono quella, i sogni iniziarono ad intrecciarsi, collegarsi, passando dalle menti di Natasha e Steve a quelle di Sara.. fino a Phil.
No, questa devo dirgliela. Coulson, mia figlia riesce a leggerti nei sogni. Voglio assolutamente vederla, la faccia che farà.
 
Non era arrivato in tempo.
L'helicarrier che si schiantava contro la base, lo Shield che si sgretolava. Gli occhi chiari e colmi di disincanto di Maria Hill. L'uomo cattivo che costringeva Sara ad inginocchiarsi, prima di tendere una lama e puntarla sul suo collo, incidendo fino a far sgocciolare il suo sangue.
 
Lo stesso viso, teso verso l'orizzonte e rigato da un'unica lacrima.
Farà male a Sara.. devi fermarlo, papà..
 
Credo che dovremmo parlare.
 
Natasha l'aveva fissato a sopracciglia aggrottate, abbassando solo per un attimo lo sguardo su quella mano a trattenerle il braccio.
- Di che..?
- Di quello che sta succedendo.
- E' per lei, vero? Per tua figlia.- lei l'aveva lasciato annuire, facendosi appena più dolce - questa non è la migliore delle situazioni, per una bambina di quattro anni. Dovresti.. sì, faresti meglio a portarla ad Asgard, per un po'. Anzi.. potreste andare insieme, anche tu e Sif. Sareste al sicuro. Sempre che a casa tua non ci siano guerre in atto, al momento.
- Il mio posto è questo, Natasha.
- E per fare che? Sei un umano, ora. Nessun potere. O te lo sei scordato?
- Smettila.
- Questa è la nostra guerra.. Lucas. Stanne fuori.
- AH. E chi vi rattopperà, quando ne uscirete in pezzi?
- Lo-
- Smettila tu, adesso. E ascoltami bene.- lui strinse appena la presa sul braccio della donna, senza smettere di sfidare il suo sguardo - NON HO paura per mia figlia. Ha quattro anni, e sa cavarsela meglio di me. Ha poteri che conosco e che temo. Per lei, e per chi la circonda in questa torre. Mia figlia vede.
- Che significa, vede?
- Può leggere nei pensieri e nei ricordi. Di tutti, nessuno escluso. Ha riconosciuto nel.. ragazzo di Sara un nemico. Mi ha raccontato tutti i sogni di Steve da quando è tornato dall'ospedale e Tony l'ha fatto trasferire qui. Ha visto te, bambina. E la Red Room attraverso i tuoi occhi. Sa quello che ti hanno fatto, Natasha. Sa quello che ho visto io nella testa di Clint quando l'ho sottomessa con lo scettro, ha visto le mie mani sporche del sangue di suo fratello e Thanos che mi trafiggeva. Ha visto il simbolo dell'Hydra che scuriva il cielo sopra il Triskelion.
- Metà delle cose che dici l'hanno mostrate al telegiornale, Loki.- replicò lei, cercando di mascherare quel tremito nella voce con una vena d'ironia - non dovreste lasciarla sola, davanti alla televisione.
- Perché ci tieni così tanto, a catturare l'amico cattivo di Steve?
 
A quella domanda, Natasha non trovò parole. Eppure la risposta la conosceva bene.
Strinse le labbra, deglutì, senza staccare gli occhi da quelli del principe nero.
- Ha fatto del male a troppe persone. A Fury, a Darcy. A Steve.
-..E a te.
- OH. Adesso l'hai capito, perché non porto il bikini.
- Nat.- lui scosse appena la testa - non prendermi in giro. Resti giovane come me. Il tuo corpo si rigenera con velocità invidiabile. E non dire che c'entra il sangue di Sara.
- Chissà.- quella sollevò le spalle, svogliata. Loki aggrottò le sopracciglia. E a lei non restò che cambiare tono - già. Chissà che c'era, nel siero. Roba aliena? Chimica sperimentale come per quello di Steve? Siamo tutti collegati da un sottilissimo filo rosso.. ma questo lo sai meglio di me.- sollevò l'indice, interrompendo sul nascere la prossima domanda - Katie vede. E scivola via dal letto per raccontarlo a papà.
- Tu.. come..?
- Come faccio a saperlo? - Natasha sollevò di nuovo le spalle, ma stavolta la voce aveva perso quel velo d'ironia - è quello che avrei fatto io, se solo avessi..- raccolse il fiato: adesso la mano di Loki non la stringeva più, e sembrava davvero partecipe e dispiaciuto -..spero non sia l'ennesima delle tue fregature, o la pagherai cara. Non ho idea da dove provenga, o cosa sia. Mi hanno iniettato quella roba, c'è stato l'addestramento. Ero poco più che una bambina, o almeno questo è tutto ciò che riesco a ricordare. E poi ricordo lui.
- Lui?
- Lui. L'amichetto cattivo di Steve. Odessa non era la prima volta, in cui lo incontravo. Ma gli altri sono solo flash, ricordi confusi. Credo di aver subito una sorta di.. riprogrammazione. Te l'ho detto, che prima di finire nella rete dello Shield non ero propriamente una brava persona?
 
Ecco. Adesso il velo della sua ironia risaliva, a coprirla tutta come la nebbia su uno stagno in una gelida mattina d'inverno. A difenderla, come un invisibile scudo.
Natasha, e l'inverno. La connessione.
 
- C'era anche lui, là, con te.. vero?
- Non sei l'unico cattivo che esista al mondo, sai?
- Non rispondere con domande. Sai che non lo sopporto.
- Ti dovrai adattare, principe nero. Ti sei pentito, affari tuoi. A cosa ti servirebbe il mio aiuto?
 
Loki non aveva nessun potere. Neppure contro la curiosità di sua figlia, quell'istinto naturale che sapeva suo malgrado di averle trasmesso.
 
Alla fine, l'uomo che avrebbe dovuto far del male a Sara era morto. L'altro, quello mandato per avere il suo sangue con le buone o con le cattive, giaceva in un letto della recovery area della Tower, incatenato da un braccialetto elettronico capace di tramortirlo con una scarica elettrica al minimo tentativo di fuga. E la donna che avrebbe dovuto offendere con un colpo di lama aveva usato la stessa arma per piegarlo e ridurlo allo stato di prigioniero.
Chissà, forse aveva già parlato, con le buone o con le cattive.
 
Fuori dalle sue mura sicure tutto stava andando in frantumi, e la Tower attendeva un nuovo ospite, adesso.
L'uomo con cui Katie non avrebbe mai e poi mai dovuto entrare in contatto.
 
- No. Nel modo più assoluto.- Loki aveva sollevato entrambe le mani, provando a far valere le proprie ragioni - è una bambina, non la userete per fargli ricordare un bel niente. Avete i suoi trucchetti, usate quelli.
Il pollice puntato su Tony, che alle sue spalle stringeva appena le labbra ed annuiva con evidente sforzo.
- Non dire che anche tu sei d'accordo con quest'idea! E'.. è pura follia! - al suo tentativo di schiarirsi la voce per intervenire, Loki s'era voltato di scatto - inventati qualcosa, quello che ti pare! Mia figlia starà LONTANA da quell'uomo, capito?
- Senti.. ragiona. Lui.. lui ha nella sua testa un'infinità di risposte. Omicidi politici, la scomparsa di tutte le persone della lista nera dell'Hydra. Persone che hanno bisogno di giustizia.
-..Almeno quanto tu hai bisogno di sapere se è stato lui ad uccidere i tuoi genitori? - quello lo puntò, incattivito - o quanto tu vuoi ricordare che diavolo t'è successo fra una missione omicida e l'altra? - si rivolse a Natasha, che forse per la prima volta in tutta la vita non riuscì a sotenere uno sguardo, poi a Steve, che lo spostò praticamente subito - e tu? Tu cosa vuoi sapere, a che genere di torture hanno sottoposto l'essere che credi tuo amico? NO. E' mia figlia, la porterò via da qui e non ci rivedrete mai più.
Voltò le spalle, dirigendo i propri passi verso l'uscita. Muscoli tesi e mani strette a pugno fino a veder sbiancare le nocche. Non aveva mai provato così tanta rabbia, tutta insieme. Neppure quando aveva saputo della propria provenienza e del perché di quella pelle blu.
- Loki, aspetta! non-
 
La voce di Tony fu spezzata sul nascere, dalla meno attesa delle risposte.
 
Katie era in piedi, sull'orlo della porta. Comparsa dal buio come un silenzioso fantasma, teneva lo sguardo fisso avanti a sé e sembrava leggerli. Tutti, nella testa e nel cuore.
Non serviva neppure che gridassero tanto.
 
- Andiamo, cucciola.- suo padre le scivolò accanto, tendendo la mano ad acchiapparle il braccio ed attirarla con sé. Uno strattone, leggero, e la bimba non si mosse.
- Andiamo, su.- Loki fece un secondo tentativo, aumentando sensibilmente l'energia. E poi si bloccò sui propri piedi, fissandola con stupore e quasi paura.- Katie..
Silenzio. La bimba continuava a fissarlo da sotto in su, con la tipica insistenza di quando le bastava uno sguardo, per chiedere di sapere.
 
Sapere. Katie voleva sapere. E Loki si stava domandando seriamente cos'avesse a che fare, questo, con la semplice curiosità di una bambina.
- Cucciola, per favore.- provò ad insistere, e tutto quello che quella vocina rispose fu un minuscolo mormorio.
 
Lui non è cattivo, papà..
 
Il cuore dritto dal petto in gola. L'avevano portato meno di un'ora prima, stessa modalità e stesso telo bianco con cui era arrivata Sara. Niente uomini in nero, a muovere i propri passi giù dall'elicottero, solo zia Nat e quel suo piccolo seguito di visi incupiti dalla rabbia e dal dolore.
- Ha fatto del male a tantissime persone, Katie.- si piegò sulle ginocchia, arrivando all'altezza della figlia e provando a convincerla con la dolcezza - anche a Darcy, alla zia Nat. Alle persone a cui vuoi bene.
- Anche tu..- rispose quella, sguardo sempre fisso nel suo e le lacrime ad incrinare quella vocina.
Piegò la testa, andando ad appoggiare la guancia contro quella della bambina, raccolse il respiro e sollevò gli occhi sui compagni, prima di prenderla fra le braccia:
- E va bene, Stark. Ma solo ad una condizione. Studierai le capacità di mia figlia per produrre uno dei tuoi macchinari. Hai il permesso di prelevarle il sangue e testare i suoi poteri. Ma non toccherà quell'uomo, né lo avvicinerà. PER NESSUN MOTIVO.
- Hai la mia parola.- Tony non appariva assolutamente divertito, mano sul petto e respiro rarefatto.
 
Notte. Il cielo di nuovo curiosamente limpido accoglieva uno spicchio di luna calante. Un'ombra si muoveva leggera sulla terrazza oltre il salone. Piedi nudi, passi incerti e lenti. Lo sguardo a vagare intorno, ancora confuso.
 
Dove sono..? Che.. che posto è questo? E perché..?
Non ricordava New York. O almeno, non la ricordava così, con tutte quelle luci sotto di sé ed intorno a quella terrazza. Qualcosa non corrispondeva all'immagine che ogni tanto riaffiorava nella sua mente.
 
Trovò il muretto che bordava quello spazio, tese le mani contro la ringhiera e vi strinse le dita attorno, prima di lasciarsi andare scivolando seduto contro quella lastra di vetro.
Le dita. Sollevò le mani e tornò ad osservarle, per un lunghissimo istante. Strano. Non ricordava di aver avuto altro che sangue e metallo, al posto di quella mano sinistra. Forse aveva solo sognato.
 
O forse era adesso, che stava sognando..
 
Cicatrici. Quelle c'erano ancora, a sfregiargli la pelle. Delle mani, delle braccia, lungo il petto ancora decorato da quei curiosi cerotti con la capocchia colorata.
Rosso, giallo. Ricordava di averli già avuti, addosso. Ma era successo in un altro luogo e in un altro tempo, di questo era sicuro.
Tese la mano destra ed iniziò a staccarli, uno ad uno, lasciandoli cadere a terra accanto a sé, aspettandosi di venire circondato da un momento all'altro da uomini armati. Silenzio. Il bracciale che l'uomo del ponte gli aveva legato al polso continuava ad emettere minuscole pulsazioni verdi.
Nulla. Nessuna azione, nessun dolore improvviso.
Silenzio.
 
Spostò di nuovo lo sguardo oltre il profilo della torre, e poi su, verso quel luminoso spicchio di luna. Le labbra si stirarono in un sorriso, chiudendo gli occhi ed assaporando il piacere della brezza che gli portava una musica minuscola e lontana.
La musica era diversa. Ma era certo di aver già vissuto anche un momento simile.
 
C'era stato un tempo in cui aveva avuto un nome ed una vita.
Un tempo in cui era stato libero.
 
Un fruscio improvviso lo fece trasalire, captando la sua attenzione ed obbligando tutti i suoi muscoli ad irrigidirsi.
 
Una bambina.
 
Lo stava osservando, immobile e silenziosa. Lunghi capelli lisci e neri ad inondarle le minuscole spalle, un abitino candido e lungo che quasi le copriva i piedi nudi. Lo osservava e sembrava cercare di leggergli dentro, col solo potere di un paio di limpidissimi occhi verdi.
 
- Che..- la voce gli sfuggì leggera e roca - chi sei..? Non dovresti essere qui.
- Neanche tu..
- Oh..- lui notò lo spostarsi di quello sguardo sul bracciale, e sollevò il polso - sai..? Possono farmi quello che vogliono. Non è la prima volta.. c'è già, il dolore, nei miei ricordi.. da qualche parte.
 
La bimba avanzò di un paio di passi, piegando appena la testa da un lato e continuando ad osservarlo.
- Non.. smettila di guardarmi così.- lui mosse appena una mano, come a scacciarla - non dovresti essere neppure qui. Sei solo una bambina.. e io.. vai via.
- Non sei cattivo..- replicò quella, leggera leggera, arrivandogli accanto.
- Sei tu, vero? - la lasciò assottigliare lo sguardo -..la bambina di cui parlavano. Quella che può leggere i ricordi.- la vide annuire, e spostò lo sguardo verso lo skyline - li ho sentiti, sai. Loro non vogliono che tu mi stia vicino. Non.. non devi vedere i miei sogni. Non importa quello che dicono. Non voglio. Non voglio ricordare.
- Hai paura..?
- Sì.
 
Ecco, l'aveva detto.
Strano, non aveva mai avuto paura. Non che ricordasse. Se chiudeva gli occhi, davanti aveva solo sangue, e morte, e uomini e donne che avevano paura. Loro, di lui. Della morte che avrebbero avuto dalle sue mani.
Era la prima volta, che confessava di avere paura.
 
Di cosa, poi? Di una bambina..? Sei tu, quello che può farle del male. Non lei a te.
 
Non mi farai male.. non sei cattivo..
Chiuse gli occhi, li strizzò con forza. Quella vocina insisteva, dritta dentro la sua testa.
- Vattene..- mormorò - per favore..
 
Le mani a stringere le tempie, il fiato corto, il cuore in gola. Il tepore di quelle minuscole dita sulla pelle, poco oltre le cicatrici che gli sfregiavano la spalla.
I cattivi non ci sono più..
 
- Io sono il cattivo, io! Ho ucciso..- aprì gli occhi, e la trovò ancora lì, quasi addosso a lui, che tendeva appena le mani come a chiedere di essere presa in braccio.
Un sospiro.
- E va bene..- tese le mani, la raccolse e lasciò che gli si accoccolasse contro il petto - però.. però se c'è qualcosa nei miei ricordi che ti spaventa voglio che me lo dici. E vai via. Ok..?
 
Katie annuì, leggera, continuando a trattenerlo nel suo minuscolo e tenace abbraccio.
L'abbraccio per non essere triste..
 
Un invisibile pugno a stringerle il cuore, lì, nell'angolo buio in cui s'era nascosta a controllare le mosse del Soldato d'Inverno. Tese le dita, portò le mani sulle spalle come a confortarsi con un abbraccio.
 
Era stata lei, a lasciargli aperta la porta della stanza. Lei, a proporre di non bloccarlo tramite il bracciale.
- Aspetta..- aveva trattenuto la mano di Tony, già pronta sullo schermo olografico che riproduceva il sistema di allarme della recovery area - vediamo che fa.
- Non voglio problemi, Nat.- aveva replicato quello, guardandola da sopra la spalla con una velatura di rabbia nella voce - se fa qualcosa di storto..
-..La responsabilità è la mia, ok.- lei aveva storto appena le labbra.
- Cos'hai intenzione di dire a Clint?
- Quell'uomo è il mio passato, Tony. Un passato che non desidero più.
 
Sicura..?
Eccola, la domanda che aveva cercato di respingere con tutta sé stessa. Forte e chiara a riempirle la testa, insieme all'insensata speranza che quell'uomo ricordasse.
Che ricordasse lei, i momenti vissuti fianco a fianco. Andavano bene anche disordinati ed intrecciati, così come affioravano di volta in volta nella sua mente.
Che ricordasse, con quella bambina addosso, di averne tenuta un'altra fra le braccia.
 
Solo per pochi istanti, sotto lo stesso spicchio di luna. Tantissimo tempo fa.
  
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