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Autore: Iaiasdream    22/06/2014    0 recensioni
Questa storia vera o falsa che sia, è stata raccontata di generazione in generazione fino a giungere a me che con l’irrefrenabile agilità delle mie mani, ho unito, una dopo l’altra, le parole che la compongono.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La fortuna di compare Donato
 
Le chianche che rivestivano le strette e povere strade di un lontano paesello, ardevano sotto il cocente sole di quell’estate afosa. Uno dei tanti animaletti che abitava il sottosuolo di quel povero villaggio, abbandonò la sua tana, scavata nella pietra tra il marciapiede e la strada, in cerca di qualche mollica che avrebbe potuto saziare la sua inesauribile fame. Nascondendosi abilmente, dalla vista dei passanti, giunse davanti la porta di un sottano dal quale l’odore di cuoio aleggiava di poco nel piccolo quartiere.
Questa era la piccola bottega di un povero calzolaio, che lavorava incessantemente senza avere mai la fortuna di portarsi a casa un tozzo di pane. Si chiamava Gennaro, e tutti in paese lo chiamavano aggiungendo quel nomignolo che si soleva dare alle persone ben conosciute: Compare Gennaro.
Chiunque, soprattutto i forestieri, sentendo le persone salutarlo in quella maniera, avrebbero potuto pensare “Chissà chi è questo Compare Gennaro?”, “dovrebbe essere una persona importante…”, ma, nessuno sapeva che, quel “Compare” era solo un nomignolo datogli per riconoscenza verso suo fratello: Compare Donato, l’uomo più importante della contea, ricco, ma avaro.
Gennaro, in confronto a suo fratello, aveva la fame, che con il passere dei giorni, nonché anni, consumava lui e la sua famiglia: la moglie e due bellissime figlie.
Donato, invece, sfoggiava e vantava ricchezza, ma aveva una moglie e due figli che facevano invidia al viso degli animali più brutti che la terra potesse avere.
I due fratelli non si parlavano, ne si vedevano, e se qualche volta il povero Gennaro chiedeva di essere ricevuto al cospetto di Donato, quest’ultimo lo ignorava senza alcuna esitazione.
Gli anni passavano, il calzolaio e la sua famiglia diventavano più secchi di un bastoncino di legno, e il ricco proprietario terriero, toglieva uno alla volta i bottoni delle sue camicie di seta, talmente la pancia cresceva a dismisura cercando spazio tra quegli abiti così costosi.
Quel giorno, in cui il sole bruciava l’aria più del solito, la moglie del calzolaio, dopo che il marito fece ritorno a casa, ebbe il coraggio di chiedergli di ritornare da suo fratello per cecare aiuto << Le tue figlie hanno smesso di crescere… >> aggiunse la moglie << la fame ci sta divorando, va da tuo fratello, e chiedi aiuto. Possibile che essendo fratelli, lui abbia più fortuna di te? >>
Compare Gennaro guardò la moglie, dicendosi che d’altro canto non aveva tutti i torti. Raccolse le poche forze che lo reggevano ancora in piedi, si mise il basco sulla testa e uscì di casa deciso sul da farsi.
Quando giunse alle porte dell’immenso e ricco palazzo di suo fratello, il valletto, che andò ad aprirgli, lo riconobbe e sapeva già quello che doveva fare: lo fece attendere fuori e si recò nello studio del suo padrone, bussò e aspettò il permesso per entrare. Quando Compare Donato lo fece entrare, questo educatamente annunciò la visita di Gennaro.
Donato, già grosso di per se, gonfiò le sue enormi guance per dar sfogo al suo solito sbuffare infastidito ogni volta che sentiva nominare il calzolaio.
<< Ho capito! >> esclamò con voce pesante << fallo entrare, altrimenti non ce lo toglieremo più dai piedi! >>
Il valletto ritornò alla porta e, facendo accomodare Gennaro, lo condusse allo studio del suo padrone. Non appena quest’ultimo lo vide, lo fulminò con gli occhi chiedendogli bruscamente << Che cosa vuoi?! >>
<< Donato, fratello mio, sono venuto a chiederti aiuto >>
<< Ancora? >>
<< Ti prego fratello, aiutami, la mia famiglia e io stiamo morendo di fame. Tu hai più fortuna di noi, sei ricco >>
<< E con questo? Cosa vuoi dire? >> chiese il ricco ancora più scorbutico.
<< Siamo fratelli, come fai ad avere così tanta fortuna? >> ribatté il povero unendo le mani a mo’ di preghiera e scuotendole leggermente.
<< Appunto! >> esclamò il ricco << non devi venire da me! Va a lamentarti dalla mia fortuna! E chiedile per quale motivo mi ha reso tale?! E fammi un favore, se la incontri, dille di non darmene più perché quella che ho già non so dove metterla! >> continuò facendogli cenno con la mano di uscire.
Gennaro lo guardò allibito, e da quel gesto capì che il fratello non voleva aiutarlo affatto. Uscì dal palazzo abbattuto più di prima, e quando si ritrovò per strada iniziò a chiedersi cosa avrebbe dovuto fare. Neanche le lacrime volevano uscire, ché la povertà comprendeva anche quelle, poi un lieve odore di salsedine, invase le sue nari, distogliendolo da quei pensieri che a poco a poco tendevano a diventare più tragici. Seguì quel profumo, e si ritrovò davanti al vasto mare agitato e dalle grigie nuvole che lo minacciavano dall’alto. Un pensiero sarebbe potuto giungere a voi lettori, che forse nella disperazione, il povero calzolaio, abbattuto e sconfitto, avrebbe deciso di passare a miglior vita annegando nelle alte onde dell’agitato mare, e invece, l’unica cosa che Compare Gennaro fece, fu gridare alla fortuna.
<< La fortuna di Compare Donato!!!... la fortuna di compare Donato!!! >> urlò a squarcia gola.
Dopo tanto tempo, passato a urlare come un ossesso, in cielo un forte e spaventoso fulmine, colpì in pieno un’onda del mare, dalla quale, sotto lo sguardo impietrito del calzolaio, uscì una vecchia più brutta di una strega, facendo ravvedere all’istante il povero, che forse la fame era migliore.
Questa con fare agitato esclamò bruscamente facendo riecheggiare nell’aria una gracchiante voce << Chi è?! Che cosa vuoi dalla fortuna di Compare Donato?! >>
<< Madonna mia! >> esclamò spaventato il calzolaio, pentendosi di averla chiamata, poi facendosi coraggio continuò << Sono il fratello di Compare Donato >>
<< E allora? Che vuoi?! >> ribatté spazientita la vecchiaccia.
<< Mio fratello ha detto di avvisarvi che non vuole che continuate a dargli fortuna perché quella che ha è troppa! >>
<< Ingrato!!! >> urlò la fortuna << dopo tutti gli sforzi che faccio per renderlo fortunato, è così che mi ringrazia?! Va a dire a tuo fratello che di fortuna più ne ha e più ne avrà! >>. Detto questo, la fortuna sprofondò nel mare, lasciando Compare Gennaro più allibito di prima.
Il pover uomo ritornò a casa, e quando andò a coricarsi, ripensò a ciò che aveva visto quel giorno, allora decise << Sono curioso di sapere com’è la mia fortuna >> e si addormentò.
L’indomani, svegliatosi presto, tornò in riva al mare e riempiti i polmoni d’aria, urlò << La fortuna di compare Gennaro!!!... la fortuna di compare Gennaro!!! >> dopo un po’ dal calmo mare uscì una creatura a dir poco bellissima, una donna dai lunghi capelli biondi che brillavano al sole, tutta vestita di bianco.
Compare Gennaro, rimase estasiato nel guardarla. Questa, si stiracchiò e sbadigliando, volse lo sguardo verso l’uomo e chiese dolcemente << Chi sei? Perché mi hai destata dal mio lungo sonno? >>
“Ecco perché!” pensò subito il calzolaio capendo il motivo della sua povertà.
<< Cosa vuoi? >> chiese ancora l’assonnata fortuna.
<< Niente >> rispose Gennaro fissandola affascinato << ritorna a dormire, aver visto la tua bellezza, ha appagato la mia curiosità >>
La fanciulla scomparve nel mare. Gennaro fece ritorno a casa.
L’estate passò in fretta, ma la fame no. Giunse, freddo e nevoso Natale, e qualche giorno prima, la moglie del calzolaio, ritornò a lamentarsi dal marito.
<< Gennaro, marito mio, tra pochi giorni è Natale, ritorna da tuo fratello, e chiedigli aiuto, non penso che si rifiuterà, in fondo a Natale, si è tutti più buoni >>
Tra l’insistenza della donna e i no del marito, quest’ultimo si rassegnò decidendo di ritornare dal fratello che, come lo rivide, perse la pazienza ed esclamò << Ma io non ti dissi di andare a lamentarti dalla mi fortuna? >>
<< Fratello mio, io ci andai, e dovevi vedere che aspetto aveva! Spaventato com’ero, le dissi di non darti più fortuna, ma lei mi rispose che più ne avevi e più te ne avrebbe data >>
Compare Donato sospirò rassegnato << Senti… >> disse a suo fratello << solo perché è Natale. Va giù in cantina e vedi che lì, tengo rinchiusa una scimmia, non le do mai da magiare perché spero che un giorno o l’altro possa morire e togliersi di mezzo. Se non è ancora morta, prendila e portala via >>
<< Una scimmia? >> chiese allibito Gennaro << e cosa me ne faccio di una scimmia? >>
<< Falla a brodo, falla arrosto, basta che me la togli davanti e non ti fai più vedere! O la scimmia o niente! >>
Il povero Gennaro, si recò in cantina e titubante, prese con se l’animale portandoselo a casa. Quando lo presentò alla moglie, questa lo guardò spaventata.
<< Ma cosa ti ha dato? Che ne facciamo di questa scimmia? >>
<< Ce la mangiamo >> rispose Gennaro.
<< E come vuoi che la cucini? E poi la carne di scimmia deve essere anche dura >>
<< Moglie mia! >> esclamò il calzolaio << la fame è fame, accontentati di ciò che hai. Fa una cosa, tagliamoli la testa così non sembra più una scimmia e da cotta ci passa il pensiero >>
La donna si convinse, prese un bastone e colpì in testa l’animale, facendogli perdere i sensi, poi con un grosso coltello le mozzò la testa con un sol colpo. Ciò che ne uscì, fu tutt’altro che sangue. I due poveri coniugi si guardarono negli occhi sbalorditi e increduli: dal corpo della scimmia, uscivano a cascata mille e mille monete d’oro.
Come aveva ben detto Compare Donato, quella scimmia, rinchiusa nella cantina, non veniva mai sfamata, ma l’avaro, non sapeva che l’animale affamato com’era, aveva trovato sfogo nei sacchetti pieni di denaro custoditi in quel posto.
Gennaro, pensò che finalmente la sua fortuna che vestiva i panni di una bellissima fanciulla, si era destata dal suo lungo sonno, così decise con la moglie di tenere i soldi e di non dire niente a suo fratello.
Da quel giorno la loro vita migliorò. Il sottano del calzolaio, diventò una vera e propria bottega dove anche i più ricchi spendevano le loro ricchezze per avere scarpe comode ed eleganti. Il pover uomo non fu più povero e finalmente le sue figlie poterono crescere senza patire la fame e trovarsi anche un buon partito.
Il tempo passava, la ricchezza cresceva ed era anche evidente, il paesello chiacchierava, ed essendo piccolo, quelle chiacchiere raggiunsero le orecchie di Compare Donato, il quale si iniziò a chiedere dubbioso che cosa era successo da far diventare una persona ricca così velocemente.
Curioso lo mandò a chiamare. Compare Gennaro si presentò al suo cospetto in compagnia delle sue bellissime figlie tutte vestite per bene.
<< Cosa vuoi? >> chiese gentilmente il calzolaio a suo fratello.
<< Dimmi un po’, ma come hai fatto a diventare ricco in così poco tempo? >>
<< Ricordi la scimmia che mi desti a Natale? >>
<< Sì >>
<< La uccidemmo e dal suo corpo uscì una montagna di monete d’oro >>
<< LA SCIMMIA MIA!!! >> urlò Compare Donato portandosi le mani al petto e, emanando l’ultimo grido, spirò.
Chi non accetta ciò che ha, presto o tardi se ne pentirà.

 
   
 
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