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Autore: Severa Crouch    22/06/2014    1 recensioni
Questa storia nasce in occasione del compleanno di Pseudopolis Yard.
Dal primo capitolo:
Il primo a voltarle le spalle era stato proprio lui, quando aveva conosciuto Audrey, e l'aveva sposata, e aveva avuto due bellissime bambine ed era tornato a pensare alla propria carriera al Ministero; poi c'era stata Med, che era così assorbita da Oliver e dal campionato di Quidditch - lei! - e dai turni del San Mungo da non riuscire a gestirla insieme al resto; infine, c'era stato Charlie.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Weasley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Il gufo era di Med e portava una lettera dal tono preoccupato, furente, preoccupato, gioioso, per finire minaccioso, come sempre Med terminava le sue missive. In quella lettera lunga circa due rotoli di pergamena, l'amica le raccontava di quanto l'avesse cercata, delle preoccupazioni, dei timori e dei controlli che faceva giornalmente al Pronto Soccorso per Maghi per sapere che fine avesse fatto la sua migliore amica.

Raccontava anche di come stava andando la storia con Oliver, di come il Portiere e l'infermiera fossero una coppia fissa e avessero iniziato a convivere da un po' di tempo. Aggiunse che Oliver non era male, sebbene fosse un Grifondoro. Poi, le diede la notizia del matrimonio con il solito tono entusiasta di Med, ed esigeva che lei fosse presente. Spiegava che il giorno stesso che Oliver le aveva fatto la proposta, Med aveva pensato di doverlo dire per prima a Fera, perché c'era bisogno che loro due analizzassero la faccenda insieme, come sempre avevano fatto. Insomma, sposarsi era un gran passo e bisognava farlo con convinzione, non come quell'idiota di Bill Weasley.
Med si era quindi accorta di non avere idea di dove fosse finita Fera e che le venne un'illuminazione, forse un briciolo di quella Vista che tanto aveva fatto disperare la Cooman. Insomma, le era venuto in mente Percy – e la cosa era rivoltante – ma si era decisa a dare retta a quell'immotivata e irragionevole illuminazione ed era andata proprio da lui. Lo aveva rinchiuso in ufficio e costretto a dire dove si fosse nascosta la sua migliore amica, sotto lo sguardo terrorizzato di Audrey.

Med si perdeva in disquisizioni su quanto una Serpeverde arrabbiata e motivata potesse essere terrificante, finché Percy non le aveva rivelato di aver saputo che Fera lavorava a Roma. Audrey aveva lanciato uno sguardo sorpreso e arrabbiato verso Percy, ma Med non aveva capito cosa potesse voler dire anche se era quasi certa di aver fatto una gaffe imperdonabile. Ad ogni modo, l'importante era il risultato e lei aveva saputo dove trovare la sua amica, così era corsa a cercare un gufo internazionale per spedire questa missiva e invitare la sua migliore amica in Inghilterra per organizzare il matrimonio e piantarla di fare l'eremita.
Med si diceva ancora preoccupata per lei, e concludeva dicendole che aveva sguinzagliato informatori per tutta Roma e che se non si fosse presentata entro una settimana sull'uscio di casa sua... beh poteva star certa che sarebbe stata lei a comparire sull'uscio di Fera e non sarebbe stato piacevole.

Fera sorrise nel leggere il racconto dell'amica. Si domandò se Percy non fosse finito nei guai per causa sua – ma perché poi? - così prese un po' di fogli, la sua bic inseparabile e scrisse una risposta per Med, visto che il gufo si era appollaiato sulla sedia di fronte a lei e la guardava con aria minacciosa.

“Ti prendo acqua e un po' di... ti piace il salame? Ci sarà da pazientare un po'.”

Scrisse una risposta a Med rassicurandola sul fatto che quasi certamente non aveva messo nei guai Percy, perché sì, si erano visti ma avevano parlato dei tempi di Hogwarts e lui si era detto innamorato di Audrey e non c'era nulla da temere. Poi, le raccontò di Federico, di quanto aveva appena scoperto e del fatto che tra un mese sarebbe terminato il suo contratto di lavoro al Museo della Basilica e che quindi avrebbe dovuto attendere fino a quel giorno prima di tornare in Inghilterra – insomma, Med conosceva fin troppo bene la precisione di Fera! - e pertanto la invitava ad attuare la minaccia non tra una settimana, ma tra un mese nel caso Fera non si fosse presentata sull'uscio di casa.
Aggiunse che aveva imparato un'enormità di cose dai Babbani e che addirittura aveva imparato ad usare la tecnologia! Concludeva la lettera dicendo di non vedere l'ora di riabbracciarla e che in quel mese avrebbero potuto continuare a scriversi via gufo, ma che avrebbe dovuto attendere il gufo di Med per le risposte perché Fera non aveva idea di dove trovare un gufo a Roma, considerato che era pieno solo di piccioni e gabbiani.

Stava guardando il gufo spiccare il volo quando suonò il citofono: era Federico. Adesso, Fera si sentiva più forte di mezzora prima. La lettera di Med l'aveva sollevata: lei non era sola, lei aveva degli amici che si erano preoccupati della sua scomparsa, che l'avevano cercata e che erano disposti a mandare gufi minatori pur di rivederla, e questo era qualcosa che quell'insulsa Giada non avrebbe mai avuto.

Federico entrò come se niente fosse, anche se la sua espressione cambiò radicalmente quando vide Fera con le braccia conserte che indicava la foto in cui lui ballava con Giada.

“Fera... posso spiegare...” fu il pessimo inizio.

“Fammi capire, anche lei ha sangue di Veela e ti è impossibile resisterle?” domandò sarcastica.

“Sangue cosa?”

Ovvio, non poteva capire quelle battute, non sapeva cosa fossero le Veela.

“Era una festa, dovevamo curare le pubbliche relazioni...” continuava a giustificarsi.

“E tu lo hai fatto molto bene a giudicare dai commenti che si leggono... Fede, ti stai dando la zappa sui piedi. Sparisci prima che perda la pazienza.”

“Fera, io ti amo, io non so cosa mi è preso...”

“Stai peggiorando la situazione. Vai da Giada – sì, so come si chiama – che sa che stai pensando a lei. Hai fatto la tua scelta, ed io sto bene. Vai.”

Fera era irremovibile, in quell'istante rivedeva Bill Weasley, sentiva le farneticazioni che le aveva raccontato Med e ciò la rendeva solo più determinata a non volerlo avere tra i piedi. Se c'era da allontanare le persone, poi, Fera era un fenomeno ad usare la freddezza.

“Sono certa che lei sia una fidanzata all'altezza di un professionista, secondo i canoni di tua madre, che non lavora in un Museo. Vai, sarete... siete una coppia bellissima.”

“Fera...” Federico provò ad avvicinarsi e attirare Fera verso di sé. No, l'aria da cucciolo bastonato non avrebbe funzionato. Allontanò violentemente il braccio dalla sua presa e gli disse: “Non osare toccarmi. Sparisci dalla mia vista. Adesso.”

Federico, forse anche spaventato dal possibile uso della bacchetta magica, indietreggiò e provò a domandare: “È possibile che resteremo amici?”

“Non pensarlo neanche...” rispose Fera sbattendogli la porta in faccia.

Forse era stata un po' troppo brusca, ma che cavolo, lui se l'era cercata e sapere di Med le aveva messo addosso talmente tanta energia e voglia di tornare in Inghilterra che liquidare Federico sarebbe stata roba da poco conto. Del resto, dopo essere sopravvissuta a Charlie, nulla poteva spaventarla.

La nostalgia di Federico sopraggiunse in serata, quando l'adrenalina scese, mentre stava scegliendo cosa guardare sul pc. In quel momento, l'abitudine nel sentirlo vicino, commentare insieme le puntate sopraggiunse a ricordarle la solitudine. Il pensiero di essere stata lasciata, di nuovo, non le fece chiudere occhio.

Nonostante la rottura con Federico il mese volò: dovette disdire il contratto di affitto urgentemente e spiegare al Museo della Basilica che non avrebbe chiesto il rinnovo del contratto. Infine, come se ciò fosse più semplice, c'era il trasloco da organizzare. Fortunatamente, da questo punto di vista il ritorno dei poteri magici l'aiutava non poco e una borsa con un incantesimo autorestringente riuscì a far entrare tutte le sue cose. Cercò il libro degli incantesimi domestici per lasciare l'appartamento immacolato e riuscire a negoziare sulla restituzione della caparra.

Med, nel frattempo, le aveva annunciato di essere riuscita a fissarle un colloquio di lavoro al San Mungo e a trovare un appartamento a Diagon Alley.

Il giorno che Fera riabbracciò Med venne letteralmente stritolata dalla sua amica. Era una giornata di metà settembre con il sole ancora tiepido e il mondo sconvolto da quanto era accaduto negli Stati Uniti. In quei giorni Fera aveva temuto di non riuscire a partire, ma con un po' di fortuna, una pila di libri in aeroporto e tanta pazienza era riuscita a prendere l'aereo per tornare nella sua Londra.

Non appena mise piede sul suolo britannico sentì l'aria frizzante di casa e corse fuori, dove Med e Oliver l'attendevano. Fera e Med iniziarono a parlare fittamente come se non si fossero viste da qualche giorno, riprendendo i discorsi proprio dove li avevano interrotti nelle lettere. Med le chiese notizie di Federico e Fera disse che non ne aveva e che l'aveva anche cancellato dalla lista di amici di Facebook e bloccato perché non voleva vederlo comparire neanche nei tag degli amici in comune. Raccontò delle lacrime di Claudia in aeroporto e della promessa che si sarebbero riviste e tenute in contatto.
Med ascoltava e faceva espressioni strane quando nominava termini tecnologici, ma non la interrompeva. Parlarono del matrimonio, che si avvicinava sempre di più e che era previsto per dicembre. Fera avrebbe trascorso dei giorni a casa di Med perché la casa in Diagon Alley ancora non era pronta.

Si lasciò tiranneggiare da Med, chiamò degli amici per poter aggiornare tecnologicamente il suo appartamento perché non voleva rinunciare a guardare le proprie serie tv e tanto meno poteva abbandonare i lettori fedeli del suo blog e quelle pazze fangirl che aveva conosciuto in Italia.

Al San Mungo finì nel reparto Filtri, dove poté riprendere a preparare pozioni di ogni tipo e continuare le ricerche interrotte sul sangue di Drago. La cosa più bella del lavoro al San Mungo era trascorrere la pausa pranzo con Med anche se la costringeva a parlare del matrimonio.

I mesi volarono letteralmente e il giorno del solstizio di inverno venne celebrato il matrimonio tra Med e Oliver Baston. Fera era la testimone della sposa, mentre testimone dello sposo era Percy.

In quei mesi erano stati entrambi così presi dal lavoro e dall'organizzazione del matrimonio che non avevano avuto neanche il tempo di parlarsi. Fera notò subito che Percy, al di là dell'aria fuori posto che aveva sempre, sembrava a disagio. Eppure, la presenza di così tante celebrità del Quidditch e del mondo magico avrebbero dovuto fargli fare la ruota come un pavone: lui, il testimone dello sposo e assistente personale del Ministro della Magia!

Durante il banchetto, quando gli sposi iniziarono a fare il giro dei tavoli e tutti ebbero salutato tutti, finalmente riuscirono a parlarsi.

“Sei venuto da solo al matrimonio?” esordì Fera.

“Anche tu, vedo...” fu la risposta di Percy.

“Federico ha preferito una senza bacchetta...” sintetizzò lei.

“Mi dispiace.”

Fera non vedeva Percy così ermetico dai giorni della rottura con Penelope Light, così gli domandò: “Che succede, Perce?”

“Ti va di fare due passi?” le domandò con un tono che sembrava una supplica. Fera annuì ed uscirono a camminare in mezzo alla neve avvolti dai mantelli. Si guardava le punte delle scarpe, e Fera capiva che non sapeva da dove cominciare. Lo vide alzare lo sguardo e sistemarsi la montatura degli occhiali per poi confessare: “Audrey mi ha mandato via di casa.”

Fera spalancò gli occhi sbalordita. Non voleva essere indiscreta, ma di fronte ad una tale confessione non poté fare a meno di chiedergli il perché.

Percy le raccontò allora quanto Med non poteva sapere. Il giorno in cui Med era piombata nell'ufficio di Percy e aveva estorto l'indirizzo di Fera, Audrey aveva capito che l'umore di Percy dopo il rientro dal viaggio in Italia era certamente dovuto a Fera. Lo accusò di averle mentito, di nasconderle la verità e gli intimò di andarsene via di casa. Percy aveva provato a rimettere le cose al loro posto, a rassicurare Audrey del suo amore, ma quando lei aveva saputo da Oliver che Fera sarebbe tornata a Londra gli disse senza troppi giri di parole di andarsene via o non gli avrebbe più fatto vedere le bambine.

Di fronte quella minaccia, Percy si era confrontato con Seamus Finnegan che era diventato un magiavvocato esperto nel settore delle separazioni. Seamus aveva parlato con Audrey e aveva capito che non c'erano margini per una composizione e che in certe situazioni, per salvare la civiltà dei rapporti, era meglio acconsentire alla separazione e trovare un accordo ragionevole.

“Ma...” Fera era senza parole, guardava Percy addolorato e non riusciva a credere che quanto Federico aveva fatto era successo al suo migliore amico e che lei era accusata di essere la Giada di turno.

Si fece coraggio e formulò la domanda che a Roma era rimasta senza risposta: “Perce, ma Audrey aveva ragione di dubitare di te? Insomma, a Roma sembrava che fossimo tornati amici.”

Un vento freddo entrava tra le pieghe del mantello facendola rabbrividire, mentre la neve iniziava a cadere silenziosa. Percy si strinse nelle spalle, sospirò e disse: “Audrey e le bambine sono la mia vita, ma da quando sono tornato da Roma spesso mi sono sorpreso a pensare che preferirei parlare di come è piuttosto che di come sarebbe potuto essere, e credo che Audrey se ne sia accorta.

“Maledizione, Percy...” disse piano Fera. Maledizione. Era peggio di un tradimento. Un tradimento puoi perdonarlo alla fine, puoi giustificarlo come un momento di debolezza, ma come fai a vivere con un uomo che fa certi pensieri? Su di lei, poi.

“Fai proprio dei pensieri idioti, lo sai? Queste sono cose a cui uno non dovrebbe mai pensare,” continuò Fera.

“Abbiamo firmato l'accordo di separazione a fine novembre, puoi capire perché un matrimonio mi metta a disagio,” confessò.

“Maledizione.”

Percy guardava per terra mordendosi le labbra nervosamente ed era rigido come se lo avessero Pietrificato e certamente non era in grado di tornare dentro e affrontare una festa. Al tempo stesso, rimanere sotto la neve era impensabile perché la temperatura stava scendendo e le scarpette di raso di Fera erano già zuppe di neve.

Camminarono fino ad un capanno che faceva parte della villa che Med aveva noleggiato per il matrimonio ed entrarono dentro.

“Che razza di idea sposarsi a dicembre!” esclamò Fera mentre accendeva un fuoco per scaldarsi. Invitò Percy a sedersi sopra le balle di fieno e in poco tempo riuscirono a recuperare un po' di calore.

Percy fissava il fuoco con aria assente, certamente preoccupato per come sarebbe stata la sua vita d'ora innanzi senza Audrey e le bambine.

“Sono destinato a stare da solo...” diceva sottovoce.

Fera evocò la bottiglia di Firewhisky che teneva sempre da parte per le emergenze – e questa, maledizione, era un'emergenza – e riempì due bicchieri. Percy avrebbe potuto scolarsi la bottiglia e non accusare colpo, ma lei aveva bisogno di scaldarsi un po' perché in qualche modo si sentiva responsabile per quanto era accaduto. Porse il bicchiere a Percy e le loro dita si sfiorarono. Percy alzò lo sguardo verso di lei e gli occhiali gli scivolarono leggermente lungo il naso.

Dannazione. Quello sguardo.
Fera mandò giù il bicchiere di Firewhisky per non sentire la tensione che aleggiava in quel capanno. Erano lì, soli, disperati e con un bisogno folle di riavvicinarsi.

Prima che Fera potesse fare qualcosa di molto stupido – come le stava suggerendo la parte stupida del cervello – Percy posò il bicchiere vuoto a terra, le prese il suo dalle mani e lo posò accanto al proprio. Si sistemò gli occhiali sul naso, prese la mano di Fera intrecciando le sue dita a quelle di lei mentre continuava a guardarla negli occhi.

La sua espressione era seria, come se stesse facendo qualcosa di estremamente importante. Il tocco delle dita era al tempo stesso familiare e sconosciuto perché erano passati molti anni dall'ultima volta in cui Fera aveva sentito quelle dita sottili e nervose tra le sue, ed era altrettanto tempo che il respiro non le si fermava in gola allo stesso modo. Percy le posò un bacio sulle labbra e il contatto le aprì un altro dei famosi cassetti della memoria.

In passato lui l'aveva ferita, o forse lei lo aveva deluso perché non era riuscita a stargli accanto quando ne avrebbe avuto bisogno. Adesso sapeva che Percy aveva bisogno di lei e anche se sarebbe stato un casino immenso per un milione di motivi, lei sarebbe stata al suo fianco.

Le braccia di Fera si portarono intorno alle spalle di Percy, mentre continuavano a baciarsi dolcemente. Sentiva lui tremare e confessarle di avere paura, ed il fatto che anche lei ne avesse non era assolutamente di aiuto. Gli accarezzò i capelli, mentre la mano di Percy le slacciava il mantello e si faceva largo tra la scollatura dell'abito da cerimonia. L'attirò a sé e Fera gli salì in braccio continuando a baciarlo e accarezzandogli il volto. Sentire di nuovo l'odore di Percy la portò su un sentiero già noto, le mani si mossero agili a sciogliere la cravatta, sbottonare la camicia, accarezzare, di nuovo, il petto pieno di lentiggini e poi scendere verso i pantaloni.

Percy le sollevò la gonna dell'abito, le spalline erano scese lungo le spalle, il corpetto dell'abito rivelava il reggiseno che dopo pochi minuti volò in un angolo del capanno. Percy accarezzava il corpo di Fera baciandolo avidamente. L'aiutò a sfilarsi le mutandine mentre la guardava come se fosse l'essere più bello sulla Terra.

Fera si muoveva sopra di lui, dando il ritmo al loro amplesso, guardandolo gemere su quel giaciglio di paglia. Forse l'indomani avrebbe accusato un mal di schiena con i fiocchi, e lei avrebbe saputo quale filtro dargli per alleviarlo. La paglia si infilava tra i ricci di Percy, mentre la testa reclinata all'indietro faceva scivolare gli occhiali verso la fronte.

Tante cose erano cambiate, ad esempio Percy non aveva riposto neanche i suoi occhiali come era solito fare, e tante erano rimaste uguali, come il modo in cui lui le stringeva i fianchi e suggeriva il movimento.

Cambiarono posizione e mancò poco che le rovinasse il vestito – maldestro e ansioso com'era – e quando i loro corpi tornarono a toccarsi dopo tutti quegli anni, Fera comprese che la sofferenza e la solitudine che aveva dovuto patire le servivano per accorgersi che l'uomo di cui aveva bisogno era sempre stato sotto i suoi occhi. Nel momento esatto in cui raggiungeva il culmine dell'orgasmo, per la prima volta dopo molto tempo avvertì di non aver più paura.

 

 

NdA: Adesso Fera mi ammazza. Ma non può lamentarsi, Percy è stato mollato da Audrey, quindi non l'ha tradita. u.u ed io ho avuto la mia scena lemon lo stesso! :D

Per fare felice risa sono riuscita a infilare la paglia (ehi, con questa scusa i prompt sono aumentati a dismisura! è_é) ma spero di essermela cavata.
Un'ultima notazione: l'accenno a non aver paura della morte è un riferimento a quanto dice Hemingway in "Midnight in Paris", ovvero che il vero amore ti porta anche solo per un istante a non sentire più paura. Nel film si parla di paura della morte, ma io ho generalizzato perché non aveva senso nel contesto parlare della morte. (a meno che non sia la mia per mano di Fera, ecco.)
*schiva gli Schiantesimi di Fera*

Non mi dilungo altrimenti sforo la consegna per scrivere i commenti.

Lascio la parola a voi, Peraoiste convinte (o meno). :3

Alla prossima,

Sev.

   
 
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