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Autore: vegeta4e    23/06/2014    6 recensioni
Haytham e Connor sono alla ricerca di B. Church, colpevole di aver tradito l'Ordine Templare e di aver sottratto a Washington i rifornimenti destinati all'Esercito Continentale. Il birrificio di New York è palesemente abbandonato e questo piccolo dettaglio obbligherà padre e figlio a collaborare, costringendo il Gran Maestro a lavorare separatamente sia con Charles sia con il figlio. Successivamente Haytham li convincerà a cooperare, tentando di metter da parte l'odio tra Assassini e Templari per raggiungere uno scopo più grande, desiderato da entrambe le fazioni: vincere la guerra contro gli Inglesi.
Ma non sarà questo l'unico intoppo. Torneranno vecchie conoscenze, vecchi problemi che H. Kenway credeva di essersi lasciato alle spalle. A cosa dare la precedenza? Ad una richiesta d'aiuto o a Washington che, battaglia dopo battaglia, sta perdendo sempre più terreno?
Questi eventi coinvolgeranno anche Connor e Charles Lee, nel bene e nel male.
Dal testo:
Charles e Connor entrarono nella sala, notandomi assente e pensieroso.
«Signore? Che succede?» Sospirai nuovamente, premendomi due dita alla base del naso.
«Temo di dovervi lasciare soli nelle prossime missioni. Devo tornare in Europa» annunciai tornando in posizione eretta per darmi un contegno.
Genere: Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Lee, Connor Kenway, Haytham Kenway, Jenny Kenway
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Avvertenza: per capire meglio gli avvenimenti della fanfiction si consiglia la lettura di “Forsaken”.

 

 

It’s time to change the world

 

Capitolo 1

 

Stranamente ero riuscito a convincere Connor a collaborare con me, dopo aver scoperto del tradimento di Church preferii concentrarmi su Benjamin, piuttosto che perder tempo con il ragazzo e le sue rivoluzioni infantili.

Assurdo, ancora non mi capacitavo del fatto che avesse tradito l’Ordine. Come aveva potuto? Era per gente come lui se i Templari venivano definiti malvagi. Gliel'avrei fatta pagare, poteva giurarci. Nessuno poteva permettersi di fottere così Haytham Kenway. Gli avevo salvato la vita, bastardo, e lui mi ripagava così.

Saltai da un tetto all'altro con disinvoltura nonostante l'età, davanti a me vidi il porto di New York con qualche nave attraccata. Era notte, il mio mantello si muoveva leggermente per la brezza.

«Perché non mi hai ucciso al nostro primo incontro? Cosa ti ha fermato?» la voce di mio figlio, dietro di me di qualche passo, mi giunse alle orecchie come una pugnalata improvvisa alla schiena. Non lo sapevo nemmeno io ad essere sincero. Non avevo avuto motivo di saltargli addosso nel deposito, avrei potuto aspettare che se ne andasse e allontanarmi a mia volta, invece no. Volli metterlo alla prova, vedere che uomo era diventato, volevo vederlo con i miei occhi.

«Curiosità» tentai di cavarmela così «Altre domande?»

«Cosa vogliono i Templari? » fu prevedibile, mi aspettavo una domanda del genere.

Mi voltai verso di lui e avanzai di qualche passo.

«Ordine. Giustizia. Libertà. Indipendenza. Non è anche quello che cerchi tu, Connor

Scosse leggermente la testa.

«Come puoi parlare di giustizia tu, che vuoi uccidere Washington? Il popolo ha scelto lui.» alzò di poco il tono della voce ed io indurii lo sguardo.

«Io ero presente al Congresso Continentale e ti assicuro che è stata una decisione fatta a tavolino. Tu sei davvero convinto che ogni cosa che succede sia a favore del popolo?» schioccai la lingua contro il palato «No, Connor, ci sarà sempre qualcuno che si riempirà le tasche. Sto cercando di aprirti gli occhi.»

Lo vidi aggrottare le sopracciglia.

«Mettere al comando dell'esercito Charles Lee non porterà nulla di buono! Tu stai facendo i tuoi interessi senza pensare alla povera gente!» mi aveva puntato un dito contro.

«Ed è qui che sbagli. Mettere al comando Charles significa dare una svolta alla guerra. Il nostro esercito inizierebbe a vincere e, sconfitti gli Inglesi, le tasse che spremono i coloni spariranno. Possibile che tu non capisca?» rimase in silenzio, quindi continuai. «Con Charles al comando saremo presto in pace.» tentai ancora.

«No, state seguendo i vostri scopi personali spacciandoli per buone azioni.» sospirai e portai le mani dietro la schiena, provando sollievo nel ripararle dall'aria pungente.

«Tu parli a vanvera. Una volta gli Assassini avevano un obiettivo assai più nobile, cioè la pace

«Libertà è pace.» disse d'impulso. Scossi il capo. Quanto era ingenuo su una scala da zero a Mr. Idiota?

«Se solo non fossi così chiuso capiresti che abbiamo lo stesso scopo! Se solo ci unissimo potremmo raggiungere il nostro obiettivo. Invece no, perdiamo tempo ad ammazzarci tra di noi piuttosto che cambiare il mondo.»

«Abbiamo modi d'agire diversi, non andremmo mai d'accordo.» buon Dio, che testone!

Sbuffai per l'ennesima volta.

«È per questo che rimango fedele all'Ordine nonostante i nostri Credo siano molto simili: perché siete ottusi e ignoranti.» dissi senza timore a pochi centimetri dal suo viso.

«Hai detto tante belle parole, ma non hai mai mostrato i fatti. Getti fumo negli occhi con i tuoi discorsi, ma a me non basta. E le tue parole non mi toccano, perché anche queste non sono motivate.» concluse fissandomi con astio. I fatti li avrebbe avuti presto, parola mia. Indietreggiai di un passo e sospirai.

«Vuoi che le motivi? Benissimo. Ammetto di non aver mai avuto a che fare con un Assassino per così tanto tempo –mio padre non contava-, e se erano tutti come te, Connor, ringrazio di esserne stato nemico! Parlo per me, io sono cresciuto imparando a ragionare sugli eventi, pensando con la mia testa e senza lasciarmi influenzare da fattori esterni. Voi Assassini, invece, avete la mente offuscata dalle vostre belle parole, "agite nell'ombra per servire la luce", dite voi, ma io non vedo niente, dove sono i risultati delle vostre azioni?» mi interruppi per prendere fiato e notai che l'avevo spiazzato citando una loro frase.

«Siete ignoranti perché non imparate dall'esperienza. Siete fissati con questa libertà=pace. Mai sentita un'affermazione più errata, Connor! Immagina un esercito senza generale, al completo sbaraglio, senza piani, tattiche o altro. Questa è la libertà che tanto predichi, e adesso immagina di mettere al comando di questo esercito un capo, una guida sicura e capace, che sproni i deboli a dare il massimo e che freni le teste calde. Applica questo semplice principio ad una città, ad uno Stato e poi ad un Continente. Questo è ciò che vogliamo raggiungere, nient'altro.» riportai le braccia, che avevo allargato, dietro la schiena, mentre attendevo una qualsiasi risposta da Connor che, immobile, mi fissava.

Spostò lo sguardo sulle tegole del tetto su cui sostavamo, lasciando che il cappuccio gli coprisse gli occhi, forse per impedirmi di vedere il dubbio che si insinuava nella sua mente.

«Non sto cercando di portarti dalla mia parte, ragazzo, voglio farti capire che l'intelligenza dell'uomo sta nell'abbattere le barriere che lui stesso costruisce. Se due persone hanno lo stesso obiettivo, ma sono di fazioni diverse e quindi si combattono, si dimostrano stupide. Spero che almeno questo tu riesca a comprenderlo.» detto ciò mi voltai dandogli le spalle e saltai giù dal tetto. Lui mi imitò e poco dopo raggiungemmo il birrificio in cui si rifugiava Church.... o almeno dove lo credevo. Il cancello e la porta erano spalancati, nessuna guardia controllava l'ingresso, sembrava fossero fuggiti da poco.

Afferrai per un braccio Connor che, non essendosi accorto dell'insolito silenzio, stava uscendo dal vicolo in cui eravamo.

«Che succede?» domandò perplesso

«Church non c'è. Temo sia scappato con i suoi da non molto.»

«E ora che si fa?» tempo di chiederlo si sentì un tuono e, un attimo dopo, eravamo entrambi zuppi d'acqua. Un improvviso acquazzone ci aveva letteralmente spiazzato.

«Magnifico, peggio di così non poteva andare!» borbottò Connor, io sogghignai.

«Oh, sì invece, visto che i miei alloggi sono dall'altra parte della città.» lo vidi roteare gli occhi «Seguimi.» mi voltai dirigendomi verso Fort George.

M’incamminai verso il forte a passo spedito, in pochi minuti si erano già formate pozze d’acqua ai lati delle strade.

Quando raggiungemmo le guardie ai lati del portone, non riuscii ad ignorare l’espressione confusa e scioccata dei due uomini in divisa. Le oltrepassai seguito da Connor senza riuscire a trattenere un sorriso, poi estrassi la chiave dalla redingote e aprii la porta. Entrammo in una stanza di media grandezza; sulla sinistra, attaccato al muro per un lato, c'era un letto a una piazza e mezza, mentre di fronte, esattamente sotto la finestra, c'era una scrivania, con sopra una piccola candela, calamaio e piuma d'oca. Adiacente c'era uno stanzino vuoto con dentro solo un recipiente con acqua per lavarsi. Avanzai, estraendo da una tasca interna della veste il mio diario –fortunatamente non si era bagnato-, appoggiandolo sul ripiano. Poi tornai indietro togliendomi il tricorno -ormai zuppo- e appendendolo ad un gancio alla parete, sulla destra. Stessa cosa feci con il mantello e la redingote, poi mi sfilai gli stivali, restando con camicia e pantaloni. Mi sedetti sul letto sbottonandomi la camicia, notando solo ora che Connor era rimasto sulla porta, immobile.

«Hai intenzione di restare lì ancora per molto o magari ti togli i vestiti? Sono fradici. Non dirmi che ti vergogni, siamo fra uomini!» arrossì e con stizza si avvicinò alla sedia della scrivania, appoggiando allo schienale la tunica da Assassino. Io mi alzai e, con addosso solo i pantaloni, entrai nella stanza affianco, uscendone poi con un panno pulito che stavo usando per asciugarmi. Vedendomi rientrare in stanza si girò istintivamente nella mia direzione e mi accorsi che gli occhi gli caddero sulla cicatrice che avevo sul fianco destro. Quella maledetta ferita, lasciatami dal giovane Lucio, per poco non mi aveva ucciso e, anche ora, di tanto in tanto, mi ricordava la sua presenza con dolorose e lancinanti fitte.

«Cos'è quello?» mi chiese Connor, che intanto si era seduto ai piedi del letto, mentre premevo il panno sui capelli.

«Cosa?» indicò il diario con il mento.

«Appunti, nulla che ti possa interessare, suppongo. » gli lanciai la pezza dopo essermi asciugato petto e schiena, poi mi sedetti sul letto pensieroso. Dovevamo trovare Benjamin Church, dovevamo uccidere Washington e, soprattutto, dovevo riuscire a collaborare con Connor e Charles senza che uno sapesse dell’altro. Lee di certo non avrebbe apprezzato e Connor… Beh, avrebbe cercato di farlo fuori. No. Dovevo riuscire a lavorare parallelamente con entrambi.

«Dove dormiamo?» mi domandò posando il panno sulla scrivania. Alzai un sopracciglio.

«Questo letto non è qui per bellezza.» mi sembrava piuttosto evidente.

«È singolo e noi siamo in due.» sbuffai.

«Quando sono in dolce compagnia non le porto di certo qui, le mie ospiti.» restò impassibile, non so se perché non capì la battuta o per gelosia verso Tiio. Sbuffai di nuovo «Adattamento, figliolo, ti ci vuole adattamento.» mi sdraiai e lui ritornò a sedersi ai piedi del letto, mentre fuori continuava a diluviare.

Ci furono una decina di minuti di silenzio. Connor se ne stava ad occhi chiusi, seduto e con la schiena appoggiata al muro; io sdraiato, con gli occhi socchiusi quanto bastava da guardarlo senza essere scoperto.

Era uguale a lei, diavolo. Gli occhi, le labbra, le espressioni. Di colpo aprì gli occhi e, temendo che mi avesse scoperto, chiusi rapidamente i miei.

«Dev’essere stato strano per te scoprire della mia esistenza.» in effetti aveva ragione. Quando venni a sapere che un ragazzino indiano con le vesti di un Assassino aveva iniziato a seminare piccole rivoluzioni in città, ebbi subito il presentimento che c’entrasse Tiio, o peggio ancora, io. Tiio… chissà cosa pensava di me.

L’ultima volta che l’avevo vista, mi aveva minacciato di non farmi più vedere o mi avrebbe ucciso. Ovviamente non ci sarebbe mai riuscita, ma che senso aveva restare se mi odiava? Il tutto perché Braddock non era morto subito sotto la mia lama, bensì qualche giorno dopo. Cos’altro avrei potuto fare? Mentre stavo per finirlo mi ero accorto che stavano arrivando Washington e altri soldati, quindi lasciai Braddock morente al suolo e mi nascosi. Questo piccolo dettaglio non andò a genio a Tiio, che una volta scoperta la verità aveva deciso di troncare i rapporti con me.

«Sono sempre stato curioso di sapere cosa può aver detto tua madre di me. A proposito, come sta?» in cuor mio speravo stesse bene, nonostante tutto.

«È morta. Uccisa.» mi lanciò un’occhiata carica d’odio con la coda dell’occhio e, per un attimo, smisi di respirare. Morta? Quando? Perché?!

«….. Mi dispiace molto.» per una volta in vita mia ero serio e sincero.

«Ah, ti dispiace? Charles Lee è colpevole del suo omicidio su tuo ordine! E ti dispiace?» era ufficiale. Mio figlio era impazzito. Scattai seduto.

«Impossibile! Non ho dato quell’ordine, avevo chiesto il contrario! Dissi di non cercare più il sito dei precursori, dovevamo concentrarci su altre faccende!» alzò una mano per interrompermi.

«É passato, ma non riesco a perdonare.» chiuse di nuovo gli occhi e compresi, anzi, confermai, l'ipotesi che avevo formulato quando scoprii che il ragazzino che Charles aveva maltrattato anni fa era proprio Connor. Mentre ero in Europa, Charles e gli altri avevano continuato le ricerche sul medaglione, ma non riuscendo a capire altro, lui, Johnson e Church avevano deciso di recarsi al villaggio di Tiio per costringere i vecchi a parlare. Tuttavia non vi riuscirono poiché la locazione esatta la sapevo solo io, in più Connor si rifiutò di parlare e, da quel che seppi dopo, Johnson l'aveva colpito con il calcio del fucile, facendolo svenire. Al suo risveglio il villaggio era in fiamme e per un ragazzino non fu difficile capire che gli autori di quel massacro fossero i miei uomini.

Sbagliato.

Furono i soldati di Washington, ma questo lo scoprii più avanti. Se solo sapesse. Se solo sapesse che sua madre è morta per ordine dell'uomo che vuole aiutare. Non tentai neanche di dirglielo, non mi avrebbe mai creduto.

«Che motivo avrei avuto per dare un simile ordine? Avanti, dimmelo, sono curioso.» lo stuzzicai. Lo sopportavo da un paio d’ore e già avevo esaurito la pazienza. Era decisamente troppo, avevo rischiato il culo per entrare a Southgate e salvare la sua gente da Silas, stessa cosa quando uccisi Braddock, visto che Washington avrebbe potuto uccidermi senza problemi se Tiio l’avesse tirato giù da cavallo.

«Dovresti dirmelo tu! Charles Lee agisce solo su tua richiesta, quindi è partito da te!» stavolta il suo tono era acido.

«Insisti, eh? Scommetterei ciò che vuoi sul fatto che Charles non avrebbe mai osato infrangere un mio ordine, quindi non è stata una sua iniziativa.» ci avrei messo la testa sul fuoco, nessuno di loro avrebbe avuto il coraggio di disobbedire a ciò che dicevo e, beh, non li biasimavo.

Charles era però colpevole di essere stato troppo avventato, si era guadagnato l'odio di Connor e questo era un problema per me.

Passai la notte a pensare; come potevo risolvere la situazione? Dovevo fornirgli le prove che non era opera mia la distruzione del suo villaggio. Accidenti a lui e a me quando accettai l’incarico di Reginald. Avevo rischiato che Charles e gli altri si accorgessero del mio spropositato interesse nel preservare Tiio e i suoi simili, pena l’accusa di tradimento all’Ordine Templare, e adesso questo ragazzino veniva ad accusarmi su ciò che avevo voluto evitare? No. Anche a costo di farmi odiare gli avrei dimostrato la verità. Se doveva detestarmi, che fosse almeno su qualcosa di cui ero veramente colpevole.

Sospirai con Connor sdraiato alla mia sinistra, tra me e il muro, beatamente addormentato. Ero supino da circa due ore e iniziavo a non poterne più, quindi mi alzai dato che, nonostante la stanchezza, non riuscivo a dormire. Sentii il ragazzo rigirarsi nel letto, notando che, accortosi della mia assenza, aveva pensato bene di mettersi più comodo.

Accesi la candela sulla scrivania e presi posto, ne avrei approfittato per aggiornare il mio diario.

 

Salve a tutti!

Sì, finalmente mi sono decisa a pubblicare la long su Assassin’s Creed a cui sto lavorando da un po’ di mesi, quindi spero sia stato di vostro gradimento.

Grazie di cuore a chi è arrivato a leggere fin qui, sono ben accette –ovviamente- critiche, pareri e consigli.

A presto ewe

   
 
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