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Autore: Shadow_Elly    24/06/2014    0 recensioni
È sempre stata il mio tallone di Achille. Ogni volta che mi sorrideva mi rendeva debole, mi faceva sentire insignificante. Così mi sono ribellato.
*
Avevo deciso di mettere la sua vita dentro una tempesta, come lei aveva fatto con il mio cuore.
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Wendy, run away with me.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Barakat, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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È sempre stata il mio tallone di Achille. Ogni volta che mi sorrideva mi rendeva debole, mi faceva sentire insignificante. Così mi sono ribellato. Ho iniziato a prenderla in giro per il suo aspetto, per quegli occhi troppo stretti e per le lentiggini sparse sul naso. Ho iniziato a deriderla, per tutto quello che faceva. Avevo deciso di mettere la sua vita dentro una tempesta, come lei aveva fatto con il mio cuore.
 
All’inizio non capiva: eravamo amici. Ma poi ha incominciato a odiarmi. Le persone ridacchiavano alle mie battute e ridevano di lei. Avevano iniziato a chiamarla “strana” oppure “strega”. Ed è stato tutto merito mio.
 
Un giorno misi in giro la voce che fosse una grassona. Certo, lei stecchino non lo era, ma non si giudica la bellezza dalla taglia dei tuoi jeans. Così incominciarono a prenderla in giro. Una volta le tirarono addosso della verdura, dicendo “mangia questa”. Io ero tra questa gente.
Da quel giorno lei smise di mangiare, o almeno, io non la vidi più farlo.
 
Veniva a scuola con gli occhi gonfi di pianto, subendosi ogni volta soprannomi idioti e prese in giro. Principalmente mie.
 
Così un giorno, non venne più a scuola.
E non ci ritornò mai più.
 
Si era uccisa. Si era tagliata le vene.
Tutti a scuola sembravano dispiaciuti, persino quelli che la deridevano, ma io no. Lei ora non sarebbe stata più un problema per me, eppure mi sentivo vuoto.
 
Andai al suo funerale, stetti in fondo alla sala. Ogni tanto sorridevo, ora la mia vita sarebbe stata migliore. Eppure mi sentivo vuoto. Ricordo ancora le parole di sua sorella, la più piccola. –Tu l’hai uccisa.-
 
Sì, l’avevo uccisa io. Mi sono diretto verso la tomba, e lì la vidi. Aveva i capelli rossi sparsi sul tessuto che riempiva la bara. Gli occhi erano chiusi e le braccia erano messe in modo che non si vedessero le cicatrici. Anche se aveva un vestito largo, si riusciva a vedere che era fin troppo magra.
L’avevo uccisa io, ma sta volta mi scese una lacrima.
 
Lei non mi aveva reso debole, mi aveva disarmato. Mi aveva voluto bene come nessun altro, e io l’avevo uccisa. Avevo ucciso una persona che amavo.
 
Iniziai ad ubriacarmi ogni sera. Era l’unico modo per non sentire i sensi di colpa, riuscivo a vedere il suo volto ancora caldo e vivo. E l’amavo. Amavo un ricordo.
 
Così una sera non ce l’ho più fatta. Sono andato sul grattacielo che s’innalzava al centro della città. Nessuno mi vide salire. Arrivai sul tetto e guardai giù. Vedevo sotto di me una città che sembrava perfetta, ma non lo era. Era tutta una grande finzione. Così incominciai a pensare a quanto sarebbe stato bello condividere quel posto con lei, vederla sorridere. Potevamo fuggire, sarei diventato la sua ultima speranza, il suo ragazzo perduto, il suo piano migliore. So che sembravo pazzo, ma non capiva che effetto mi faceva?
 
Così mi alzai. Riguardai giù.
 
-Wendy, scappa via con me..-
 
Queste furono le mie ultime parole, mentre cadevo verso il vuoto. L’avrei rivista, mi avrebbe perdonato e saremmo potuti scappare in un posto sconosciuto. E mi avrebbe amato. 
  
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