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Autore: Selene K    25/06/2014    9 recensioni
George è un uomo geniale che ha inventato un nuovo modo per cacciare i fantasmi dalle case di Londra. Ingegneria e magia, grazie alla sua capacità innata di comunicare con i fantasmi e di capirli, l'hanno fatto diventare il più richiesto acchiappa fantasmi della città. Borioso, cinico e affascinante, grazie soprattutto ai suoi splendidi baffetti ben curati, George sembra preferire la compagnia dei morti, piuttosto che quella dei vivi. Ma forse non sempre è così.
Qui è raccontata una delle sue bizzarre avventure.
[Storia che partecipa al contest "L'EPOCA VITTORIANA E I SUOI SEGRETI" del gruppo "La crème de la crème di EFP"]
Genere: Commedia, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon salve. Questa OS è nata per il contest nato sulla pagina di Facebook “La créme della créme di EFP”, con tema il fantasy e l’epoca vittoriana. Volevo fare qualcosa di vagamente steampunk, dato che mi piace molto, e sfruttare i cliché dell’epoca. L’idea non è originale e lo so, dato che ho ripreso la figura dell’acchiappa fantasmi dai famosi film, ma spero comunque di averla resa in modo simpatico e autentico, per quanto possibile.

Dopo questa breve premessa, vi lascio alla lettura.

 

George: l’uomo che se la intendeva con i fantasmi

 

George era il più abile acchiappa fantasmi di Londra. Grazie alla sua attrezzatura all’avanguardia e la sua capacità di comunicare con le entità più abbiette – forse perché c’era del becero intrappolato in quei suoi baffi in puro stile inglese – era presto diventato il più richiesto della città. Da bravo eccentrico qual era, George produceva da sé le armi che utilizzava contro le entità malefiche. Esperto di meccanica e chimica, nel suo viaggio in India aveva scoperto qualcosa di incredibilmente interessante che gli aveva permesso di aprire quella fruttuosa attività. Nell’esotica colonia britannica, George aveva scoperto delle particolari pietre che se sottoposte a una particolare pressione, che si poteva facilmente ottenere con presse a vapore, generavano un potere immenso. I suoi colleghi inizialmente l’avevano preso in giro per quella storia del potere magico dei minerali. Ma George non si era certo lasciato affossare dalle loro sterili critiche e aveva quindi creato la prima e seriamente efficace arma contro i fantasmi.
A Londra la piaga dei fantasmi si faceva sempre più forte. Nei suoi studi sul posto aveva scoperto che non tutte le morti creavano fantasmi e che non tutti gli spiriti erano malvagi. C’erano persone più portate a sentire la presenza di queste entità, in particolare i bambini. Ma le tenere madri borghesi non apprezzavano che George facesse domande ai loro pargoletti. Una volta aveva fatto piangere una coppia di fratellini chiedendo loro com’era fatto lo spirito che li aveva svegliati di notte. Se avesse saputo in anticipo che si trattava del fantasma di un uomo scuoiato vivo e lasciato morire in uno sgabuzzino qualche decennio prima – ucciso da qualche simpaticone rancoroso – forse avrebbe evitato. O forse no.

Si accarezzò i baffi riccioluti, osservando la casa degli Hoster in cui era stato chiamato con tanta urgenza. Al suo fianco c’era un certo William: un ragazzo di venticinque anni che si era offerto come assistente, dopo averlo visto all’opera in casa sua. Aveva disinfestato abilmente la sua abitazione dal fantasma del nonno, un uomo crudele, con una strana passione per i gatti.
«Il telegramma dice che in questa casa ci sono stati fenomeni paranormali piuttosto violenti: mobili rovesciati, tende strappate…»
«Siamo certi che non si tratti solo di un gatto molto grasso? O di quelle piccole pesti che chiamano bambini. Ogni volta decantano l’educazione dei loro pargoli, ma per quanto mi riguarda restano solo dei produttori di muco e brufoli.»
«Anche voi, George, siete stato un bambino.»
«Consentitemi di dissentire, io sono uscito con questa forma dalla più profonda bocca dell’Inferno.»
William ignorò il commento e portò le mani dietro la schiena, seguendo quello che, suo malgrado, era diventato un vero e proprio datore di lavoro.
«Pare che sia i bambini che gli adulti abbiano sentito delle urla…»
«Forse era lo spirito di una cameriera sbattuta giù dalle scale da uno dei figli… quanti anni hanno?»
«Ehm… sono solo dei bambini, di cinque e sette anni.»
«Non sottovalutare mai la crudeltà dei bambini. Sono i fantasmi peggiori: fanno impazzire i cavalli, ti nascondono gli alcolici e come se non bastasse frignano anche da morti. Andiamo, Reginald, non voglio arrivare in ritardo.»
«Il… il mio nome sarebbe William…»

Continuando a ripetersi che lavorare al fianco di quell’uomo odioso ed egocentrico sarebbe stato d’aiuto in futuro, quando si sarebbe messo in proprio, sopportò e restò in silenzio. Doveva sopportare la boria di quell’uomo che, seppur geniale, restava terrificante. George si aggirava con un bastone da passeggio inquietante: all’apparenza poteva sembrare simile a qualsiasi altro bastone, ma quel pomello d’oro a forma di teschio.
Avanzarono verso la casa degli Hoster, costruita in puro stile Queen Anne Style, puramente britannico, si stagliava davanti a loro nella sua imponenza.
«Singolare, non credete, Ernest, che questa donna abbia solo due figli?»
«Argomento delicatissimo: pare che lady Margaret abbia dei problemi a rimanere incinta.»
«Mi piacciono i pettegolezzi, andate avanti…»
«Ecco, sembra che suo marito sia morto in circostanze misteriose almeno sette mesi fa.»
«Non potevate darmi prima queste informazioni?» Sbottò George, sgranando gli occhi scuri. «Io devo sapere tutto su questa famiglia e su quello che la riguarda.»
«Ma… avevate detto che preferite non lasciarvi influenzare dalle storie private dei vostri clienti, in modo che tutto… fluisse verso di voi.»
«Ma qui parliamo di una vedova con tanti figlioletti defunti, c’è del marcio in codesta casa.»

Una dama di servizio piuttosto corpulenta e con la pelle delle guance cadenti, aveva accolto i due, invece che del maggiordomo, di cui non c’era l’ombra. Le pesanti tende impedivano al sole di illuminare l’ambiente e solo la luce calda delle candele rendeva appena visibile il tutto. George si tolse il cappello e si guardò in giro, accarezzandosi appena la punta dei baffi.
«Mh, John, siamo finiti in casa di una donna un po’ troppo particolare. Guarda: ci sono ancora lembi neri a coprire specchi e ritratti di famiglia. La superstizione è il mio pane, ma un così prolungato lutto puzza di ossessione.»
«Forse era solo molto innamorata del marito e i fenomeni paranormali devono averla fatta sprofondare in uno stato di profonda angoscia.»
«Una donna molto innamorata del marito, questo sì che è un fenomeno paranormale.»
William ignorò il cinismo di George e si guardò in giro nel salottino dov’erano stati portati. Era un parlour particolarmente cupo, a causa delle tende tirate, ma altrimenti sarebbe stato un adorabile salottino dalle tinte rosa pesca e marrone chiaro, incredibilmente luminoso.
Margaret comparve dall’oscurità come uno di quei fantasmi a cui davano la caccia. Con il viso tondo incorniciato da riccioli, la donna sembrava anche troppo giovane per essere già vedova.
«Grazie per essere venuti. Abitualmente non ricevo visite né le acconsento, ma sono arrivata a rivolgermi a voi per questa situazione insostenibile.»
Aveva occhi da cerbiatta, scuri e grandi, e per un attimo quel vecchio cinico di George venne abbagliato dalla naturale triste bellezza della padrona di casa. Per un attimo, poi il dovere lo richiamò.
«Lasciando da parte i convenevoli, io direi di andare subito al dunque. Raccontateci cosa accade in questa casa di tanto spaventoso.»
«Accomodatevi», disse Margaret, indicando le due sedie vicino al tavolino. «Vi faccio preparare subito un tè.»
«Vi ringrazio, ho proprio bisogno di dissetarmi», la malizia con cui George disse quelle parole venne subito notata dal suo aiutante, che infatti si girò a guardarlo con gli occhi sgranati. Mentre la padrona di casa sbrigava le sue faccende da brava donnina, William si rivolse a George con fare sconvolto.
«Non vi sembra di essere un po’ troppo inopportuno?»
«Perché ho detto di aver sete? A qualunque uomo si seccherebbe la gola davanti a due occhi di tale bellezza. Caro Jack, vi consiglierei di osservare di più lo sguardo, per quanto possa sembrare inopportuno, e meno le maniere delle persone. I modi possono nascondere una natura disonesta, ma altrettanto non possono fare gli occhi. In qualche modo gli occhi sono lo specchio della verità e dell’anima, specialmente quando il paranormale aleggia nell’aria.»
Margaret tornò un istante dopo. Vestita di grigio scuro con cupi dettagli neri, il lutto della donna sfiorava il buon gusto. George considerava il lutto un semplice insieme di formalità irritanti. Spesso faceva visita a famiglie che avevano appena perso un caro e a lungo andare aveva sviluppato una sorta di antipatia cronica verso tutte quelle forme di dolore tanto finte quanto ridicole. William era rimasto letteralmente sconvolto – si sconvolgeva spesso – quando aveva espresso il suo pensiero a voce alta riguardo il lutto. Talvolta si domandava perché si fosse presentata alla sua porta un individuo tanto superstizioso e idiota. Era utile, comunque: grazie a lui e al tempo recuperato per le mansioni che gli affidava, il lavoro era aumentato.
«Mio marito è morto sette mesi fa, a causa di un male sconosciuto. In principio era stato colpito da una forte tosse, eppure il medico diceva che non c’era da allarmarsi, che era una semplice tosse. Poi nell’arco di un mese ha cominciato a stare sempre più male, fino a non riuscire più ad alzarsi dal letto. È morto nel sonno. L’ho trovato nel suo letto, immobile», Margaret si portò alle labbra un fazzoletto ricamato, di un bianco candido. George alzò gli occhi al cielo, sperando che il tè arrivasse il più presto possibile.
«Le manifestazioni paranormali sono iniziate subito dopo la morte di vostro marito?»
«Non nell’immediato. Ho potuto attraversare i primi mesi del lutto in tranquillità. I miei bambini erano molto scossi: la morte del padre in così poco tempo.»
«Quanti figli avete?»
Una cameriera – non la stessa corpulenta che aveva aperto la porta, con la faccia ricoperta di pelle cascante – giovane e quasi graziosa, servì loro il tè. Margaret attese pazientemente prima di rispondere, non voleva parlare di fronte alla servitù di quelle cose.
«Due soltanto, purtroppo pare il mio utero non sia particolarmente portato alla gestazione e così ho perso quattro figli.»
«Sono addolorato, la natura a volte è spietata e crudele, non risparmia neanche le giovani ninfee…»
Margaret sbatté le ciglia un paio di volte, forse cedendo al fascino del bell’acchiappa fantasmi, che ricambiò lo sguardo e sorrise sotto i baffi perfettamente arricciati.
William interruppe quell’osceno scambio di occhiate tossendo rumorosamente.
«Vi ringrazio. Tornando al motivo per cui vi ho chiamato: da un due mesi a questa parte degli strani fenomeni stanno tediando me e la mia famiglia. All’inizio si udiva uno spettrale canto provenire dalla soffitta. Ho controllato io stessa, anche di notte, dato che il canto terrorizzava i miei bambini, ma appena mi avvicinavo quello smetteva. Poi tutto è diventato più violento: vasi e argenteria rovesciata, distrutta, buttata fuori nel giardino. Gli specchi andavano in frantumi da soli e le lenzuola venivano strappate. Tutto questo è durato una settimana. Poi improvvisamente è cessato, per ricominciare questa settimana. Sono molto atterrita, non so cosa fare, per questo mi sono rivolta a voi. Siete i più esperti conoscitori dell’occulto e del paranormale.»
«Lasciando da parte la modestia, devo proprio dire che è così», rispose George, sorseggiando lentamente il tè caldo. «Di solito cerchiamo all’interno della storia passata della famiglia e della casa le cause che scatenano questi fenomeni, ma da quanto mi è parso di capire, ciò è avvenuto dopo la morte di vostro marito. C’è forse un qualche torbido segreto che non avete mai rivelato a nessuno e che dovremmo sapere?»
Margaret, apparentemente, non tradì alcuna emozione negativa; si limitò a scuotere il capo. Ma come aveva detto George, osservandole gli occhi si poteva cogliere uno strano turbamento.

Margaret dovette ospitare George in casa per mostrare loro gli effetti dei fantasmi o di qualsiasi cosa stesse disturbando la vita della dolce vedova Margaret e dei figlioletti.
George avrebbe preferito bere così tanto da vomitare, piuttosto che passare qualche giorno in una casa con due bambini, ma il lavoro era lavoro e i soldi erano importanti. Più che importanti poteva dire che erano ben voluti.
Di notte sentiva il canto raccontato dalla bella Margaret provenire dalla soffitta. A malapena poteva tollerare il parlottare dei bambini, figurarsi un canto così lamentoso. Alla terza notte, ormai con i nervi a fior di pelle, prese una candela e si diresse in soffitta.
«Allora! La vogliamo smettere con questa nenia insopportabile?»
Il canto si fermò quasi immediatamente, facendo ghignare il ricercatore dell’occulto. Lui si che sapeva come fare con certi spiritelli fastidiosi. Aveva sempre avuto la capacità di comunicare con loro, da quando era lui stesso un bambino. Solitario e interessato al processo della morte, aveva passato molto tempo su libri che non avrebbe neanche dovuto aprire. Aveva sempre visto fantasmi, senza provare eccessiva paura. Sua madre, per un lungo periodo, lo aveva creduto affetto da una qualche forma di demenza, perché lo trovava spesso a parlare rivolto al nulla. In verità in casa loro viveva – per così dire – il fantasma di una vecchia cara signora, uccisa brutalmente dal giovane amante. Era così simpatica, nonostante il viso segnato dalla vecchiaia e la nuca aperta a metà dalla mannaia che l’uomo aveva usato. Aveva alleviato la sua solitudine. Da quel momento aveva sviluppato più empatia verso i fantasmi che per gli esseri umani. Trovava i vivi pedanti, lagnosi, noiosi ed egoisti.
In quel momento la sua confidenza con gli spiriti si era rivelata più che utile. Due occhi inquietanti spuntarono dall’oscurità della soffitta.
«Avanti, venite giù», gli fece segno di avvicinarsi con un dito, sorridendo. «Non voglio farvi del male, non più di quanto ve ne abbiano fatto quando eravate carne e ossa.»
«Avete con voi quell’arma per catturare i fantasmi», sibilò lo spirito, restando nascosto.
«Ovvio che sì, è il mio lavoro. Ma io non faccio altro che catturare da una parte e rilasciare dall’altra. Converrete con me, spiritello, che tendete a restare attaccati al luogo in cui siete morti in modo alquatno morboso.»
«Questa cagna ha cambiato l’arredamento», tentò di giustificarsi il fantasma, comparendo appena nel buio. «Niente doveva cambiare, era tutto perfetto, una ricerca di stile ed eleganza.»
George alzò un sopracciglio: sperava di trovarsi davanti a un qualche caso di cattiveria estrema causata da morte violenta. Invece era solo un idiota ossessionato dal buon gusto.
«Sentite, spirito, potreste palesarvi, per cortesia? Potrei anche decidere di non usare le mie malefiche armi.»
Il fantasma si mostrò alla luce: aveva le sembianze di un uomo piuttosto giovane, vestito come andava di moda almeno cinquant’anni prima. Doveva essere molto affezionato alla casa e a tutto quello che la riguardava.
«Perché infastidire la vedova Margaret?»
«È stata lei a chiamarmi, che diamine. Io me ne stavo in pace, nell’altro mondo che, detto tra noi, è un’autentica pacchia, e questa si mette a evocarmi a gran voce. Da una parte ero contento di tornare nella mia vecchia casa ma quando ho visto i cambiamenti che erano stati effettuati, sono andato su tutte le furie! Ma è possibile usare una tale sfumatura di rosa pesca così accesa per il salottino?»
George abbassò la candela che teneva in mano e alzò le sopracciglia. Davanti a uno spettro del genere, stava davvero rivalutando gli esseri umani.

A colazione George raccontò a Margaret dello spirito e di come non facesse parte della casa, ma fosse stato evocato da qualcuno. La vedova non si mostrò affatto sorpresa.
«L’ho evocato io.»
«E per qualche assurda ragione non me lo avete detto? Tutto sarebbe stato più semplice.»
«Prima di tutto volevo sincerarmi che foste all’altezza della vostra fama», si giustificò lei.
«E lo sono?»
«Per il momento avete solo scovato uno dei fantasmi…»
George si pulì la bocca con il tovagliolo e accennò un sorriso.
«In verità è uno solo: il canto che avete sentito e che sembrava eseguito da bambini… non era eseguito da piccoli fantasmi e le urla… era sempre lui. Urla come una donnicciola, che volete farci», provò un po’ di vergogna a confessare la verità. «Tornando al canto, a quello spirito piace molto cantare in falsetto, ai suoi tempi era un cantante eccezionale, mi ha fatto anche ascoltare una splendida aria dal-»
«George, voglio che sbattiate fuori questo spirito, non sopporto più di vedere i miei bambini piangere per la paura e di dover nascondere la mia casa, i miei quadri, per evitare che venga tutto distrutto.»
«Avete usato tonalità pastello un po’ troppo accese, sapete? Forse è un bene tenere le tende chiuse.»
«Mi state forse schernendo?» Domandò la donna, aggrottandole sopracciglia.
«Mh, no, è la giustificazione dello spirito. Questa mattina presto, mentre la servitù si destava e cominciava a lavorare, ho chiesto al maggiordomo di aprire le tende nel salottino. Non mi sento di dare torto al fantasma, anche se è morto più di cinquant’anni fa.»
«Non voglio sentire queste storie sul mio buongusto o arredamento, fate il vostro lavoro, è per questo che vi pago, catturate quello spirito e in fretta anche. È già abbastanza ambiguo che io vi faccia dormire in casa mia, se poi devo anche sorbire le vostre chiacchiere…»
La donna si alzò, di malumore, avvolta nel suo turbinio di stoffe nere. George sospirò e finì di mangiare la propria colazione. A differenza sua William aveva una famiglia e si sarebbe presentato, come ogni mattina, dopo la colazione.
«Se anche sua moglie è una tale bisbetica, non lo invidio affatto.»
Udì una risatina provenire dall’alto, da un luogo non ben precisato e sorrise. George se la intendeva bene con gli spiriti.

Dato che Margaret si era stancata della situazione e che aveva dato un ultimatum ai due, George sfoderò l’arma suprema – il suo fucile acchiappa fantasmi – e si preparò per l’assalto. Indossò degli speciali occhiali dalle lenti più scure del solito, in modo da proteggere gli occhi dai fasci luminosi causati dall’arma, e un particolare panciotto contro gli urti, per proteggersi dagli oggetti volanti.
«Dunque, Daniel», disse riferendosi a William. «Sappiamo che la notte il nostro caro spirito si diverte a cantare con voce da soprano nella soffitta e che odia l’arredamento che la nostra cara vedova ha dato a questa casa. Sappiamo anche che Margaret si è divertita a giocare con qualcosa che è più grande di lei e la mia non vuole essere una battuta a doppio senso.»
William sorrise mentre si chiudeva il panciotto rinforzato.
«Va molto di moda fare le sedute spiritiche, negli ultimi tempi.»
«Da una parte è un bene, aumenta la mole di lavoro e questo significa più guadagno. E più guadagno significa più-»
«Forse non è bene esplicitare questo punto», disse William, sempre sorridendo e osservando l’altro con i grandi occhi a palla. Prese il fucile e s’incamminò.

George inserì la pietra indiana nell’apposito contenitore, aspettando che l’arma si scaldasse abbastanza, producendo il vapore necessario. William aveva chiesto una volta come fosse possibile produrre tanto calore da bollire l’acqua senza fuoco e senza carbone o legna. La risposta di George era stata molto breve: era il potere di quelle misteriose pietre. Nell’acqua ribollivano e sciogliendosi creavano quella meravigliosa reazione chimica che rendeva inermi i fantasmi, che venivano poi risucchiati nell’apposito contenitore. A volte veniva addirittura distrutti. Si poteva parafrasare Amleto e dire che c’erano davvero più cose in cielo e in terra di quanto non sognasse la loro filosofia. O la religione.
«È quasi notte, di solito il fantasma canta verso le dieci di sera, organizziamoci di conseguenza.»

Prepararono il necessario per la casa: si assicurarono che i quadri, le porcellane più preziose, l’argenteria, fossero messi in sicurezza. Per l’orrenda mobilia e le parenti non potevano fare molto. Margaret e i bambini erano andati a passare qualche notte dalla nonna. George aveva notato ancora le occhiate che William aveva lanciato alla donna, prima che se ne andasse. E quell’ometto aveva anche avuto il coraggio di riprenderlo, qualche giorno prima.
«Vi piace proprio, Margaret.»
«Ha un viso molto bello, ma sono sposato e con figli.»
«È proprio per questo che vi piace», rispose George con un sorrisetto antipatico. «All’inizio avevo pensato che fosse una donna più interessante, magari una sensitiva, una strega. Sarebbe stata la donna perfetta per me. Invece è solo una bigotta che, convinta da un’amica, ha fatto una stupida seduta spiritica e ha richiamato lo spirito per sbaglio.»
«La donna perfetta per voi?»
«Aveva un che di misterioso, sarò un uomo orribile, ma quando mi ha raccontato della morte del marito e delle gravidanze non andate a buon fine, speravo ci fosse sotto qualcosa di turpe. Invece è solo una donna molto sfortunata.»
«Avete dei pensieri molto bizzarri e gusti inquietanti in fatto di donne.»
George si accarezzò i baffetti, arricciando le punte.
«Solo chi ha queste doti innate e ha sempre convissuto con fantasmi e spiriti, può capire cosa significa vivere in un determinato modo. Niente più paura, niente più sussulti la notte quando si ode un rumore o un canto maligno. Solo comprensione. Lo sapete che i fantasmi sono quasi sempre persone morte in modo violento? L’essere umano è il più crudele degli animali, a volte parlare con i morti non fa altro che alimentare il mio cinismo. Ma mi fa anche sentire meno solo.»
Mentre si confidavano, il canto cominciò a farsi sentire dall’alto della soffitta.
«Mh, che tedio, canta sempre la stessa canzone. Almeno è bravo.»

Salirono in soffitta, portandosi dietro l’attrezzatura pesante, e cercarono lo spirito nascosto nell’ombra.
«Non ha voluto dirmi il suo nome, quindi possiamo scovarlo solo in un modo», disse George, guardandosi attorno.
«Ovvero?»
«Basta con questa cantilena irritante!» Esclamò, imbracciando il fucile.
Lo spirito si fece vedere per la seconda volta, materializzandosi davanti a loro. Come aveva raccontato a William, aveva proprio l’aspetto di un uomo giovane, con indosso abiti di qualche decennio prima.
«Non è una cantilena! Perché dovete dire falsità?»
«Per attirare la vostra attenzione. Vi avevo detto che avrei cercato un compromesso, ma la padrona di casa non vuole proprio saperne di convivere con voi. E quando ho accennato all’arredamento… ma è così importante per voi?»
«Mio padre sputò sangue per questa casa, non riesco a tollerare di vederla ridotta a questo modo. Neanche il lutto ha fatto cambiare idea e cambiare casa.»
«Avete fatto ammalare il marito di Margaret?» Domandò George, molto più serio.
«Ovvio, non sopportavo più neanche lui, con quei suoi baffi troppo folti.»
George alzò un sopracciglio, imbracciando l’arma.
«Ve l’ho già detto, non ho intenzione di andarmene da questa casa. È la mia casa e non voglio entrare in quell’affare», disse lo spettro, spaventato dal comportamento di George.
«Di spiriti cattivi ne ho incontrati, sul serio, rancorosi e vendicativi, seriamente spaventosi. Eppure, per quello che avevano subito in vita, non riuscivo a biasimarli. Voi siete semplicemente crudele, avete ucciso un uomo solo per mandare via una famiglia e una donna con… poco buongusto nella scelta dell’arredamento. E forse non è neanche colpa sua. Sono una brutta persona, molto cinica e negativa, ma la crudeltà non la sopporto.»
«George, una volta avete raccontato una storia di fantasmi così spaventosa a dei bambini che hanno avuto gli incubi per notti», gli ricordò il suo assistente.
George abbassò l’arma e si girò verso William, arricciando le labbra.
«Questione decisamente diversa: quei bambini erano insopportabili. Passami la pietra rossa.»
William fece quanto richiesto senza fiatare, leggermente spaventato dalla serietà con cui gliel’aveva chiesta. Doveva essere seriamente infuriato, eppure non gli era mai parso un uomo tanto sensibile.
George caricò l’arma con la pietra rossa. Ribolliva nell’acqua, già pronta per la precedente carica, e le faceva assumere sfumature rossastre inquietanti.
«Avanti William», lo esortò George, chiamandolo per la prima volta con il suo nome. «Caricate il fucile.»
«Mi avete chiamato con il mio vero nome!»
«Avanti! Non c’è tempo», il fantasma sparì davanti a loro, passando al loro fianco con un’ondata gelida. I due lo inseguirono giù per le scale, cercando di individuare l’energia dello spirito e inseguirla. George sparò un getto di energia alimentata dal vapore verso una tenda che aveva visto muoversi. Per poco non l’aveva colpito. Partì all’inseguimento, intento a distruggerlo. Doveva farlo, ad ogni costo.

«Ma perché vi state dando così tanto da fare?» Domandò William, riprendendo fiato dopo quasi un’ora di caccia ininterrotta. «Ci vorrebbe un bel tè.»
«Non avete sentito che ha detto?»
«Ha provocato la morte del marito di Margaret in qualche modo, per cacciarli di casa ma-»
«No! No… aveva detto che i baffi di quell’uomo erano ridicoli. Ho visto le foto e i ritratti del marito di Margaret», scosse il capo, arricciando appena uno dei suoi baffi. «Aveva dei baffi meravigliosi, folti, ben curati. Non meritava di morire.»
William fece per dire qualcosa, assolutamente esterrefatto: se per un attimo aveva pensato che potesse esistere un barlume di umanità in quell’uomo, si era sbagliato. E di grosso anche.

Trovarono lo spirito nel maledetto salottino della discordia. Avrebbero dovuto metterci qualche ora, invece era quasi giunto il mattino. George per renderlo più vulnerabile, strappò le tende con un gesto secco, lasciando che la luce dell’alba illuminasse l’orrendo rosa pesca intenso delle pareti e l’arredamento decisamente troppo opulento. Lo vide disperato di fianco al camino a imprecare contro quella carta da parati.
«Questo», disse George, caricando l’arma di nuovo. «È per noi amanti dei baffetti.»
Un raggio rosso intenso si schiantò contro il fantasma. L’urlo che lo spirito lanciò fu impressionante , tanto forte da spaventare George stesso. Era la prima volta che distruggeva del tutto una presenza paranormale, ma non si sentiva in colpa. Per niente. William lo assecondò, colpendo lo spirito con il proprio fucile finché lo spirito non scomparve del tutto, sparendo in una cacofonia di urla e imprecazioni.
«Concordo con voi, Jack, ci vorrebbe un bel tè», disse George, sospirando. «E bisogna anche cambiare colore a queste dannate pareti, sono inguardabili.»
William sorrise e lo guardò ancora.
«Davvero lo avete eliminato solo per l’insulto ai baffi del marito di Margaret?»
«Può essere», George gli lanciò un’occhiata e si accarezzò i baffi. «Qualsiasi sia la mia risposta al riguardo, voi non credetemi mai. Non ricordate? Vengo dalla più profonda bocca dell’Inferno.»

 

 

   
 
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